Reali
Emanuele Filiberto, addio alla moglie? Il bacio con Adriana Abascal, ex miss Messico
Diva e Donna svela la nuova fiamma di Emanuele Filiberto: la relazione con l’ex Miss Messico andrebbe avanti da tempo, ma i due avrebbero cercato di mantenerla segreta. Il principe, però, aveva già chiarito: «Con Clotilde siamo felici così».

Dopo settimane di indiscrezioni, arriva la conferma: Emanuele Filiberto di Savoia ha una nuova fiamma. Il principe, che solo pochi giorni fa aveva ammesso di vivere separato dalla moglie Clotilde Courau, è stato paparazzato mentre si scambiava un bacio con Adriana Abascal, ex Miss Messico e imprenditrice di successo. Le immagini, pubblicate dal settimanale spagnolo Hola!, immortalano il momento dopo una sfilata di moda, lasciando pochi dubbi sulla natura del loro legame.
Chi è Adriana Abascal, la donna che ha stregato il principe
Classe 1969, due anni più grande di Emanuele Filiberto, Adriana Abascal è una modella e imprenditrice messicana. Nel 1988 ha vinto il titolo di Miss Messico, arrivando l’anno successivo tra le prime cinque di Miss Universo. La sua vita sentimentale è stata segnata da relazioni con uomini potenti: nel 1990 ha sposato Emilio Azcárraga, magnate della televisione messicana e proprietario del colosso Televisa, più vecchio di lei di trent’anni e soprannominato El Tigre. Il matrimonio è durato pochi anni, fino alla prematura scomparsa di Azcárraga.
Dopo la sua morte, Adriana si è trasferita in Europa, dove ha sposato il suo secondo marito, Juan Villalonga, altro imprenditore di spicco, con cui ha avuto tre figli: Jimena, Paulina e Diego. La relazione è giunta presto al capolinea e nel 2013 la Abascal si è legata a Emmanuel Schreder, suo terzo marito, da cui ha divorziato nel 2021.
Oggi, sembra aver trovato un nuovo amore tra le braccia di Emanuele Filiberto, anche se i due avrebbero cercato di mantenere segreta la loro relazione per mesi, lontano dai riflettori.
Emanuele Filiberto e Clotilde Courau: un matrimonio libero?
A far discutere, oltre alla nuova liaison del principe, è la sua visione del matrimonio. Con Clotilde Courau, sposata nel 2003, la storia sarebbe finita già da tempo, almeno nei fatti. Lo stesso Emanuele Filiberto, in un’intervista rilasciata a Repubblica, ha spiegato:
«Ci vogliamo un bene dell’anima, ma viviamo separati. Siamo felici così».
Un amore iniziato con il fascino del “capriccio del principe che voleva conquistare l’attrice di sinistra”, come lui stesso lo ha definito, e che oggi è diventato un rapporto più maturo e libero. La coppia avrebbe deciso di non indagare sui reciproci tradimenti, come ha confermato lo stesso Filiberto:
«Non voglio sapere se lei mi tradisce, nemmeno Clotilde mi chiede se mi vedo con qualcuna. Sappiamo solo che quando stiamo insieme siamo felicissimi».
Una dichiarazione che sembra lasciare spazio a ogni interpretazione. Se da un lato il matrimonio con Clotilde sembra ormai essere una pura formalità, dall’altro la nuova relazione con Adriana Abascal sembra prendere sempre più forma.
La domanda ora è una sola: si tratta solo di una nuova avventura per il principe o questa volta Emanuele Filiberto è pronto a riscrivere il suo futuro sentimentale?
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Reali
Harry e Meghan, guerra di quartiere a Montecito: “Hanno rovinato tutto”
I vicini della coppia reale si lamentano: troppi turisti, prezzi delle case alle stelle e poca voglia di integrarsi. Il malcontento cresce.

Harry e Meghan sembrano non riuscire a trovare pace nemmeno nel loro angolo di paradiso californiano. Da quando si sono trasferiti a Montecito nel 2020, i vicini non hanno mai smesso di storcere il naso. Ora, secondo un’inchiesta dell’edizione americana di Vanity Fair, la pazienza della comunità sarebbe agli sgoccioli. A pesare sulla reputazione della coppia non sarebbero solo le continue polemiche che li accompagnano, ma anche il fatto che la loro presenza avrebbe stravolto la quiete del quartiere.
Alcuni residenti, rimasti anonimi, accusano i Sussex di aver trasformato Montecito in una meta turistica invasa da curiosi e paparazzi. Non solo: l’aumento della loro popolarità avrebbe fatto lievitare i prezzi delle case, rendendo l’area ancora più esclusiva – e inaccessibile.
