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Cronaca

Tutti al Festival “Il Diritto di essere bambini”al Bicocca Village di Milano

Dal 22 novembre fino al 24 novembre appuntamento al Bicocca Village per la quattordicesima edizione del festival Il Diritto di essere bambini.

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    “Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra”, diceva Gianni Rodari.
    Nella settimana in cui si ricorda la giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adoloscenze, si preparano al Bicocca Village tre giorni dedicati ai bambini e ai loro diritti.

    L’infanzia negata, piaga vergognosa del nostro tempo

    Diritti che purtroppo, sono ancora oggi dimenticati in alcune parti del nostro pianeta. L’infanzia negata ha molti volti: ci sono bambini che non hanno acqua, nè cibo. Che crescono troppo in fretta fra le guerre e la povertà. Ci sono bambini che sono discriminati, altri che non possono andare a scuola e sono costretti a lavorare o a combattere.

    Il diritto a sognare

    Eppure, anche Gandhi affermava che se vogliamo insegnare la vera pace in questo mondo e se vogliamo portare avanti una vera guerra contro la guerra, dovremmo iniziare proprio dai bambini. Bambini che hanno il diritto di giocare e di sognare. Per i quali bisogna garantire di esprimersi, favorendo in ogni sorriso di un piccolo ci sarà la più bella dichirazione di libertà. La Croce Rossa di Milano quest’anno darà il suo primo piccolo contributo al Festival Il Diritto di essere bambini. Una kermesse giunta alla sua 14a edizione e organizzata dall’Università degli Studi di Milano Bicocca, presso il Bicocca Village.

    Il programma della manifestazione

    Dal 22 novembre fino al 24 novembre, dalle ore 10.30 fino alle ore 16.30, è stato previsto uno spazio operativo. Un luogo dove i monitori di Croce Rossa Italiana mostraranno a tutti i partecipanti interessati le manovre salvavita in età pediatrica, il 23 novembre invece, alle ore 10.30 è stato previsto un laboratorio didattico, ispirato alla favola L’albero di Natale della Croce Rossa di Milano.

    L’ultimo giorno del Festival, invece, il 24 novembre, alle ore 16.30 è stato organizzato un
    seminario “Educare con le filastrocche per la pace e l’inclusione” con Mariangela Giusti, Università degli Studi di Milano Bicocca e ideatrice del Festival e Barbara di Castri, Croce
    Rossa Italiana, Consigliera del Comitato di Milano.

      Storie vere

      Ha viaggiato per il mondo per sei anni: ora, tornata a casa, Katie si sente più sola che mai

      Ha trascorso 6 anni all’avventura in giro per il mondo. A 30 anni, tornata a casa, per lei è stato un trauma. Ecco cosa le manca di più…

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        Questo pezzo potrebbe iniziare con una citazione tratta dal testo Walden ovvero vita nei boschi scritto da Henry David Thoreau nel 1817. “Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto (…)”. Eh sì perchè Katie Lemon, copywriter e autrice statunitense, ha vissuto un’esperienza che per molti è solo un sogno. Un’avventura che si avvicina molto al personaggio del libro autobiografico di Thoreau. Sei anni trascorsi esplorando il mondo, con lo zaino in spalla e il cuore aperto a ogni nuova avventura. Dal Vietnam al Nepal, passando per il Sahara e il Guatemala, Katie ha sperimentato la libertà più autentica, un’esistenza in cui la profondità delle connessioni umane e il contatto con la natura erano centrali.

        Il richiamo della semplicità

        Ma il ritorno a casa, negli Stati Uniti, non è stato affatto come lo aveva immaginato. Al contrario, si è rivelato un trauma. “Avevo bisogno di mettere radici“, racconta Katie in un’intervista a Business Insider, “ma qui mi sento più sola che mai“. Durante i suoi viaggi, Katie si muoveva a piedi o con mezzi pubblici, assaporando il ritmo lento della vita. In Guatemala, ad esempio, poteva raggiungere i mercati locali o incantevoli sentieri panoramici semplicemente camminando. “Era una vita semplice, ma mi sentivo connessa con il mondo e con le persone che incontravo“, ricorda con nostalgia. Tornata a St. Louis, negli Stati Uniti, questa connessione è scomparsa, inghiottita dalla frenesia della vita moderna. “Qui tutto è pianificato, dal fare la spesa in enormi supermercati al doversi spostare ovunque in auto. Anche le cose più banali sembrano alienanti“.

