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Storie vere

Pietro Morello: la musica come cura per l’anima dei bambini nel mondo

Pietro Morello, torinese classe 1999, è molto più di uno youtuber o un influencer da milioni di follower. È un musicista, un creator digitale, ma soprattutto un operatore umanitario che ha scelto di portare la musica e la speranza nei luoghi più difficili del pianeta. La sua missione? Aiutare i bambini colpiti da guerre e povertà, partendo dal cuore: «La felicità – afferma – è aiutare chi soffre».

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    La sua storia inizia giovanissimo, con una missione in Romania, al confine con l’Ucraina. Da lì è partito un percorso che lo ha portato in Siria, Congo, Ruanda e Kenya, sempre al fianco di chi ha più bisogno. Nei suoi progetti, musica e disegno diventano strumenti universali per comunicare con i più piccoli, superando ogni barriera linguistica e culturale. «Il pianto dei bambini è uguale in ogni parte del mondo – racconta –. Sono segnati da traumi che noi non possiamo immaginare, ma anche in loro si accende una luce quando riscoprono la speranza».

    La solidarietà viene da dentro

    La sua attività non si ferma all’estero. Durante la pandemia, ha portato la musica nel reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale Regina Margherita di Torino, dimostrando che la solidarietà parte da vicino. E oggi continua a farlo, convinto che «essere solidali significa riconoscere l’altro come parte di sé».

    Senza più confini

    Tra un libro (Io ho un piano), uno spettacolo teatrale (Non è un concerto) e centinaia di contenuti sui social, Pietro racconta un’idea diversa di Europa e di umanità: «Se smettessimo di vedere i confini, capiremmo di respirare la stessa aria. Fratellanza non è un’utopia: è un dovere».

    Tutti i colori del mondo

    Nonostante soffra di acromatopsia, una condizione rara che gli impedisce di vedere i colori, Morello ha scelto di colorare il mondo degli altri. E lo fa con passione, impegno e consapevolezza: «Non basta partire per sentirsi migliori. Serve preparazione, empatia e rispetto. Non si aiuta solo chi sta peggio, ma anche chi è solo, arrabbiato, ferito. Anche chi bullizza ha bisogno di essere ascoltato».

    Un’estate al servizio degli altri

    In estate, Pietro tornerà tra Congo e Ruanda per aprire una nuova scuola. Istruzione, gioco e salute sono i diritti che vuole garantire a ogni bambino. E lo farà ancora una volta con la sua musica, capace di curare l’anima più di tante parole. Un ragazzo che ci insegna come la vera felicità non è nei like, ma nel costruire ponti di umanità con chi ha perso tutto. Perché, come ama dire, “quando suoni per qualcuno, gli stai dicendo: tu esisti”.

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      Alessandro ha lasciato il posto fisso per una vita a piedi

      Alessandro è la prova che si può cambiare, anche dopo anni di stabilità. Il suo consiglio ai giovani che non si sentono realizzati è semplice: “Non è facile vivere una vera vita, ma provarci sì, possiamo sempre”.

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        A 55 anni, Alessandro Vergari ha fatto quello che molti sognano ma non osano fare. Ha lasciato il suo posto sicuro alle Poste Italiane dopo 35 anni di lavoro, per seguire la sua passione. Oggi è il presidente di Walden Viaggi a Piedi, una cooperativa che organizza escursioni in tutto il mondo e che fattura un milione di euro all’anno. Ma dietro questa scelta c’è un percorso fatto di dubbi, insoddisfazione e coraggio.

        La vita da ufficio e il senso di insoddisfazione

        Alessandro ha trascorso 35 anni alle Poste, partendo dal servizio telex fino a diventare direttore di un ufficio postale in un paesino vicino Firenze. Sarebbe dovuto essere il culmine della sua carriera, invece si è rivelato il periodo più deprimente della sua vita. “Non era la vita per me”, racconta oggi. Sentiva di essere intrappolato in un ruolo che non lo rispecchiava, mentre il tempo passava inesorabile. Negli anni ’90, ha provato a rompere la routine chiedendo un’aspettativa. Per sei mesi ha lavorato in un vivaio sulle colline di proprietà di un signore inglese e ha capito che la natura era il suo vero rifugio. Ma alla fine, è tornato in ufficio, e quella sensazione di oppressione non lo ha mai abbandonato.

