Cucina
Crespelle alla valdostana: la ricetta tradizionale che scalda l’inverno con gusto
Dalla Valle d’Aosta arriva una ricetta semplice e sostanziosa, che combina tradizione e genuinità. Scopriamo insieme le origini, le proprietà nutrizionali e le varianti di questo piatto che unisce sapori autentici e ingredienti di qualità.

Le crespelle alla valdostana, o “crèpes alla valdostana,” sono una specialità rustica della tradizione montana che, con la loro semplicità e sapore deciso, rappresentano un perfetto piatto invernale. Piatto tipico della Valle d’Aosta, dove la cucina rispecchia la genuinità e la sostanza dei prodotti locali, queste crespelle gratinate al forno sono una delizia filante e gustosa, ideale da servire come primo piatto o per un pranzo in famiglia.
La tradizione delle crespelle alla valdostana
L’origine di questa ricetta si perde nei secoli della tradizione montanara della Valle d’Aosta, terra dove il cibo è da sempre considerato nutrimento essenziale contro il freddo e i rigidi inverni. Le crespelle valdostane nascono come versione locale delle famose crèpes francesi, ma con un twist tutto italiano: farcite con la fontina, un formaggio d’alpeggio DOP, e gratinate in forno fino a raggiungere una consistenza cremosa e avvolgente.
La fontina è l’ingrediente simbolo della cucina valdostana: prodotto con il latte di mucche allevate in alta quota, è un formaggio ricco e saporito, capace di fondersi perfettamente nelle preparazioni calde, rendendo le crespelle morbide e irresistibili. Un piatto semplice ma che, con pochi ingredienti di qualità, riesce a scaldare il cuore e soddisfare anche i palati più esigenti.
Proprietà nutrizionali delle crespelle alla valdostana
Le crespelle alla valdostana sono un piatto nutriente e calorico, ideale per chi affronta giornate all’aperto o in montagna. Grazie alla fontina e al prosciutto, sono ricche di proteine e di grassi, che forniscono energia duratura. Contengono anche carboidrati, forniti dalle crèpes stesse, che completano l’apporto energetico del piatto.
Oltre a essere una fonte di proteine, la fontina è ricca di calcio e fosforo, essenziali per la salute delle ossa, e di vitamina B12, importante per il metabolismo. Tuttavia, trattandosi di un piatto calorico, è consigliato gustarlo con moderazione, o magari accompagnarlo a un’insalata leggera per bilanciare l’apporto calorico.
La ricetta delle crespelle alla valdostana
Ingredienti per circa 4 persone:
Per le crèpes:
- 125 g di farina 00
- 2 uova
- 250 ml di latte
- Un pizzico di sale
- Burro q.b. per ungere la padella
Per il ripieno e la gratinatura:
- 200 g di fontina valdostana DOP
- 150 g di prosciutto cotto (meglio se di alta qualità)
- 250 ml di besciamella
- 30 g di burro
- Parmigiano grattugiato q.b. per gratinare
Procedimento:
- Prepara le crèpes: In una ciotola, setaccia la farina e unisci il sale e le uova, mescolando con una frusta. Aggiungi gradualmente il latte continuando a mescolare, fino a ottenere una pastella liscia e senza grumi. Copri e lascia riposare per circa 30 minuti.
- Cuoci le crèpes: Ungi una padella con un po’ di burro e versavi un mestolo di pastella per volta, distribuendola uniformemente. Cuoci ogni crèpe per circa 1-2 minuti per lato, finché non è leggermente dorata. Ripeti fino a terminare la pastella.
- Farce le crèpes: Su ciascuna crèpe, disponi una fetta di prosciutto e qualche pezzetto di fontina. Arrotola le crèpes e disponile in una pirofila leggermente imburrata.
- Gratina in forno: Versa la besciamella sulle crèpes e spolvera con parmigiano grattugiato. Completa con qualche fiocco di burro e inforna a 180°C per circa 20 minuti, finché non si forma una crosticina dorata.
Le crespelle alla valdostana sono pronte per essere servite calde e filanti, con quel mix di sapori che conquista al primo assaggio.
Varianti delle crespelle alla valdostana
Questa ricetta si presta a molte varianti, perfette per chi vuole sperimentare o ha esigenze alimentari specifiche. Una variante popolare è quella vegetariana, in cui il prosciutto cotto viene sostituito con verdure grigliate, come zucchine o funghi, che si sposano benissimo con la fontina.
