Personaggi
Lucarelli condannata: la verità sul caso Bibbiano arriva da Torino
La giornalista dovrà risarcire lo psicologo Foti per diffamazione. Ecco perché e quali sono le conseguenze di questa sentenza.

Selvaggia Lucarelli è stata condannata a risarcire Claudio Foti, lo psicologo coinvolto nell’inchiesta di Bibbiano. La giornalista è stata ritenuta colpevole di diffamazione per un articolo pubblicato nel 2021. Nell’articolo aveva accostato Foti a presunti illeciti, screditando così la sua professionalità. Eh sì perchè il Tribunale di Torino ha stabilito che Lucarelli, nel suo articolo, ha presentato fatti in modo incompleto e fuorviante. Ha creato un’immagine distorta di Foti e del suo lavoro. Lo psicologo, assolto in tutte le fasi del processo penale, è stato vittima di una campagna diffamatoria che ha gravemente danneggiato la sua reputazione.
L’inchiesta di Bibbiano
L’inchiesta di Bibbiano ha scosso l’opinione pubblica italiana negli ultimi anni, concentrandosi su presunti illeciti legati ad affidi di minori nel comune in provincia di Reggio Emilia. Le accuse, emerse nel 2019, riguardavano una vasta rete di professionisti. Assistenti sociali, psicologi e medici, accusati di aver manipolato le valutazioni psicologiche dei bambini per allontanarli dalle famiglie d’origine e favorire affidi illeciti. Tra le accuse più gravi figuravano quelle di aver utilizzato tecniche di “false memorie” per indurre i minori a denunciare abusi sessuali inesistenti, al fine di giustificare gli allontanamenti. L’inchiesta ha generato un ampio dibattito mediatico e politico. E’ riuscita a polarizzare l’opinione pubblica tra coloro che sostenevano la necessità di tutelare i minori e coloro che denunciavano un’eccessiva allarmismo e un’ingerenza dello Stato nella vita privata delle famiglie.
Il ruolo di Claudio Foti
Claudio Foti, psicologo e direttore scientifico della onlus Hansel e Gretel, è stato uno dei principali protagonisti dell’inchiesta. Inizialmente coinvolto nelle indagini, Foti è stato accusato di aver collaborato con altri professionisti per mettere in atto le presunte pratiche illecite. Tuttavia, al termine dei processi, è stato assolto da tutte le accuse. Il suo ruolo nell’inchiesta è stato controverso. Da un lato, è stato accusato di aver contribuito a creare un sistema di affidi illeciti; dall’altro, ha sempre sostenuto la propria innocenza e ha denunciato di essere stato vittima di una campagna diffamatoria.
L’esito dell’inchiesta
L’inchiesta di Bibbiano ha avuto un esito complesso e controverso. Molti degli indagati sono stati assolti, mentre altri sono stati condannati per reati minori. Le accuse più gravi, relative alle presunte manipolazioni sulle testimonianze dei minori, non hanno trovato pieno riscontro nelle indagini.
Perché la condanna della Lucarelli?
La giudice di Torino ha sottolineato come la giornalista abbia costruito un parallelo infondato tra Foti e casi di cronaca molto gravi, senza fornire prove concrete a sostegno delle sue accuse. Questo ha portato a un’ingiusta associazione del nome dello psicologo a fatti di cui non era responsabile. La sentenza ha diverse implicazioni. Innanzitutto, conferma l’importanza della libertà di stampa, ma allo stesso tempo sottolinea la necessità di esercitare questo diritto con responsabilità e verificando attentamente le informazioni. In secondo luogo, il caso di Foti è un monito su come le parole possano ferire e danneggiare la vita delle persone. La diffamazione non è solo un reato, ma ha anche un impatto profondo sulla reputazione e sulla dignità di chi la subisce.
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Personaggi
Alyssa Milano dice addio alle protesi al seno
A 52 anni l’ex star di Streghe racconta sui social la decisione di rimuovere le protesi mammarie: una scelta di libertà, autenticità e amore verso se stessa e sua figlia.

