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Storie vere

Lolelì: il sogno di una pasticceria inclusiva nasce dall’amore di una famiglia verso la figlia autistica

Per chi soffre di autismo, la pasticceria Lolelì di Torino è un modello di inclusione. Non solo un luogo di lavoro, ma uno spazio dove il talento e la precisione vengono apprezzati e valorizzati.

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    Nel cuore di Borgo Vittoria, a Torino, al civico 50 di via Bibiana, è nato un progetto che unisce famiglia, talento e inclusione: Lolelì, una pasticceria-bar pensata per valorizzare le capacità di ragazzi e ragazze con autismo, prima fra tutti Lorena Montedoro, ventenne diplomata con il massimo dei voti in pasticceria e appassionata di precisione. Lolelì prende il nome dai membri della famiglia: Lorena, il fratello minore Manuele e la madre Amelia (qui “Lì” è un omaggio al francese).

    Lolelì è un sogno costruito su misura per Lorena

    Lorena, affetta da autismo, ha trovato nella pasticceria il suo campo ideale. “Quando gli specialisti ci hanno detto di individuare i talenti di nostra figlia per costruire il suo futuro, ho capito che dovevamo partire dalla sua metodicità e passione per le sequenze. La pasticceria, con la sua precisione matematica, era perfetta“, racconta la madre, Amelia Montedoro, ingegnere e pilastro di questa impresa familiare. Lorena nel frattempo si è diplomata quest’anno al Beccari di Torino, ottenendo un 100/100 che ha confermato il suo talento e la sua determinazione. Questo traguardo ha spinto Amelia a fare il grande passo: creare uno spazio dove Lorena potesse esprimere al meglio le sue capacità. Ed eccola lì la pasticceria Lolelì.

    Lolelì: una pasticceria che vive di inclusione

    Lolelì è molto più di un semplice laboratorio di dolci. E’ un luogo di lavoro inclusivo, dove ragazzi con autismo e normodotati lavorano fianco a fianco, imparando e contribuendo in un ambiente accogliente. Amelia, con l’aiuto dell’associazione onlus Associazione di Idee, ha creato un team variegato che comprende giovani con e senza disabilità, tutti regolarmente assunti. “L’inclusione è la regola, e vogliamo che qui tutti si sentano a casa“, spiega.

    Quel laboratorio di pasticceria prima era una ferramenta

    Trasformare una vecchia ferramenta in un laboratorio attrezzato e uno spazio bar non è stato facile. Amelia ha gestito personalmente ogni aspetto del progetto: dalla ristrutturazione agli arredi, fino alla selezione del personale. Nonostante il lavoro a tempo pieno come ingegnere, ha dedicato mesi al progetto, lavorando senza sosta. Le istituzioni? Inizialmente nessun aiuto concreto, ma grazie all’appoggio dell’Associazione di Idee, Amelia potrebbe presto accedere a un bando regionale per inserire stagisti “fragili” nel laboratorio.

    Dai che ti offro? Un croissant, una focaccia o un tagliere…?

    Lolelì ha un’offerta per tutte le ore della giornata. Dalle colazioni con croissant prodotti artigianalmente da Lorena e il suo team, ai pranzi di lavoro o panini, focacce e insalate.
    Dagli aperitivi serali, inclusivi con opzioni analcoliche, accompagnati da taglieri e stuzzichini.
    Ma il laboratorio punta anche a proporre specialità regionali del Sud Italia, una scelta ispirata alla forte presenza di comunità immigrate nel quartiere. “Vogliamo che i dolci raccontino le tradizioni dei luoghi di origine delle persone che vivono qui“, dice Amelia.

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      Storie vere

      Dalla Sardegna al corpo dei Marines: la storia di Ambra che ha finalmente coronato il suo sogno

      La giovane, nata e cresciuta a San Diego, porta con sé un legame profondo con la Sardegna: sua madre è di Iglesias e i nonni materni risiedono tuttora nell’isola.

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        Dopo un lungo e impegnativo percorso di addestramento, Ambra ha coronato il suo sogno di entrare a far parte del prestigioso corpo dei Marines, diventando forse la prima sarda a raggiungere questo traguardo.

        La Sardegna? Guai a chi me la tocca

        Lei si chiama Ambra Tygart, 20 anni, è nata e cresciuta a San Diego, ma le sue radici sono profondamente legate alla Sardegna. Sua madre, Barbara Locci, è originaria di Iglesias, e i nonni e i parenti materni di Ambra vivono ancora sull’isola. Nonostante la distanza, Ambra ha sempre mantenuto un forte legame con la terra d’origine della sua famiglia, dove è stata diverse volte, l’ultima delle quali nel 2021. La passione di Ambra per i Marines è nata fin dalla tenera età, influenzata dalla tradizione militare della sua famiglia. Suo padre, Frank Tygart, era un marine, così come lo zio paterno e il prozio, che ha combattuto in Vietnam. Anche due cugini fanno parte del corpo dei Marines. Una vera e propria “tradizione di famiglia” che Ambra ha portato avanti con orgoglio e determinazione.

