Storie vere
Svezia, il ministro va in congedo di paternità: «Un giorno con mia figlia è intenso quanto uno da ministro»
Il ministro svedese dell’Agricoltura sarà il primo uomo di governo in Svezia a usufruire del congedo parentale. Una scelta personale, ma anche un segnale culturale: «Non è una dichiarazione politica, è un gesto d’amore». Intanto il Paese resta un modello europeo per diritti e flessibilità dei neo-genitori.

In Svezia, essere ministro non significa rinunciare alla vita familiare. Anzi, a volte è proprio il contrario. Peter Kullgren, titolare dell’Agricoltura nel governo svedese, ha annunciato il suo congedo di paternità: per cinque settimane si dedicherà interamente alla figlia Edith, che ha compiuto un anno lo scorso gennaio. E se tutto andrà secondo i piani, non esclude di prolungare il periodo.
È la prima volta che un uomo membro di un governo svedese ottiene formalmente un congedo parentale. Durante il mese di aprile, Kullgren sarà sostituito dal segretario di Stato Daniel Liljeberg, mentre la rappresentanza del suo partito alle riunioni di governo sarà garantita dai ministri Ebba Busch e Andreas Carlson.
«Occuparsi di una bambina di un anno», ha dichiarato al quotidiano Expressen, «è quasi altrettanto imprevedibile e intenso di una giornata da ministro».
La scelta, racconta, è puramente personale. Niente gesti dimostrativi, né dichiarazioni ideologiche: «C’è chi penserà che voglio fare una dichiarazione politica con questa scelta. Per me è irrilevante. Si tratta semplicemente di un aspetto fondamentale nel rapporto con mia figlia».
Anche se formalmente in congedo, il ministro non sarà completamente esonerato dalle sue responsabilità istituzionali. In base a un regolamento introdotto nel 2018, i membri del governo possono usufruire del congedo parentale mantenendo comunque parte delle loro funzioni e percependo il 90% dello stipendio mensile, pari a circa 12.500 euro.
Fino a pochi anni fa, questo diritto non era nemmeno previsto per i ministri. Nel 2004, Thomas Bodström – allora titolare della Giustizia – tentò di ottenere un permesso simile, ma fu costretto a negoziare un accordo con il primo ministro di allora, Göran Persson, per riuscire a passare un po’ di tempo con il figlio senza rinunciare del tutto al ruolo.
L’unico precedente ufficiale di congedo ministeriale risale al 2019, quando Amanda Lind – ministra della Cultura – decise di prendersi una pausa per motivi familiari. Oggi, è il turno di Kullgren, che ha raccontato alla tv pubblica SVT di aver ricevuto il pieno appoggio del primo ministro Ulf Kristersson, «genuinamente felice» della sua scelta.
Peter Kullgren e sua moglie Sarah, presidente dell’organizzazione femminile dei Democratici Cristiani, formano una delle coppie più influenti del partito. Sarah non ha potuto godere di un congedo convenzionale dopo la nascita di Edith, e proprio per questo, racconta il ministro, ha voluto prendersi lui questo spazio. Non per parità o per apparenza, ma per amore.
Non è la prima volta che Kullgren si impegna per i diritti dei genitori. Quando era assessore comunale a Karlstad, si era battuto per l’aggiornamento del regolamento sul congedo parentale per gli amministratori locali. Anche allora, il suo impegno era legato alla vita privata: suo figlio Waldemar, oggi quattordicenne, è nato da un precedente matrimonio.
In Svezia, ogni famiglia ha diritto a 480 giorni di congedo per bambino, da suddividere tra i genitori. Di questi, 390 sono retribuiti all’80%, mentre i restanti 90 prevedono un’indennità fissa. I padri svedesi sono tra i più attivi d’Europa: il 90% usufruisce del congedo, con una media di quasi quattro mesi. Ma resta una disparità: il 70% dei giorni è ancora fruito dalle madri.
C’è chi propone una divisione obbligatoria 50/50, ma Kullgren frena: «Un modello rigido non è adatto a tutti». Lui, intanto, dà il buon esempio. E la politica, in questo caso, può imparare molto dalla paternità.
