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Cucina

Gli spaghetti alla Claudia Cardinale: il piatto simbolo della diva che amava la vita

Nei giorni dell’addio a Claudia Cardinale, scomparsa a 87 anni, il mondo riscopre un piatto semplice e sincero, proprio come lei. Gli spaghetti che portano il suo nome raccontano una diva che, oltre al cinema, amava la tavola e la convivialità.

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    Dal cinema alla cucina, Claudia Cardinale ha lasciato un’eredità che va ben oltre lo schermo. L’attrice italiana, icona internazionale di bellezza e talento, si è spenta a 87 anni il 23 settembre 2025, dopo una lunga malattia. E mentre il mondo del cinema le rende omaggio, una delle sue passioni più genuine torna a far parlare di sé: la cucina. In particolare, la ricetta degli spaghetti alla Claudia Cardinale, un piatto che negli anni ’70 fece il giro delle riviste di costume e che oggi torna a essere simbolo della diva e della sua autenticità.

    Claudia Cardinale amava la buona tavola e non lo ha mai nascosto. Le foto d’epoca la ritraggono spesso sorridente davanti a un piatto di pasta fumante, segno di un legame sincero con la tradizione e con il piacere della convivialità. “La più bella invenzione degli italiani dopo gli spaghetti”, la definì David Niven, e il complimento, ironico ma affettuoso, oggi suona come un cerchio che si chiude: gli spaghetti, appunto, diventano il suo lascito simbolico.

    La sua ricetta è tanto semplice quanto deliziosa. Bastano pochi ingredienti: burro, prosciutto cotto tagliato a listarelle, un trito di prezzemolo e basilico fresco, e una manciata generosa di Parmigiano Reggiano. Si fa sciogliere il burro in padella, si aggiunge il prosciutto e le erbe aromatiche, poi si fa saltare la pasta – rigorosamente al dente – con un mestolo della sua acqua di cottura per ottenere una cremina leggera e profumata. Un piatto facile, immediato, ma capace di conquistare chiunque: come i film della Cardinale.

    L’attrice, nata a Tunisi e cresciuta tra Sicilia e Roma, aveva sempre portato con sé un’idea di italianità solare e autentica. Da Il Gattopardo a , da Visconti a Fellini, la sua presenza scenica ha attraversato decenni di cinema mondiale. Ma dietro il mito c’era una donna che amava cucinare per gli amici, ridere a tavola e condividere il piacere del cibo come gesto d’amore.

    Oggi, nel ricordarla, gli spaghetti alla Claudia Cardinale tornano sulle tavole e sui social come tributo a una donna che ha incarnato con grazia il gusto, la passione e la semplicità dell’Italia più vera. Un piatto che racconta la sua eleganza senza sforzo, la stessa che portava sul set e nella vita. Perché, come la sua pasta, anche Claudia era così: essenziale, sincera, impossibile da dimenticare.

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      Vin brulè, il profumo dell’inverno: la bevanda calda che riscalda mani, cuore e memoria

      Una tradizione antica, nata per scaldare i viaggiatori nelle locande di montagna e oggi diventata un rituale conviviale. Prepararlo in casa è facile: basta scegliere il vino giusto e dosare con cura le spezie.

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      Vin brulè

        C’è un momento, tra novembre e gennaio, in cui il profumo del vin brulè sembra inseguirci ovunque: nei mercatini di Natale, nelle baite, perfino nelle piazze delle città. È un aroma che sa di legno e agrumi, di cannella e fuoco acceso, capace di risvegliare ricordi e riscaldare anche le giornate più fredde.

        La sua storia è antichissima. Già i Romani bevevano il conditum paradoxum, un vino dolce scaldato con miele e spezie, antesignano dell’attuale vin brulè (dal francese vin brûlé, “vino bruciato”). In origine era un rimedio contro i malanni invernali, ma col tempo è diventato un piacere da condividere.

        Oggi ogni regione ha la sua versione: in Trentino si usa il Merlot o il Lagrein, in Valle d’Aosta il Petit Rouge, in Piemonte il Barbera. Ma la regola resta la stessa: serve un rosso corposo, non troppo giovane, capace di resistere al calore senza perdere carattere.

