Auto e moto
Automobili come opere d’arte: il nuovo collezionismo su quattro ruote
Ferrari, Bugatti, Rolls-Royce e Aston Martin riscrivono il concetto di lusso con atelier su misura e modelli unici, pensati per raccontare chi li possiede. La personalizzazione è il nuovo motore del desiderio.
Non basta più la velocità. Nel nuovo universo del lusso, le automobili sono diventate opere d’arte mobili, manifesti di estetica e personalità. I collezionisti le trattano come sculture, i marchi le costruiscono come gioielli. Ogni dettaglio, dal colore del metallo al cucito dei sedili, è una dichiarazione d’identità.
Ferrari, con il programma Tailor Made, ha aperto la strada: un atelier dedicato dove il cliente disegna la propria vettura come un artista sulla tela. Verniciature uniche, interni in materiali rari, rifiniture che citano modelli storici o passioni personali. Non è più solo un’auto: è la versione meccanica di un autoritratto.
Sulla stessa scia, Bugatti Sur Mesure offre un’esperienza quasi museale. I committenti vengono accolti come mecenati del XXI secolo: osservano le fibre di carbonio intrecciarsi, scelgono tonalità d’oro, tessuti in seta e motivi incisi a mano. Le linee diventano calligrafie, le superfici raccontano storie.
Anche Rolls-Royce ha trasformato la personalizzazione in un rito. Con la divisione Bespoke, ogni vettura è un pezzo irripetibile: intarsi di madreperla, cieli stellati di luci a LED, legni provenienti da foreste selezionate. L’auto si fa esperienza sensoriale, una cattedrale di silenzio e precisione.
Il collezionismo contemporaneo si muove tra arte e investimento. Alle aste di RM Sotheby’s o Bonhams, le supercar storiche toccano cifre da capogiro. Ma il vero valore oggi è nel “pezzo unico”: il modello creato su commissione, costruito come si farebbe con una statua o un violino.
Guidarle è quasi un sacrilegio: molte finiscono in garage climatizzati, illuminate come reliquie. Altri, invece, le portano in strada con orgoglio, come quadri in movimento. Perché nel lusso autentico — quello che sfida il tempo — la bellezza non si conserva: si vive.
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Auto e moto
Dua Lipa mette all’asta la sua Porsche personalizzata: il ricavato per aiutare i giovani in Kosovo
Design firmato Dua Lipa, colori fluo e prestazioni da pista: l’esclusiva Porsche GT3 RS è all’asta per finanziare la Sunny Hill Foundation, che sostiene arte e istruzione in Kosovo. Un mix di glamour, beneficenza e velocità.
Dalle passerelle ai box, dai palchi agli autodromi: Dua Lipa non si ferma mai. E ora lo fa anche a bordo di una Porsche. Ma non una qualsiasi: una 911 GT3 RS disegnata da lei in persona, con livrea verde acceso e dettagli arancio, rosso e nero. Un bolide da urlo che la popstar ha svelato al Goodwood Festival of Speed, prima di annunciare la sua messa all’asta.
L’obiettivo? Sostenere i giovani del Kosovo, il suo Paese d’origine, attraverso la Sunny Hill Foundation. Il ricavato sarà infatti destinato a borse di studio e programmi di sviluppo artistico e formativo, in particolare per le ragazze nei settori STEM.
L’auto, battuta da RM Sotheby’s fino al 31 luglio, è già un pezzo da collezione. Non solo per il design personalizzato dalla cantante, ma anche per gli optional da sogno: pacchetto “Weissach”, freni in ceramica composita, cerchi in magnesio e componenti in fibra di carbonio che la rendono 22 kg più leggera del modello standard.
“La GT3 RS l’ho guidata in due posti davvero speciali”, ha raccontato Lipa a Goodwood. “Sono felice che possa ora aiutare tanti giovani a realizzare i loro sogni, proprio come è successo a me”.
Un mix perfetto di beneficenza, musica e velocità. E un’occasione unica per aggiudicarsi una supercar… con l’autografo pop.
Auto e moto
Hamilton e Ferrari tutto da rifare. Una stagione piena di dubbi e un futuro da decidere
L’arrivo di Lewis Hamilton in Ferrari doveva segnare una svolta, ma dopo nove gare emergono delusione e difficoltà. La scuderia deve decidere se investire sulla SF-25 o guardare al 2026.
L’entusiasmo che ha accompagnato il passaggio di Lewis Hamilton in Ferrari sembra ormai lontano. La realtà della pista racconta una stagione complicata, dove il sette volte campione del mondo fatica a reggere il ritmo di Charles Leclerc e si trova spesso in difficoltà, sia sul tracciato che nelle dinamiche interne alla squadra. A Barcellona, la gara dove Ferrari sperava di rilanciarsi nel mondiale, non c’è stato il salto di qualità atteso. Nonostante il secondo posto nella classifica costruttori, la SF-25 non ha chiuso il gap con la McLaren, rimasta imprendibile. Le novità aerodinamiche introdotte per contrastare le monoposto papaya non hanno portato benefici evidenti, e il distacco rimane praticamente invariato.
Hamilton, sempre più critico, ha messo in dubbio la direzione tecnica del team, suggerendo di concentrare le risorse sulla macchina del 2026 anziché insistere su un progetto che sta deludendo le aspettative. Il sette volte campione del mondo fatica a trovare il ritmo, spesso costretto a lasciar strada a Leclerc senza riuscire a imporsi. Il suo scetticismo cresce, al punto di credere di più nella prossima stagione piuttosto che cercare miglioramenti su un progetto che ha già mostrato i suoi limiti.