        Per Katie una vita divorata dal lavoro

        Uno dei maggiori disagi che Katie ha provato riguarda il ritmo implacabile della vita lavorativa negli Stati Uniti. “All’estero, c’era tempo per assaporare il quotidiano: un chai condiviso in India o la cultura della siesta in America Latina. Qui, il lavoro occupa ogni spazio mentale e fisico. Ritagliarsi momenti di libertà sembra quasi un atto di ribellione“. L’autrice lamenta una cultura che valorizza la produttività sopra ogni cosa, a scapito della qualità della vita. “In tanti Paesi che ho visitato, la gente sapeva come vivere davvero, godendo del tempo e delle connessioni umane. Qui sembra che tutto sia sacrificabile sull’altare del lavoro“.

        Tornare, ma a quale costo?

        Un altro aspetto che Katie fatica ad accettare è la perdita della spontaneità nelle relazioni. All’estero, nelle comunità di expat, bastava poco per creare legami sinceri: un sorriso, una conversazione improvvisata, un invito a cena. Tornata negli Stati Uniti, tutto è diverso. “Le amicizie qui sembrano programmate: brunch, gite, visite. Ogni momento è incastrato in un’agenda rigida, come se non ci fosse più spazio per un’improvvisata o una connessione autentica“. Ma Katie si rende conto altresì che la scelta di tornare era necessaria. Dopo anni di avventure, desiderava un luogo da chiamare casa. Ma quel luogo ora sembra non appartenerle più. “Sento la mancanza di un’esistenza che valorizza la semplicità, il tempo e le relazioni vere. Qui, tutto sembra artificiale, costruito, lontano dalla vita autentica che ho conosciuto”. In una riflessione che richiama le parole di Henry David Thoreau, Katie conclude: “Ho viaggiato per il mondo per trovare connessioni, bellezza e saggezza. Ora, tornata alla civiltà, mi chiedo se il prezzo da pagare sia troppo alto“.


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          Politica

          I 5 Stelle voltano pagina: Grillo cancellato, il garante storico archivia con una battuta e prepara la vendetta

          Il Movimento fondato dall’ex comico genovese e da Gianroberto Casaleggio elimina la figura del garante con un voto plebiscitario. Grillo, che ammette di aver “peggiorato il Paese”, non si arrende e medita un nuovo progetto politico mentre ironizza su Conte e il simbolo del Movimento.

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            “Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte”. Con un saluto che sembra preso in prestito dal Truman Show, Beppe Grillo segna il suo game over con il Movimento 5 Stelle. Il co-fondatore, una delle anime del progetto nato per rivoluzionare la politica italiana, è stato ufficialmente fatto fuori dalla sua creatura. Un voto interno al partito ha sancito con l’80,5% di favorevoli la cancellazione della figura del garante. Una decisione che Grillo, forse, si aspettava, ma che non per questo lascia indifferenti.

            Con ironia tagliente, il comico genovese ha commentato la sua “detronizzazione” con una battuta: “Oz – il soprannome affibbiato all’ex premier Giuseppe Conte – ha preso più voti ora che alle Europee.” Una frecciata diretta, accolta con entusiasmo dai fedelissimi rimasti accanto al fondatore, che non ha mai smesso di prendere di mira l’attuale leader del Movimento, responsabile, a detta di Grillo, di aver snaturato il progetto originale.

            Grillo e l’addio al suo Movimento

            La decisione del Movimento di eliminare il ruolo di garante, incarnato per anni da Grillo, arriva in un momento di declino per i 5 Stelle. Con risultati elettorali ben al di sotto delle aspettative, soglie minime nelle regionali e percentuali inferiori al 10% nelle europee, il partito sembra aver perso l’appeal degli esordi. Grillo, d’altro canto, non ha mai nascosto il suo disincanto verso l’evoluzione del Movimento. Lo aveva detto già un anno fa, ospite da Fabio Fazio: “Ho peggiorato il Paese.”

            Eppure, non è nella sua natura abbandonare il campo senza combattere. Mentre invita i militanti a “andare per funghi” – un consiglio seguito, a quanto pare, solo dall’ex ministro Toninelli – Grillo è già al lavoro per un nuovo progetto politico. Ma il futuro del comico non si giocherà solo sulla scena politica. Una battaglia legale si profila all’orizzonte, con l’ex premier Giuseppe Conte nel mirino.

