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Adottare in Italia: un sogno sempre più raro e caro

Secondo il progetto Forties, realizzato da un team di ricerca delle Università di Padova, Bologna e Milano-Bicocca, l’adozione è in netto calo sia sul fronte nazionale sia su quello internazionale. Tra le cause anche l’aumento dell’uso della procreazione assistita e le nuove restrizioni imposte da molti Paesi esteri.

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Adottare in Italia: un sogno sempre più raro e caro

    Adottare un bambino o una bambina in Italia sta diventando un evento sempre più raro. I dati del Ministero della Giustizia fotografano una realtà in costante calo: le adozioni nazionali sono passate da 1.290 nel 2001 a 866 nel 2021, mentre quelle internazionali sono crollate da 3.915 a 598 nello stesso periodo. In vent’anni, dunque, il numero complessivo si è più che dimezzato.

    A certificare il trend negativo è il progetto Forties, finanziato dal PNRR e dedicato al tema della maternità in età avanzata, coordinato dalla professoressa Alessandra Minello dell’Università di Padova. Lo studio, che coinvolge anche i Dipartimenti di Scienze Statistiche di Bologna e di Sociologia della Bicocca di Milano, analizza le ragioni di un calo che appare strutturale.

    Adozioni in picchiata

    «Le adozioni si sono quasi dimezzate in vent’anni, mentre quelle internazionali si sono ridotte a meno di un sesto», spiegano le ricercatrici Elena Andreoni e Alessandra Decataldo, coordinatrice dell’unità milanese. Il calo riguarda anche le dichiarazioni di disponibilità all’adozione, ossia le domande presentate dalle coppie: erano 12.901 nel 2001, salite a 16.538 nel 2006, ma poi progressivamente diminuite fino a 7.970 nel 2021, con un minimo storico durante la pandemia (6.982).

    Le richieste di adozione internazionale mostrano una contrazione ancora più netta: dalle 7.887 del 2001 alle 2.020 del 2021, con una riduzione del 75%.

    Un percorso lungo e complesso

    L’iter adottivo, in Italia, è lungo e articolato. Possono adottare coppie sposate da almeno tre anni (o conviventi da altrettanti, anche prima del matrimonio), con un’età che deve superare di almeno 18 e non più di 45 anni quella del minore. Il percorso prevede una valutazione psico-sociale, un’indagine condotta dai servizi sociali e verifiche sanitarie e di pubblica sicurezza.

    L’adozione nazionale, pur essendo gratuita, può richiedere due o tre anni. L’adozione internazionale, invece, è più onerosa sia in termini di tempo che di denaro: i costi possono superare i 25 mila euro, e i tempi d’attesa arrivano fino a cinque anni. I bambini e le bambine adottati provengono soprattutto da Asia (33%), America Latina (28%), Europa dell’Est (28%) e Africa (10%).

    Le cause del declino

    Le motivazioni dietro il crollo sono molteplici. «Oggi sono meno le coppie che presentano domanda — spiega Decataldo —, sia per motivi economici e sociali, sia perché la procreazione medicalmente assistita (PMA) offre un’alternativa percepita come più “naturale” e controllabile».

    A pesare è anche un cambiamento culturale nei Paesi d’origine dei minori. Molti Stati, dalla Cina alla Russia, hanno potenziato le proprie politiche familiari, riducendo gli abbandoni e favorendo l’adozione interna. “Si preferisce che i bambini crescano nel loro contesto culturale — spiegano le ricercatrici — piuttosto che essere trasferiti in un altro Paese”.

    Inoltre, l’entrata in vigore della Convenzione de L’Aia ha introdotto procedure più rigide per garantire trasparenza e tutela dei minori. Ma questi controlli, pur necessari, hanno allungato i tempi, aumentato i costi e reso il processo più difficile da affrontare.

    Il difficile dopo

    Anche una volta concluso l’iter, le difficoltà non finiscono. «Il percorso post-adottivo resta spesso senza un adeguato supporto istituzionale — affermano le esperte —. I servizi territoriali non sono omogenei, mancano figure specializzate e la società nel suo complesso mostra ancora pregiudizi e scarsa consapevolezza sull’adozione».