Alyssa Milano, attrice nota al grande pubblico per serie di culto come Streghe e Who’s the Boss?, ha condiviso con i fan una decisione importante: dire addio alle protesi al seno. A 52 anni, l’artista ha scelto di rimuovere l’impianto chirurgico che l’accompagnava da anni, raccontando il motivo con un lungo post su Instagram.
La star americana si è mostrata direttamente dallo studio del chirurgo Tim Neavin, documentando il momento con immagini e parole cariche di significato. “Voglio liberare il mio corpo da ciò che lo ha reso per troppo tempo un oggetto sessualizzato e abusato”, ha scritto, sottolineando come quella scelta non riguardi solo l’aspetto estetico, ma una presa di coscienza profonda.
Milano ha spiegato di aver creduto in passato che modificare il proprio corpo fosse l’unico modo per sentirsi amata, desiderata e riconosciuta. “Pensavo che il successo passasse anche da lì. Ora so che non è così”, ha dichiarato.
Un messaggio per sua figlia Bella
L’attrice ha voluto sottolineare che questa decisione è stata influenzata anche dal suo ruolo di madre. Alyssa è molto legata ai suoi due figli, Milo e Bella, e proprio pensando a quest’ultima ha scelto di dare un messaggio chiaro: liberarsi dalle pressioni estetiche e dagli stereotipi imposti dalla società. “Spero che mia figlia non debba mai sentirsi costretta a cambiare il suo corpo per piacere agli altri”, ha scritto.
Nel post, Milano ha citato come fonte di ispirazione Michelle Visage, personaggio televisivo e giudice di RuPaul’s Drag Race, che anni fa aveva raccontato pubblicamente il proprio percorso con la rimozione delle protesi mammarie.
“Mi sento ancora femminile e bella”
Il messaggio di Alyssa Milano non è un addio alla femminilità, ma al contrario un invito ad abbracciare un concetto più autentico di bellezza. “Mi sento ancora attraente, femminile e realizzata”, ha ribadito. “Ma soprattutto mi sento vera, libera e finalmente fedele a me stessa”.
Il suo racconto si inserisce in un discorso più ampio che riguarda molte donne dello spettacolo e non solo: il desiderio di riappropriarsi del proprio corpo, dopo anni in cui l’immagine è stata modellata dalle aspettative esterne.
Una scelta di coraggio e autenticità
Con questo gesto, l’attrice americana ha voluto lanciare un messaggio positivo e potente: la bellezza non ha bisogno di regole imposte dall’esterno. A contare, oggi, è sentirsi bene nella propria pelle e non lasciarsi definire dagli sguardi o dai giudizi altrui.
Il post ha raccolto migliaia di commenti di sostegno da parte dei fan, che hanno apprezzato la sincerità e il coraggio della star. “Sei un esempio”, ha scritto qualcuno. “Grazie per ricordarci che la vera forza è nell’accettarsi per quello che siamo”, ha commentato un altro utente.
Alyssa Milano, con la sua scelta, continua a essere una voce attenta ai diritti e al benessere delle donne, e la sua testimonianza potrebbe incoraggiare altre persone a riconsiderare il rapporto con il proprio corpo e a scegliere la strada dell’autenticità.

Oggi mi libero da quelle false narrazioni, da quelle parti di me che in realtà non sono mai state davvero mie. Lascio andare il corpo che è stato sessualizzato, abusato, e che credevo fosse necessario per essere attraente; per essere amata; per avere successo; per essere felice. E così facendo, spero di liberare anche mia figlia Bella dal sentire, un giorno, le stesse pressioni malsane.
Voglio però essere chiara: molte donne possono trovare libertà e bellezza nella scelta delle protesi al seno. Quello che per me è stato un falso mito, per loro può rappresentare la scelta giusta, e sono felice che ognuna di noi possa vivere la propria femminilità e serenità secondo i propri termini. Sono anche profondamente ispirata da donne come Michelle Visage, che hanno parlato apertamente e pubblicamente del loro rapporto con le protesi, rendendo più facile per me e per tante altre trovare la nostra strada.
Oggi sono amata, sono femminile, sono attraente e ho successo. Nulla di tutto questo dipende dalle mie protesi. Continuerò ad esserlo anche quando mi sveglierò e non ci saranno più. C’è tanta gioia in questa consapevolezza e tanta libertà nel lasciar andare ciò che non è mai stato davvero parte di me.
Oggi sono la mia versione autentica. Oggi sono libera.
Aggiornamento: sono al caldo nel mio letto, sto mangiando il cibo preparato da mia mamma. Grazie di cuore per tutte le parole gentili. Apprezzo davvero il sostegno.
Personaggi
Chiara Ferragni, tra felpe “romantiche” e pandori incriminati: la Fenice social che vuole rinascere
Dalla felpa “Non spaccarmi il cuore” ai cappellini da club ironico: Ferragni prova a cavalcare il naufragio con una nuova immagine social. Intanto i giudici di Milano decidono il suo destino legale.

Per i suoi detrattori è l’ennesimo tentativo disperato, per i fan un colpo di genio. Chiara Ferragni prova a rinascere con una “Rivoluzione romantica”, capsule collection firmata con due giovani stilisti di Riccione: magliette da 49 euro con scritte come “Illusi da sempre, illusi per sempre”, felpe “Non spaccarmi il cuore” a 72 euro, portachiavi e cappellini in saldo di autoironia. Una strategia che gioca sul filo del cringe, tra ironia romagnola e disperato tentativo di restare sul pezzo.
Il tempismo non è casuale: mentre le felpe vanno a ruba, a Milano è partito il processo che la vede imputata per truffa aggravata. La Procura sostiene che le campagne di beneficenza legate ai pandori Balocco e alle uova griffate abbiano ingannato i consumatori. In aula non si è presentata, ma due associazioni e una pensionata di Avellino hanno chiesto di costituirsi parte civile. «Ho comprato dieci pandori convinta di fare del bene – ha detto la signora Adriana – e invece mi sono sentita tradita».
La Ferragni, che nel frattempo ha già versato 3,4 milioni di euro tra sanzioni e donazioni, si muove come sempre su due binari paralleli: quello legale, con avvocati che puntano a ridimensionare le accuse, e quello social, dove posa in abiti minimal accanto al nuovo compagno, cercando di trasformare ogni caduta in resurrezione.
Dal divorzio con Fedez alle campagne benefiche finite sotto accusa, la sua parabola è diventata un caso nazionale. Per qualcuno è la fine di un mito, per altri solo l’ennesima mutazione di un personaggio che vive di esposizione. Il verdetto, questa volta, non arriverà da Instagram, ma dal tribunale di Milano.
Personaggi
Michael J. Fox, 35 anni accanto al Parkinson: “Non c’è una linea temporale, ma continuo a guardare avanti”
L’attore canadese, indimenticabile Marty McFly di Ritorno al futuro, pubblica il memoir Future Boy, un viaggio tra cinema, ricordi e la lunga convivenza con la malattia.

