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Animali

Che sciarpe da cani! I randagi hanno freddo? Nonnine e volontari cuciono per loro

Dalle mani esperte delle anziane del Villaggio della Carità nascono coperte che riscaldano gli animali abbandonati del canile di Sestri Ponente. Una rete di solidarietà che intreccia generazioni, storie di vita e affetto per gli animali.

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    Siamo ancora in inverno che quest’anno è più rigido degli anni passati. Tanto che anche gli animali rinchiusi nei canili stanno soffrendo queste temperature. Persino in Liguria regione che di solito garantisce temperature più miti. E questa storia si svolge proprio nelle alture di Sestri Ponente, a Genova, dove si trova il canile Monte Gazzo. Si tratta di un rifugio che accoglie 60 cani e 70 gatti, molti dei quali anziani e malati. A prendersi cura di loro, oltre a trenta volontari, c’è un gruppo speciale di “super nonne” del Villaggio della Carità di Camaldoli, una residenza per anziani del Don Orione.

    Le nonne e la passione per il lavoro a maglia

    Tutto è iniziato grazie all’iniziativa di Ilaria Croce. Lei è un’animatrice geriatrica del Don Orione, che durante le attività quotidiane di lettura dei giornali con gli ospiti, ha trovato un articolo sui problemi dei canili genovesi. Da lì è nata una scintilla d’amore tra le anziane, unite dalla passione per il lavoro a maglia, e gli animali del canile. Giovannina Montuori, classe 1944, è stata la prima ospite della RSA a farsi coinvolgere nell’iniziativa. Nella sua vita ha avuto molti animali, tra cui una dobermann di nome Jessica, e ha raccontato di come il lavoro a maglia le renda più facili i racconti della sua vita. Giovannina ha imparato a cucire da una pantalonaia del suo paese, e a 15 anni si è trasferita al Nord in cerca di una vita migliore. Ha lavorato come addetta alle pulizie e poi ha conosciuto il suo futuro marito, Emilio. Per lui e per il figlio Alessandro ha confezionato maglioni con tutto il suo amore. Dopo aver smesso di lavorare a maglia per anni, quando le è stato proposto di riprendere questa attività per aiutare gli animali abbandonati, Giovannina non ci ha pensato. E ha coinvolto anche altre nonne del Villaggio della Carità.

    Un progetto di solidarietà

    La lana per realizzare le copertine viene recuperata dai volontari, soprattutto avanzi che andrebbero sprecati. Anche i Lions Pegli e il presidente Roberto Bancheri hanno contribuito portando una scatola piena di gomitoli. Il momento della consegna delle copertine è sempre un incontro emozionante, pieno di baci e carezze. Lo racconta Rachele Anzaloni, proprietaria del golden retriever Arturo, che partecipa all’iniziativa co le super nonne del club della maglia del Don Orione. La più anziana è Zita Signoretto, nata nel 1927, che lavora ai ferri da ben 90 anni! Anche Maria Rosa Sciaccaluga, classe 1947, ha un passato da professionista nel settore tessile.

    Un amore che non ha confini

    Una storia semplice, in fondo, che perà conferma ancora una volta come l’amore per gli animali non sia in contrapposizione con quello per gli esseri umani. Monica Viappiani, amica del canile, sottolinea l’importanza di aiutare sia gli animali abbandonati che le persone ai margini della società. Il canile di Monte Gazzo ringrazia e con lui anche il meticcio Linus, il più piccolo e fragile del gruppo, diventato appena arrivato il simbolo di questa iniziativa di solidarietà che non conosce confini.

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      Animali

      Come accarezzare un gatto (senza farsi graffiare): il linguaggio segreto delle fusa

      Capire quando, dove e come accarezzare un gatto è fondamentale per costruire un legame autentico e sereno con lui. Gli esperti spiegano come interpretare i segnali felini e cosa evitare per non trasformare un momento di coccole in una fonte di stress.

