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Aurora Ramazzotti e il difficile rapporto con l’aspetto: “Le ferite del passato non spariscono facilmente”

Vittima per anni di paragoni ingombranti e critiche spietate, Aurora Ramazzotti ha raccontato ai suoi followers quanto sia difficile convivere con l’insicurezza e quanto lungo sia il cammino per imparare ad amarsi, tra apparenza e autenticità.

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    Aurora Ramazzotti è uno dei volti più amati dei social italiani. Da sempre si è battuta per costruirsi un’identità propria, al di là del peso ingombrante di essere “la figlia di Michelle Hunziker ed Eros Ramazzotti”. Un percorso non privo di ostacoli, segnato da critiche feroci, paragoni continui e, soprattutto, da profonde insicurezze legate all’aspetto fisico.

    Oggi Aurora è tornata ad aprirsi con estrema sincerità, affidando ai social un messaggio toccante che ha colpito il cuore dei suoi follower.

    “Oggi non mi piacevo”, ha scritto, senza filtri. “A chi non succede? Ma è più complesso amarsi quando quella fragilità la vedi tradotta in un’immagine che tanti guardano. Ogni tanto scorgevo delle inquadrature di me negli schermi e non mi riconoscevo quasi. Mi sono ricordata del perché vedermi in televisione è sempre stata la mia ambizione, ma poi ogni volta mi faceva stare male.”

    Un sentimento di vulnerabilità amplificato dall’esposizione pubblica: “Vedersi su quello schermo è vedersi nudi, nonostante il trucco e i vestiti di scena. Non hai controllo sul modo in cui gli altri ti guardano”, ha aggiunto con lucidità.

    Aurora ha raccontato che, per molto tempo, queste sensazioni sfociavano in vere e proprie crisi. Solo recentemente ha imparato ad affrontarle con un approccio diverso: non ignorandole né drammatizzandole, ma accogliendole con gentilezza.

    “Sono la peggiore giudice di me stessa”, ha ammesso. “Ma ho capito che cercare la validazione negli altri non serve a nulla quando si tratta del proprio aspetto.”

    Nel suo racconto, la giovane conduttrice riflette su quanto sia difficile liberarsi da ferite profonde, in un mondo che sembra basarsi quasi esclusivamente sull’apparenza: “Anche e soprattutto per noi, che vacilliamo costantemente tra l’apparire e l’essere, cercando di conciliare le due cose ma dando più peso all’ultima.”

    Il suo messaggio si chiude con una nota di speranza: “Ci si prova una vita intera, ma alla fine ci si riesce. Anche se momenti come questi a volte tornano. La cosa più bella è che quelle tempeste si trasformeranno in ventate, poi in soffi leggeri di ricordi: solo ricordi di battaglie interiori che ci hanno reso ciò che fieramente siamo.”

    Un esempio di forza e autenticità che, ancora una volta, mostra quanto dietro a ogni volto noto ci sia una storia di fragilità, coraggio e crescita personale.

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      Personaggi

      Belen Rodriguez appare confusa sul palco: la rete si interroga, tra preoccupazione e polemiche

      Durante un’intervista sul palco della rassegna milanese, la conduttrice è sembrata in difficoltà e ha lasciato l’evento accompagnata dallo staff. I social si dividono, mentre emergono richieste di maggior attenzione verso gli ospiti in evidente disagio.

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      Belen Rodriguez

        Una nuova ondata di commenti e preoccupazioni ha travolto Belen Rodriguez dopo la sua partecipazione al Vanity Fair Stories. La manifestazione milanese dedicata a talk e incontri con personaggi del mondo dello spettacolo. La showgirl, reduce dalle recenti polemiche seguite all’intervista a Belve, è salita sul palco per rispondere a domande sulla sua vita privata. Ma sono state le sue condizioni apparenti — e non le sue parole — a catalizzare l’attenzione del pubblico.

