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TongTong la bimba che non c’è. L’umanoide cinese creata con AI verrà utilizzata nelle case di riposo della Cina

TongTong ed è un umanoide bambina capace di interagire con le persone in carne e ossa, tipo mamma e papà e nonni.

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    Scarpette rosse, pantaloni rosa, una maglietta bianca un cerchietto per tenere i capelli raccolti. Volete sapere chi è? Si chiama TongTong ed è un umanoide bambina capace di interagire con le persone in carne e ossa, tipo mamma e papà, nonni. E’ stata sviluppata dagli ingegneri del Beijing institute for general artificial intelligence (BigaI). E’ dotata di un “sistema mentale e di valori di una bambina di 3 o 4 anni“, che secondo i suoi genitori tecnologici le permetterà di crescere e fare proprie le lezioni dell’esperienza. Tanto che gli scienziati prospettano che nel giro di qualche anno il sistema mentale di questo umanoide creata con l’AI sarà paragonabile a quello di un adulto.

    TongTong accendi la tv al nonno

    TongTong è una “bambina” virtuale dotata di due sistemi cognitivi. Il primo il sistema U (capacità) e il secondo il sistema V (valore)le permettono di cambiare atteggiamento a seconda se ha fame, sete, noia, stanchezza, sonno. Finora le hanno insegnato ad aiutare i genitori o i nonni ad accendere la tv, asciugare il latte versato per fare un piacere alla mamma e accetta dei biscotti come premio. Ma verrà messa alla prova soprattutto nelle case di riposo degli anziani cinesi sempre più affollate. Secondo gli scienziati verrà utilizzata in alcune mansioni assistenziali di routine come la cura e la pulizia personale degli ospiti delle RSA cinesi.

    Secondo alcuni dei suoi genitori scientifici TongTong sarebbe in grado di emozionarsi. Meglio: sarebbe in grado di riprodurre le emozioni grazie al costante apprendimento dagli umani. Secondo il dottor Zhu Song-Chun, direttore del Bigai questo umanoide è destinata a crescere e a imparare a comportarsi molto rapidamente. “Le serviranno al massimo tre anni per diventare matura come una diciottenne“. Sarà un successo o rimarrà una semplice illusione? La Cina in quanto a natalità ha bisogno di crederci. Sperano che TongTong possa essere la risposta per una società dove la popolazione è in contrazione dal 2022 per il crollo delle nascite. Mentre cresce il numero delle persone anziane che fanno aumentare la spesa per il welfare e social security.

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      Tech

      Mai così vicini al Sole: il viaggio record della Parker Solar Probe nella corona solare

      A 692mila chilometri orari e 982 gradi Celsius, la Parker Solar Probe ha raggiunto un nuovo traguardo nella sua missione iniziata nel 2018. Gli scienziati attendono i dati per svelare i segreti della nostra stella.

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        Il 24 dicembre 2024 è entrata nella storia dell’esplorazione spaziale. La Parker Solar Probe, sonda della Nasa lanciata nel 2018, ha stabilito un nuovo record, avvicinandosi al Sole come nessun veicolo spaziale aveva mai fatto prima: soli 6,1 milioni di chilometri.

        Un’impresa straordinaria resa possibile da un’orbita calcolata con precisione millimetrica. La sonda ha sfruttato l’effetto gravitazionale di Venere per aumentare la propria velocità, raggiungendo l’incredibile cifra di 692mila chilometri orari. Per comprendere la portata di questo dato: è oltre 200 volte più veloce di un aereo passeggeri.

        La Parker Solar Probe non si è limitata a battere record di velocità. Ha volato nella corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole, affrontando temperature vicine ai 982 gradi Celsius. Eppure, grazie a un avanzatissimo scudo termico, è riuscita a proteggere i suoi strumenti scientifici, garantendo il corretto funzionamento della missione.

        Un viaggio iniziato nel 2018

        Lanciata dalla base di Cape Canaveral, la sonda prende il nome dall’astrofisico Eugene Parker, che nel 1958 teorizzò l’esistenza del vento solare. La missione ha come obiettivo principale quello di studiare da vicino la nostra stella per comprendere fenomeni fondamentali come il riscaldamento della corona solare, la dinamica del vento solare e le eruzioni di particelle cariche che possono influenzare le telecomunicazioni e i sistemi elettrici sulla Terra.

