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Cronaca

Una freccia nella testa, due giorni sul pavimento: il miracolo chirurgico di Ancona

È successo ad Ancona: un 64enne è stato operato con successo dopo essere rimasto due giorni in casa con una freccia di carbonio conficcata nella testa. L’arma, forse una balestra, era di sua proprietà. I medici hanno seguito tecniche neurochirurgiche militari per rimuoverla: “Una traiettoria chirurgica, come scelta da un esperto. Un colpo potenzialmente fatale evitato per un soffio”.

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    Da due giorni giaceva immobile sul pavimento, senza bere né mangiare. Ma quando i soccorritori hanno sfondato la porta della sua casa ad Ancona, l’uomo, 64 anni, era vivo. Vigile. Con una freccia in carbonio conficcata nella testa, dalla fronte alla nuca. Una scena che nemmeno i medici più esperti avevano mai visto.

    Trasportato all’ospedale di Torrette, è stato operato d’urgenza. “Era cosciente, parlava. La freccia gli bloccava il movimento del collo”, ha raccontato il professor Maurizio Iacoangeli, primario di Neurochirurgia, che ha guidato l’intervento. Il dardo aveva seguito un tragitto incredibilmente preciso, evitando i vasi principali e le aree cerebrali vitali. “Una traiettoria intelligente. Se fosse passata un millimetro più in basso, sarebbe morto”.

    I chirurghi hanno agito come in una sala operatoria da guerra. “In questi casi non conta la velocità, ma la pianificazione”, ha spiegato Iacoangeli. Due ore di intervento delicatissimo, ispirato alle tecniche usate nei conflitti da colleghi americani. Un errore, e il sangue sarebbe esploso fuori come da una diga.

    In casa è stata trovata una balestra, regolarmente detenuta. Forse stava pulendo l’arma, forse ha perso l’equilibrio, forse è stato un gesto deliberato. I carabinieri non escludono nulla. Ma il dettaglio più impressionante è un altro: la freccia, in carbonio, non ha interferito con la TAC. I medici hanno potuto studiarne il tragitto con una precisione impossibile con un oggetto metallico.

    L’uomo è in rianimazione. I rischi restano altissimi. Ma per ora è lucido, stabile, e incredibilmente ancora vivo. A un soffio dalla morte.

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      Mondo

      Crolla il mito di Elon Musk: ora è l’uomo più detestato d’America, più giù perfino di Netanyahu

      Con un indice di popolarità a -28, Elon Musk diventa la figura pubblica meno amata degli Stati Uniti. I suoi flirt politici con Trump, i tweet velenosi e i dati in calo di Tesla lo spingono in fondo alla classifica Gallup. I più apprezzati? Papa Leone XIV e Zelensky.

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        Per anni è stato l’idolo dell’innovazione. Oggi è l’uomo più detestato d’America. Elon Musk, guru di Tesla e SpaceX, precipita nell’indice di popolarità Gallup: -28. Peggio perfino di Netanyahu, fermo a -20. Due americani su tre dichiarano di non sopportarlo più. Solo il 34% lo stima ancora. Il resto si divide tra indifferenti e delusi.

        Il motivo? Una miscela letale di politica e social. Musk aveva sposato la causa di Trump, investendo cifre enormi nella sua campagna e ottenendo in cambio una task force governativa chiamata DOGE (sì, come la sua cripto preferita). Ma il matrimonio è durato poco: i due si sono separati malamente, tra post velenosi e accuse esplosive. Compreso, pare, un vago riferimento al caso Epstein che ha fatto infuriare i repubblicani.

        Così Musk è riuscito in un’impresa rara: alienarsi sia i democratici che i repubblicani. E anche i numeri iniziano a scricchiolare. Tesla ha chiuso il secondo trimestre 2025 con utili in calo del 16% e ricavi a -12%. La concorrenza cinese avanza e lo stile social del patron non aiuta.

        Le sue esternazioni estreme, sostiene il Williams College, stanno danneggiando non solo Tesla, ma l’intero mercato delle auto elettriche. E le sue altre aziende — Neuralink, SpaceX, X — sono sempre più viste come capricci da miliardario che salvezze per l’umanità.

        Intanto, in cima alla classifica Gallup dei più amati ci sono due nomi: Volodymyr Zelensky (+18) e Papa Leone XIV (+46). Due figure distanti, ma accomunate da un dettaglio: non usano X.

        Musk invece continua a postare. Ma ogni tweet sembra un boomerang. E il genio visionario che voleva portarci su Marte ora fatica a uscire dal tunnel dell’antipatia.

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          Mistero

          Altro che UFO, gli egizi costruivano le piramidi con gli ascensori!

          Un recente studio di un team francese ipotizza che la costruzione della più antica piramide d’Egitto – quella di Saqqara, dalla tipica forma a gradoni – sia stata realizzata con un ingegnoso (e per i tempi avveniristico) sistema idraulico.