        Nei video circolati su TikTok e X (ex Twitter), Rodriguez appare affaticata e lenta nei movimenti. Il conduttore l’ha accolta prendendola per mano e, una volta seduta, la showgirl ha risposto con tono pacato, cercando più volte una posizione comoda sulla sedia. Alla fine dell’incontro, alcune persone dello staff l’hanno accompagnata verso l’uscita sostenendola per un braccio, gesto che ha ulteriormente alimentato le speculazioni.

        Sui social sono immediatamente comparsi commenti di ogni tipo: c’è chi ipotizza un malessere momentaneo. Chi sospetta l’uso di alcol o la forte stanchezza, e chi invita alla prudenza ricordando che non esistono informazioni ufficiali sulle sue condizioni. «Sembrava rallentata, qualcosa non andava», scrive un utente. «Avrebbero dovuto interrompere l’intervista, era evidente che fosse a disagio», osserva un altro. Altri ancora hanno preso le sue difese definendo offensive e infondate le supposizioni circolate in rete.

        Durante l’incontro, il dibattito è tornato anche sulle dichiarazioni rilasciate qualche giorno prima a Belve. In quella sede, Rodriguez — rispondendo in modo ironico a una domanda sui suoi ex compagni — aveva affermato di essere stata “manesca”, frase che aveva suscitato critiche e perplessità. Sul palco del Vanity Fair Stories ha chiarito che si trattava di sarcasmo: «Sono sudamericana, abbiamo un’ironia diversa. Non è mai stato un “li ho menati tutti”». Poi ha coinvolto la platea chiedendo: «Chi non è mai stato tradito?».

        Ma la discussione, stavolta, si è spostata altrove: non sulle sue affermazioni, bensì su come una figura così esposta venga gestita quando appare in evidente difficoltà. Tra i commenti più condivisi, infatti, emerge una riflessione sul ruolo degli organizzatori: «Se un ospite non sta bene, la priorità dovrebbe essere tutelarlo, non continuare il talk», si legge sotto uno dei video più visualizzati.

        Al momento, né Belen Rodriguez né l’organizzazione dell’evento hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali su quanto accaduto. Resta però un dato evidente: la sua apparizione ha riacceso il dibattito su salute, pressione mediatica e rispetto dei tempi personali dei personaggi pubblici, in un momento in cui ogni gesto, anche involontario, diventa immediatamente virale.

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          Personaggi

          Amanda Lear torna a parlare di Dalí: «Era innamorato pazzo di me, ma non poteva soddisfarmi né aiutarmi»

          Amanda Lear riporta alla luce aneddoti del suo legame con Salvador Dalí: un rapporto fatto di ossessioni eleganti, formalità infinite e confessioni inattese. «Mi adorava, ma restava prigioniero della religione e della moglie», racconta la musa, che svela come il pittore vivesse in un tempo tutto suo, tra aristocratici immaginari, tabù cattolici e il rifiuto categorico che lei fosse vista come un’amante.

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            Amanda Lear non smette mai di ritornare sul suo capitolo più iconico: Salvador Dalí. E questa volta lo fa con una serie di pillole che riportano il pubblico direttamente negli anni in cui la diva era la musa più misteriosa d’Europa. «Dalí era innamorato pazzo di me», dice, con quella naturalezza che solo lei può permettersi. Un innamoramento strano, quasi metafisico, perché il pittore sapeva perfettamente di non poterla “soddisfare”, come confessa Amanda con un sorriso tagliente.

            Un amore fuori dal tempo
            Lear racconta un Dalí che parlava e si muoveva come un aristocratico del Settecento. «A lui piacevano le contesse, le principesse», spiegando come il maestro avesse un’attrazione quasi teatrale per tutto ciò che odorava di nobiltà. Il rapporto tra loro era intimo ma formalissimo: «Ci siamo sempre dati del lei», rivela, come se anche nella privacy ci fosse una scenografia da rispettare.

