Animali
Incantevoli veli blu: le Meduse Blubber e i segreti degli abissi
Le meduse blu, le blubber, sono le affascinanti abitanti degli oceani australiani e del Sud-est asiatico. Queste creature marine di colore blu brillante e la loro forma rotonda e carnosa, le rende facilmente riconoscibili tra le altre specie di meduse. Ma, nonostante la loro apparente delicatezza, sono dotate di tentacoli corti e robusti, molto velenosi
Le meduse blu, conosciute scientificamente come Catostylus mosaicus e comunemente chiamate meduse blubber, rappresentano una delle creature marine più affascinanti e pittoresche degli oceani. Con il loro colore blu brillante e la loro forma caratteristica, sono una presenza comune nelle acque costiere dell’Australia e del Sud-est asiatico.
Caratteristiche fisiche
Le meduse blu blubber sono facilmente riconoscibili grazie al loro colore intenso e alla loro forma rotonda e carnosa. La campana, o ombrella, può raggiungere un diametro di 30-45 cm e presenta una consistenza soda e gelatinosa. Al di sotto della campana, si trovano otto braccia orali corte e robuste, utilizzate per catturare il plancton, che costituisce la loro principale fonte di nutrimento. Sebbene il loro veleno non sia pericoloso per l’uomo, può causare fastidiose irritazioni cutanee e una sensazione di bruciore.



Dove vivino
Le blu blubber popolano prevalentemente le acque costiere dell’Australia e del Sud-est asiatico, dove trovano le condizioni ideali per la loro sopravvivenza. Prediligono le acque calde e temperate, spesso abbondanti di nutrienti grazie alla presenza di correnti costiere.


Queste meduse tendono a formare grandi banchi, che possono essere avvistati vicino alla superficie dell’acqua. Le loro aggregazioni possono causare danni alle reti da pesca e disturbare le attività balneari. Tuttavia, comprendere meglio il loro comportamento e la loro ecologia può aiutare a mitigare questi impatti e a promuovere una convivenza sostenibile tra le meduse e le comunità costiere.
Le meduse blu blubber sono creature straordinarie che arricchiscono la biodiversità marina con la loro presenza unica e le loro interessanti caratteristiche biologiche. Mentre continuiamo a esplorare e proteggere i mari, le meduse blu blubber rimangono un simbolo della bellezza e della complessità del mondo marino.
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Animali
Microchip per animali domestici: come funziona e perché è indispensabile
Un dispositivo grande come un chicco di riso garantisce identità, sicurezza e tutela. Eppure molti proprietari non sanno davvero cosa contiene, come si installa e perché è obbligatorio.
Il microchip è un dispositivo elettronico minuscolo, delle dimensioni di un chicco di riso, inserito sottopelle dagli ambulatori veterinari. Per gli animali domestici rappresenta la “carta d’identità” che li accompagna per tutta la vita. In Italia è obbligatorio per i cani, mentre per i gatti l’obbligo è in costante crescita: molte Regioni lo hanno già introdotto per legge, altre stanno seguendo questa direzione per contrastare abbandoni e smarrimenti.
Come funziona il microchip
Il microchip non è un GPS, non invia segnali e non permette di localizzare l’animale in tempo reale. È un transponder passivo: contiene un codice numerico unico, composto da 15 cifre, che viene letto con uno scanner dai veterinari, dalla polizia locale e dalle associazioni di recupero animali.
Una volta letto il codice, gli operatori accedono alla banca dati dell’Anagrafe Animali d’Affezione per risalire al proprietario registrato.
L’inserimento: una procedura rapida e indolore
L’applicazione del microchip viene eseguita dal veterinario mediante una siringa sterile a uso singolo. L’impianto avviene nella zona del collo e dura pochi secondi. Non richiede anestesia e provoca un fastidio minimo, spesso paragonabile a una semplice vaccinazione.
Il dispositivo non necessita di manutenzione, non deve essere cambiato e rimane attivo per tutta la vita dell’animale.
Gli obblighi di legge
In Italia il microchip per i cani è obbligatorio dal 2004 e deve essere applicato entro 60 giorni dalla nascita o entro 30 giorni dal momento dell’adozione. L’animale viene automaticamente iscritto all’Anagrafe regionale.
Il proprietario è tenuto ad aggiornare i dati in caso di:
- cambio di indirizzo
- trasferimento in un’altra Regione
- cessione a un nuovo proprietario
- decesso dell’animale
Anche per molti gatti le Regioni hanno già introdotto l’obbligo (per esempio Lazio, Lombardia e Campania). La tendenza normativa nazionale punta verso una microchippatura generalizzata per contrastare il randagismo, un problema che ogni anno coinvolge migliaia di animali.
Perché il microchip salva vite
Quando un animale si perde, il microchip è lo strumento più efficace per riportarlo a casa. Secondo i dati delle principali ASL veterinarie, oltre il 70% dei cani microchippati viene restituito ai proprietari entro poche ore dal ritrovamento, mentre la percentuale crolla per gli animali privi di identificazione.
Il dispositivo è fondamentale anche in caso di furto, maltrattamenti o incidenti: permette di identificare il responsabile e garantire all’animale le cure necessarie.
