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Aumentano le meduse nel Mediterraneo, cosa fare quando ci toccano
L’aumento delle meduse nel Mediterraneo è strettamente legato alla sovrapesca e alla conseguente riduzione dei loro predatori naturali. È importante comprendere le dinamiche ecologiche che stanno portando a questo fenomeno e adottare misure adeguate per proteggere l’ecosistema marino e prevenire le punture di medusa.

Nel Mediterraneo, le popolazioni di meduse stanno aumentando esponenzialmente. La principale causa di questo fenomeno è attribuita alla sovrapesca, cioè al prelievo massivo e indiscriminato di specie ittiche che si nutrono delle meduse. Le meduse, appartenenti al phylum degli Cnidari, sono animali planctonici che vivono sospesi nell’acqua, muovendosi con le correnti. Le “fioriture” di meduse sono sempre più frequenti nel Mediterraneo e rappresentano una crescente preoccupazione per l’ecosistema marino.
Perché le meduse aumentano
Il Mediterraneo è spesso sovra sfruttato, e la rimozione massiccia di pesci predatori come il tonno, così come di crostacei e molluschi che si nutrono di meduse, crea uno spazio ecologico libero per la crescita delle meduse. Questi cambiamenti provocano una riduzione drastica della biodiversità marina, poiché le meduse competono direttamente con i pesci che si nutrono di zooplancton e predano le uova e le larve di questi pesci, impattando negativamente sulle loro popolazioni.
Quali sono le specie più comuni
Aurelia aurita
Ha un corpo di 5-40 cm di diametro, si riconosce facilmente grazie ai auoi quattro anelli viola delle gonadi. Si trova in acque costiere, estuari e baie. Non è urticante.

Pelagia noctiluca
Di piccole dimensioni ha una campana di 6-10 cm di diametro, è di colore rosato e viola. I suoi tentacoli rilasciano tossine che causano forte disagio negli umani. Predilige acque calde e temperate.

Physalia physalis
Conosciuta come caravella portoghese, ha tentacoli che possono raggiungere i 50 m di lunghezza sebbene la loro lunghezza media si aggira sui 10 metri. È costituita da una colonia di polipi con un galleggiante blu, viola o rosa. Le punture causano dolore intenso e possono portare a shock anafilattico.
Olindias formosa
Ha una campana traslucida con strisce opache che misura fino a 15 cm di diametro. Il veleno causa bruciore nella sede della puntura. Si trova in acque costiere con molte alghe.
Cotylorhiza tuberculata
Presenta un ombrello a forma di uovo al tegamino e ha un diametro di circa 40 cm. La puntura ha poco o nessun effetto sugli esseri umani. Vive in acque costiere del Mediterraneo.
Chrysaora hysoscella
Un una originale campana a piattino di 30 cm di diametro, con 32 lobi semicircolari e 24 tentacoli urticanti. Vive in acque costiere fino a 30 m di profondità.

Nel Mediterraneo sono presenti anche altre specie che includono Aequorea, Mnemiopsis, Velella, Rhizostoma, Salpa, Charybdea e Rhopilema. Solo la Charybdea e la Rhopilema sono urticanti.
Cosa fare in caso di contatto
I consigli da seguire quando si viene a contatto con una medusa sono tra i più disparati. Dicerie e leggende metropolitane fanno parte di questo bouquet di proposte. Più semplicemente è consigliabile allontanarsi con calma, uscendo dall’acqua, evitando movimenti bruschi. Seconda cosa bisognerebbe lavare la parte interessata con acqua di mare sciacquando la parte colpita per diluire le tossine. Meglio evitare l’uso di acqua dolce. Quindi si deve cercare di rimuovere i filamenti residui utilizzando una carta di credito o un coltello (non dalla parte della lama) per rimuovere i tentacoli.
Come trattare la parte interessata
E’ consigliata l’applicazione di cloruro di Alluminio dotto forma di crema o di gel per lenire il prurito e bloccare la diffusione delle tossine. Evitare rimedi della nonna come ammoniaca, urina, limone, aceto e alcol. E’ inoltre consigliato di non utilizzare creme al cortisone. Gli antistaminici sono utili solo per lesioni diffuse o disturbi generali e dovrebbero essere utilizzate solo su indicazione medica. Le meduse non attaccano spontaneamente l’uomo, e solitamente la puntura è innocua. Tuttavia, in caso di reazioni allergiche o shock anafilattico, è fondamentale un intervento tempestivo.
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Meduse, vipere, ragni violino e zanzare tigre: l’estate avvelenata degli italiani
Meduse in aumento, vipere anche in pianura, zanzare tigre che sembrano immortali e il ritorno del famigerato ragno violino. Il caldo e l’umidità stanno trasformando le vacanze in una corsa alla farmacia più vicina. E non bastano più il doposole e il ghiacciolo per sopravvivere.