        Dal 2018, la Parker Solar Probe ha effettuato diversi flyby di Venere, utilizzando la gravità del pianeta per spingersi sempre più vicina al Sole. Ogni passaggio ha permesso alla sonda di perfezionare la sua traiettoria, portandola in una posizione mai raggiunta prima.

        Attesa per i dati

        Nonostante il traguardo storico, il vero lavoro della missione inizia ora. La sonda ha raccolto dati cruciali durante il suo passaggio ravvicinato e, vista l’enorme distanza dalla Terra, il primo segnale radio con la conferma ufficiale del successo è atteso proprio in queste ore. Gli scienziati della Nasa sperano di ricevere informazioni dettagliate che potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione del Sole e dei suoi processi.

        Perché studiare il Sole?

        La nostra stella non è solo la fonte primaria di energia per il sistema solare, ma anche un elemento fondamentale per la vita sulla Terra. Tuttavia, il Sole è anche responsabile di fenomeni che possono avere conseguenze devastanti. Le tempeste solari, ad esempio, possono danneggiare i satelliti, interrompere le comunicazioni radio e causare blackout elettrici. Comprendere meglio questi eventi è essenziale per prevederli e mitigarne gli effetti.

        Oltre alla scienza pratica, la missione Parker Solar Probe rappresenta un progresso tecnologico e umano straordinario. Affrontare condizioni estreme come quelle della corona solare richiede non solo una progettazione all’avanguardia, ma anche una conoscenza approfondita delle leggi fisiche che governano il nostro universo.

        Un futuro sempre più vicino al Sole

        L’ultimo flyby della sonda non è la fine della missione. La Parker Solar Probe continuerà a orbitare attorno al Sole, avvicinandosi ulteriormente con ogni passaggio. Gli scienziati prevedono che entro la fine del 2025 la sonda possa raggiungere una distanza di appena 5,9 milioni di chilometri dalla superficie solare.

        Questo storico avvicinamento non è solo un tributo alla capacità dell’uomo di superare i propri limiti, ma anche un invito a guardare verso il cielo con rinnovato stupore. La Parker Solar Probe ci ricorda che, anche in un’epoca di sfide globali, lo spirito di scoperta e l’aspirazione a esplorare l’ignoto restano tra le più grandi conquiste dell’umanità.

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          Tech

          Tecnologia sotto l’ombrellone: i gadget tech dell’estate che (forse) non sapevi di volere

          Dalla borraccia smart al mini proiettore da spiaggia, i nuovi accessori tech rendono l’estate più comoda, più social e decisamente più cool. Anche sotto il sole.

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            Chi l’ha detto che in vacanza bisogna “staccare”? O meglio, perché non farlo con stile, sfruttando tutta quella tecnologia che può trasformare una banale giornata al mare in un’esperienza da influencer internazionale (o da sopravvissuto del deserto, a seconda del mood)? Quest’estate la parola d’ordine è tech-relax: non si rinuncia al relax, ma neppure al Wi-Fi, alle app e ai gadget smart che ti fanno risparmiare fatica, tempo e – udite udite – sudore.

            Il ventilatore da spiaggia esiste davvero
            Lo metti nello zaino, lo attacchi al power bank e ti regala una brezza da Costa Smeralda anche se sei a Fregene: parliamo del mini ventilatore portatile, ormai must-have di ogni borsa mare che si rispetti. Alcuni modelli sono dotati di nebulizzatore, per un effetto hammam tascabile che sfida anche la sabbia più rovente.

            Occhio alla borraccia… che ti giudica
            Bere acqua è importante, certo. Ma ricordarsene, tra un tuffo e un mojito, è tutta un’altra faccenda. Ecco che entra in scena la borraccia smart, che vibra o si illumina quando hai bevuto troppo poco. Alcune si sincronizzano con lo smartwatch, altre ti inviano una notifica sullo smartphone. Perché l’idratazione, ormai, è anche una questione di notifiche.

            Selfie di fuoco, ma senza surriscaldare il telefono
            Sole a picco, temperatura tropicale, e il telefono che ti avvisa: “Sto morendo, lasciami all’ombra”. Soluzione? Le custodie termoisolanti, l’equivalente tech del bagnino per il tuo smartphone. Proteggono dai raggi solari, evitano il surriscaldamento e, dettaglio non trascurabile, sono anche Instagram-friendly. Il colore fluo è quasi d’obbligo.