Con il sorriso che lo ha reso una delle icone più amate del cinema anni Ottanta, Michael J. Fox torna a raccontarsi in un libro intenso e sincero. A 64 anni, l’attore canadese, volto indimenticabile di Marty McFly nella trilogia di Ritorno al futuro, convive da trentacinque anni con il morbo di Parkinson, una diagnosi arrivata nel 1991, quando aveva appena 29 anni e una carriera in piena ascesa.
Il suo nuovo memoir, “Future Boy: Back to the Future and My Journey Through the Space-Time Continuum”, scritto insieme alla giornalista Nelle Fortenberry e uscito il 14 ottobre 2025, è un viaggio tra ricordi, set cinematografici e riflessioni sulla fragilità e la forza della vita.
Il ritorno al 1985: tra Casa Keaton e “Ritorno al futuro”
Nel libro, Fox ripercorre il 1985, anno che ha cambiato la sua esistenza. All’epoca alternava le riprese della sitcom “Casa Keaton” (Family Ties) con quelle del film diretto da Robert Zemeckis, un doppio impegno che lo costringeva a lavorare anche venti ore al giorno.
«Dormivo pochissimo, ma non mi importava. Sentivo che stava succedendo qualcosa di grande», racconta nelle pagine del memoir.
Il volume include interviste a membri storici dei due cast, da Lea Thompson a Christopher Lloyd, fino a Zemeckis stesso, offrendo uno sguardo intimo e inedito dietro le quinte di un’epoca irripetibile del cinema americano.
“Il Parkinson non segue regole”
Durante un’intervista al The Times in occasione dell’uscita del libro, Fox ha parlato apertamente della malattia con la consueta lucidità:
«Non c’è una linea temporale, non ci sono stadi definiti da attraversare, come per altre patologie. Il Parkinson è molto più misterioso ed enigmatico.»
Un percorso lungo e difficile, ma che l’attore affronta con la sua proverbiale ironia e un realismo disarmante. «Ci sono poche persone che convivono con il Parkinson da 35 anni. Mi piacerebbe semplicemente non svegliarmi un giorno. Non voglio che sia drammatico — ha detto — solo smettere di inciampare nei mobili e sbattere la testa.»
Parole dure, ma autentiche, che mostrano la serenità di chi ha imparato a convivere con la fragilità senza perdere dignità né senso dell’umorismo.
“Recitare mi ha aiutato a resistere”
Nel corso della sua carriera, Fox ha continuato a lavorare anche dopo la diagnosi, fondando nel 2000 la Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research, oggi una delle principali organizzazioni mondiali nella ricerca sul morbo.
«Un medico mi disse che recitare mi avrebbe aiutato a gestire i sintomi. È stato vero, fino a un certo punto», ha ammesso. «Poi ho iniziato a rompere le cose: mi sono fratturato il gomito, la mano, ho avuto un’infezione e ho quasi perso un dito. Ma non ho mai pensato di fermarmi.»
Nonostante le difficoltà motorie, l’attore continua a comparire sullo schermo: attualmente è impegnato nella terza stagione della serie “Shrinking” su Apple TV+, accanto a Harrison Ford, il cui personaggio — in un curioso intreccio con la realtà — soffre anch’egli di Parkinson.
Un’icona di coraggio
Oggi Michael J. Fox vive tra New York e gli Stati Uniti occidentali, circondato dall’affetto della moglie Tracy Pollan, sposata nel 1988, e dei loro quattro figli.
La sua testimonianza, raccolta in libri e documentari come Still: A Michael J. Fox Movie (2023), resta una delle più importanti sulla malattia.
«Non ho mai voluto essere un simbolo», dice. «Ma se la mia storia può aiutare qualcuno a non sentirsi solo, allora ne è valsa la pena.»
Con Future Boy, l’attore chiude il cerchio tra il passato e il presente, tra il ragazzo che correva con uno skateboard nel 1985 e l’uomo che oggi affronta il tempo con consapevolezza.
«Non posso cambiare ciò che mi è successo — scrive — ma posso scegliere come raccontarlo. E continuerò a farlo, finché avrò voce.»
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