I falsi miti più diffusi
Ancora oggi circolano molti pregiudizi. Tra i più comuni:
- “Il microchip fa male o provoca tumori”: gli studi scientifici disponibili indicano che i casi di reazioni avverse sono estremamente rari e non esiste evidenza di correlazione con tumori nei cani e gatti domestici.
- “Serve a localizzare l’animale via satellite”: in realtà non è un sistema di tracciamento.
- “Si può disattivare o togliere facilmente”: rimuoverlo è complesso e contro la legge.
- “È costoso”: l’impianto ha un prezzo accessibile e spesso è incluso nei programmi di adozione dei canili.
Una responsabilità verso chi non parla
Microchippare un animale non è solo un obbligo, ma un atto di responsabilità. Significa garantirgli identità, tutela e un futuro più sicuro. Chi sceglie di convivere con un pet decide di proteggerlo — e questo piccolo dispositivo è il primo passo per farlo davvero.
Animali
Quando il cane si annoia: come capire i segnali e trasformare la noia in benessere
Sbadigli, sguardi fissi e comportamenti distruttivi: la noia nei cani è un segnale di disagio spesso sottovalutato.
La noia del cane, un problema reale
Anche i cani si annoiano. Nonostante l’immagine spensierata dei nostri amici a quattro zampe, la mancanza di stimoli può trasformarsi in stress o ansia. Un cane annoiato non abbaia per capriccio: cerca attenzione, gioco o semplicemente un modo per scaricare energia. I segnali sono evidenti — sbadigli ripetuti, rosicchiare oggetti, scavare buche, camminare avanti e indietro. Ignorarli può compromettere il suo equilibrio emotivo e il rapporto con il proprietario.
Stimoli mentali, non solo passeggiate
Il rimedio non è solo “più movimento”. Le passeggiate restano fondamentali, ma servono anche stimoli mentali: giochi di ricerca olfattiva, piccoli esercizi di obbedienza, o attività che mettano alla prova l’intelligenza del cane. I puzzle alimentari, ad esempio, sono un ottimo alleato: costringono l’animale a ragionare per ottenere la ricompensa. Anche insegnare nuovi comandi o coinvolgerlo nella quotidianità domestica aiuta a mantenerlo attivo. La noia è nemica soprattutto dei cani più intelligenti e curiosi, come border collie, labrador e pastori tedeschi, ma può colpire tutti.
Tempo, attenzione e varietà
Un cane felice non è quello sempre in movimento, ma quello mentalmente soddisfatto. Alternare momenti di gioco a momenti di relax, cambiare percorso nelle passeggiate, farlo socializzare con altri animali: piccoli accorgimenti che fanno la differenza. Anche la comunicazione conta. Parlare al cane, toccarlo, guardarlo negli occhi — sono gesti che rafforzano il legame e riducono la frustrazione.
Un cane che non si annoia è più sereno, equilibrato e obbediente. In fondo, non chiede molto: solo tempo, curiosità e un po’ di fantasia. Perché, proprio come noi, ha bisogno di sentirsi parte del mondo che lo circonda.
Animali
Cosa dice la coda del gatto: i movimenti che svelano emozioni, intenzioni e piccoli segreti felini
La coda è il linguaggio silenzioso dei gatti. Da un semplice movimento si può capire se il micio è felice, irritato o pronto al gioco.
Chi vive con un gatto lo sa: la coda è il suo megafono silenzioso. Non è solo un accessorio per l’equilibrio, ma un vero strumento di comunicazione. Muovendola, il micio invia messaggi precisi, spesso più sinceri dei miagolii. La posizione, la tensione e la velocità dei movimenti raccontano molto del suo umore. Imparare a leggere quei segnali è il modo migliore per comprenderlo e rispettare i suoi spazi.
Dritta, morbida o a frusta: cosa significa
Una coda dritta verso l’alto, magari con la punta leggermente piegata, indica felicità e fiducia: è il saluto del gatto quando ci viene incontro con passo sicuro. Se la muove lentamente da un lato all’altro, è concentrato o curioso: ha visto qualcosa che lo interessa ma non lo spaventa.
Quando invece la coda si gonfia e vibra, è segno di allerta o paura: meglio non avvicinarsi. Una coda bassa e rigida può indicare tensione o fastidio, mentre un movimento rapido e nervoso, come una frustata, rivela irritazione. Attenzione: se lo si accarezza in quel momento, può scattare un morso “educativo”.
Ci sono poi i momenti di tenerezza: se il gatto avvolge la coda intorno a noi o a un altro animale, sta esprimendo affetto e appartenenza.
Osservare, non interpretare a caso
Ogni gatto ha un suo modo di usare la coda, e il contesto è fondamentale. Un movimento che in un micio può significare curiosità, in un altro può essere un avvertimento. Il trucco è osservare il linguaggio del corpo nel suo insieme: orecchie, occhi e postura completano il messaggio.
La coda, in fondo, è la sua voce più sincera. Seguirla è come leggere un piccolo diario quotidiano scritto nell’aria. E se un giorno il vostro gatto vi accoglie con la coda alta e vibrante, non servono traduzioni: vi sta semplicemente dicendo “sono felice di vederti”.
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