            Streaming sotto le stelle? Yes, we can
            Altro che cinema all’aperto. L’ultima tendenza da spiaggia (o da terrazza panoramica) è il mini proiettore tascabile: grande quanto una lattina, potente come una TV. Si collega via Bluetooth al telefono e proietta film, concerti o video TikTok sulla parete della casa al mare. In alternativa, va bene anche un telo bianco steso tra due ombrelloni.

            La rivoluzione del telo mare 3.0
            È impermeabile, antisabbia, pieghevole, carica il telefono (sì, davvero), suona musica e – giuro – qualcuno sostiene anche che massaggi la schiena. I teli mare tech sono la nuova frontiera del dolce far niente hi-tech: un po’ stuoia zen, un po’ navicella spaziale.

            E se invece vuoi disintossicarti? C’è anche la tech detox
            Per chi cerca l’estate analogica, quella dei racchettoni e dei giri in pedalò, la tecnologia offre… l’anti-tecnologia. Ci sono app (paradossale, lo so) che bloccano notifiche e social per ore stabilite, braccialetti che vibrano quando superi il limite giornaliero di schermo, e persino localizzatori che ti aiutano a trovare il cellulare per poi spegnerlo consapevolmente.

            In sintesi? L’estate 2025 è il perfetto equilibrio tra piacere e praticità, gadget e libertà, Wi-Fi e mojito. L’importante è ricordarsi una cosa: la tecnologia deve servire a migliorare la vacanza, non a sostituirla. Quindi sì al drone per riprendere l’aperitivo, ma poi posa il telefono. E goditi la luce vera del tramonto. Anche se non puoi metterla in story.

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              Tech

              Google inquina sempre di più: +11% di emissioni nel 2024, colpa dell’intelligenza artificiale

              Dal 2019 a oggi le emissioni di carbonio di Google sono cresciute del 51%. A farle impennare è soprattutto la catena di fornitura dell’intelligenza artificiale: produzione, trasporti e logistica per alimentare i data center divorano energia e aumentano l’impatto ambientale.

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                C’era una volta il sogno green di Google. Ma nel 2024, la realtà è ben diversa. Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal colosso di Mountain View, le emissioni complessive di carbonio sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente. Un incremento che porta il dato totale a +51% rispetto al 2019, allontanando sensibilmente l’azienda dall’obiettivo dichiarato: dimezzare le emissioni entro il 2030.

                La causa? Una sola parola: intelligenza artificiale.

                Nel documento, Google ammette che a pesare sono soprattutto le emissioni legate alla catena di fornitura, ovvero la cosiddetta “scope 3”, che comprende tutte quelle attività esterne al diretto controllo dell’azienda: acquisto di beni e servizi, trasporti, logistica, produzione e assemblaggio delle componenti necessarie per alimentare l’ecosistema AI. Proprio questa categoria ha visto un aumento del 22% nel 2024, mentre le emissioni interne alle sole operazioni aziendali sono diminuite dell’11%.

                Per realizzare le sue promesse, l’intelligenza artificiale ha bisogno di energia”, ammette senza giri di parole il report. La crescente domanda di calcolo generata dalle nuove tecnologie richiede infatti infrastrutture sempre più complesse e assetate di corrente. Tuttavia, c’è una nota positiva: l’innovazione tecnologica sta rendendo i data center più efficienti, riuscendo a contenere l’aumento dei consumi.

                Google prova a rassicurare: “Entro il 2030, i nostri data center consumeranno meno energia rispetto a quella richiesta da motori industriali, climatizzatori o auto elettriche”. Ma il trend resta preoccupante, soprattutto considerando la velocità con cui l’industria dell’IA sta crescendo.

                E se Big G arranca, anche gli altri big tech non brillano. Meta, ad esempio, ha annunciato un data center alimentato a gas in Louisiana. E negli Stati Uniti, l’ultima mossa politica ha fatto discutere: l’ex presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’uso del carbone nei data center IA, una scelta che appare in netta controtendenza rispetto alle strategie ambientali globali.

                L’era dell’intelligenza artificiale è solo all’inizio. Ma, a quanto pare, la transizione ecologica dovrà aspettare.

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