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Cucina

Ciliegie vs Amarene: Una tira l’altra!

Tra le eccelse rappresentanti della frutta rossa spiccano le ciliegie e le amarene, due frutti dalle somiglianze affascinanti ma dalle differenze sostanziali. Sebbene condividano lo stesso colore accattivante, le due varietà si distinguono nettamente per il gusto, il colore e le applicazioni culinarie.

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    Le ciliegie e le amarene sono due frutti simili ma distinti, ognuno con il proprio sapore, forme, utilizzi e caratteristiche differenti.  Mentre le ciliegie sono note per il loro sapore dolce e succoso e sono perfette per consumare fresche o utilizzare in una varietà di ricette dolci, le amarene si distinguono per il loro caratteristico sapore amaro e sono spesso utilizzate nella produzione di dolci e liquori. Conoscere le differenze tra questi due frutti ti permetterà di scegliere l’ingrediente giusto per le tue ricette e di apprezzarne appieno i sapori unici che ognuno ha da offrire.

    Ciliegie
    Generalmente sono un frutto dolce, polposo e succoso, hanno un sapore dolce e leggermente acidulo, che cambia a seconda della varietà.

    Colore Rosso o Nero. Le ciliegie sono disponibili in diverse tonalità, con colori che vanno dal rosso brillante al nero violaceo.

    Polpa Succosa. La polpa delle ciliegie è morbida e succosa, con un nucleo duro al centro.

    Utilizzi in cucina. Le ciliegie sono spesso consumate fresche come spuntino, ma sono anche utilizzate come ingrediente in una vasta gamma di ricette dolci e salate.

    Amarene
    Le amarene, al contrario, sono frutti più piccoli e dal sapore più intenso, con una nota distintiva di amarezza che li rende unici. Ecco cosa le differenzia.

    Sapore Amaro. Le amarene hanno un sapore distintamente amaro, che le rende meno adatte al consumo fresco, ma perfette per la produzione di confetture, composte e liquori.

    Colore Scuro: Le amarene sono di solito di colore scuro, tendente al nero, con una pelle lucida e sottile.

    Polpa più soda. La polpa delle amarene è più dura rispetto a quella delle ciliegie, con un seme relativamente grande al centro.

    Utilizzi In cucina: Le amarene sono ampiamente utilizzate nella produzione del liquore Maraschino o sciroppate

    Valori nutrizionali per 100 grammi di ciliegie fresche

    Calorie: circa 50 kcal
    Carboidrati: circa 12 grammi
    Zuccheri: circa 8 grammi
    Fibre: circa 2 grammi
    Grassi: circa 0,3 grammi
    Proteine: circa 1 grammo
    Vitamina C: circa 7-10 milligrammi
    Vitamina A: circa 640-860 unità internazionali (UI)
    Potassio: circa 200 milligrammi

    Questi valori possono variare leggermente a seconda del tipo specifico di ciliegia e delle condizioni di coltivazione. Le ciliegie sono anche una fonte significativa di antiossidanti, in particolare antociani, che sono responsabili del loro colore rosso intenso e offrono diversi benefici per la salute.

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      Cene a casa, ma con stile: come trasformare il salotto in un bistrot tra amici e riscoprire la convivialità autentica

      Dimenticate le tavolate caotiche e le serate improvvisate: la tendenza del momento è la cena curata, intima e scenografica. Basta poco per trasformare la casa nel ristorante più accogliente della città.

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      Cene a casa

        Altro che prenotazioni impossibili o conti salati: il nuovo lusso è invitare a casa. Dopo anni di delivery e aperitivi al volo, torna la voglia di cucinare e apparecchiare con gusto. La pandemia ha acceso la miccia, ma oggi è diventata una scelta di stile: trasformare il salotto in un bistrot privato dove la convivialità è il vero piatto forte. Le cene domestiche si fanno più curate, più pensate e anche più scenografiche. Non serve un servizio da hotel, bastano cura e atmosfera.

        Piatti semplici ma con carattere

        Il segreto è scegliere un piatto unico che sorprenda senza costringere il padrone di casa ai fornelli per ore. Risotti cremosi, paste al forno gourmet, zuppe speziate o tagli di carne cotti lentamente. L’idea è far sentire gli ospiti coccolati, non assistere a uno show di cucina. Si può puntare su ingredienti locali, vino giusto e impiattamento curato: una foglia di erba aromatica, un filo d’olio buono, un piatto caldo. La tavola si veste di semplicità e colore: lino naturale, posate spaiate, bicchieri trasparenti. L’effetto? Un’eleganza spontanea, mai costruita.

