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Alla ricerca dell’elisir anti-muffa: i metodi casalinghi

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    La muffa, con la sua presenza fastidiosa e il suo odore sgradevole, può rovinare l’atmosfera accogliente di qualsiasi casa. Tuttavia, non è necessario affrontare questa sfida con disperazione! Ci sono diversi metodi domestici che le casalinghe più esperte hanno imparato nel corso degli anni per sconfiggere questo problema e ripristinare la freschezza nell’ambiente domestico.

    Aceto bianco: l’alleato anti-muffa per eccellenza

    L’aceto bianco è uno degli strumenti più potenti nella lotta contro la muffa. Basta riempire una bottiglia spray con aceto bianco non diluito e spruzzarlo direttamente sulle aree affette dalla muffa. Lascia agire per alcuni minuti e poi strofina con una spugna o un panno. L’acidità dell’aceto aiuta ad inibire la crescita degli organismi fungini.

    Bicarbonato di sodio: il detergente universale

    Il bicarbonato di sodio è un altro rimedio domestico versatile che può essere utilizzato per eliminare la muffa. Mescola il bicarbonato di sodio con acqua fino a ottenere una pasta spalmabile e applicala sulle superfici con muffa. Lascialo agire per un po’ e poi sciacqua con acqua tiepida. Il bicarbonato di sodio aiuta a sbarazzarsi del problema senza usare sostanze chimiche nocive.

    Olio essenziale di tea tree: il rimedio naturale

    L’olio essenziale di tea tree è noto per le sue proprietà antimicrobiche e antifungine, rendendolo un alleato prezioso nella battaglia contro la muffa. Aggiungi alcune gocce di olio essenziale di tea tree a una bottiglia spray piena d’acqua e spruzza direttamente sulle aree con muffa. Lascia che l’olio agisca per un po’ e poi pulisci con un panno. Ripeti l’operazione regolarmente per prevenire la ricomparsa del problema.

    Ventilazione e illuminazione: la prevenzione

    La muffa ama gli ambienti bui e umidi, quindi una delle migliori difese contro di essa è mantenere la casa ben ventilata e illuminata. Apri le finestre per far circolare l’aria e lascia entrare la luce naturale. Questo non solo aiuterà a prevenire la sua, ma renderà anche gli ambienti più freschi e accoglienti.

    Amore e cura: la magia finale

    Infine, non dimenticare di dedicare un po’ di amore e cura alla tua casa. Pulisci regolarmente le superfici con una soluzione di acqua e detergente delicato e assicurati di asciugare bene le aree umide. Presta attenzione alle aree più vulnerabili, come il bagno, la cucina e cantine, e interviene tempestivamente alla prima comparsa di muffa. Magari ti serve una pianta portafortuna per stabilizzare il microclima sano in casa.

    Con questi semplici ma efficaci metodi casalinghi, puoi dire addio alla muffa e rinnovare il tuo spazio vitale con freschezza e pulizia.

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      Curiosità

      Le luci natalizie le dobbiamo alla fantasia di un giovane ragazzo turco, nel lontano 1917

      Tutte le città, di questi tempi, s’illuminano con gli addobbi di Natale. Uno spettacolo luminoso che, puntualmente, si rinnova e che affascina tutti, grandi e piccini. Molti meno, però, sono quelli che conoscono le origini di questa tradizione che possiede una storia fatta di inclusione e riscatto.

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        La diffusione dell’usanza di decorare ambienti e alberi con le luci in occasione della principale festività cristiana, partita dall’America, la si deve a un migrante adolescente. Si chiamava Albert Sadacca e, quando prese la decisione che avrebbe cambiato l’aspetto di tutte le città del mondo durante il Natale, aveva 15 anni soltanto.

        Un’idea suggerita da un drammatico incendio

        La sua storia, però, comincia in Turchia, a Çanakkale, sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, dove nacque nel 1901 nell’ambito della locale comunità sefardita. Immigrato in America con la famiglia, Albert aveva altri cinque fratelli. Nel 1917, mentre in Europa si combatteva la “grande guerra” mondiale, un tragico incendio scoppiato a New York provocato dalle candele posizionate su un albero di Natale fece riflettere il giovane Albert: perchè non adattare le economiche lampadine vendute in un negozio dai suoi genitori agli abeti natalizi, realizzando delle vere e proprie corde di luci?

        Il successo, visti i costi, non fu immediato

        Le luci elettriche, sebbene già esistenti, avevano un prezzo troppo elevato per la maggior parte delle persone e quindi si utilizzavano le candele, con evidenti rischi alla sicurezza. La nuova idea di Albert non ebbe un immediato successo: il primo anno furono vendute solo circa 100 corde di luci elettriche. Ma dopo che il ragazzo dipinse i bulbi di rosso, verde e di altri colori, l’attività cominciò davvero a decollare. Nel 1926 Sadacca fondò un gruppo commerciale composto da diverse piccole imprese che, in seguito, si trasformarono nella più grande azienda di illuminazioni natalizie al mondo fino alla metà degli anni Sessanta.