Altro che estate da sogno. Quella del 2025 rischia di passare alla storia come la più urticante e velenosa degli ultimi anni. In mare, sulla sabbia o in montagna, il pericolo è ovunque. E se i selfie in costume restano d’obbligo, l’accessorio più richiesto dell’estate è il cortisone.
Partiamo dalle meduse, regine indiscusse delle cronache balneari. Nei mari italiani si segnala una vera e propria “fioritura gelatinosa”: bagnanti punti anche in acque basse, spiagge chiuse temporaneamente e vendite record di creme anti-bruciore. Le specie più diffuse? La Pelagia noctiluca (quella con i tentacoli urticanti) e la Rhizostoma pulmo, meno tossica ma comunque fastidiosa.
Ma non basta. Perché mentre si cerca sollievo in montagna, ecco spuntare le vipere. Sempre più avvistamenti anche sotto i 600 metri, in zone collinari e persino ai margini delle città. In Lombardia, Liguria e Toscana, le segnalazioni si sono moltiplicate. E i pronto soccorso raccomandano attenzione: “Niente fai-da-te, e se possibile, fotografate il rettile prima di scappare”. Auguri.
A completare il quadretto ci pensano le zanzare tigre, ormai più resistenti degli italiani al rientro in ufficio. Alcune regioni hanno già avviato piani straordinari di disinfestazione, ma l’impressione è che le zanzare stiano vincendo 3 a 0. Specie ora che, con l’umidità in aumento, basta un sottovaso o una grondaia ostruita per far nascere un’intera dinastia.
E dulcis in fundo, riecco lui: il famigerato ragno violino, silenzioso, piccolo, marroncino e terribilmente velenoso. I casi di morsi – per fortuna rari – si sono riaffacciati anche quest’estate, soprattutto in Emilia-Romagna, Lazio e sud della Lombardia. Le reazioni variano da piccole necrosi locali a infezioni più serie. L’unica prevenzione? Evitare di infilarsi nei letti d’altri. O negli scantinati polverosi.
In attesa che torni un po’ di respiro – o che almeno si inventino un repellente unico per tutto – i consigli restano quelli di sempre: scarpe chiuse nei boschi, niente tuffi impulsivi in mare, e attenzione alle tende lasciate aperte. Perché quest’anno, sotto l’ombrellone, più che la sabbia, pizzicano le bestie.
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Ma anche i cani si abbronzano? Sì, e a volte si scottano più di noi (ma senza crema 50+)
Sotto il pelo, la pelle dei nostri amici a quattro zampe è molto più sensibile di quanto pensiamo. Esistono razze più soggette alle scottature, zone del corpo esposte e perfino… cani col segno del costume. Ecco cosa sapere per godersi la spiaggia in sicurezza con loro, senza trasformarli in wurstel abbrustoliti.