    Molte famiglie lamentano la solitudine nel periodo successivo all’ingresso del minore, fase in cui sarebbe invece cruciale un accompagnamento continuativo. Le lacune si estendono anche all’ambito scolastico, dove talvolta mancano competenze e sensibilità per affrontare le specificità dei bambini adottati.

    Un impegno da rilanciare

    Gli studiosi concordano su un punto: servono più sostegni economici e psicologici, un snellimento burocratico e una maggiore cultura dell’adozione. «Per facilitare l’accesso a questo istituto — conclude Minello — occorre una politica pubblica più equa, capace di valorizzare il significato dell’adozione come scelta d’amore e responsabilità sociale».

    In un Paese dove la natalità continua a calare e dove migliaia di minori restano senza una famiglia stabile, rilanciare il valore dell’adozione non è solo una questione privata, ma una priorità collettiva.

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      Animali

      Prima di adottare un uccello domestico: tutto ciò che devi davvero sapere

      Dalla scelta della specie alle cure veterinarie, passando per alimentazione, socializzazione e sicurezza domestica: ecco perché adottare un uccello non è mai una decisione da prendere alla leggera.

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      Prima di adottare un uccello domestico: tutto ciò che devi davvero sapere

        Scegliere un uccello come animale domestico è un gesto che attira sempre più persone, complici le dimensioni contenute e l’apparente facilità di gestione. In realtà, i volatili sono tra gli animali da compagnia più delicati, e richiedono cure specifiche, un ambiente sicuro e una buona conoscenza delle loro esigenze etologiche. Prima di accoglierne uno in casa, è indispensabile capire cosa comporti davvero conviverci.

        Capire la specie che si adotta

        Non esiste “l’uccellino facile”. Ogni specie ha caratteristiche, bisogni e livelli di socialità molto diversi tra loro. I pappagallini ondulati, ad esempio, sono più interattivi e vivono mediamente 8–10 anni; i calopsitti possono arrivare a 15–20 anni; le specie più grandi, come gli amazzoni o i cacatua, superano spesso i 40–50 anni. Una decisione che può durare una vita. È quindi fondamentale informarsi tramite allevatori certificati, veterinari aviari o associazioni riconosciute.

        Ambiente e benessere: non basta una gabbietta

        Uno dei principali errori è credere che una gabbia standard sia sufficiente. In realtà, tutti gli uccelli necessitano di spazi ampi, posatoi naturali, giochi sicuri e soprattutto tempo fuori dalla gabbia per volare e muoversi. Secondo veterinari e ornitologi, molte patologie – dal piumaggio rovinato allo stress cronico – derivano proprio dalla mancanza di stimoli e libertà di volo.

        La casa, inoltre, deve essere resa sicura: niente finestre aperte senza protezioni, piante tossiche, teflon potenzialmente letale se surriscaldato, o fonti di rumore e stress.

        Alimentazione varia e controllata

        La dieta non può basarsi solo sui semi. I volatili hanno bisogno di un’alimentazione bilanciata che comprenda mangimi estrusi, frutta e verdura adatte alla specie, e un controllo delle quantità per evitare obesità o carenze nutrizionali. Molti problemi di salute derivano proprio da alimentazioni monotone. E alcuni cibi comuni – come avocado, cioccolato, alcol o sale – sono per loro tossici.

        Richiedono tempo, interazione e pazienza

        Alcune specie sono fortemente sociali e, in natura, vivono in grandi gruppi. Questo significa che un uccello domestico isolato rischia di sviluppare stress, vocalizzazioni eccessive o comportamenti distruttivi. Non si tratta di animali “ornamentali”: hanno bisogno di interazione quotidiana, stimoli cognitivi, giochi e contatto sociale. Adottarli richiede tempo costante, soprattutto per i pappagalli più intelligenti.

        Impegno economico e veterinario

        La salute dei volatili deve essere seguita da un veterinario esperto in animali aviari, non sempre facile da trovare. Le visite periodiche, gli esami e l’alimentazione corretta comportano un impegno economico non trascurabile. Inoltre, un volatile può vivere decenni: significa pianificare a lungo termine.

