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Cronaca

Tifo violento e affari illeciti: via al processo per i vertici delle curve di San Siro, tra estorsioni e pressioni sui club

i è aperto questa mattina a Milano il processo abbreviato per l’inchiesta Doppia Curva, che vede alla sbarra 16 imputati, tra cui gli ex capi ultras di Inter e Milan. Il giudice ha accolto la richiesta di costituzione di parte civile avanzata da Inter, Milan e Lega Serie A, che potranno chiedere risarcimenti per i danni subiti. Tra le accuse figurano estorsione, aggressioni e rissa, con l’aggravante mafiosa contestata ai membri della curva Nord interista.

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    Questa mattina si è aperto il processo abbreviato per l’inchiesta Doppia Curva, che ha portato alla luce un sistema di estorsioni, violenze e traffici illeciti legati alle curve di San Siro. Nell’aula bunker del carcere di San Vittore, il giudice per l’udienza preliminare Rossana Mongiardo ha dato il via al procedimento a carico di sedici imputati, tra cui gli ex capi della curva Nord dell’Inter Marco Ferdico e Andrea Beretta e il leader della curva Sud del Milan Luca Lucci. Le accuse mosse dalla Procura di Milano sono gravi e spaziano dall’associazione per delinquere alla commissione di reati come lesioni, percosse, rissa, resistenza a pubblico ufficiale, estorsione e intestazione fittizia di beni.

    Durante l’udienza, il giudice ha accolto le richieste di costituzione di parte civile presentate da Inter, Milan e Lega Serie A, riconoscendo loro il diritto di chiedere risarcimenti per i danni subiti a causa delle attività illecite condotte dagli ultras. La decisione ha rappresentato un primo importante passo per le società calcistiche, che da anni denunciavano le pressioni e i ricatti subiti dalle frange più estreme del tifo organizzato. Il Milan e la Lega hanno inoltre avanzato un’analoga richiesta per il processo immediato a carico di tre ultras rossoneri, iniziato lo scorso 20 febbraio. Su questo punto il tribunale dovrà pronunciarsi nelle prossime udienze.

    Alla sbarra, oltre a Ferdico e Beretta, era presente anche Luca Lucci, leader storico della Curva Sud del Milan. Beretta ha scelto di collaborare con la giustizia e la sua posizione potrebbe evolversi nel corso del procedimento. Per alcuni membri della tifoseria interista, l’accusa includeva anche l’aggravante mafiosa, un elemento che potrebbe incidere sulla definizione delle condanne. L’udienza di oggi ha occupato l’intera mattinata e si è concentrata sulla discussione delle istanze difensive e delle richieste delle parti civili.

    L’inchiesta Doppia Curva ha già avuto un primo sviluppo giudiziario con l’udienza dello scorso 20 febbraio, che ha visto coinvolti Christian Rosiello, Riccardo Bonissi e Francesco Lucci, fratello di Luca Lucci. Per loro, il dibattimento era già in corso. Il processo che ha preso il via oggi riguardava invece i sedici imputati che avevano optato per il rito abbreviato, una scelta che in caso di condanna garantisce uno sconto di pena ma che esclude la possibilità di difendersi nel dibattimento ordinario.

    Le indagini, condotte dai pm Paolo Storari e Sara Ombra e coordinate dal procuratore Marcello Viola e dall’aggiunta Alessandra Dolci, hanno delineato un quadro di forte infiltrazione criminale nelle curve di San Siro. Le intercettazioni raccolte dagli investigatori hanno mostrato come gli ultras riuscissero a condizionare non solo le dinamiche interne delle curve, ma anche quelle delle società calcistiche. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, che ha coordinato l’inchiesta, gli imputati avrebbero imposto un clima di intimidazione, controllo e violenza, rafforzando la propria influenza attraverso il ricorso sistematico a minacce e ritorsioni nei confronti di chi si opponeva al loro potere.

    Il blitz del 30 settembre scorso, che ha portato all’arresto di diciannove esponenti delle curve di Inter e Milan, era stato il punto di svolta di un’indagine che per mesi ha monitorato il mondo del tifo organizzato. Tra gli arrestati figurava anche Andrea Beretta, già detenuto per l’omicidio di Antonio Bellocco avvenuto il 4 settembre a Cernusco sul Naviglio. Beretta, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo chiave nella gestione del potere all’interno della curva Nord, cercando di consolidare il controllo sul gruppo dopo l’arresto di figure storiche del tifo interista. Anche Marco Ferdico, considerato il nuovo leader della tifoseria nerazzurra, era accusato di aver gestito un sistema di racket basato su estorsioni e intimidazioni, con l’appoggio di altri esponenti del gruppo.

    L’inchiesta ha portato alla luce anche il forte legame tra il tifo organizzato e ambienti della criminalità organizzata. In particolare, è emerso come alcuni gruppi ultras abbiano avuto rapporti diretti con esponenti della ‘ndrangheta e di altre organizzazioni criminali, sfruttando il potere della curva per riciclare denaro e condizionare dinamiche economiche legate al calcio. Questo aspetto potrebbe diventare uno dei punti centrali del dibattimento nelle prossime udienze.

    L’attenzione resta alta sull’aula bunker di San Vittore, dove il processo continuerà nelle prossime settimane. Il destino dei sedici imputati si deciderà nel corso delle udienze future, ma l’inchiesta Doppia Curva sembra destinata ad allargarsi ulteriormente, con nuovi sviluppi che potrebbero emergere nel corso del procedimento.

