Storie vere
Una madre coraggio: denuncia il figlio per fermare una rapina
Nonostante il dolore, una madre ha scelto di fermare il figlio con l’aiuto delle forze dell’ordine per evitare il peggio: «Se mi odierà, pazienza, ma doveva essere fermato».
Quando suo figlio le si è avvicinato durante la colazione e, con una freddezza inquietante, le ha detto «Mamma, vado a fare una rapina», lei ha cercato di fermarlo. Ha provato a dissuaderlo, a farlo ragionare, ma quelle parole, pronunciate come se stesse semplicemente andando a comprare il pane, l’hanno lasciata sgomenta. Era chiaro che il ragazzo non era più sé stesso. Alla fine, il 33enne è uscito, è salito in auto e si è diretto verso quella tabaccheria di Torino che aveva deciso essere il suo obiettivo. La madre, spezzata dall’angoscia, ha capito che doveva fare qualcosa.
Nonostante il dolore e il senso di colpa che la divorava, ha trovato il coraggio e ha chiamato i carabinieri. «Il pensiero che potesse ferire qualcuno o essere ferito mi ha sbloccato. E allora ho chiamato il 112. E non me ne pento», ha raccontato la donna, con la voce rotta dall’emozione. È stata lei a consegnare suo figlio alla giustizia, consapevole che, pur con il cuore spezzato, stava facendo la cosa giusta. «Viviamo in un incubo da 15 anni e gli ultimi 3 sono stati i peggiori. Litigate, mobili rotti, continue richieste di soldi e furti in casa. Tre giorni prima della rapina mi aveva rubato perfino il televisore», confida, dipingendo il quadro tragico di una vita familiare allo sbando.
Il figlio, schiavo della cocaina e del crack, aveva ormai smarrito ogni contatto con la realtà. La notizia della rapina l’ha data alla madre come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Di cavolate nella sua vita ne ha fatte tante, ma non me le aveva mai annunciate prima», racconta la donna. Anche se la chiamata al 112 era stata fatta, la rapina c’è stata comunque. E non era un’azione improvvisata: il ragazzo aveva coperto i tatuaggi per non essere riconosciuto, aveva smontato la targa dell’auto, si era messo un berretto per coprirsi il volto. In una ventina di minuti, la rapina era finita e lui era tornato a casa, come se nulla fosse, con una borsa frigo piena di Gratta&Vinci e una mazzetta di banconote. «Si è seduto al tavolo e mi ha detto: “Dai mamma, aiutami a grattare”», racconta la madre con un velo di incredulità, quasi fosse spettatrice di un incubo surreale.
Mentre lui grattava i biglietti alla ricerca di una vincita che gli cambiasse la vita, lei, chiusa in bagno, ha chiamato nuovamente i carabinieri. Gli agenti sono arrivati poco dopo, a sirene spente. Intanto, il figlio festeggiava per una vincita da un migliaio di euro. Poi, in un attimo, la realtà lo ha travolto. «A un certo punto mi ha guardato e mi ha chiesto: “Li hai chiamati tu?”», ricorda la madre. È stato il momento più difficile, vedere suo figlio portato via in manette. Ma sapeva di non avere scelta. «Ha bisogno di aiuto e, da madre, voglio sperare che questa sia l’occasione giusta. Se mi odierà, pazienza, ma doveva essere fermato. Altrimenti qualcuno lo avrebbe fatto in un altro modo», dice, convinta di aver fatto ciò che era necessario.
Non è facile accettare di essere l’artefice dell’arresto di tuo figlio. Ma in questo caso, forse, era l’unico modo per fermare la spirale di autodistruzione e violenza che si stava consumando sotto gli occhi di una madre disperata. Ora, lei spera che questa sia l’occasione per una rinascita, per quel figlio che ha smarrito la strada ma che, nonostante tutto, ama ancora. «Se mi odierà, pazienza», ripete, consapevole che, qualunque cosa accada, l’unica scelta possibile era quella di agire prima che fosse troppo tardi.
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Storie vere
Il parroco diventa papà e la sua mamma lo rimprovera: “Potevi dirmelo prima”
Il parroco Tomas Hlavaty ha lascato la chiesa e sta per diventare papà con la comprensione di tutta la sua comunità ma il rimprovero di sua madre.
Il parroco Tomas Hlavaty, sacerdote nelle piccole parrocchie dell’Alta Langa, ha preso una decisione che ha suscitato grande attenzione da parte dei parrocchiani e non solo. Ha scelto di abbandonare la tonaca per diventare papà. La sua storia ha colpito tutta la comunità di un territorio rinomato per una delle produzioni vitivinicole migliori del Piemonte. I parrocchiani si sono dimostratati sorprendentemente comprensivi, nonostante qualche inevitabile perplessità. Gran parte dei fedeli, pur appartenendo a una realtà rurale e tradizionale, ha mostrato sostegno verso don Tomas, apprezzando la sua fede incrollabile e il coraggio di seguire il suo cuore.