        Lutero il probabile, illustre padre dell’idea

        L’usanza di decorare abeti utilizzando la luce, invece, è decisamente più antica. Legata ad un’idea che alcuni sostengono partorita dalla fantasia di Martin Lutero, il padre della Riforma protestante del XVI secolo (1483-1546). Applicando delle candele a un abete, dopo aver passeggiato una notta nella foresta e rimanendo incantato dalle stelle che brillavano tra gli alberi: da lì la decisione di portarne uno a casa propria ed abbellendolo con alcune candele poste fra i rami.

        Costi proibitivi

        Una tradizione che durò a lungo. Anche oltre l’avvento dell’energia elettrica, fino agli anni Venti del XX secolo, anche perchè – come abbiamo già detto – le luminarie natalizie all’inizio rappresentavano un privilegio per pochi riccho. Nel 1900, potevano occorrere fino a 300 dollari (l’equivalente di circa 10.000 dollari di oggi) per pagare le luci, un generatore e i servizi di un addetto ai cavi per illuminare un albero di Natale all’interno della propria casa. Fino alla brillante idea di Sadacca, la maggior parte delle famiglie continuava a decorare i propri alberi di Natale con le candele,secondo l’intuizione di Lutero. Una scelta sicuramente elegante… ma decisamente poco sicura.

        Edison l’incantatore luminoso

        L’esordio delle luci elettriche natalizie in grande stile non potevano però che essere legate al genio di Thomas Alva Edison. l’inventore delle lampade a incandescenza, intenzionato a illimunare il centro di Manhattan. In occasione del Natale del 1880, Edison posò 8 miglia (pari a 12 chilometri) di filo sotterraneo per alimentare stringhe di luci attorno all’esterno del suo laboratorio nel New Jersey. I pendolari dei treni che viaggiavano tra New York e Filadelfia erano così stupiti da quella vista che un giornalista etichettò addirittura Edison come “l’incantatore”.

        Il primo albero nel 1882

        Bisognerà attendere altri due anni prile che queste luci vengano utilizzate per scopi decorativi. Sempre durante le festività natalizie, il socio di Edison, Edward Hibberd Johnson, appese 80 luci elettriche colorate attorno a un albero di Natale nel loro laboratorio.

        L’accensione dell’albero nazionale, grazie al presidente Coolidge

        A contribuire al costo elevato delle prime luminarie natalizie era il fatto che, ai tempi, fossero cablate a mano e realizzate con preziose e delicate lampadine di vetro. Fu solo durante la presidenza di Calvin Coolidge (1872-1933) che prese il via la tradizione dell’accensione ufficiale di un albero di Natale nazionale. Nel 1923 un abete alto 15 metri e proveniente dal Vermont, stato natale di Coolidge, fu adornato con 2500 lampadine elettriche rosse, bianche e verdi.

        Il record di uan famiglia newyorkese e quello giapponese di Osaka

        Il primato mondiale per il maggior numero di luminarie posizionate in una sola proprietà appartiene a una famiglia di New York che, nel 2014, installò 601.736 luci intorno alla sua abitazione. Per quanto riguarda gli alberi di Natale, il record per il più decorato spetta agli Universal Studios di Osaka, in Giappone, con 612mila lampadine (novembre 2022).

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          Cucina

          Pandolce genovese: il dolce delle feste che racconta la Liguria

          Dalle origini nella Repubblica di Genova ai due impasti — alto e basso — oggi simboli del Natale ligure. La ricetta tradizionale e le curiosità storiche di uno dei dolci più antichi d’Italia.

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          Pandolce genovese

            Profuma di anice, agrumi e frutta candita, ed è uno dei dolci più rappresentativi del Natale italiano. Il pandolce genovese (o “pan döçe”) affonda le sue radici nella storia della Repubblica marinara, quando Genova era un porto ricco di spezie e commerci. Ancora oggi è immancabile sulle tavole liguri e al centro di una tradizione che si rinnova ogni dicembre.

            Le origini: un dono alla Repubblica

            Il pandolce nasce tra il XVI e il XVII secolo, periodo in cui la città era un crocevia di scambi tra Mediterraneo, Oriente e Nord Europa. L’impasto ricco, con uvetta, pinoli e spezie, ricalcava i dolci “da viaggio” diffusi nelle repubbliche marinare.

            Secondo alcune ricostruzioni storiche, fu il doge Andrea Doria a incoraggiare la creazione di un dolce simbolico che rappresentasse prosperità e buon auspicio. Per questo il pandolce veniva preparato soprattutto per Natale e consumato fino all’Epifania: doveva essere nutriente e ben conservabile, qualità indispensabili in un’epoca in cui gli ingredienti erano preziosi.

            Le due versioni: alto e basso

            Oggi il pandolce esiste in due varianti:

            Pandolce alto

            È il più antico. Si prepara con lievito madre o lievitazione lunga; risulta più soffice, simile a un pane brioche. Richiede tecniche più impegnative e diverse ore di riposo.

            Pandolce basso

            È l’evoluzione ottocentesca — più moderna — nata con l’introduzione del lievito chimico. È friabile, compatto e ricorda quasi una frolla morbida. È quello più diffuso nelle case, perché semplice da realizzare.

