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Animali

Il nuovo cucciolo fa la pipì in casa? Ecco come educarlo in tempi brevi

Educare un cucciolo a fare i bisogni fuori è una sfida che richiede pazienza e coerenza, ma con i giusti accorgimenti può trasformarsi in un percorso sereno e senza stress.

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    Accogliere un cucciolo in casa è un’esperienza meravigliosa, ma tra le prime sfide da affrontare c’è quella di insegnargli dove fare i bisogni. A differenza del gatto, che utilizza una lettiera in modo naturale, il cane ha bisogno di essere guidato a capire che il posto giusto per fare pipì è fuori casa. La buona notizia? Con un po’ di costanza e le giuste strategie, l’apprendimento può avvenire in tempi brevi, evitando spiacevoli “incidenti” sul tappeto o sul pavimento.

    Il tempismo è tutto

    Un cucciolo ha una capacità limitata di trattenere i bisogni, quindi è essenziale riconoscere i momenti critici in cui la necessità si fa più urgente. Questo avviene circa 20 minuti dopo il pasto, dopo il sonno e dopo il gioco. Questi sono i momenti ideali per portarlo subito fuori, scegliendo un’area fissa dove possa abituarsi a fare i bisogni. E’ essenziale premiarlo immediatamente dopo che ha fatto pipì nel posto giusto. Un gesto che lo aiuterà a rafforzare il comportamento corretto.

    Premiare sempre il comportamento corretto del vostro cucciolo

    Un bocconcino di alto valore, riservato solo per queste occasioni, renderà l’insegnamento più efficace. Il cucciolo imparerà che fare pipì fuori è un’azione positiva, associata a una ricompensa speciale. A questo punto un consiglio chiave: non riportarlo subito a casa dopo i bisogni, altrimenti potrebbe associare l’atto di urinare con la fine del divertimento. Lasciatelo esplorare e giocare un po’ prima di rientrare, in modo che l’esperienza esterna resti positiva.

    E se lo si coglie sul fatto? Non gridate

    Se si è presenti mentre il cucciolo sporca in casa, si può interromperlo con un “No” deciso, ma senza gridare. Prenderlo con calma e portarlo nel luogo corretto per finire è la strategia migliore. Se invece il “danno” è già stato fatto, non serve sgridarlo. Punizioni tardive sono inutili, perché il cane non è in grado di associare il rimprovero a un’azione passata. Peggio ancora, potrebbe spaventarsi e sviluppare ansia nel fare i bisogni, complicando tutto il processo di apprendimento.

    Le traverse per il cucciolo: una soluzione temporanea

    Chi vive in appartamento spesso ricorre alle traversine assorbenti, ma bisogna fare attenzione: insegnano al cucciolo a fare pipì dentro casa, costringendolo poi a disimparare questo comportamento. Se possibile, meglio evitarle e puntare direttamente sull’abitudine di uscire regolarmente. Se però la gestione logistica rende difficile portare spesso fuori il cane, le traversine possono essere un compromesso temporaneo, da eliminare non appena il cucciolo acquisisce maggior controllo sulla vescica.

    Rispetto per gli altri e per la città

    Un ultimo consiglio riguarda l’educazione urbana: portare fuori il cane non significa lasciarlo sporcare ovunque, soprattutto su muri di palazzi o edifici privati. È buona regola trovare aiuole o aree dedicate e, ovviamente, raccogliere sempre le deiezioni solide. Se vogliamo che i cani siano ben accettati nella società, dobbiamo educarli e educare noi stessi a comportamenti corretti. Il rispetto per gli altri è la base di una convivenza serena e piacevole, per tutti.

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      Chi sogna di più? Non è l’uomo, né il cane: il vero sognatore della natura è l’ornitorinco

      Dormire è naturale, ma sognare è un lusso. Non tutti gli animali lo fanno allo stesso modo. Il record? Se lo aggiudica l’ornitorinco: su 10 ore di sonno, ne sogna 8. I cuccioli di cane e gatto non scherzano, mentre balene e delfini vivono un mondo quasi senza sogni. E l’uomo? Solo 2 ore su 8.

