Cucina
Facciamo la spesa per un barbecue perfetto con gli amici!
L’estate è la stagione perfetta per godersi una serata all’aperto in compagnia di amici, e cosa c’è di meglio di un barbecue per rendere l’atmosfera ancora più speciale? Per assicurarti che la serata sia un successo, ci sono alcuni elementi essenziali che non possono mancare. E con la giusta preparazione, il tuo barbecue sarà l’evento clou della stagione!

Una griglia ben attrezzata, carne e verdure di qualità, contorni sfiziosi, bevande fresche e, naturalmente, una buona dose di allegria e spirito conviviale. Organizzare un barbecue è un’ottima occasione per riunire le persone care, gustare deliziosi piatti alla griglia e creare ricordi indimenticabili.
La lista della spesa per un barbecue con gli amici
Vediamo cosa ci serve
Carne (da calcolare in base al numero di persone e agli appetiti)
Bistecche di manzo (tagli come tomahawk, entrecôte, o fiorentina)
Salsicce (classiche, al finocchietto, piccanti)
Hamburger
Spiedini di carne (con pollo, maiale, verdure)
Costine di maiale
Pancetta
Verdure
Melanzane, Zucchine, Peperoni, Cipolle, Patate, Pomodori.
Formaggi (per vegetariani o come antipasto)
Bocconcini di mozzarella, Scamorza, Provolone, Caciocavallo, Provola.
Pane
Pane fresco, Panini per hamburger, Grissini.
Condimenti
Olio extravergine d’oliva, Aceto balsamico, Sale, Pepe, Erbe aromatiche (rosmarino, timo, basilico), Salse (ketchup, maionese, salsa barbecue, senape), Limoni.
Dessert
Frutta fresca (di stagione), Anguria, Gelato, Torta
Bevande
Acqua fresca, Bibite, Birre, Vino (rosso o bianco)
Accessori
Griglia, Carbone o legna, Pinze, Coltelli, Piatti, Bicchieri, Tovaglioli, Carta stagnola
Consigli
In base al numero di invitati e ai loro gusti, potresti aggiungere altri ingredienti alla lista, come pesce, frutta secca o stuzzichini. Se hai degli amici vegetariani o vegani, assicurati di preparare anche delle opzioni adatte a loro.
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Cucina
Pasta alla gricia: il segreto più semplice (e più goloso) della cucina romana
Considerata la madre dell’amatriciana, la gricia è un primo piatto romano in cui l’essenzialità diventa arte. Bastano guanciale, pecorino, pepe e pasta per creare una delle ricette più amate della tradizione laziale. Ma occhio agli errori: ne basta uno per rovinare tutto

Chi ama la cucina romana lo sa: dietro ai suoi piatti più iconici non si nasconde solo una tradizione centenaria, ma anche un rigore quasi militare nella scelta degli ingredienti e nella loro preparazione. La pasta alla gricia è l’esempio perfetto di come la semplicità possa trasformarsi in pura poesia gastronomica.
Considerata la progenitrice dell’amatriciana (che ne è una variante arricchita con pomodoro), la gricia affonda le radici nella cultura dei pastori laziali. Era il piatto ideale da cucinare con ciò che si poteva trasportare facilmente: pasta secca, guanciale stagionato, pecorino e pepe. Niente di più, ma niente di meno.
La scelta della pasta è fondamentale: i rigatoni sono i più usati, ma anche gli spaghetti possono andare bene, purché siano di ottima qualità. Il vero protagonista è però il guanciale, che non può essere sostituito con la pancetta, pena l’anatema gastronomico. Deve essere tagliato a listarelle spesse e rosolato lentamente senza aggiunta di olio, perché il suo grasso, una volta sciolto, diventerà la base del condimento.
Il pecorino romano, sapido e stagionato, si grattugia solo all’ultimo momento e va mescolato fuori dal fuoco insieme a un po’ d’acqua di cottura per creare la crema perfetta. Anche il pepe ha un ruolo importante: deve essere abbondante, macinato fresco e tostato leggermente in padella per esaltare l’aroma.
L’errore più comune? Cuocere troppo il guanciale, che così diventa secco e coriaceo. O sbagliare le proporzioni, con troppo pecorino o acqua insufficiente per la mantecatura. Il risultato ideale è una pasta avvolta da un velo sapido e vellutato, in cui ogni boccone esplode di sapore.
A Roma la gricia si mangia ovunque: dalle trattorie storiche del centro alle osterie più nascoste dei quartieri periferici. E nonostante la concorrenza di carbonara, amatriciana e cacio e pepe, resta una delle ricette più amate e replicate. Sarà per la sua semplicità, per il sapore deciso o per quel profumo irresistibile che si sprigiona in cucina quando il guanciale comincia a sfrigolare in padella.
Una cosa è certa: la gricia è un piatto che non ha bisogno di fronzoli. È ruvido, onesto, romano fino al midollo. E una volta assaggiato, non si dimentica più.
Cucina
La rivoluzione del tavolo silenzioso: ecco dove mangiare in pace (finalmente)
Per chi vuole cenare senza ascoltare le telefonate altrui, evitare l’intrattenimento a tutto volume o semplicemente godersi un momento di vera conversazione, nascono i tavoli silenziosi. E diventano un trend globale. Perché il vero lusso, oggi, è non dover sentire niente.