            Entrambe le versioni prevedono ingredienti ricorrenti: uvetta, pinoli, cedro candito, zibibbo o acqua di fiori d’arancio.

            La tradizione del “taglio del pandolce”

            In molte famiglie liguri è ancora viva la consuetudine che il membro più giovane della casa porti il pandolce in tavola, mentre il capofamiglia ne taglia la prima fetta, riservandola a un ospite inatteso o ai più poveri. Una ritualità che celebra ospitalità e condivisione.

            La ricetta del pandolce genovese (versione bassa tradizionale)

            Ingredienti (per un pandolce da 1 kg circa)

            • 500 g di farina 00
            • 150 g di zucchero
            • 150 g di burro morbido
            • 2 uova
            • 150 g di uvetta ammollata
            • 80 g di pinoli
            • 120 g di cedro candito o misto canditi
            • 1 bustina di lievito per dolci
            • 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio o scorza grattugiata di arancia
            • 1 cucchiaio di semi di finocchio o anice (facoltativo, tipico di alcune zone)
            • 1 pizzico di sale

            Procedimento

            1. Ammollare l’uvetta
              Mettete l’uvetta in acqua tiepida per circa 15 minuti, poi strizzatela bene.
            2. Preparare l’impasto
              In una ciotola lavorate il burro con lo zucchero fino a ottenere una crema chiara. Unite le uova una alla volta, mescolando.
            3. Aggiungere gli aromi
              Incorporate l’acqua di fiori d’arancio (o la scorza), i semi di anice e un pizzico di sale.
            4. Unire la farina
              Aggiungete la farina setacciata insieme al lievito. Amalgamate fino a ottenere un impasto morbido ma modellabile.
            5. Inserire frutta e pinoli
              Incorporate uvetta, canditi e pinoli distribuendoli uniformemente.
            6. Dare la forma
              Create una pagnotta rotonda e incidete una croce superficiale sulla sommità: è il segno distintivo del pandolce tradizionale.
            7. Cottura
              Cuocete in forno statico a 170 °C per circa 45–50 minuti. Se la superficie scurisce troppo, coprite con carta forno.
            8. Raffreddamento
              Lasciate raffreddare completamente: il pandolce migliora dopo qualche ora, quando gli aromi si assestano.

            Un patrimonio gastronomico che resiste al tempo

            Il pandolce genovese continua a essere un ambasciatore della tradizione ligure, apprezzato anche fuori regione e spesso inserito nei prodotti tipici tutelati dalle associazioni locali. Tra i dolci natalizi italiani, è uno dei pochi ad avere una storia documentata che attraversa secoli, commerci e culture.

            Prepararlo in casa significa portare in tavola un pezzo di storia, oltre che un profumo inconfondibile di festa. È il sapore del Natale ligure, immutabile e rassicurante, che ogni anno conquista nuove generazioni.

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              Lifestyle

              L’albero di Natale: una storia millenaria tra sacro e profano, miti e realtà

              L’albero di Natale, simbolo universale delle feste, nasconde una storia affascinante e complessa, intrecciata con miti, leggende e tradizioni di diverse culture. Scopriamo insieme le sue origini e i suoi significati.

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                Da dove viene l’usanza di addobbare l’albero di Natale? Qual è il suo vero significato? Scopriamo insieme le origini di questa tradizione millenaria, tra storia e leggenda.

                L’albero di Natale, simbolo iconico delle festività, nasconde una storia affascinante e complessa, intrecciata con miti, leggende e tradizioni di diverse culture. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, e le teorie sulla sua nascita sono molteplici e spesso contraddittorie.

                Le prime tracce storiche
                Le prime tracce documentate dell’albero di Natale risalgono al XVI secolo, in Alsazia. Con la diffusione del cristianesimo, l’albero acquisì nuovi significati. San Bonifacio, evangelizzatore dei Germani, avrebbe abbattuto una quercia sacra a Thor per sostituirla con un abete, simbolo della vita eterna in Cristo. Questa leggenda, seppur affascinante, non trova riscontro nelle fonti storiche.

                Nel Medioevo, l’albero di Natale era spesso rappresentato nelle rappresentazioni dei misteri, che mettevano in scena la storia del peccato originale e della redenzione. L’albero della vita, simbolo del peccato, veniva contrapposto all’albero della croce, simbolo della salvezza.

                Nel XIX secolo, l’usanza di addobbare l’albero di Natale si diffuse in tutta Europa, grazie anche all’influenza delle corti reali. La regina Vittoria d’Inghilterra contribuì in modo significativo a diffondere questa tradizione in tutto il mondo.

                L’albero di Natale oggi
                Oggi, l’albero di Natale è un simbolo universale delle festività, celebrato da persone di diverse culture e religioni. Le sue decorazioni, che vanno dalle classiche palline colorate alle luci scintillanti, riflettono la varietà delle tradizioni e dei gusti personali.

                L’albero di Natale è molto più di una semplice decorazione natalizia. È un simbolo carico di storia e di significati, che ci unisce in un momento di festa e di condivisione. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, intrecciandosi con miti, leggende e tradizioni di diverse culture.

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