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            Tante cose si sono dette sulle piramidi dell’Antico Egitto, soprattutto su come venissero realizzate. La più antica, quella iconica di Saqqara dalla particolare forma a gradoni potrebbe essere stata costruita con l’ausilio di una specie di “ascensore” ad acqua. Uno studio francese pubblicato su riviste del settore, dimostrerebbe come gli Egizi avessero creato un sistema idraulico per il sollevamento delle pesanti pietre da costruzione. Lo suggerisce uno studio pubblicato sulla alcune riviste di settore da un gruppo di ricerca francese guidato dall’istituto di ricerca Paleotechnic di Parigi.

            Costruendo con la gestione di acqua e sedimenti

            La particolare struttura di Saqqara, ideata per essere il complesso funerario per il faraone Djoser della terza dinastia, risale al 2.680 a.C., anche se le metodologie per costruirla rimangono ad oggi avvolte dal mistero. Secondo la nuova analisi realizzata dal team di studio francese, il vicino recinto di Gisr el-Mudir (struttura dalla funzione ancora poco chiara) potrebbe essere stato impiegato come una diga di controllo per catturare acqua e sedimenti.

            Un’idea assolutamente geniale

            L’idea presuppone un’intuizione non da poco ed una serie di conoscenze, magari anzhe inconsapevoli, di idraulica: vari compartimenti scavati nel terreno all’esterno della piramide utilizzati come impianto di trattamento delle acque, permettendo ai sedimenti di depositarsi mentre il flusso liquido passava da un compartimento all’altro. In un secondo tempo l’acqua ripulita sarebbe stata trasferita in due pozzi situati all’interno della piramide. La forza della sua risalita avrebbe fatto il resto, favorendo il trasporto di un galleggiante carico di pietre da costruzione.

            Ci sono ancora alcuni punti da chiarire

            Rimane da capire quanta acqua fosse disponibile in quel periodo e come ne veniva regolato il flusso attraverso i pozzi. Lo studio sottolinea che gli egizi potrebbero aver realizzato la piramide usando vari metodi di costruzione. Per esempio con l’ausilio di alcune rampe, puntando sul sollevamento idraulico dei massi quando nella regione era disponibile acqua a sufficienza.

            Alcune curiosità

            Saqqara è l’antesignana di quelle che diverranno poi, con la IV dinastia, le cosiddette piramidi perfette. Il suo nome deriverebbe dal nome del vicino odierno villaggio arabo. E’ tuttavia ancora poco chiaro se tale nome non derivi, a sua volta, da quello dell’antico dio della morte Sokar, il che sarebbe in tema con la sua destinazione sepolcrale, o piuttosto dal nome di una tribù araba, i Beni Soqar, che aveva prescelto la zona quale propria sede stanziale.

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              Mistero

              La Madonna, la voce, la camminata. Il miracolo di Lourdes che la scienza non spiega

              Antonietta Raco, 66 anni, era affetta da sclerosi laterale primaria. Dopo un pellegrinaggio a Lourdes, ha ripreso a camminare: la Chiesa ha appena riconosciuto ufficialmente il caso come il 72° miracolo avvenuto nel Santuario francese.

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                Il miracolo è stato riconosciuto mercoledì scorso nella cattedrale di Tursi. Ma per Antonietta Raco, 66 anni, quel cambiamento è avvenuto nel 2009, quando, affetta da sclerosi laterale primaria e costretta da quattro anni su una sedia a rotelle, è tornata a camminare dopo un pellegrinaggio a Lourdes.

                Era andata lì per pregare per una bambina del suo paese. Entrata nella piscina del Santuario, ha sentito qualcuno sorreggerle il collo. Non c’era nessuno. «Poi un dolore fortissimo alle gambe, seguito da una sensazione di sollievo. E quella voce… soave, che mi diceva: “Non avere paura”.» Non ne parlò con nessuno. Tornata a casa, restò in silenzio.

                La sera del 5 agosto, mentre guardava la televisione con il marito, la voce tornò. Le disse di raccontare tutto. Quando provò ad alzarsi, riuscì a stare in piedi. Fece qualche passo, poi due giravolte. Il marito, incredulo, chiamò subito il medico e il parroco. Fu invitata a tornare a Torino, alle Molinette. Il professor Adriano Chiò la visitò, fece esami, la abbracciò commosso. Nessuna spiegazione clinica.

                «Sono stata sottoposta a visite per anni, anche a Lourdes. Sempre con serenità. Se serve per aiutare a capire, ben venga», racconta. Non si sente speciale: «La Madonna è una madre. Ma io non sono nessuno. Solo uno strumento». Dopo la guarigione, è diventata volontaria dell’Unitalsi.

                «Lourdes è casa mia. Ogni giorno torno con il cuore a quella Grotta. E non passa giorno senza che io pensi a quello che è successo».

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