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        Chi l’avrebbe mai detto che il più grande sognatore del regno animale non è l’uomo, né il cane o il gatto, ma… l’ornitorinco. Strano già di per sé, con quel becco d’anatra, la coda da castoro e il veleno nei piedi, l’ornitorinco vince anche la palma dell’animale che sogna di più. Dorme circa 10 ore al giorno, e per ben 8 di queste sogna. Sogna tantissimo, anche se nessuno potrà mai sapere se nei suoi sogni vola o si immagina con un fisico più credibile.

        Non male anche i cuccioli di cane e gatto, che sognano per circa il 90% del tempo in cui dormono. Se avete mai visto un cagnolino muovere le zampine nel sonno o un gattino che miagola con gli occhi chiusi, ecco: erano dentro un sogno. Da adulti, però, le cose cambiano: il tempo di sonno REM, quello associato ai sogni, si riduce parecchio.

        E l’uomo? Siamo decisamente più moderati. In media, sogniamo solo 2 ore su 8 di sonno. Ma attenzione: quei sogni sono intensi, articolati, talvolta veri e propri film. Con trame, emozioni, salti temporali e a volte perfino colpi di scena degni di Hollywood. Il nostro cervello, insomma, è un regista geniale. Anche se spesso si dimentica tutto appena suona la sveglia.

        Poi ci sono gli animali che i sogni, a quanto pare, li sfiorano appena. Balene e delfini, ad esempio, dormono a metà. Letteralmente. Il loro cervello è diviso in due emisferi che si alternano nel sonno: mentre uno riposa, l’altro resta sveglio. Questo perché vivono in un ambiente dove fermarsi del tutto può essere pericoloso. E così, in 10 ore di riposo, riescono a sognare solo per una manciata di minuti. Appena dieci. Un micro-sonno per micro-sogni.

        Ma a cosa servono i sogni? Su questo, scienziati e filosofi si scervellano da secoli. Per alcuni sono un modo per elaborare emozioni e ricordi. Per altri, una palestra mentale in cui il cervello mette in ordine le esperienze. Alcuni animali – come gli elefanti – sembrano addirittura sognare episodi del passato. Altri, come i topi, “ripassano” i percorsi fatti durante la giornata.

        In ogni caso, sognare è un’attività tutt’altro che inutile. E a ben guardare, è uno dei pochi momenti in cui uomo e animale si assomigliano. Tutti, prima o poi, chiudiamo gli occhi e ci perdiamo in un mondo tutto nostro. Chi su due zampe, chi su quattro, chi con il becco. Ma sognare, si sogna. Anche se si è un ornitorinco.

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          Finalmente arriva una legge che tutela gli animali domestici

          Il Senato approva definitivamente il ddl che inasprisce le pene per i reati contro gli animali. Un cambiamento epocale che li riconosce come esseri senzienti e rafforza la loro tutela.

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            Con il voto favorevole del Senato, l’Italia compie un passo decisivo nella difesa dei diritti degli animali. Il disegno di legge, già approvato dalla Camera, diventa ora definitivo e introduce pene più severe per chi li maltratta, sfrutta o abbandona. Si tratta di una riforma storica, che segna un netto cambio di paradigma. Fino ad oggi, la legislazione proteggeva gli animali in funzione del sentimento umano, ma con questa legge il loro benessere viene finalmente riconosciuto come un valore autonomo. Il cuore del provvedimento è l’inasprimento delle pene per i crimini contro gli animali. La reclusione per maltrattamenti passa fino a 2 anni, l’uccisione può costare fino a 4 anni di carcere e multe fino a 60.000 euro. Mentre i combattimenti tra animali saranno puniti con pene dai 2 ai 4 anni. Anche chi organizza spettacoli con sevizie vedrà le sanzioni raddoppiate.