        La scelta della libertà

        Il punto di svolta arriva a 55 anni, quando fa un bilancio della propria vita e si rende conto che non può più rimandare. “Sentivo il tempo scorrere e capivo che se non avessi preso una decisione in quel momento, non l’avrei mai più presa”, racconta. Così, senza troppi dubbi, ha lasciato il lavoro, ha preso la sua buonuscita e ha puntato tutto sulla sua passione: i viaggi a piedi. Ma come ha fatto a trasformare la sua passione in business? Alessandro non è saltato nel vuoto. Da tempo si interessava di turismo ambientale e organizzava piccole escursioni. Quello che era iniziato come un hobby, lentamente è diventato un vero e proprio progetto imprenditoriale. Nasce così Walden Viaggi a Piedi, una cooperativa composta da dieci soci che ogni anno organizza circa 100 viaggi in tutto il mondo, con gruppi di 15 persone. Oggi la società fattura un milione di euro all’anno, dimostrando che un cambio di vita può essere anche una svolta economica.

        Vergari è appena tornato dalla Dominica, tra paesaggi mozzafiato e sentieri incontaminati, e presto partirà per Stoccolma, sempre in cammino. “Ora sono felice, finalmente appagato della mia vita”, dice con convinzione.

        Quel rifugio tra i boschi e il tempo come bene prezioso

        Quando non è in viaggio, Alessandro Vergari si rifugia nella sua capanna sulle colline di Scandicci, vicino Firenze. Un piccolo angolo di paradiso, circondato da un orto e dalla quiete della natura. Durante il Covid, ha trascorso lì due mesi meravigliosi con la sua compagna, riscoprendo il valore del silenzio e della semplicità. Oggi ha una nuova passione, quella di creare totem con i tronchi degli alberi. La sua casa è piena di queste opere, che sogna di esporre nei giardini di Firenze. Morale della favola? “Il tempo è il nostro bene più prezioso, meglio impiegarlo per realizzare i nostri sogni, piuttosto che vederlo scivolare via dentro un ufficio.

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          Suore in fuga: dal prosecco alla rivoluzione in convento!

          Le suore cistercensi di Vittorio Veneto abbandonano il convento dopo il commissariamento e l’arrivo di una nuova badessa con metodi troppo rigidi. Tra produzione di Prosecco e tensioni interne, la comunità religiosa vive una vera e propria rivoluzione.

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            Un episodio insolito ha scosso la comunità monastica del convento dei Santi Gervasio e Protasio a San Giacomo di Veglia, Vittorio Veneto. Cinque suore di clausura hanno abbandonato il monastero, denunciando un clima insostenibile e una pressione psicologica che le ha spinte a cercare rifugio altrove. Le monache, prima di lasciare definitivamente il convento, si sono recate alla caserma dei carabinieri. Questo per evitare che la loro “fuga” fosse interpretata come un evento allarmante. Non hanno denunciato reati, ma hanno spiegato la loro decisione con una serie di gravi vicissitudini legate alla gestione del monastero negli ultimi due anni.

            Commissariamento e l’arrivo della nuova badessa

            La crisi è esplosa dopo il commissariamento imposto dal Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, che ha destituito madre Aline Pereira, abbadessa del convento, e ha nominato come sua sostituta madre Martha Driscoll, 81 anni. Il cambio di guida è stato vissuto come un’imposizione dalle suore più giovani, molte delle quali già da tempo pensavano di lasciare il convento. Madre Aline, brasiliana e laureata in economia, aveva avviato progetti innovativi, favorendo l’apertura del monastero al mondo esterno. Come le attività legate alla produzione di Prosecco, alla vendita di Aloe e creme naturali, e persino alla solidarietà verso bambini autistici e donne vittime di violenza. Il sospetto della comunità che ruota intorno al convento è che il suo approccio progressista abbia causato malcontenti all’interno dell’Ordine, portando al commissariamento e alla nomina di una nuova superiora con una visione più tradizionale.

            La produzione del monastero e la tensione interna

            Il convento ha sempre mantenuto un forte legame con la comunità locale, tanto che Sarah Dei Tos, proprietaria di un agriturismo vicino, ha espresso preoccupazione per la crisi in corso. “Erano suore serene, coinvolte in progetti meravigliosi. È assurdo pensare che tutto possa fermarsi adesso”, ha dichiarato Dei Tos, sottolineando che molte suore esperte hanno deciso di lasciare il monastero, mettendo a rischio le attività che lo rendevano autosufficiente.

            La reazione della Chiesa Cattolica

            La Diocesi di Vittorio Veneto ha preso le distanze dalla vicenda, affermando che non è di sua competenza intervenire su questioni interne alla comunità monastica. Il commissariamento è stato notificato direttamente dall’Ordine Cistercense, citando “criticità nella vita della comunità”. Tuttavia, i vertici non hanno reso pubbliche le vere motivazioni, alimentando dubbi e speculazioni tra i fedeli e la cittadinanza. L’origine della crisi sembra risalire a una lettera inviata al Papa da quattro consorelle trasferite, che accusavano madre Aline di comportamenti prevaricatori. Dopo le indagini interne, la vicenda è stata archiviata come calunnia, ma ulteriori ispezioni canoniche hanno poi portato al commissariamento, sostenendo che l’ex badessa mostrava atteggiamenti manipolatori e incapacità decisionale.