Per una versione più leggera, si può sostituire la besciamella classica con una besciamella vegetale o con panna di soia. Alcuni preferiscono aggiungere un pizzico di noce moscata alla besciamella per un tocco di sapore in più.
Per chi ama i sapori intensi, una variante interessante è quella con il prosciutto crudo o la bresaola, che conferiscono una nota sapida e avvolgente.
Le crespelle alla valdostana rappresentano un perfetto esempio di comfort food: semplici, ma con un sapore autentico che riscalda anima e corpo. Perfette per una cena invernale o per un pranzo speciale, portano in tavola un pezzo di Valle d’Aosta e tutta la sua ricchezza gastronomica. Buon appetito!
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Cucina
Cacio e pepe a 28 euro, esplode il dibattito sul nuovo ristorante veneziano di Alessandro Borghese
Nel menù spicca una cacio e pepe da 28 euro, simbolo della cucina povera romana, che a Venezia diventa piatto di lusso. Borghese paga 251mila euro l’anno per il mantenimento della sede sul Canal Grande: «Un costo stellare che inevitabilmente incide sui conti».

Si può pagare 28 euro per una cacio e pepe? La domanda rimbalza da giorni dopo l’apertura del nuovo ristorante di Alessandro Borghese a Venezia. Lo chef televisivo, volto di 4 Ristoranti e amatissimo dal pubblico per il suo stile diretto, ha inaugurato “AB – Il lusso della semplicità” all’interno di Ca’ Vendramin Calergi, palazzo storico affacciato sul Canal Grande e sede del Casinò.
Un contesto unico, di grande prestigio, ma anche di spese altissime. Per il mantenimento del locale Borghese paga infatti 251mila euro all’anno, Iva esclusa. È stato il sito Scattidigusto a rivelare la cifra che, inevitabilmente, si riflette sui prezzi del menù. Così il piatto simbolo della tradizione romana, nato come ricetta povera di pasta, pecorino e pepe, diventa un piccolo lusso a quasi trenta euro.
Il caso ha acceso il dibattito. Da un lato c’è chi accusa lo chef di snaturare un piatto popolare, trasformandolo in status symbol. Dall’altro, chi difende l’idea che in un contesto esclusivo come Venezia e in un palazzo storico affacciato sul Canal Grande i costi siano inevitabilmente più alti. Lo stesso Borghese aveva definito il suo progetto un ristorante “di lusso ma accessibile”, capace di raccontare la tradizione italiana con un tocco contemporaneo.
Il menù non si limita alla cacio e pepe: piatti iconici della cucina nazionale vengono ripensati in chiave moderna, con materie prime di qualità e presentazioni curate. Ma è proprio il prezzo della pasta che ha fatto più discutere, perché rappresenta l’emblema di una cucina povera trasformata in lusso. Una provocazione gastronomica che, nel contesto del nuovo locale, sembra quasi un marchio di fabbrica.
A Venezia, intanto, i clienti affollano il ristorante incuriositi. Qualcuno lo fa per la cucina, qualcuno per vedere da vicino lo chef televisivo, altri per scattare una foto con la vista mozzafiato. La polemica sul prezzo, però, non accenna a spegnersi: 28 euro per un piatto di pasta restano un simbolo perfetto di quella sottile linea che separa la semplicità dal lusso.
Cucina
Panbiscotto ai frutti rossi: una ricetta dalle origini antiche che anche la dieta perdona!
Il panbiscotto è una ricetta che ha origini antiche e si prestava a essere preparato con ingredienti semplici, spesso disponibili in dispensa. L’aggiunta dei frutti rossi, oltre a dare un tocco di colore e freschezza, arricchisce il dolce di vitamine e antiossidanti, rendendolo non solo gustoso ma anche nutriente

Combina la croccantezza del biscotto con la morbidezza e la dolcezza dei frutti rossi. Una scelta eccellente per chi cerca un dolce facile da preparare, ma che sia allo stesso tempo raffinato e delizioso.
Puoi personalizzare il tuo panbiscotto aggiungendo gocce di cioccolato o noci tritate per un tocco in più di sapore e croccantezza.