            Se maltratti gli animali ti confiscano la casa come ai mafiosi

            La nuova normativa, però, non si ferma alle punizioni: introduce anche tutele cruciali per gli animali coinvolti in procedimenti penali. Viene vietato il loro abbattimento, garantendo la custodia fino al termine del processo. Inoltre, le associazioni animaliste potranno intervenire per chiedere una revisione dei sequestri, assicurandosi che gli animali vivano in condizioni dignitose. Grande attenzione è stata dedicata alla prevenzione. In caso di reati abituali, saranno applicate misure simili a quelle previste per la criminalità organizzata, con confische e sorveglianza speciale.

            Basta catene e traffico illecito

            La legge introduce anche nuovi divieti, come quello di tenere animali legati con catene, salvo casi certificati per motivi di salute o sicurezza. Il traffico illecito di animali sarà monitorato con maggiore tracciabilità, e viene vietato l’uso commerciale di pellicce di gatti domestici. Infine, per rafforzare il controllo e l’applicazione delle nuove norme, verrà creata una sezione dedicata nella banca dati delle forze dell’ordine, con un coordinamento più efficace tra le polizie per combattere questi reati.

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              La doppia vita di Remy, il gatto randagio diventato mascotte di Harvard tra aule, biblioteche e social

              Con il profilo “Remy the Humanities Cat” e una presenza costante nei corridoi del campus, il soriano arancione unisce studenti e professori. La sua vita tra famiglia e comunità accademica è già leggenda.

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                Nessuno sa dove comparirà. A volte sbuca tra gli scaffali di una biblioteca, altre entra in un’aula nel bel mezzo di una lezione, oppure si accomoda in prima fila nelle foto di matrimonio scattate dentro il campus. È Remy, undici anni, soriano arancione che da oltre un decennio vive in simbiosi con Harvard, al punto da diventare la mascotte non ufficiale dell’università.

                La sua popolarità è tale da meritare un profilo social, Remy the Humanities Cat, curato dal personale del Barker Center, cuore del dipartimento di Storia e Letteratura. L’amministratrice Jessica Shires lo racconta così: «Scopro continuamente che frequenta anche la facoltà di Giurisprudenza, i laboratori Stem e persino il museo. Negli anni è diventato un gatto interdisciplinare».

                La sua “doppia vita” è ormai un rito accademico. Nato come randagio, trovato nel 2014 dietro un cassonetto a Medfield con la madre e i fratelli, fu adottato da Sarah Watton insieme al fratello Gus. Ma già da cucciolo mostrava un carattere indomabile: fuggiva di casa, ignorava guinzagli e barriere, esplorando senza sosta anche nel gelo invernale.

                Le sue avventure sono leggendarie. Un uomo lo raccolse per strada e lo regalò alla fidanzata: tornò a casa grazie al microchip. Un’altra volta sparì per un mese, “adottato” come mascotte da un’azienda locale. In entrambi i casi, la sua vocazione comunitaria ebbe la meglio. «È il nostro gatto, ma appartiene anche a tutta Harvard. Non era una scelta nostra, era la sua», racconta Sarah con ironia.

                Neppure la pandemia lo ha fermato. Con gli edifici chiusi, Remy soffriva l’assenza di quella comunità che aveva trasformato nel suo regno. Oggi è di nuovo protagonista: entra nei dormitori, sbuca tra i corridoi, si lascia trasportare nelle borse degli studenti o nei cestini delle biciclette.

                I figli di Sarah si divertono a immaginare quale facoltà sceglierebbe se fosse studente: «Antropologia, perché è curioso degli esseri umani», dice Jack. «No, teatro, perché è nato per la scena», ribatte Will. In realtà non ha bisogno di lauree: il suo carisma è il suo titolo, e la sua doppia vita – metà domestico, metà accademico – è già leggenda nei corridoi di Harvard.

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