Quel Padre Nostro galeotto tra il don e la futura madre
Il parroco racconta con emozione di aver incontrato la futura madre di suo figlio durante la preghiera, un incontro che non era affatto previsto, ma che ha cambiato il corso della sua vita. Nonostante la gioia di aspettare un figlio, Tomas ha dovuto affrontare una notizia difficile. Il bambino, infatti, nascerà con una malformazione. Tuttavia, la fede del sacerdote non è mai vacillata, anzi, si è rafforzata. Per lui, la fede non è racchiusa in una tonaca, ma è viva e presente in ogni aspetto della vita, anche nelle sfide più difficili.
Legato alla comunità dei giovani che ha seguito e formato per anni
Don Tomas ha anche condiviso il dolore per la separazione dalla sua comunità e, soprattutto, dai giovani che ha seguito e guidato per anni con dedizione. Sebbene la sua scelta sia stata sofferta, la consapevolezza di poter creare una nuova vita con la donna che ama lo ha portato a intraprendere questo nuovo cammino.
La sua mamma lo ha sgridato
Tra le reazioni personali, c’è stata quella della madre di Tomas, che ha scherzosamente rimproverato il figlio per non averle detto prima della sua decisione. Nonostante la distanza fisica, è felice di poter diventare nonna. Rivolgendosi ai fedeli e a tutti i futuri genitori Don Tomas lancia un messaggio importante. Amare veramente significa prendersi cura degli altri, in ogni piccolo gesto quotidiano. La sua nuova esperienza come futuro papà lo sta aiutando a comprendere profondamente l’amore familiare e, attraverso la fede, a guardare con speranza al futuro. Ma non solo.
Aiutate i parroci con la vostra vicinanza
L’ex parroco, ora futuro padre, lancia anche un appello a tutte le comunità: custodire con amore e preghiera i sacerdoti rimasti, poiché la loro presenza è preziosa.
Storie vere
Bei voti in cambio di sesso. Supplente denunciato, indagato e interdetto
Prometteva 8 nelle verifiche in cambio di sesso con le studentesse di un liceo di Como. Il supplente, denunciato, è indagato per violenza sessuale e per istigazione alla corruzione.
Ci risiamo. E’ una storia già vista in tante altre scuole. Quella riportata si è svolta tra l’inverno e la primavera scorsa e ha coinvolto un liceo di Como. Un supplente di 26 anni prometteva favori e votazioni alte in cambio di sesso. Una volta denunciato da due studentesse (di cui una minorenne), è stato interdetto per un anno dal giudice che ora lo sta indagando per violenza sessuale e per istigazione alla corruzione.
Le chat esplicite del supplente sul Instagram
Il giovane supplente cercava di approcciare le studentesse tramite la chat del social Instagram, i cui screenshot sono stati acquisitivi per fare partire le indagini da parte degli inquirenti coordinati dal pubblico ministero Antonio Nalesso. In particolare nelle numerose conversazioni scambiate con una ragazza – quella che l’ha denunciato anche per violenza sessuale – il docente provava a raggiungere il suo obiettivo in maniera esplicita con frasi tipo: “Se fai sesso con me ti do un bell’otto. E ti aiuto anche con gli altri professori”, avrebbe scritto, secondo quanto riporta anche dal quotidiano La Provincia di Como.
Foto intime e richieste hard che hanno terrorizzato la studentessa
Nelle chat erano presenti foto intime che il docente inviava alla studentessa minorenne. A queste aggiungeva richieste esplicite che la ragazza avrebbe accettato per paura di ripercussioni. L’uomo è stato convocato dal giudice per essere ascoltato, ma non si è presentato. Il suo avvocato ha fatto sapere da quando ha saputo di essere sotto inchiesta il suo assistito ha iniziato a soffrire di attacchi di panico.
Storie vere
Suore Carmelitane cacciate dal convento: una battaglia per la Fede, i soldi o la castità?
Licenziate in tronco dal Vescovo di Arlington (Texas), un intero convento di suore Carmelitane accusate di “insubordinazione” e “disobbedienza” nei confronti dell’autorità ecclesiastica.