Il panbiscotto ai frutti rossi si conserva bene per diversi giorni se tenuto in un contenitore ermetico. Può anche essere congelato e scongelato all’occorrenza.
Panbiscotto ai frutti rossi
Ingredienti per uno stampo medio da plumcake
200 g di farina 00
100 g di zucchero semolato
100 g di burro fuso freddo
2 uova
3 cucchiai di nocciole tritate
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
150 g di frutti rossi misti (lamponi, mirtilli, ribes)
Procedimento
Inizia lavando e asciugando bene i frutti rossi. Se i frutti sono grandi, tagliali a metà. In una ciotola grande, sbatti le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungi il burro fuso e continua a mescolare.
Setaccia la farina insieme al lievito, alle nocciole e al pizzico di sale, poi incorporali gradualmente al composto di uova e zucchero. Delicatamente, aggiungi i frutti rossi all’impasto, mescolando con cura per evitare di romperli troppo.
Versa l’impasto in uno stampo da plumcake imburrato e infarinato. Livella la superficie con una spatola. Cuoci in forno preriscaldato a 170°C ventilato per circa 30-35 minuti, o fino a quando il panbiscotto non sarà dorato in superficie e uno stecchino inserito al centro ne uscirà pulito. Lascia raffreddare completamente il panbiscotto prima di tagliarlo a fette.
Cucina
Crostata Day 2025, il dolce che unisce generazioni: dalla frolla della nonna alle versioni di Bottura, Massari e De Riso
Dal forno delle nonne alle cucine stellate, la crostata è il dolce che attraversa i secoli: Bottura l’ha resa “sbagliata”, Massari l’ha elevata con la sua frolla Milano, De Riso le ha dato i profumi della Costiera. Una tradizione che si rinnova al Crostata Day.

Basta pronunciarne il nome per evocare calore, mani infarinate e ricordi di infanzia. La crostata, protagonista del Crostata Day 2025 celebrato il 9 settembre, non è soltanto un dolce, ma un rituale familiare che attraversa le generazioni. Simbolo di condivisione e affetto, servita rigorosamente a fette, continua a rappresentare uno dei legami più forti tra cucina casalinga e alta pasticceria.
La sua storia è antica. Già Marco Gavio Apicio, gastronomo dell’epoca romana, ne descriveva una versione con confettura di zucca nel suo De re coquinaria. Nel Trecento appare nel manoscritto francese Le Viandier, mentre nel Cinquecento Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di papa Pio IV, le dedicò un intero capitolo. Pellegrino Artusi, secoli dopo, mise la pasta frolla al centro delle sue ricette, intuendo che la vera anima della crostata non è nella farcitura ma nella base: burrosa, friabile, profumata.
Oggi la crostata vive una doppia anima. Da un lato resta il dolce delle case italiane, preparata dalle nonne e dalle zie con confetture di stagione. Dall’altro, è diventata una tela bianca su cui i grandi maestri di pasticceria hanno disegnato le proprie creazioni. La più celebre resta quella di Massimo Bottura: “Oops! Mi è caduta la crostatina al limone”, nata da un errore in cucina trasformato in icona mondiale. Una tartelletta speziata, zabaione al limone e gelato al lemongrass che ha fatto scuola, dimostrando che la perfezione può nascondersi nell’imperfezione.
C’è poi Iginio Massari, con la sua frolla Milano che è diventata modello per intere generazioni di pasticceri. E Sal De Riso, che ha portato la crostata in televisione con le sue versioni alla costiera amalfitana: agli agrumi o in formato strudel, capaci di raccontare il legame tra territorio e tradizione.
La pasta frolla resta il cuore del dolce. Le scuole di pasticceria insegnano che per una riuscita impeccabile bisogna rispettare riposo, temperature e dosi precise. Farina tipo 0, zucchero a velo, burro e strutto nelle giuste proporzioni: dettagli che fanno la differenza tra una base croccante e una che si sgretola. È la frolla, più della marmellata o del cioccolato, a decretare il successo di una crostata.
Il Crostata Day diventa così l’occasione non solo per celebrare un dolce ma per rivivere una tradizione che ha radici profonde e un futuro ancora da scrivere. Perché, tra ricette casalinghe e versioni gourmet, la crostata resta il simbolo di un’Italia che si riconosce nei suoi sapori più semplici e autentici.
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