        Adozione consapevole

        Molti esperti ricordano che gli uccelli non sono animali “semplici” o adatti a chi vuole un compagno silenzioso. Alcuni possono essere molto rumorosi, altri timidi e sensibili ai cambiamenti ambientali. Prima di adottarne uno, è fondamentale chiedersi: Ho abbastanza tempo? Lo spazio è adeguato? Posso garantire cure costanti per molti anni?

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          Arte e mostre

          I presepi più belli d’Italia: viaggio tra le meraviglie della tradizione

          Dal Presepe di Manarola al celebre San Gregorio Armeno, dalla Natività dei Frati Cappuccini di Genova ai borghi che si trasformano in palcoscenici a cielo aperto: una guida per scoprire le tappe imperdibili.

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          I presepi più belli d’Italia

            Ogni anno, con l’arrivo di dicembre, l’Italia riscopre una delle sue tradizioni più radicate: il presepe. Nato in area mediterranea e codificato nel Medioevo, il presepio si è evoluto in forme diversissime a seconda delle regioni, dando vita a opere artistiche, allestimenti monumentali e vere e proprie scenografie urbane. Ecco una selezione dei presepi più suggestivi che vale la pena visitare.

            San Gregorio Armeno, Napoli: la capitale del presepe

            Nel cuore di Napoli, la strada dei presepi per eccellenza è un simbolo internazionale dell’artigianato partenopeo. A San Gregorio Armeno si producono pastori e miniature tutto l’anno, con botteghe che tramandano tecniche secolari. Qui convivono statuine della Natività, figure popolari e personaggi contemporanei: un incontro unico tra devozione e creatività.

            Il Presepe di Manarola, Liguria: la Natività più grande del mondo

            Sulle colline delle Cinque Terre, Manarola ospita un presepe luminoso di dimensioni record. Ideato negli anni Settanta da Mario Andreoli, l’allestimento utilizza migliaia di lampadine e sagome ricavate da materiali riciclati. Ogni dicembre la collina soprastante il borgo si trasforma in un’immensa scenografia visibile anche dal mare, oggi completamente alimentata da energia rinnovabile.

            Greccio, Lazio: dove tutto ebbe inizio

            Secondo la tradizione francescana, fu a Greccio che nel 1223 San Francesco realizzò il primo presepe vivente della storia. Il santuario che domina il paese offre un percorso museale dedicato alla Natività e ogni anno vengono proposte rievocazioni che riportano l’atmosfera del Medioevo. Una tappa fondamentale per chi vuole riscoprire le origini del presepe.

            Il Presepe dei Cappuccini, Genova: un capolavoro di scuola ligure

            Nel Museo dei Beni Culturali Cappuccini si trova una delle collezioni presepiali più raffinate d’Italia. Le statue lignee policrome del Settecento, opera di maestri come Anton Maria Maragliano, sono esposte in scenografie che ricostruiscono ambienti quotidiani e paesaggi pastorali. Un esempio magistrale della tradizione artistica ligure.

            Città dei Presepi: le mostre e i borghi che si trasformano

            Molti centri italiani dedicano interi quartieri alla Natività. A Verona, ad esempio, la grande mostra internazionale nella suggestiva cornice dell’Arena raccoglie presepi provenienti da tutto il mondo. In Umbria, Gubbio propone un presepe meccanico ospitato all’interno della chiesa di San Francesco della Pace, mentre a Matera le rappresentazioni viventi sfruttano l’unicità dei Sassi per creare ambientazioni naturali di grande impatto visivo.

            Ceramica e tradizione: il presepe di Deruta

            Nel borgo umbro celebre per le sue ceramiche artistiche, ogni anno viene allestito un presepe monumentale con figure in terracotta dipinte a mano secondo la tradizione locale. Un esempio di come l’artigianato regionale possa dare nuova vita alla narrazione sacra.