        La luce giusta fa metà del lavoro

        La differenza tra una cena qualunque e una memorabile la fanno l’atmosfera e la luce. Lampade basse, candele, riflessi dorati sulle pareti: tutto concorre a creare quel senso di accoglienza che nessun ristorante può imitare. Anche la playlist ha il suo ruolo: jazz morbido, soul o un po’ di cantautorato italiano.
        La nuova socialità domestica è fatta di chiacchiere, calici e pause, di momenti lenti ma autentici. A fine serata, nessuno controlla l’ora: si resta seduti, tra bicchieri vuoti e risate. Perché a volte, il ristorante migliore è quello che profuma di casa.

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          Cucina

          La cucina italiana entra nel Patrimonio Unesco e Meloni esulta, ma il primato è solo a metà: ecco cosa c’è davvero dietro il riconoscimento

          L’Unesco ha riconosciuto la cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, prima al mondo nella sua interezza. Giorgia Meloni festeggia parlando di primato assoluto, ma l’Italia entra in un club che conta già Francia, Messico, Giappone e Corea.

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            Applausi, orgoglio tricolore e qualche glitter politico sparso qua e là. Da New Delhi arriva la notizia che fa brillare la tavola degli italiani: la cucina italiana è ufficialmente entrata nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco. Una decisione presa all’unanimità dal Comitato intergovernativo, davanti a 60 dossier presentati da 56 Paesi. Il riconoscimento parla di “miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie”, capace di esprimere amore, cura, identità e memoria collettiva.

            Il sì dell’Unesco e la standing ovation
            Il verdetto è stato accolto da un lungo applauso in sala. Secondo l’Unesco, cucinare all’italiana favorisce inclusione sociale, benessere, relazioni, apprendimento tra generazioni e senso di appartenenza. La cucina viene descritta come pratica comunitaria, fondata sul rispetto degli ingredienti, sulla condivisione e sulle ricette anti-spreco, con ruoli intercambiabili tra giovani e anziani. Un racconto che somiglia molto a quello che ogni giorno si accende attorno alle tavole di milioni di famiglie.

            Meloni esulta, ma il primato va spiegato bene
            Giorgia Meloni ha subito rivendicato il risultato parlando di un primato mondiale. Ed è vero solo in parte. L’Italia è la prima nazione a ottenere il riconoscimento per la cucina nella sua interezza, ma entra comunque in un club già prestigioso. Prima di noi, infatti, erano già stati riconosciuti il pasto gastronomico dei francesi e la cucina tradizionale messicana nel 2010, la pratica coreana del kimchi e la cucina tradizionale giapponese nel 2013. Un primato, sì, ma con i dovuti asterischi.

            Un lavoro lungo sessant’anni
            Nel dossier di candidatura, curato dal giurista Pier Luigi Petrillo, l’Unesco sottolinea l’impegno delle comunità negli ultimi sessant’anni, con il contributo di realtà come La Cucina Italiana, l’Accademia Italiana della Cucina e la Fondazione Casa Artusi. Con questo ingresso, l’Italia rafforza anche un altro record: su 21 tradizioni immateriali riconosciute, ben 9 sono legate all’agroalimentare. Oltre alla cucina italiana, figurano l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la dieta mediterranea, la transumanza, il tartufo, la vite ad alberello di Pantelleria, i muretti a secco, l’irrigazione tradizionale e i cavalli lipizzani.

            La cucina come identità collettiva
            Non si celebra solo un insieme di ricette, ma una pratica quotidiana che unisce generazioni, territori e culture. L’Unesco parla di una cucina che supera le barriere interculturali, che racconta storie e che continua a evolversi restando fedele alle sue radici. Un riconoscimento che vale come fotografia di ciò che l’Italia è da sempre, ben prima degli slogan.

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              Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud

              Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.

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              Natale a tavola

                La mappa del gusto delle feste

                In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
                A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.

                Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe

                Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.

                In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.

                La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.

                In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.

                Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti

                L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.

                Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.

                In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.

                In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.

                Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti

                La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.

                In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.

                La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.

                Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici

                In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.

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