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      Come accarezzare un gatto

        Il contatto, una questione di fiducia reciproca

        Posare la mano sul dorso di un gatto può sembrare un gesto spontaneo, ma in realtà racchiude una complessa dinamica relazionale. Non tutti i gatti amano essere toccati e, come per gli esseri umani, la fiducia si conquista nel tempo.

        «Il primo passo è lasciare che sia il gatto a decidere se avvicinarsi – spiega Andrea Mancino, ingegnere biomedico e divulgatore esperto di comportamento felino –. Restare fermi, parlargli con tono calmo e offrirgli la mano perché la annusi è il modo migliore per fargli capire che non rappresentiamo una minaccia».

        Quando il micio ci sfiora con il muso o si strofina contro di noi, significa che ci ha accettati nel suo spazio personale. Ma questo non vuol dire che possiamo toccarlo ovunque o in qualunque momento.

        Le zone “sicure” e quelle off-limits

        I gatti amano le carezze sotto il mento, dietro le orecchie, lungo il dorso e sui fianchi. Queste aree sono ricche di terminazioni nervose e ghiandole odorose, che rilasciano feromoni legati al piacere e al riconoscimento.

        «Meglio evitare la pancia, le zampe e la coda – avverte Mancino – perché sono zone molto sensibili, spesso percepite come vulnerabili. Anche le carezze troppo vigorose sulla testa possono infastidirli».

        Il segreto sta nella delicatezza: accarezzare sempre nel verso del pelo, con movimenti lenti e regolari. Se il gatto chiude gli occhi, fa le fusa o si rilassa, è un segnale positivo. Se invece irrigidisce il corpo, muove nervosamente la coda o si allontana, è meglio fermarsi subito.

        Ogni gatto ha il suo carattere (e i suoi limiti)

        Non esiste un modo universale di accarezzare un gatto: ogni animale ha la propria personalità. Ci sono mici che cercano costantemente il contatto fisico, e altri che lo evitano quasi del tutto. L’importante è rispettare i confini che ci impongono.

        «Osservare il linguaggio del corpo è fondamentale – sottolinea Mancino –. Un gatto che si irrigidisce o abbassa le orecchie ci sta dicendo di smettere. Insistere può compromettere la fiducia».

        La pazienza è una virtù chiave, soprattutto con gatti timidi o poco socializzati. In questi casi, l’esperto consiglia di lasciare che l’animale ci osservi da lontano, imparando gradualmente a riconoscerci tramite la voce e l’odore.

        Creare un ambiente sicuro e rispettoso

        Per far sentire il gatto a proprio agio, è importante che abbia un luogo “sacro” dove rifugiarsi: una cuccia chiusa, una scatola o una mensola sopraelevata. «Mai disturbarlo quando si nasconde – spiega Mancino –. Deve sapere che quello spazio è inviolabile, solo così potrà sentirsi al sicuro».

        Con il tempo, quando la fiducia si sarà consolidata, il gatto potrebbe decidere di mostrare la pancia: un segno di completa apertura. Tuttavia, non sempre significa che desidera essere accarezzato in quella zona. In realtà, nella maggior parte dei casi è solo un gesto di rilassamento.

        Dalle carezze alla relazione: quando il legame è completo

        Riconoscere i segnali di piacere e di disagio del gatto permette di costruire una relazione empatica e rispettosa. Quando il micio si lascia accarezzare con tranquillità, chiude gli occhi e fa le fusa, significa che il legame è saldo e basato sulla fiducia.

        «Ogni carezza è una forma di comunicazione – conclude Mancino –. Non serve imporsi o forzare l’interazione: basta imparare ad ascoltare il gatto, perché sarà lui a dirci quando è il momento giusto».

        Un’occasione per incontrare i gatti

        Chi vuole conoscere da vicino il mondo felino potrà farlo al SuperCat Show 2025, in programma alla Fiera di Roma il 15 e 16 novembre. L’evento ospiterà oltre 600 gatti di razze diverse, dagli eleganti Maine Coon ai curiosi Cornish Rex, e un’area adozioni curata dall’associazione Arca – Gatti della Piramide.