            Ora che si fa? Il convento tenta di bloccare la fuga di altre monache

            Ora si teme che il monastero perda molte delle sue attività, soprattutto con l’uscita delle monache più esperte e operative. Il convento rischia di trasformarsi con una gestione più tradizionale, meno aperta all’innovazione e al coinvolgimento sociale. Nel frattempo, altre suore potrebbero decidere di seguire le cinque fuggitive, lasciando solo le più anziane, che faticano a trasferirsi altrove.

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              Storie vere

              Nel paese tutti vedono il video hard di una minorenne: condannato il mittente

              Gira video a luci rosse e li invia ad un 26enne che, a sua volta, li inoltra nelle chat di gruppi del paese. Il fattaccio è accaduto in un comune del Salento, dove il ragazzo è stato condannato a quattro anni di carcere.

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                Ha convinto una ragazzina di appena 13 anni, sua conoscente, a girare col telefonino due video erotici e a inviarglieli. In seguito, tradendo la sua fiducia, ne ha inoltrato uno su un gruppo whatsapp di amici. Per questo vergognoso atto il Tribunale di Lecce l’ha condannato a quattro anni di carcere con l’accusa di pornografia minorile.

                Il cattivo esempio

                Secondo l’accusa il ragazzo, che all’epoca dei fatti aveva 20 anni, avrebbe anche inviato alla minore un video dai contenuti espliciti, per mostrarle come avrebbe dovuto farne uno simile. I giudici hanno disposto anche l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio inerente la tutela, curatela e amministrazione di sostegno, nonché dai pubblici uffici per la durata di cinque anni e l’interdizione in perpetuo da incarichi nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in istituzioni, o in altre strutture pubbliche e private, frequentate abitualmente da minori. L’accusa, in partenza, aveva chiesto una condanna a sette anni di reclusione.

                Tutto si svolse nel 2019

                I fatti sono avvenuti nel 2019; secondo gli accertamenti fatti nel corso del processo, la vittima naturalmente credeva di potersi fidare dell’allora ventenne, con il quale aveva sviluppato un rapporto di stretta conoscenza. Un giorno del maggio di quell’anno il ragazzo le aveva inviato un video intimo, per stimolare la ragazzina a fare lo stesso. Una specie di “video tutor” che aveva convinto la 13enne a realizzare a sua volta due brevi filmati. Lei non poteva sapere, che quei video di pochi secondi sarebbero poi diventati di dominio pubblico in paese.

                Anche i genitori vengono informati e denunciano

                Sono bastati pochi giorni perchè anche i genitori della tredicenne venissero a conoscenza del fatto che stessero circolando dei video “strani” della figlia. Per bloccarne la diffusione hanno fatto un’immediata denuncia. Cosa che ha fatto avviare le indagini da parte della Polizia Postale, sequestrando il telefonino del ragazzo. I video in quel modo vengono rimossi ma la vergogna rimane…

                I risvolti della vergogna

                Per questo brutto episodio la ragazzina sprofonda in una pericolosa crisi depressiva, con risvolti negativi sia sul suo rendimento scolastico ed anche nelle sue abitudini sociali: per mesi si chiude in casa. Nel frattempo l’inchiesta prosegue e il giovane viene iscritto nel registro degli indagati e poi condannato.

                Uno scherzo che non fa assolutamente ridere

                La diffusione non consensuale di materiale pornografico privato è una piaga sociale che ha assunto proporzioni allarmanti con l’avvento dei social e delle app di messaggistica istantanea. Spesso giustificata con leggerezza o spacciata per “scherzo”, questa pratica rappresenta una violazione della privacy e un atto di violenza digitale, con conseguenze devastanti per le vittime.

                Quel click assolutamente da evitare

                Il fenomeno colpisce in particolare le donne, spesso vittime di vendette personali o di manipolazioni affettive. Tuttavia, nessuno è immune: il desiderio di spettacolarizzare la vita altrui e la ricerca di facili consensi spingono molti a inoltrare video o foto intime senza il minimo rispetto per chi ne è protagonista. I contraccolpi sono gravissimi: isolamento sociale, depressione, perdita di fiducia, fino a episodi di autolesionismo o suicidio. Le conseguenze legali sono altrettanto pesanti: in molti paesi, la diffusione non autorizzata di materiale intimo è reato penale. Un solo click può distruggere una vita, ricordiamolo sempre…

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