        La preparazione è un gesto antico, quasi rituale. In una casseruola si versa il vino con zucchero, scorza d’arancia e di limone, cannella, chiodi di garofano, anice stellato e — per i più audaci — una punta di noce moscata o di pepe. Si scalda lentamente, senza mai far bollire, finché lo zucchero si scioglie e la casa si riempie di un profumo avvolgente. Poi si filtra e si serve bollente, in tazze spesse o bicchieri resistenti, magari accompagnato da biscotti di panpepato o castagne arrosto.

        Il segreto sta nell’equilibrio: troppo zucchero lo rende stucchevole, troppe spezie lo coprono. Il vin brulè perfetto è armonia — caldo ma non bruciante, dolce ma non sciropposo, aromatico ma mai invadente.

        E come tutte le tradizioni che resistono al tempo, la sua magia è nella condivisione. Un sorso di vin brulè non si beve da soli: si offre, si racconta, si alza in un brindisi lento che sa di inverno, amicizia e ritorno alle origini.

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          Il budino viola che profuma d’autunno: il budino di uva nera, due ingredienti e tanta poesia per un dessert leggero e irresistibile

          Dalla tradizione contadina arriva un dessert scenografico e leggero. Il budino di uva nera Solarelli conquista per il suo colore intenso, la texture vellutata e il gusto pulito. Una ricetta essenziale che trasforma la frutta di stagione in una dolcezza viola brillante, perfetta dopo cena e impossibile da dimenticare.

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          Il budino viola

            Il dolce che nasce dalla terra
            In un panorama di dessert elaborati, creme ricche e glassature lucide, il budino di uva nera è una carezza. È la prova che a volte bastano due ingredienti e un po’ di pazienza per ottenere qualcosa di unico. Il segreto è tutto nella frutta: uva nera senza semi Solarelli, raccolta al giusto grado di maturazione, succosa, profumata e naturalmente dolce. È un dolce della tradizione rurale, nato quando in cucina si lavorava con ciò che la natura offriva, senza sprechi e con lentezza. Il risultato è un budino che non chiede zucchero, panna o gelatine: solo il succo dell’uva e una piccola quantità di farina per addensare. Novembre lo accoglie alla perfezione: è viola profondo, ricorda il vino novello e profuma di vendemmia.

            L’arte della semplicità: la cottura lenta dell’uva
            La prima fase è quasi meditativa. I grappoli si lavano, si sgrana l’uva e si raccolgono gli acini in un tegame capiente. La fiamma è bassa, il tempo è lento: due ore circa perché gli acini rilascino lentamente tutto il loro succo. Durante la cottura si schiacciano con cura, così ogni goccia diventa parte del dolce. Il passaggio successivo è il più importante: filtrare il succo con un colino per eliminare bucce e residui, lasciando soltanto un liquido liscio e intenso, che ritorna in casseruola per la trasformazione finale. Il profumo che invade la cucina è già dessert: dolce, vinoso, leggermente floreale.

            Dal fuoco allo stampo: nasce il budino
            Quando il succo è pronto, si aggiunge gradualmente la farina, mescolando fino a ottenere una consistenza densa ma ancora scorrevole. La miscela torna sul fuoco, dove ribolle appena per due o tre minuti, mescolata senza sosta con una frusta. È una danza breve ma essenziale: il liquido prende corpo, si addensa, brilla. Poi arriva la parte più bella, quella domestica e affettiva: versarlo in uno stampo e lasciarlo raffreddare, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per circa tre ore. Quando si sforma, il budino appare lucido, morbido, con una tonalità viola che sembra rubata a un cielo d’autunno al tramonto. Fresco, leggero, naturalmente dolce. Perfetto da solo, magnifico con una cucchiaiata di yogurt bianco o un filo di miele di castagno per chi vuole una nota più golosa.

            È un dolce che parla piano. E proprio per questo conquista.