Lui ti guarda con quegli occhioni, scodinzola, annusa la sabbia e corre verso l’acqua. Tutto perfetto. Ma sei proprio sicuro che il tuo cane stia bene sotto il sole cocente? Perché sì, anche i cani si abbronzano. E se non fai attenzione, si scottano pure.
Sotto quel pelo soffice (o a volte decisamente scarso), c’è una pelle delicata, spesso più vulnerabile della nostra. Alcune razze – come il Dogo argentino, il Bull Terrier, il Boxer, il Chihuahua e tutti i cani a pelo raso o chiaro – sono dei veri bersagli per i raggi UV. Le zone più a rischio? Orecchie, naso, pancia, inguine, interno cosce e tutte quelle aree dove il sole picchia e il pelo non protegge abbastanza.
E no, non è una leggenda urbana: alcuni cani si “colorano” davvero sotto il sole. La pigmentazione cutanea cambia e può scurirsi, un po’ come succede a noi. Certo, non vedrai mai un Labrador con la tintarella da surfista, ma quella leggera sfumatura sul naso chiaro o sulle zampette posteriori? Quella sì, è abbronzatura.
Il problema è che non sempre fa bene. I cani possono sviluppare eritemi solari, dermatiti e persino tumori cutanei, se esposti troppo a lungo e senza protezione. E no, non puoi spalmarli con la tua crema solare: i prodotti per umani contengono ossibenzone e altri ingredienti tossici per loro. Esistono però creme solari specifiche per cani, formulate apposta per la loro pelle. Ti sembrerà strano, ma funzionano davvero.
E l’insolazione? Anche quella è dietro l’angolo, soprattutto se il tuo peloso è nero, piccolo o con il muso schiacciato (ciao Carlini!). Mai lasciarlo al sole nelle ore calde, nemmeno “solo per un attimo”. Il rischio di colpo di calore è concreto, e a volte basta una passeggiata di mezz’ora per finire dal veterinario.
Insomma, al mare con Fido va benissimo. Ma ombrellone, acqua fresca e pause all’ombra sono d’obbligo. E sì, anche lui può avere il segno del costume… ma almeno non dovrai spiegargli cos’è l’aloe vera.
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Leishmaniosi, perché il vaccino è fondamentale per proteggere i cani
Malattia cronica e spesso mortale, la leishmaniosi colpisce sempre più cani anche al Nord. Con l’arrivo del caldo aumenta il rischio. Il vaccino riduce le complicanze, ma va fatto per tempo e accompagnato da altri strumenti di difesa, dai collari ai repellenti.

La leishmaniosi è una malattia infettiva causata da un protozoo, Leishmania infantum, trasmesso ai cani dalla puntura del flebotomo, un piccolo insetto simile a una zanzara ma attivo soprattutto di sera e nelle ore notturne. Non dà prurito né si sente arrivare. Colpisce il sistema immunitario e, se non trattata in tempo, può compromettere fegato, reni, midollo osseo. È una patologia cronica, che non si risolve: si controlla, ma non si guarisce.
Un cane infetto può impiegare mesi prima di manifestare i primi sintomi. Spesso si tratta di segni generici: dimagrimento, apatia, perdita di pelo, croste su orecchie e muso, crescita anomala delle unghie, gonfiore dei linfonodi, insufficienza renale. Nella maggior parte dei casi, quando la diagnosi arriva, il parassita è già presente in tutto l’organismo.
Da anni è disponibile un vaccino che, pur non impedendo del tutto il contagio, riduce in modo significativo la probabilità che il cane sviluppi la malattia. La vaccinazione stimola il sistema immunitario a reagire in maniera più efficace contro il parassita e ne limita la diffusione. Può fare la differenza tra una vita sana e una terapia a lungo termine.
Il protocollo varia a seconda del prodotto utilizzato, ma in genere si inizia con una dose iniziale seguita da richiami annuali. Il periodo ideale per iniziare la vaccinazione è tra febbraio e aprile, in modo che la copertura sia pienamente efficace al momento del picco dell’attività dei flebotomi, tra maggio e ottobre.
La malattia, un tempo diffusa solo al Sud, è oggi presente in maniera endemica in gran parte del territorio italiano, incluse le regioni del Centro e del Nord. Liguria, Toscana, Lazio, Umbria, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e persino alcune aree del Trentino Alto-Adige segnalano casi ogni anno. Anche i cani che vivono in città non sono esenti dal rischio.
La vaccinazione non sostituisce le misure protettive quotidiane. Serve una strategia combinata. I collari antiparassitari a base di deltametrina o imidacloprid, gli spot-on repellenti, le zanzariere alle finestre e la riduzione delle passeggiate nelle ore serali sono strumenti complementari ma necessari.
Un cane infettato può diventare un serbatoio per la diffusione del parassita. Per questo è fondamentale proteggere l’animale, anche se non si viaggia in zone dichiarate a rischio. Nessuna area può più considerarsi del tutto sicura.
Il vaccino, le precauzioni ambientali e il controllo veterinario periodico restano oggi gli strumenti più efficaci per contenere una malattia che si diffonde silenziosa, ma costante.
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