            Cattolico, geloso e rigidissimo
            La diva rivela un tratto meno noto dell’artista: la sua religiosità. «Era religiosissimo, tradizionale. Non eravamo sposati e non gli piaceva l’idea che si pensasse fossi la sua amante». Un’improvvisa pruderie che stride con l’immagine del genio eccentrico e libertino che il mondo conosce. Dalí, invece, con Amanda si muoveva come un uomo d’altri tempi, timoroso del giudizio e legato a un rigore quasi clericale.

            La verità su soldi, gelosie e limiti
            Lear aggiunge un dettaglio che colpisce: «Sapeva che non avevo soldi, ma mi diceva: “Piccola Amanda, vorrei aiutarla, ma non posso. Ho una moglie e sono cattolico”». Una frase che vale più di mille biografie, perché mostra un Dalí incapace di rompere la gabbia delle proprie regole. Un uomo combattuto tra fascinazione e moralismi, tra la sua musa e Gala, la compagna di una vita.

            E Amanda, ancora una volta, glielo perdona con eleganza.

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              Joe Bastianich: “Da povero e ciccione a imprenditore con tremila dipendenti. La fame era vera, ma mi ha dato la spinta”

              Ristoratore, musicista, personaggio tv e ora protagonista di uno spettacolo autobiografico, Joe Bastianich ripercorre il suo cammino dal Queens a New York: “Consegnavo giornali per nove dollari a settimana. Abbiamo scongelato tonnellate di alette di pollo, ma quella fame mi ha insegnato tutto”.

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                “Da piccolo mi snobbavano perché povero, sfigato e ciccione. A scuola mi indicavano come quello che portava a merenda gli avanzi della cena. Quella rabbia ce l’ho ancora dentro.” Così Joe Bastianich racconta la sua infanzia nel Queens, nel nuovo spettacolo Money – Il bilancio di una vita, in scena al Teatro Carcano di Milano. “La fame a casa era vera, eravamo i migranti poveri. Ogni giorno c’era gente che guardava i miei dall’alto in basso e ci diceva: ‘Valete meno di noi’.”

                Le origini della fame

                Figlio di emigrati friulani, Bastianich non dimentica gli anni in cui la famiglia serviva piatti italiani in un ristorante di periferia. “Abbiamo scongelato tonnellate di alette di pollo, non potevamo permetterci di meglio. Poi i miei sono riusciti a spostarsi a Manhattan e da lì è iniziata la scalata.” Già a dieci anni consegnava giornali per nove dollari a settimana, poi lavorò in un panificio: “Arrivai a guadagnare 18 dollari. Non mi vergogno, anzi: è lì che ho imparato il valore del lavoro.”

                Dal Queens ai riflettori

                Oggi Bastianich guida più di venti ristoranti nel mondo, ha tremila dipendenti e una serie di aziende tra Stati Uniti e Italia. “Le opportunità che ho avuto io le offro anche agli altri. Mi arrabbio quando vedo chi tratta male i camerieri: mi ricorda quando lo facevano con me.”

                La vita oltre il business

                In tv, da Masterchef alle Iene, non ha mai nascosto le sue esperienze più forti. “Negli anni Ottanta tutti si drogavano: io ho provato per moda, ma ho capito presto che era una forma di autodistruzione. Ho smesso quando ho capito che la mia vera droga era il palco.” Poi l’esperienza mistica con l’ayahuasca in Perù: “È stata pazzesca, mi ha aiutato a conoscermi e ho pure smesso di fumare. Non è per tutti, ma se usata nel modo giusto può aprirti la mente.”

                Oggi, tra una chitarra e un investimento, Joe si gode la sua rinascita. “Money per me non è solo denaro. È tutto ciò che ho guadagnato, perso e imparato nella vita. E ogni tanto guardo indietro, al ragazzo con gli avanzi del giorno prima, e gli dico: ne è valsa la pena.”

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