        Un percorso di addestramento impegnativo

        Per realizzare il suo sogno, Ambra ha dovuto affrontare un percorso di addestramento lungo e impegnativo. A 14 anni, ha iniziato a frequentare il corso di educazione militare alla High School, preparandosi sia fisicamente che psicologicamente alle sfide che l’attendevano. Dopo aver completato i tre mesi di bootcamp con il Terzo battaglione della Compagnia Lima 3241 del San Diego Marine Corps Recruiting Center, Ambra ha finalmente raggiunto il suo obiettivo, diventando una E2 private first class. E dimostrando un carattere forte e radicato nella cultura sarda. Ambraè una ragazza creativa e introversa, appassionata di lettura ed equitazione. La sua determinazione e la sua capacità di non mollare mai, caratteristiche tipiche del carattere sardo, l’hanno aiutata a superare le difficoltà dell’addestramento e a raggiungere un traguardo così importante.

        Un futuro da Marines, con uno sguardo all’Europa

        Dopo aver rinunciato alla cittadinanza italiana per diventare marine, Ambra è pronta ad affrontare nuove sfide. Nei prosimi giorni partirà per la combat school nella zona di San Diego, dove si specializzerà ulteriormente. Nonostante l’impegno con i Marines, Ambra non dimentica le sue radici italiane e guarda al futuro con la speranza di poter lavorare in Europa, magari in Germania o in Italia.

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          Storie vere

          Dal chiostro all’altare (nuziale): l’ex suora Lais Dognini sposa un ex prete. “Il nostro primo appuntamento? Messa, cena e cinema”

          Lais Dognini, ex suora carmelitana, e Jackson, ex seminarista, si sono conosciuti quando lei soffriva di depressione. “Mi scrisse che avrebbe pregato per me: da quel giorno non abbiamo più smesso di sentirci.” Oggi sono sposati e raccontano la loro storia sui social.

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            In Brasile, la loro storia ha fatto il giro dei social come una parabola d’amore e redenzione. Lei, Lais Dognini, era una giovane suora carmelitana; lui, Jackson, un seminarista in procinto di ricevere l’ordinazione. Oggi sono marito e moglie, e la loro unione ha conquistato migliaia di follower.

            Lais aveva trascorso due anni in convento, dedicata alla preghiera e alla vita comunitaria, ma un episodio di forte depressione l’aveva costretta a lasciare la vita religiosa. “Ero smarrita e non sapevo più come andare avanti,” ha raccontato. In quel periodo difficile ricevette un messaggio da Jackson: “Mi offrì la sua preghiera. Non ci conoscevamo, ma le sue parole mi fecero bene.”

            Quel messaggio fu l’inizio di qualcosa di inatteso. I due iniziarono a scriversi ogni giorno, scoprendo affinità profonde e un legame che cresceva con naturalezza. “Non ci cercavamo, ma ci siamo trovati,” dice Lais. Col tempo, anche Jackson decise di lasciare il seminario. “Avevo compreso che la mia vocazione era un’altra: vivere la fede in una famiglia, non dietro l’altare.”

            Dopo un periodo di fidanzamento, la coppia si è sposata. Il video delle nozze è diventato virale, rilanciato da testate e tabloid di mezzo mondo. Ma i due hanno voluto chiarire che la loro è una storia di fede prima ancora che di passione. “Il nostro primo appuntamento – ha raccontato Lais – è stato andare insieme a messa, poi a cena e infine al cinema. Amiamo essere cattolici e oggi serviamo Dio attraverso il matrimonio.”

            Oggi Lais è un’influencer molto seguita: parla di spiritualità, equilibrio e amore autentico. “Non abbiamo rinnegato la fede,” ha detto, “l’abbiamo solo riscoperta in una forma diversa.” Una storia che, tra ironie e applausi, ricorda che anche nei misteri dell’amore terreno può nascondersi una scintilla divina.

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              Storie vere

              Peccato! L’Autovelox non era omologato: annullata la multa per l’automobilista a 255 km/h

              Sfreccia in auto a 255 all’ora ma la maxi multa viene annullata: l’Autovelox non era omologato.

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                Lui tranquillo sfrecciava in auto a ben 255 km/h su un tratto autostradale con limite di 130, ma la multa salatissima gli è stata annullata per un errore burocratico. Mannaggia!! L’Autovelox usato per la contravvenzione non era omologato. Gasp! L’episodio risale allo scorso maggio quando un automobilista è stato multato per eccesso di velocità, con una sanzione di 845 euro e la sospensione della patente da 6 a 12 mesi.

                Provaci ancora Sam magari la prossima volta ti beccano per davvero

                L’automobilista, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, ha presentato ricorso alla prefettura di Novara, che ha accolto le sue motivazioni. Il prefetto ha verificato infatti che lo strumento della Polizia Stradale, sebbene “approvato”, non risultava “omologato”, come richiesto dalla legge per validare le rilevazioni di velocità.

                Autovelox omologato, automobilista sanzionato!

                L’avvocato ha spiegato che il ricorso è stato fondato sulla giurisprudenza della Cassazione, che distingue tra “approvazione” e “omologazione” degli apparecchi di rilevazione. Solo quelli omologati garantiscono misurazioni legittime. Di fronte a questa discrepanza, il prefetto ha annullato la multa e tutte le sanzioni correlate, restituendo anche la patente all’automobilista.

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