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Storie vere
Chiede la metà dei soldi spesi per il caffè consumato al primo appuntamento! Che tristezza…
Dopo il primo appuntamento capiscono che la relazione non può funzionare. Lei ringrazia con comprensione. Lui le chiede la restituzione dei soldi che ha speso per la consumazione.

Cara Emily, dolcissima 29enne di Sydney, se tu sapessi quanti soldi noi maschietti abbiamo ‘investito’ per fare la corte alle nostre ragazze non ti scandalizzeresti così tanto… In fondo, pur essendo un gesto da biasimare, più per educazione e ‘cavalleria’ che per tirchieria – almeno vogliamo sperare – il ragazzo che hai incontrato è stato pragmatico. Magari sono mesi o anni che esce con ragazze come te e ogni volta gli tocca pagare di tasca propria. E un caffè oggi e un hot dog domani i soldi se ne vanno. Certo non è stato un gesto cortese da parte sua. E d’altra parte anche per te è stato utile per capire con chi avresti avuto a che fare se dopo il primo appuntamento si fosse accesa la scintilla dell’amore. Che amore vuoi vivere con un uomo che ogni volta che ti invita fuori a cena si porta il pallottoliere…?
Il primo appuntamento? Non si scorda mai…
Di sicuro Emily ha vissuto un dopo primo appuntamento in modo sgradevole. Anche perché lei era stata molto corretta. Ha comunicato in maniere gentile all’uomo di non essere interessata a proseguire la conoscenza. Ma si è trovata di fronte a una richiesta inaspettata e decisamente inusuale: la restituzione dei soldi che l’uomo aveva speso per il caffè.
… nel breve attimo di una transazione commerciale
La vicenda, condivisa su TikTok, ha attirato l’attenzione degli utenti, indignati per il comportamento dell’uomo. Dopo aver passato del tempo insieme e aver constatato l’assenza di una connessione, Emily ha ritenuto corretto informare l’uomo della sua decisione, preferendo una comunicazione diretta al posto del ghosting. Educata e cortese. Ma l’uomo, invece di accettare la situazione in silenzio l’ha messa sul pratico. Ha risposto con la richiesta della restituzione dei soldi, giustificandosi con l’esiguo importo speso per il caffè. Sei dollari in totale, tre dollari a testa! Eh andiamo…
No non ti pago! Il rischio dei corteggiatori è sempre molto alto…
La reazione di Emily è stata ferma e decisa. Ha rifiutato categoricamente di pagare, sottolineando come sia inaudito chiedere i soldi a qualcuno dopo un primo appuntamento. L’uomo, a sua volta, ha cercato di giustificare il suo comportamento, ma la sua insistenza ha solo peggiorato la situazione.
Storie vere
Da 25 anni vive in crociera ma ora non riesce più a scendere. E’ affetto da una sindrone che lo fa sentire costantemente in movimento
Ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita, ma ora soffre di una rara condizione: la sindrome di Mal de Débarquement, o ‘gambe di mare’. Ecco la storia di Mario Salcedo e la sua battaglia contro questa malattia.

Si chiama Mario Salcedo l’uomo che ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita unico. Da 25 anni, infatti, vive per sua scelta, a bordo di navi da crociera, lavorando da remoto per sole cinque ore al giorno e dedicando il resto del tempo a godersi i servizi offerti dalle navi. Una scelta di vita un poì speciale e che apparentemente potrebbe allettare molti ma che ha avuto un impatto sulla sua salute.
La sindrome delle “gambe di mare”
Salcedo ha sviluppato una condizione fisica conosciuta comunemente come sindrome di Mal de Débarquement (MdDS), o “malattia da sbarco“, comunemente chiamata “gambe di mare“. Questa sindrome è un disturbo neurologico che colpisce l’equilibrio e la percezione del movimento. Chi ne soffre, come Salcedo, ha la sensazione di dondolare o oscillare anche quando è sulla terraferma, come se fosse ancora a bordo di una nave.