Eppure, Montecito è da sempre la casa di molte celebrità. Da Gwyneth Paltrow a Oprah Winfrey, da Michael Douglas a Leonardo DiCaprio, il quartiere è abituato ai riflettori. Eppure, secondo i vicini, nessuno di loro avrebbe mai portato tanto scompiglio quanto Harry e Meghan. “Le altre star hanno sempre saputo convivere con il quartiere, loro no”, lamentano.
Un’accusa che si aggiunge alla lunga lista di critiche nei confronti dei Sussex. Ma il duca e la duchessa avranno intenzione di rispondere o lasceranno che il malcontento monti ancora?
Reali
Re Carlo e il piano che non regge: costretto a richiamare Beatrice ed Eugenia
Il re voleva una Monarchia più snella, ma la realtà lo ha smentito: con l’assenza di Kate e i problemi di salute, le Principesse di York tornano a Palazzo.

La Monarchia “snella” voluta da Re Carlo si è scontrata con un problema imprevisto: il trono, così come lo aveva immaginato, sta in piedi a fatica. Dopo anni passati a cercare di ridurre il numero dei membri attivi della Famiglia Reale, il sovrano è stato costretto a tornare sui suoi passi e richiamare rinforzi. E chi meglio delle nipoti, Beatrice ed Eugenia di York, per dare una mano alla Corona?
Un progetto zoppo fin dall’inizio
L’idea di Carlo era chiara: meno reali attivi, meno costi, meno scandali. Un cerchio ristretto di volti istituzionali – lui, la Regina Camilla, la Principessa Anna, il Principe Edoardo con Sophie, e naturalmente William e Kate – con un ruolo pubblico ben definito. Peccato che la teoria non abbia retto alla pratica.
Già con l’ascesa al trono nel settembre 2022, il re ha dovuto fare i conti con due assenze pesanti: Harry e Meghan, volati oltreoceano, e il Principe Andrea, finito ai margini dopo il caso Epstein. Ma è nel 2024 che il castello di carte ha iniziato davvero a crollare: Kate Middleton, colpita da problemi di salute, è stata fuori gioco per quasi un anno; lo stesso Carlo, nel frattempo, ha dovuto ridurre i suoi impegni. Con così poche figure attive, la Monarchia ha iniziato a scricchiolare.
Beatrice ed Eugenia, il ritorno delle “escluse”
E così, riecco le Principesse di York. Beatrice ed Eugenia, figlie di Andrea e Sarah Ferguson, sono sempre rimaste ai margini della Famiglia Reale: senza incarichi ufficiali, senza protezione istituzionale, spinte a costruirsi carriere indipendenti. Ma ora il vento sta cambiando.
Secondo l’esperta reale Katie Nicholl, l’idea di coinvolgere le due sorelle non è più un’ipotesi, ma una necessità. Del resto, Beatrice ed Eugenia non hanno mai del tutto tagliato i ponti con la Corte: sono in ottimi rapporti con Carlo e William, e mantengono una linea di comunicazione con Harry, fungendo da ponte tra le due fazioni della famiglia.
Il loro ingresso nella squadra reale segnerebbe una svolta: da regali di serie B a volti di punta della Corona. Un’inversione a U che dimostra come, alla fine, la Monarchia snella fosse un piano più teorico che realistico. Carlo voleva ridurre il peso della Famiglia Reale, ma alla prima difficoltà è stato costretto a ingrandirla di nuovo. E Beatrice ed Eugenia, da escluse, tornano protagoniste.
Reali
Re Carlo ad Auschwitz: la prima volta di un sovrano britannico nel campo della memoria
Per la prima volta nella storia della monarchia britannica, un sovrano ha visitato Auschwitz. Re Carlo ha reso omaggio alle vittime dell’Olocausto, sottolineando l’importanza della memoria. Ma perché la regina Elisabetta non andò mai?

Re Carlo III ha scritto una pagina di storia visitando il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in occasione dell’80° anniversario della sua liberazione. Un momento solenne e carico di significato, che lo ha visto attraversare il famigerato cancello con la scritta “Arbeit Macht Frei”, osservare gli oggetti personali delle vittime e deporre una corona di fiori al Muro della Morte, dove migliaia di prigionieri furono fucilati sotto il regime nazista.