        Oltre alle competizioni e alle esposizioni, ci saranno incontri con esperti del comportamento felino, tra cui lo stesso Andrea Mancino, pronti a svelare i segreti per migliorare la convivenza con i nostri amici a quattro zampe.

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          Animali

          Piante e animali domestici: quando la bellezza può diventare pericolo

          Oleandro, stella di Natale, ficus e persino aloe vera: specie diffuse nelle case italiane possono causare sintomi gravi se ingerite dagli animali. Ecco come scegliere piante sicure e convivere con il verde in tranquillità.

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          Piante

            Una casa piena di piante regala colore, freschezza e armonia. Tuttavia, per chi vive con cani o gatti, il verde domestico può nascondere insidie inaspettate. Molte specie ornamentali, pur bellissime alla vista, contengono sostanze tossiche in grado di provocare disturbi anche gravi se ingerite o, in alcuni casi, semplicemente toccate.

            Secondo i dati dell’ASPCA Animal Poison Control Center, ogni anno migliaia di segnalazioni riguardano avvelenamenti accidentali causati da piante comuni. In Italia, anche l’ENPA e il Centro Antiveleni di Milano ricordano che i sintomi possono variare da semplici irritazioni a crisi respiratorie potenzialmente fatali.

            Fiori belli ma pericolosi

            Tra i principali “veleni verdi” presenti nei giardini italiani spiccano oleandro, rododendro e ciclamino. L’oleandro (Nerium oleander), in particolare, contiene glicosidi cardiaci, sostanze che possono alterare il battito cardiaco e risultare letali anche in piccole quantità. Anche il rododendro e l’azalea rilasciano tossine capaci di causare salivazione eccessiva, vomito e debolezza muscolare.

            Attenzione anche alle piante con bacche, spesso decorative: tasso, vischio e agrifoglio possono sembrare innocui ma contengono alcaloidi e saponine pericolose per il sistema nervoso e gastrointestinale degli animali.

            Pericoli dentro casa

            Non serve un giardino per incorrere in rischi. Anche molte piante da appartamento diffuse nei salotti e negli uffici possono essere dannose. Il ficus benjamina, ad esempio, se masticato, può provocare irritazioni orali e gastriche. La monstera deliciosa, molto di moda per il suo aspetto tropicale, contiene ossalati di calcio che causano bruciore alla bocca e gonfiore alla lingua di cani e gatti.

            Persino alcune piante grasse, considerate generalmente innocue, meritano attenzione: l’aloe vera, benefica per l’uomo, può causare vomito, tremori e diarrea negli animali.

            Durante il periodo natalizio, poi, il rischio aumenta: stella di Natale, vischio e agrifoglio sono tra le principali cause di intossicazione stagionale. Tutte contengono sostanze irritanti che, se ingerite, possono portare a vomito, ipersalivazione e, nei casi più gravi, convulsioni.

            Segnali da non ignorare

            Quando un animale entra in contatto con una pianta tossica, i sintomi possono comparire in pochi minuti o dopo alcune ore. Tra i più comuni: vomito, diarrea, salivazione eccessiva, difficoltà respiratorie, tremori o apatia. In presenza di questi segnali, è fondamentale contattare subito il veterinario o un centro antiveleni veterinario, portando, se possibile, un campione della pianta ingerita per facilitarne l’identificazione.

            Come scegliere piante sicure

            Fortunatamente, esistono moltissime alternative sicure per chi ama il verde ma non vuole mettere a rischio la salute dei propri animali. Tra le specie consigliate ci sono felci, palme areca, piante ragno (chlorophytum), calatee e violette africane, tutte non tossiche secondo le linee guida ASPCA.

            Un’altra buona abitudine è posizionare le piante pericolose fuori dalla portata degli animali, magari su mensole alte o in spazi inaccessibili. In giardino, invece, si possono delimitare aree “animal friendly” con varietà innocue e resistenti.