Cause e sintomi del mal da crociera
La MdDS è causata da un adattamento del corpo al movimento costante delle navi da crociera. Il cervello si abitua a questo movimento e, una volta tornati sulla terraferma, fatica a riadattarsi all’assenza di oscillazioni. I sintomi sono diversi. Dalla sensazione di dondolio o oscillazione persistente alla difficoltà a mantenere l’equilibrio, dal costante sensazione di nausea e vertigini al perenne mal di testa, all’affaticamento cronico.
Ma lui che dice: la testimonianza di Salcedo
Come riportato da varie fonti di stampa, lo stesso Salcedo ha dichiarato: “Ho perso le gambe sulla terraferma. Barcollo così tanto che non riesco a camminare in linea retta. Sono così abituato a stare sulle navi che mi sento più a mio agio che sulla terraferma“.
Che cos’è la sindrome di Mal de Débarquement e come si può affrontare
Le cause precise della sindrome più comunemente chiamata “gambe di mare” non sono ancora completamente comprese, ma è certo che si manifesta dopo viaggi in mare (crociere o traghetti, lunghi voli aerei . Si ipotizza che il cervello mantenga la memoria del movimento dopo un’esposizione prolungata e non riesca a “riaggiustarsi” quando il movimento termina. Che fare quindi? A parte cnsultare subito uno specialista come un neurologo finora i rimedi più utilizzati consigliano una terapia vestibolare accompagnata da una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Possono essere utili anche alcune tecniche di rilassamento, accompagnati da farmaci specifici e soprattuto una certa gradualità nel movimento.
Storie vere
«Per rimuovere le mie foto su Phica.net ho pagato duemila euro»: il racket delle immagini rubate e dei deep fake
Dal “pacchetto base” da 250 euro al mese all’“unlimited” da mille, fino a ricerche da 30 euro l’ora: un listino per rimuovere immagini e thread. Lei, stremata, ha versato quasi duemila euro: «Non ce la facevo più, volevo sparire in fretta».

Una storia di ricatto e umiliazione. Valeria — nome di fantasia — ha dovuto pagare quasi duemila euro per far rimuovere dal forum Phica.net foto prese dai suoi profili social e trasformate in materiale sessuale. «Ho mandato mail, messaggi, diffide agli amministratori. Alla fine mi hanno proposto pacchetti a pagamento per cancellare tutto. E ho ceduto», racconta.
La vicenda inizia quando alcuni amici la avvertono: il suo nome e le sue immagini erano finite nel forum che conta oltre 200 mila iscritti. «C’erano foto prese da Instagram, immagini in costume al mare. Nessun nudo autentico. Ma avevano fatto deep fake, montando la mia faccia sul corpo di pornostar». Accanto, commenti volgari: «Desideri sessuali, minacce, parole che mi hanno fatto sentire manipolata ed esposta agli occhi morbosi di migliaia di sconosciuti».
I primi tentativi di farle sparire sono vani. «Mi sono iscritta con un nome finto, ho scritto nei thread fingendomi un amico. Niente. Poi ho mandato diffide via mail spiegando che era tutto illegale. Silenzio». Solo quando Valeria minaccia di rivolgersi a un avvocato qualcosa si muove: «Hanno tolto alcune cose, ma per il resto mi hanno offerto pacchetti a pagamento».
Il listino è preciso: 250 euro al mese per mettere il nome in blacklist e cancellare i thread più recenti, 500 per il “premium”, fino a mille euro per l’“unlimited” che prometteva anche richieste di oblio ai motori di ricerca. Extra: 30 euro l’ora per la ricerca completa dei contenuti da eliminare. Pagamenti con bonifico, Paypal o bitcoin, intestati a nomi femminili. «Le mail arrivavano da un indirizzo chiamato Admin phica.net, nessun numero di telefono».
Alla fine Valeria cede: «Ho mandato i soldi su Paypal, quasi duemila euro. Ho firmato un modulo di eliminazione dei contenuti. Non ho retto: non era tanto per le foto in costume, ma per i nudi finti e i commenti osceni che chiunque avrebbe potuto vedere. Volevo solo uscirne, sparire il più in fretta possibile».
Un incubo digitale che dimostra come i forum sporcaccioni si siano trasformati in un vero business dell’umiliazione: prima diffondono le immagini, poi vendono alle vittime la loro cancellazione.
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