Le speranze tecniche e la realtà della pista
L’introduzione delle nuove verifiche FIA sulla flessibilità delle ali avrebbe dovuto rimescolare le carte, ma la McLaren ha giocato d’anticipo, adattandosi prima di tutti e mantenendo quel margine di vantaggio di tre-quattro decimi sulla Ferrari. La strategia di Leclerc, basata sulla conservazione delle gomme medie per la gara, non ha portato i risultati sperati, e senza la Safety Car il monegasco avrebbe concluso alle spalle di Verstappen.
Le prossime mosse della scuderia
In Canada è previsto un nuovo pacchetto di aggiornamenti, con l’introduzione di un fondo rivisto e della tanto attesa sospensione posteriore. Tuttavia, Fred Vasseur cerca di tenere basse le aspettative, ammettendo che non sempre le modifiche portano cambiamenti visibili. La domanda ora è inevitabile: ha senso continuare a investire sulla SF-25? Anche all’interno della gestione sportiva, la monoposto viene considerata un progetto sbagliato, e gli interventi previsti potranno migliorare la situazione ma non ribaltarla. La scuderia è a un bivio: continuare a sviluppare la SF-25 nella speranza di miglioramenti significativi, o voltare pagina e puntare tutto sul futuro? La risposta arriverà nelle prossime gare, ma Hamilton sembra aver già fatto la sua scelta.
Auto e moto
Ferrari, il ritorno all’endurance: genio, bellezza e la sfida senza tempo
La 499P conquista i cuori degli appassionati e domina sulle piste: un progetto tutto italiano che fonde libertà creativa, ingegneria e passione, riportando la Ferrari alle sue origini più autentiche.
“Un sogno che ci ha riportato alle radici”. Così raccontano a Maranello la straordinaria avventura della Ferrari nelle gare di endurance, un ritorno che profuma di storia e di leggenda.
La scelta di dedicarsi esclusivamente alla Formula Uno, nel 1973, sembrava aver chiuso un’epoca. E invece, cinquant’anni dopo, la Ferrari ha ceduto di nuovo al richiamo del sangue: quello che pulsa tra motori, asfalto e sogni.

La 24 Ore di Le Mans del 2023 ha segnato l’inizio di una nuova epopea: la vittoria della Ferrari 499P sul circuito Bugatti, nel centenario della corsa più suggestiva del mondo, è stata un capolavoro di tecnologia e cuore italiano.
Un successo replicato nella stagione successiva, a confermare che il ritorno non era solo una parentesi romantica, ma un progetto solido e vincente.
Domani, tre equipaggi del Cavallino saranno protagonisti alla 6 Ore di Imola, il secondo appuntamento del WEC, il Mondiale endurance che, per prestigio, guarda negli occhi perfino la Formula Uno.
Un’avventura tutta italiana, che parla di passione, innovazione e coraggio.

Antonio Coletta, responsabile delle attività endurance e corse clienti di Maranello, racconta: «All’inizio sembrava impossibile. Non potevamo permetterci un progetto dai costi simili alla F1. Quando la FIA ha cambiato il regolamento abbassando i costi, abbiamo iniziato a pensarci seriamente. Alla fine del 2020 l’azienda ci ha dato l’ok. Era ancora un sogno, ma ci abbiamo creduto».
Un sogno che oggi è una realtà trionfante, sostenuta da un lavoro di squadra che ha coinvolto ogni settore Ferrari: dalle auto stradali alla Formula Uno, in una fusione di competenze e orgoglio.
Già tutte vendute le Ferrari protagoniste in pista: i gioielli rossi, dal 2023 al 2027, sono stati acquistati da collezionisti appassionati.
Un modello economico virtuoso: sponsor e vendite hanno garantito un bilancio in pareggio, rendendo la Ferrari l’unico team a non gravare sul campionato.
Dal primo schizzo a matita a un capolavoro d’ingegneria.
Ferdinando Cannizzo, ingegnere aeronautico e direttore tecnico del progetto, racconta la nascita della 499P: «Siamo partiti sapendo di voler creare una Ferrari vera, non una copia delle tante macchine anonime della categoria. Prima lo scheletro, poi la carrozzeria. All’inizio era funzionale, forse anche brutta. Solo dopo aver raggiunto il massimo delle prestazioni, ci siamo confrontati con gli stilisti e gli aerodinamici. E piano piano la bellezza è emersa».
Un lavoro durato otto mesi senza sosta. Lo shake-down nel luglio 2022 con Alessandro Pier Guidi al volante fu un atto di fede: nessuno sapeva nemmeno se l’auto sarebbe partita.
Poi, l’idea geniale: sviluppare contemporaneamente due macchine, una per testare le prestazioni, l’altra per l’affidabilità.
Un metodo rischioso, ma geniale. Come solo gli italiani, raccontano Coletta e Cannizzo, sanno fare: «Genio, incoscienza, capacità di gestire l’imprevedibile. Solo noi potevamo costruire un piano simile».
E i risultati sono già leggenda.
Dopo il trionfo a Le Mans, il dominio nell’esordio stagionale in Qatar con tre equipaggi sul podio.
E ieri, nella prima giornata di prove libere della 6 Ore di Imola, miglior tempo per la 499P numero 51 di Pier Guidi, Giovinazzi e Calado, seguiti dagli altri due equipaggi di Maranello in quarta e settima posizione.
Un cammino che è solo all’inizio, ma che ha già ridato alla Ferrari quella dimensione epica che sembrava irrimediabilmente legata agli anni d’oro.
La libertà creativa, il talento tecnico, la capacità di trasformare un sogno in un progetto vincente: tutto questo è tornato a battere forte nel cuore del Cavallino.
E come tutte le grandi storie Ferrari, anche questa parla una lingua fatta di emozione, coraggio e bellezza.
Una lingua che, ancora una volta, il mondo intero sa riconoscere senza bisogno di traduzioni.
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