            Il simbolo conteso e il futuro incerto

            Il nuovo fronte di scontro riguarda il simbolo del Movimento 5 Stelle. Grillo e i suoi legali sono pronti a sfidare Conte nei tribunali, in quella che potrebbe essere la definitiva spaccatura di un partito già in difficoltà. Se il progetto di Grillo dovesse concretizzarsi, il Movimento potrebbe subire una nuova emorragia interna, rischiando di sprofondare ulteriormente nei consensi.

            Mentre i numeri delle ultime elezioni regionali e europee parlano chiaro – percentuali al di sotto del 4% in alcune regioni e un risultato deludente sotto il 10% in Europa – Grillo sembra determinato a non lasciare l’ultima parola ai suoi ex fedelissimi. Tra sarcasmo e strategia, il comico genovese, già promotore di scissioni e di lotte controcorrente, potrebbe presto tornare a far parlare di sé.

            Ma se il suo nuovo progetto sarà in grado di risollevare le sorti di un’idea ormai appannata o se segnerà solo l’ultimo capitolo di una lunga parabola discendente, è ancora tutto da vedere. Quello che è certo è che, per Beppe Grillo, il sipario non è ancora calato. E, come da copione, la sua battaglia sarà all’insegna di sarcasmo e irriverenza.

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              Italia

              Concordato preventivo biennale: operazione di marketing o strumento di fiducia? Ecco il parere del Sindacato Commercialisti

              Il concordato preventivo biennale avrebbe dovuto rappresentare un passo verso la trasparenza e il rispetto reciproco tra Fisco e contribuenti, ma il tono delle comunicazioni sembra tradire obiettivi ben diversi.

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                Nelle ultime settimane, numerosi contribuenti hanno ricevuto una PEC dall’Agenzia delle Entrate contenente segnalazioni su presunte anomalie nelle dichiarazioni dei redditi 2023. La comunicazione sottolinea che i redditi dichiarati sarebbero inferiori “a quelli dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico”.

                Se a un primo sguardo potrebbe sembrare un normale controllo fiscale finalizzato alla compliance, il contenuto della lettera rivela un intento ben più pressante. L’Agenzia invita infatti i destinatari ad aderire al concordato preventivo biennale, sostenendo che questo consentirebbe di “rendere il reddito coerente con il valore minimo di settore”. Il termine per l’adesione, fissato al 12 dicembre 2024, è supportato dalla riapertura dei termini previsti dal D.L. n. 167/2024.

                Le critiche del SIC

                Marcello Guadalupi, Presidente del Sindacato Italiano Commercialisti (SIC), non ha esitato a definire questa iniziativa un’“operazione di marketing”. Secondo Guadalupi, il tono e la tempistica delle lettere contraddicono uno degli obiettivi dichiarati della Riforma fiscale: instaurare un rapporto di fiducia tra Fisco e contribuente, basato sulla trasparenza e sul rispetto reciproco.

                “Leggendo lettere di questo tipo – spiega Guadalupi – sorge un fondato dubbio sull’effettivo raggiungimento di tale obiettivo. Anzi, l’impressione è quella di una ennesima ‘caccia alle streghe’ degna della migliore tradizione inquisitoria”.

                Un rapporto di fiducia in discussione

                Il concordato preventivo biennale, nato come strumento per semplificare il rapporto tra Fisco e contribuenti, rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Se da un lato l’invito all’adesione può essere visto come un’opportunità, dall’altro il modo in cui l’Agenzia delle Entrate lo presenta alimenta un clima di diffidenza.

                Guadalupi sottolinea che per costruire un nuovo rapporto fiduciario è necessario che entrambe le parti rispettino i principi di chiarezza e trasparenza. Solo superando questa percezione di “pressione” fiscale, sarà possibile instaurare una collaborazione autentica tra contribuenti e amministrazione finanziaria.

                Un appello per un cambio di approccio

                Il SIC, a nome dei commercialisti italiani, si augura che il Fisco riconsideri il proprio approccio, evitando metodi che possano essere percepiti come intimidatori. “Il gioco deve essere chiaro e trasparente per tutti i giocatori che si siedono allo stesso tavolo,” conclude Guadalupi.

                Il dibattito su queste comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate resta aperto, ma una cosa è certa: il clima di fiducia tra Fisco e contribuenti, più volte auspicato dalla Riforma fiscale, sembra ancora lontano dall’essere raggiunto.

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