È la prima volta che un monarca britannico compie questo pellegrinaggio della memoria. Re Carlo ha partecipato alla cerimonia sia come uomo che come sovrano, consapevole del valore simbolico della sua presenza. Per lui, il viaggio è stato “profondamente personale”, come sottolineato da fonti reali, avendo trascorso anni a lavorare con i sopravvissuti dell’Olocausto per preservare la loro testimonianza e trasmetterla alle nuove generazioni.
Mentre il re si trovava in Polonia, il principe William ha rappresentato la famiglia reale alla commemorazione del Giorno della Memoria dell’Olocausto a Londra, in un evento parallelo che ha ribadito l’impegno della monarchia nel tenere viva la memoria di uno dei capitoli più bui della storia.
Un viaggio storico e un segnale al mondo
Il gesto di Carlo non è passato inosservato. Karen Pollock, amministratrice delegata dell’Holocaust Educational Trust, ha sottolineato che la sua presenza ha dato all’evento una risonanza globale, rappresentando “un segnale importante per il mondo” sul valore della memoria.
Alla cerimonia di commemorazione hanno preso parte capi di Stato e leader politici di tutto il mondo, tra cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente francese Emmanuel Macron, il premier canadese Justin Trudeau, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier e il cancelliere Olaf Scholz. Anche i reali di Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Spagna erano presenti.
Nessun politico ha avuto il diritto di parlare: la cerimonia è stata interamente dedicata ai sopravvissuti. Tra loro, l’unica in grado di affrontare il viaggio dalla Gran Bretagna è stata Mala Tribich, nata in Polonia nel 1930, sopravvissuta ai campi di Ravensbrück e Bergen-Belsen. Dopo la liberazione, si è trasferita nel Regno Unito, dove ha ricostruito la sua vita.
Perché la regina Elisabetta non andò mai ad Auschwitz?
Nonostante il forte impegno della monarchia britannica nel mantenere viva la memoria dell’Olocausto, la regina Elisabetta II non visitò mai Auschwitz. Una scelta che negli anni ha suscitato domande e qualche critica.
Nel 1996, quando Elisabetta compì un viaggio ufficiale in Polonia, il Foreign Office non incluse Auschwitz nell’itinerario, ma fece tappa a Umschlagplatz a Varsavia, il luogo da cui oltre 200.000 ebrei furono deportati a Treblinka.
Fu solo nel 2015, a 89 anni, che la regina visitò per la prima volta un campo di concentramento nazista, Bergen-Belsen, dove fu imprigionata anche Anna Frank. Nel 2005, invece, aveva organizzato un ricevimento a St James’s Palace per i sopravvissuti nel 60° anniversario della liberazione di Auschwitz.
Secondo alcuni esperti, il mancato viaggio ad Auschwitz potrebbe essere stato dovuto a ragioni logistiche, considerando che il campo dista circa 70 km da Cracovia, ma anche a una diversa sensibilità nel modo di commemorare la Shoah. Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, molti sopravvissuti preferivano non parlare delle loro esperienze, e solo col tempo è maturata una maggiore consapevolezza pubblica.
Negli ultimi vent’anni, la famiglia reale ha giocato un ruolo chiave nel mantenere viva la memoria. Dal 2001, con l’istituzione del Giorno della Memoria nel Regno Unito, la monarchia ha iniziato a partecipare attivamente alle commemorazioni, e Re Carlo ha intensificato questo impegno fino alla storica visita di tre giorni fa.
L’importanza della memoria e l’impegno della Gran Bretagn
La visita di Carlo ad Auschwitz rappresenta un passaggio epocale per la monarchia britannica. Non si è trattato solo di un gesto simbolico, ma di un atto concreto per ribadire l’importanza della memoria storica in un’epoca in cui i testimoni diretti sono sempre meno.
Anche la politica britannica sta rafforzando il suo impegno. Sir Keir Starmer, leader del Partito Laburista, ha dichiarato che tutte le scuole del Regno Unito devono continuare a insegnare la storia del genocidio per evitare che simili tragedie si ripetano.
Nel frattempo, anche la Danimarca ha avviato nuove iniziative per contrastare il razzismo e la discriminazione contro i groenlandesi, stanziando fondi per progetti educativi e culturali. Un segnale che la memoria storica non riguarda solo il passato, ma anche la costruzione di un futuro più giusto.
La presenza di Carlo ad Auschwitz è stata, dunque, un monito per il mondo intero: la memoria non può e non deve sbiadire. “È così importante”, aveva detto il re prima della partenza. E con questa visita ha dimostrato che il ricordo dell’Olocausto non è solo una questione storica, ma un dovere collettivo che deve attraversare le generazioni.
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