In questa espulsone c’è qualcosa che non torna. Per farsi un’idea di quello che è successo – e sta ancora succedendo – bisogna tenere conto di viversi fattori. Ricapitoliamo. Negli Stati Uniti un gruppo di suore Carmelitane è stato espulso dal proprio convento, scatenando una controversia che ha rapidamente varcato i confini nazionali. La decisione del vescovo di Arlington, in Texas, di “esclaustrare” le religiose ha suscitato un’ondata di indignazione e ha aperto un dibattito sulla libertà religiosa e sul potere della Chiesa. Il termine esclaustrare in ambito religioso ha un significato molto preciso e connotazioni particolari. Deriva dal latino “claustrum“, che significa “chiosco”, “recinto” o, in senso più ampio, “monastero”. Esclaustrare significa quindi escludere da un monastero una o più persone che vi appartiene, solitamente un religioso o una religiosa. È un provvedimento disciplinare molto serio, che comporta la perdita dello status e dei diritti connessi alla vita monastica. Ma perché si è deciso in questi termini, cosa avranno fatto di così grave queste suore Carmelitane?
Quali sarebbero i motivi dell’espulsione?
Le ragioni addotte dal vescovo per questa drastica misura sono state l‘insubordinazione e la disobbedienza delle suore nei confronti dell’autorità ecclesiastica. In particolare, le religiose sarebbero state accusate di attaccamento eccessivo alla messa in latino e di simpatizzare con la Società di San Pio X, un gruppo tradizionalista considerato scismatico dalla Chiesa cattolica.
Sarà vero o c’è dell’altro?
Le suore hanno respinto con forza queste accuse, sostenendo di essere vittime di una persecuzione e di un tentativo di appropriarsi dei beni del convento da parte proprio delle autorità ecclesiastiche. Hanno sottolineato la loro fedeltà al Papa e alla Chiesa cattolica, affermando che la loro unica colpa è quella di voler mantenere le proprie tradizioni religiose. La controversia si è rapidamente trasformata in una battaglia legale, con le suore che hanno intentato una causa contro il vescovo, accusandolo di aver agito in modo illegittimo. Al centro del contendere ci sono i beni del monastero e il controllo sulla loro destinazione. Quindi soldi…
Il ruolo del Vaticano e una madre superiora troppo vivace
Il Vaticano, naturalmente, sostiene e appoggia la decisione del vescovo, ma le suore hanno contestato anche questa posizione, sostenendo che il Papa è stato mal informato sulla reale situazione che si è venuta a creare. La Santa Sede ha nominato un commissario per gestire il monastero, scatenando l’ira delle religiose che si sono sentite tradite. Un ulteriore elemento di complicazione è stato rappresentato dalle accuse mosse alla madre superiora, Teresa Agnes Gerlach, accusata di aver violato il voto di castità alle prese con una chat erotica con un prete. Quindi sesso…La donna ha respinto con forza queste accuse, sostenendole essere il frutto di un complotto ordito per screditarla e prendere il controllo del monastero.
I soldi ci sono, il sesso pure e quindi cosa manca…ah già la Fede!
La vicenda delle suore carmelitane a questo punto ha preso una piega istituzionale. Roba seria. Scuole di pensiero le une contro le altre armate a colpi di interrogativi teologici e non. Ci si interroga sul potere della Chiesa, sulla libertà religiosa e sulla tutela dei beni ecclesiastici. Insomma questa storia americana è diventata un simbolo della lotta tra tradizionalismo e modernizzazione all’interno della Chiesa cattolica. Ma al di là degli aspetti teologici la vicenda ha anche una forte componente economica, con milioni di dollari in gioco e il controllo di un vasto patrimonio immobiliare. Il futuro del monastero è incerto e dipenderà dall’esito della battaglia legale in corso. La decisione del Vaticano di assegnare il controllo del monastero a un’organizzazione privata cattolica ha innescato a sua volta una serie di eventi che potrebbero portare a diverse conseguenze. Quali?
Suore Carmelitane alla riscossa si ricomprano tutto…
Se l’organizzazione privata dovesse ottenere il controllo definitivo del monastero, potrebbe decidere di mantenere la struttura come luogo di culto o di destinarla ad altri utilizzi, come un centro di accoglienza o un’istituzione educativa. È possibile, inoltre, che l’organizzazione decida di vendere i beni del monastero per ottenere fondi da destinare ad altre iniziative.
Ma le suore espulse – chi si ricorda del film Sister Act potrebbe trovare analogie – potrebbero cercare di riconquistare il controllo del monastero, magari con il sostegno di altri ordini religiosi o di fedeli che condividono le loro idee. A questo punto la sentenza del tribunale sarà determinante per stabilire chi avrà il diritto di gestire il monastero e i suoi beni. E il Vaticano intanto che fa?
Interrogativi che aspettano risposte definitive
Il Vaticano continuerà a sostenere la decisione di assegnare il controllo del monastero all’organizzazione privata. Oppure potrebbe rivedere la sua posizione in seguito alle pressioni dell’opinione pubblica o di altri gruppi religiosi. Le suore espulse d’altra parte saranno in grado di mobilitare il sostegno necessario per riconquistare il monastero? E infine che ruolo giocherà l’opinione pubblica americana nel sostenere o meno le suore nella loro battaglia? La questione non finisce qui. Ne siamo certi…
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