            In Italia il presepe non è soltanto un simbolo religioso: è un linguaggio culturale che varia di regione in regione, un racconto condiviso che ogni anno si arricchisce di nuove interpretazioni. Che si tratti di un borgo intero trasformato in palcoscenico o di un’opera custodita in un museo, visitare questi luoghi significa entrare nel cuore della tradizione natalizia.

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              Lifestyle

              La muffa nei mobili: come eliminarla davvero e prevenire che ritorni

              Dalle cause ai materiali più a rischio, fino alle tecniche di pulizia e prevenzione: ecco come proteggere armadi e cassetti dalla formazione di muffe.

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              La muffa nei mobili

                La muffa all’interno dei mobili non è solo un fastidio estetico: può provocare cattivi odori, danneggiare legno e tessuti, e peggiorare la qualità dell’aria domestica. Secondo gli esperti di igiene ambientale, la causa principale è quasi sempre la condensa legata all’umidità e alla scarsa circolazione dell’aria, condizioni che favoriscono la proliferazione di funghi microscopici capaci di attecchire facilmente sulle superfici porose. Non stupisce quindi che i mobili più colpiti siano spesso quelli appoggiati a muri freddi, posizionati in stanze poco ventilate o collocati in ambienti soggetti a forte escursione termica.

                La muffa può presentarsi sotto forma di puntini neri, macchie verdastre o aloni grigi diffusi. La buona notizia è che, nella maggior parte dei casi, può essere rimossa con metodi semplici, purché si agisca tempestivamente e con attenzione ai materiali. Il legno, ad esempio, richiede trattamenti delicati per non rovinarsi, mentre truciolato e laminato sopportano meglio un intervento più energico.

                Come eliminarla in modo sicuro

                Gli specialisti consigliano innanzitutto di svuotare completamente il mobile e lavorare in un ambiente ben aerato. La prima fase consiste nell’asportare le spore visibili con un panno asciutto o leggermente inumidito, evitando di “strofinare troppo” per non diffonderle ulteriormente.

                Per pulire in profondità si possono usare diverse soluzioni:

                • Aceto bianco: un rimedio naturale efficace grazie alle sue proprietà antimicotiche. Va applicato puro con un panno e lasciato agire qualche minuto prima di asciugare.
                • Bicarbonato di sodio: utile per assorbire odori e umidità residue; può essere strofinato sulle parti interne del mobile e poi rimosso.
                • Perossido di idrogeno (acqua ossigenata al 3%): efficace contro le muffe senza essere troppo aggressivo sul legno.
                • Prodotti specifici antimuffa: da usare con attenzione, soprattutto sui mobili pregiati, seguendo scrupolosamente le indicazioni del produttore.

                Dopo la pulizia è fondamentale asciugare perfettamente l’interno del mobile, lasciando sportelli e cassetti aperti per diverse ore. A questo punto, per evitare la ricomparsa del problema, è importante intervenire sulle cause.

                Prevenire è meglio che pulire

                La muffa è sempre un segnale: l’ambiente è troppo umido. Per evitarne il ritorno, gli esperti suggeriscono alcune regole semplici ma efficaci:

                • Distanza dal muro: spostare i mobili di almeno 5–10 centimetri dalla parete, soprattutto se fredda o esposta a nord.
                • Ventilazione regolare: aerare le stanze ogni giorno, anche in inverno, per almeno dieci minuti.
                • Deumidificatori o sali assorbiumidità: particolarmente utili in zone molto umide o in armadi collocati in cantine e taverne.
                • Niente tessuti bagnati nei mobili: asciugamani, giacche e scarpe umide possono favorire in poche ore la formazione di muffa.
                • Igiene periodica: pulire gli interni almeno due volte l’anno, soprattutto nei cambi di stagione.

                In caso di muffa ricorrente, estesa o con cattivo odore persistente, può essere necessario valutare la presenza di infiltrazioni o ponti termici, problemi che andrebbero affrontati con un tecnico.

                La battaglia contro la muffa non si vince con un unico intervento, ma con una combinazione di cura, prevenzione e attenzione all’ambiente domestico. E con qualche accorgimento quotidiano, armadi e mobili possono tornare a profumare di pulito, senza l’ombra del temuto alone nero.

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