Avete presente la scena: ristorante elegante, piatti curati, luci soffuse. E al tavolo accanto, un tizio che urla al telefono con la madre. O una comitiva che ride a volume da stadio, mentre sullo sfondo lo speaker annuncia “karaoke night”. La cena romantica si trasforma in sopravvivenza acustica. Ma qualcosa sta cambiando: si chiama “quiet table”, ed è il nuovo lusso della ristorazione contemporanea.
Non si tratta di un’invenzione da monaci zen o di una moda radical chic. Il quiet table è una risposta concreta al rumore costante che inquina le nostre vite. Sempre più locali, dalle trattorie stellate alle caffetterie scandinave, stanno riservando uno o più tavoli in zone protette del locale: lontani dall’ingresso, distanti dalla cucina, schermati da piante o pannelli fonoassorbenti. Lì, niente musica ad alto volume, niente chiamate ammesse, niente bambini che scorazzano. Solo silenzio. O, meglio, quiete: quel sottofondo umano e morbido che fa da tappeto alla vera conversazione.
In molti casi, bisogna prenotarlo esplicitamente. In altri, come in alcuni locali di Tokyo o Berlino, il quiet table è addirittura tematizzato: zero parole durante il pasto, sguardi e gesti consentiti, un foglio e una matita per comunicare, se proprio non se ne può fare a meno. E sorpresa: la gente ne esce felice. Meno stressata. Con la digestione migliore. E con l’idea che, forse, si può mangiare anche senza aggiornare il mondo su Instagram tra un boccone e l’altro.
In Italia il trend è agli inizi, ma promette bene. A Milano, un paio di ristoranti gourmet hanno iniziato a proporlo come opzione nella prenotazione online. A Firenze, uno chef ha creato una “stanza del silenzio” con pochi coperti, musica ambientale quasi impercettibile e divieto assoluto di squilli, vibrazioni, selfie e notifiche. Un altro locale, a Roma, ha fatto ancora di più: propone il “Menu Quiete”, dove ogni portata è abbinata a una breve pausa di silenzio guidato tra un piatto e l’altro, per centrare i sensi e gustare meglio.
C’è anche una componente psicologica forte. In un mondo in cui siamo perennemente sovrastimolati, in cui i momenti di silenzio sono visti con sospetto, ritagliarsi un angolo di quiete è diventato rivoluzionario. Alcuni clienti dicono che è come una piccola spa dell’anima. Altri lo vivono come una sfida: riuscirò a stare un’ora senza scrollare TikTok?
Naturalmente, non è per tutti. Chi cerca la cena-spettacolo o la socialità rumorosa probabilmente continuerà a preferire i ristoranti “con atmosfera” (e decibel da concerto). Ma il quiet table ha intercettato un bisogno sommerso: quello di rallentare. Di ascoltare. Di lasciare che siano i sapori a parlare, e non l’influencer al tavolo accanto.
La ristorazione, come ogni fenomeno culturale, rispecchia il nostro tempo. E se oggi il massimo del lusso è potersi permettere di non sentire niente, forse stiamo finalmente tornando a considerare il silenzio non come un vuoto da riempire, ma come uno spazio da custodire. Anche con forchetta e coltello in mano.
Cucina
Una pizza con ingredienti multietnici sta spopolando a Dubai. L’ha ideata ChatGPT
La pizza creata da ChatGPT che sta facendo impazzire Dubai. Una catena di ristoranti ha inserito nel menù una ricetta creata dall’AI, che combina pollo indiano, tahini ed erbe orientali.

La catena di pizzerie Dodo Pizza di Dubai ha attirato l’attenzione internazionale per una novità sorprendente. Si tratta di una pizza creata da ChatGPT, che sembra abbia conquistato i palati dei clienti. L’idea è nata da Spartak Arutyunyan, uno dei responsabili della catena, che ha deciso di consultare l’AI di OpenAI per creare una pizza rappresentativa del mix culturale di Dubai: un crocevia di tradizioni indiane, arabe, pakistane, filippine ed europee.
Con tutte le informazioni di cui dispone l’OpenAI la pizza non poteva che sbancare
ChatGPT ha proposto una ricetta inaspettata: una pizza con pollo shawarma, paneer shashlik grigliato, erbe orientali Za’atar e tahini, una salsa mediorientale a base di semi di sesamo. Nonostante l’insolita combinazione di sapori, la pizza ha riscosso un grande successo tra i clienti, e lo stesso Arutyunyan ha ammesso di essere rimasto sorpreso dalla bontà del risultato.
Ma c’è davvero bisogno di ChatGPT per creare nuovi gusti?
Dodo Pizza non è l’unico ristorante a sperimentare con l’AI. Negli Stati Uniti, Venecia Willis di Velvet Taco, a Dallas, ha chiesto a ChatGPT di creare una nuova ricetta di taco. Dopo varie idee stravaganti, tra cui un taco con “curry rosso, tofu e ananas”, la Willis ha optato per una combinazione di gamberi e bistecca, riuscendo a vendere circa 22.000 tacos in una settimana. “L’intelligenza artificiale è un ottimo strumento per superare i blocchi creativi“, hanno dichiarato alla Velvet Taco. Proposte audaci, ingredienti mediorientali, spezie indiani come sta dimostrando l’Intelligenza Artificiale possono ispirare nuove idee culinarie capaci di unire sapori e culture di origini diverse.
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