            Un equilibrio possibile

            Con un po’ di attenzione e informazione, è possibile godersi la bellezza delle piante senza correre rischi. Prima di acquistare una nuova specie, è sempre utile verificare la sua compatibilità con gli animali domestici: bastano pochi minuti di ricerca per evitare situazioni potenzialmente gravi.

            Proteggere i nostri compagni a quattro zampe non significa rinunciare al verde, ma scegliere con consapevolezza. Le piante rendono la casa più accogliente, ma la loro bellezza non deve mai mettere in pericolo la salute di chi ci vive accanto — persone o animali che siano.

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              Avere un serpente in casa: moda in crescita, ma non sempre una scelta per tutti

              Tra normative, esigenze ambientali e rischi sanitari, tenere un serpente come animale domestico richiede preparazione e responsabilità. Prima di adottarne uno è fondamentale capire di cosa ha davvero bisogno.

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                Negli ultimi anni i serpenti sono usciti dall’immaginario da film per entrare nelle abitazioni di molti appassionati. Silenziosi, privi di odore e meno impegnativi rispetto ai classici animali da compagnia, stanno attirando un pubblico sempre più vasto. Ma la domanda è inevitabile: accogliere un serpente in casa è davvero una buona idea?

                Gli esperti concordano su un primo punto essenziale: non tutti i serpenti sono adatti alla vita domestica. Le specie più diffuse negli allevamenti autorizzati sono quelle non velenose e di piccola-media taglia, come il Pantherophis guttatus (serpente del grano) o il Python regius (pitone reale). Al contrario, molte specie velenose o di grandi dimensioni sono vietate o richiedono permessi specifici, che variano da Paese a Paese e, in Italia, da Regione a Regione. Prima dell’acquisto è quindi necessario informarsi presso autorità locali e negozi autorizzati.

                Cura e habitat: più complessi di quanto sembri

                A differenza di un cane o un gatto, un serpente non socializza con l’uomo e non esprime affetto. Questo non significa che sia “semplice da gestire”. Ogni specie necessita di un terrario con parametri ambientali precisi: temperatura controllata, umidità adeguata, ricambi d’aria, rifugi per ridurre lo stress e substrati sicuri. Molti esemplari soffrono se privati di condizioni corrette, sviluppando problemi respiratori o difficoltà nella muta.

                L’alimentazione rappresenta un’altra responsabilità importante: la maggior parte dei serpenti domestici si nutre di piccoli animali, spesso surgelati, da somministrare in modo sicuro e con intervalli adeguati. Non esistono mangimi “universali”: forzare il cibo o alimentare specie diverse in modo identico può essere dannoso.

                Rischi e precauzioni per la salute

                Anche se i serpenti non sono pericolosi nella maggior parte dei casi, è fondamentale adottare norme igieniche corrette. Come altri rettili, possono essere portatori di Salmonella: lavarsi accuratamente le mani dopo la manipolazione è una precauzione standard raccomandata da numerose autorità sanitarie internazionali. Vanno inoltre evitati contatti con bambini piccoli o persone immunodepresse.

                La manipolazione deve essere limitata e rispettosa: il serpente non è un animale da coccolare e può reagire con morsicature se si sente minacciato. Prima dell’adozione è raccomandata una visita da un veterinario esperto in animali esotici, una figura non sempre disponibile in tutte le zone.

                Una scelta consapevole

                Avere un serpente non è illegale né necessariamente pericoloso, ma non è una scelta improvvisabile. Richiede tempo, conoscenza e un impegno costante nel garantire condizioni di vita adeguate. Per chi cerca compagnia interattiva o un animale per bambini, probabilmente non è l’opzione più adatta.

                Adottarlo solo perché “di moda” può trasformarsi in un problema etico e sanitario. Informarsi, chiedere consiglio e valutare attentamente se si è pronti: è questo il vero primo passo prima di portare un serpente in casa.

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