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              Polpette di parmigiano: la coccola golosa italiana che conquista con semplicità e gusto

              Facili da preparare, sostenibili e versatili: si realizzano con pochi ingredienti e si possono cuocere fritte, al forno o in friggitrice ad aria. Un modo goloso per valorizzare l’eccellenza del Parmigiano Reggiano e dire addio agli sprechi in cucina.

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              Polpette di parmigiano

                C’è un profumo che racconta l’Italia più di tanti altri: quello del Parmigiano Reggiano che si scioglie in padella, dorandosi fino a diventare croccante. Da questa semplice magia nasce una delle ricette più amate e condivise online negli ultimi mesi: le polpette di parmigiano, un antipasto vegetariano pronto in pochi passaggi, perfetto per un buffet, un aperitivo casalingo o una cena informale.

                A metà strada tra crocchetta e soufflé, queste palline dorate sono una celebrazione del gusto autentico e della cucina anti-spreco. L’ingrediente principale? Gli albumi avanzati, spesso scartati dopo aver preparato dolci o creme. Con un po’ di fantasia e una manciata di formaggio grattugiato, diventano la base di un piatto saporito e sorprendente.

                Una ricetta semplice e sostenibile

                Prepararle è davvero facile: basta mescolare in una ciotola Parmigiano Reggiano DOP grattugiato (meglio se stagionato almeno 24 mesi) con gli albumi, una spolverata di paprica dolce e pepe nero macinato al momento. Dopo aver lasciato riposare il composto in frigorifero per circa mezz’ora, si modellano delle palline grandi come una noce.

                A questo punto ci sono tre vie di cottura:

                • Frittura classica, in olio di semi ben caldo, per ottenere una crosticina dorata e un cuore cremoso.
                • Cottura al forno, a 180 °C per circa 25 minuti, con un filo d’olio extravergine di oliva.
                • Friggitrice ad aria, per una versione leggera e senza grassi aggiunti: bastano 10-12 minuti a 190 °C.

                In ogni caso, il risultato è irresistibile: una polpetta dorata, profumata e ricca di sapore, che conquista anche chi non è vegetariano.

                Mille varianti per ogni gusto

                Il bello di questa ricetta è la sua versatilità. Può essere personalizzata in base agli ingredienti disponibili o alle preferenze. Chi ama i sapori decisi può unire all’impasto una parte di Pecorino Romano, per un gusto più intenso. Per una versione più ricca, invece, si possono aggiungere dadini di prosciutto cotto, mortadella o erbe aromatiche tritate.

                Chi segue una dieta gluten free può stare tranquillo: non serve farina né pangrattato. E per rendere l’impasto più morbido, si può aggiungere un cucchiaio di ricotta o di yogurt greco.

                Un piccolo gioiello della cucina italiana

                Le polpette di parmigiano rappresentano bene l’evoluzione della cucina italiana contemporanea: semplice, sostenibile, ma con un occhio alla creatività. In un momento storico in cui la lotta allo spreco alimentare è diventata centrale, ricette come questa insegnano che anche gli scarti – come gli albumi avanzati – possono trasformarsi in piatti eleganti e gustosi.

                Secondo i dati di Too Good To Go (piattaforma impegnata nella riduzione dello spreco alimentare), ogni anno in Italia vengono buttati oltre 30 kg di cibo pro capite. Recuperare ingredienti e reinventarli in modo intelligente è un gesto che fa bene al pianeta e alla tavola.

                Il tocco finale

                Servite calde, le polpette di parmigiano sono deliziose anche accompagnate da una salsa di pomodoro fresco, una maionese alle erbe o una crema di yogurt e limone. Ideali per un aperitivo, ma perfette anche come secondo piatto con un contorno di verdure grigliate o insalata croccante.

                In fondo, la loro forza sta proprio nella semplicità: pochi ingredienti, un pizzico di creatività e la qualità di un prodotto simbolo del Made in Italy.

                Perché, come spesso accade in cucina, la bontà non ha bisogno di complicazioni: basta un po’ di Parmigiano, e tutto prende sapore.

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