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      Politica

      Nuovo amore per Maria Elena Boschi: dopo Berruti arriva l’avvocato Roberto Vaccarella. Prima fuga romantica a New York

      Avvistati a Capalbio e pronti per un viaggio insieme negli Stati Uniti, Boschi e Vaccarella sembrano intenzionati a vivere questo nuovo legame lontano dal clamore. Per la deputata di Italia Viva si apre una nuova fase sentimentale: discreta, sorridente e con il passo leggero di chi ricomincia.

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        Archiviata una storia lunga e mediatica, se ne apre un’altra, più silenziosa ma non per questo meno intensa. Maria Elena Boschi sembra aver ritrovato il sorriso accanto a Roberto Vaccarella, avvocato penalista e fratello di Elena, da anni compagna del presidente del CONI Giovanni Malagò.

        Dopo cinque anni con l’attore Giulio Berruti — relazione intensa, raccontata e spesso sotto i riflettori — l’ex ministra di Italia Viva sceglie oggi un passo diverso. Meno esposizione, più vita reale. La notizia è circolata nelle ultime ore dopo le indiscrezioni sui primi avvistamenti a Capalbio, poi confermati da più fonti. Passeggiate, cene riservate, niente ostentazione.

        A questo si aggiunge un dettaglio che racconta bene l’evoluzione del rapporto: i due sarebbero pronti a partire per New York per la loro prima vacanza a due. Un viaggio simbolico, di quelli che segnano il passaggio da conoscenza promettente a coppia ufficiale. E chi conosce Boschi racconta di una serenità nuova, più matura, più protetta.

        La parabola è chiara: dalle copertine alla discrezione, dall’amore cinematografico a una relazione che sembra preferire il passo lento e gli occhi bassi sulle cose piccole. Il resto, al momento, resta fuori dall’inquadratura. Nessun annuncio, nessuna foto insieme, nessuna conferma social.

        Per lei è un ritorno a una normalità voluta, dopo anni in cui la vita privata è stata materia di dibattito pubblico. Oggi la narrazione cambia: c’è spazio per un sorriso nelle vie del centro, per un viaggio programmato con calma, per un tempo personale che non chiede applausi.

        Se son rose fioriranno, dice il proverbio. Qui, per ora, c’è un bocciolo custodito, e la scelta precisa di lasciarlo crescere senza fretta. In un mondo che corre, Maria Elena Boschi — almeno sul fronte del cuore — sembra aver deciso di fermarsi dove il ritmo è più umano. E di ripartire, stavolta, solo quando sarà il momento.

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          Cronaca Nera

          Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito

          Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.

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            Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.

            Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.

            La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».

            Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».

            Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.

            Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.

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              Cronaca

              Filippo “Champagne” Romeo sogna Milano da sindaco ma apre un locale… nel cuore di Monza

              Si parla del suo futuro da candidato sindaco e di una lista dal nome folcloristico, “Il Popolo della Gaina”, mentre gli amici lo rilanciano come volto outsider. Intanto Filippo “Champagne” Romeo, noto per le sue serate mondane e per i trascorsi alla Gintoneria di Davide Lacerenza finita nell’inchiesta su escort e droga, apre un nuovo locale: non a Milano, ma a Monza.

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                Filippo “Champagne” Romeo, personaggio noto della movida meneghina e fratello del capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo, torna a far parlare di sé. Questa volta non per una festa, né per una delle sue celebri notti a base di champagne, ma per un progetto che sembra oscillare tra politica e intrattenimento. Romeo, infatti, coltiva l’ambizione di correre come candidato sindaco di Milano, sostenuto da una lista civica dal nome che è già tutto un programma: “Il Popolo della Gaina”, gallina in dialetto, un richiamo volutamente pop e identitario pensato per strizzare l’occhio alla città e ai suoi umori.

                Il personaggio, del resto, non ha mai nascosto il suo gusto per la provocazione e per il racconto colorato della politica. Romeo arriva da anni trascorsi tra nightlife, locali esclusivi e frequentazioni altisonanti, inclusa quella con Davide Lacerenza, proprietario della Gintoneria finita al centro dell’inchiesta che ha coinvolto escort e droga. Un passato che alimenta curiosità e mormorii, ma che non sembra frenare le sue ambizioni.

                E mentre nei corridoi milanesi si discute della sua possibile discesa in campo, Romeo fa ciò che gli riesce meglio: riparte dal mondo dei locali. Solo che questa volta non sceglie Milano, bensì Monza. Qui sta per aprire un nuovo spazio dedicato alla nightlife, un locale che dovrebbe diventare il cuore del suo nuovo progetto imprenditoriale, perfetto per riunire amici, curiosi e sostenitori in un ambiente più raccolto ma strategico.

                La scelta di Monza non è casuale: più discreta, più gestibile, meno sovrapposta alle tensioni politiche che inevitabilmente accompagnerebbero un’apertura nel capoluogo lombardo. Un terreno neutro da cui rilanciarsi e sperimentare, mentre l’idea di una candidatura continua a rimbalzare sui social e nelle chat della Milano bene.

                Amici e simpatizzanti lo incoraggiano, qualcuno lo dipinge addirittura come una figura “anti-sistema” capace di rompere gli schemi della politica locale. Altri, più scettici, vedono in questa aspirazione una trovata pubblicitaria utile soprattutto a dare visibilità al nuovo locale.

                Quel che è certo è che Filippo “Champagne” Romeo resta un personaggio che non passa inosservato. Tra serate mondane, ambizioni civiche e aperture strategiche fuori città, il suo nome continua a circolare. Milano, per ora, può attendere. Monza, invece, è pronta ad accoglierlo.

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