Cucina
La grigliata del Primo Maggio: tradizione, famiglia e cibo buono tra prati e spiagge
Mentre le piazze si riempiono di musica e discorsi, milioni di italiani riscoprono il piacere del barbecue. Dai tagli da scegliere alla marinatura, dai trucchi per una cottura impeccabile alle ricette da leccarsi le dita, ecco tutto quello che serve per trasformare il Primo Maggio in un piccolo rito collettivo a base di carne, brace e sorrisi.
C’è chi ama il Primo Maggio per i cortei, chi per il Concertone e chi, più semplicemente, per la grigliata in campagna con la famiglia. Un rito tutto italiano che si rinnova ogni anno: si caricano tavoli pieghevoli, cassette di birra, sacchi di carbonella e tagli di carne grandi come atlanti. Si parte alla volta di una casa di campagna, di una cascina, o anche solo di un prato con una griglia traballante. E lì, tra una risata e una fetta di salame, si celebra il lato più conviviale della festa dei lavoratori.
Ma per non rovinare tutto con una bistecca carbonizzata o una salamella cruda dentro, serve un po’ di metodo. E qualche dritta collaudata.
Il taglio giusto fa la differenza
Partiamo dalle basi. Non tutta la carne è adatta alla griglia. Serve equilibrio tra grasso e fibra, tra spessore e resa sul fuoco. Ecco i tagli migliori per una grigliata di successo:
- Costine di maiale: regine indiscusse del barbecue, devono cuocere lentamente per diventare morbide. Marinatura consigliata: olio, aglio, rosmarino, paprika e un goccio di birra.
- Salsicce e salamelle: facili da gestire e perfette per accontentare tutti. Basta cuocerle a fiamma media, rigirandole spesso. Occhio a non bucarle!
- Pancetta fresca: tagliata spessa, croccante fuori e succulenta dentro. Un classico da panino, meglio se con cipolla grigliata.
- Arrosticini: tipici abruzzesi, ormai amati in tutta Italia. Cuociono in pochi minuti e fanno felici anche i più piccoli.
- Tagliata di manzo: per i più raffinati. Va cotta a brace rovente, due minuti per lato, e poi fatta riposare. Si serve a fettine con un filo d’olio e sale grosso.
- Ali di pollo: richiedono un po’ di attenzione per non bruciarle. Marinatura top? Yogurt, limone, curry e paprika dolce.
Marinature: la poesia della grigliata
Una buona marinatura non è solo sapore, è un atto d’amore. Aiuta la carne a restare tenera, profuma e crea quella crosticina irresistibile. Oltre alla classica olio-limone-rosmarino, provate queste varianti:
- Stile messicano: succo di lime, olio, peperoncino, coriandolo fresco e aglio.
- Stile asiatico: salsa di soia, miele, zenzero grattugiato e un pizzico di sesamo.
- Stile toscano: vino rosso, aglio, rosmarino, pepe nero e un filo di aceto balsamico.
Il trucco? Almeno un’ora in frigo, ma se riuscite a lasciarla tutta la notte, sarà ancora meglio.
I contorni che non devono mancare
La carne è protagonista, certo, ma senza i giusti accompagnamenti, perde metà del suo fascino:
- Patate al cartoccio: tagliate a fette con buccia, sale, rosmarino e un filo d’olio, chiuse nella stagnola e lasciate cuocere sotto la brace.
- Insalata di farro: con pomodorini, feta, olive nere e basilico. Fresca e sostanziosa.
- Verdure grigliate: zucchine, melanzane, peperoni, condite con olio, aceto e origano.
- Pane bruschettato: meglio se rustico, da strofinare con aglio e pomodoro o da intingere nei sughi.
E per finire? Dolci, birra e relax
Dopo la grigliata, il dolce deve essere semplice e rinfrescante: crostata alla marmellata, frutta fresca o tiramisù in vasetti monoporzione. Da bere? Vino rosso giovane o birra artigianale, magari una ambrata non troppo alcolica, perfetta per la primavera.
E poi si resta lì, a guardare la brace che si spegne, i bambini che giocano, le tovaglie sporche e i piatti unti. Ma nessuno ha fretta. È il Primo Maggio. La festa è fatta anche di questo: mani che si sporcano, cibo condiviso, risate tra i fili d’erba e sabbia marina.
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Cucina
Antonino Cannavacciuolo, il prezzo del sogno: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori». Dal no del padre a Villa Crespi, passando per la tv
Ai microfoni di Gianluca Gazzoli, Antonino Cannavacciuolo ripercorre il suo viaggio: il padre che lo mette in guardia («Colora di nero le giornate rosse sul calendario»), l’adolescenza tra scuola alberghiera e lavoro, la scommessa di Villa Crespi con la moglie Cinzia, l’arrivo di MasterChef vissuto come un rischio e poi trasformato in opportunità. Una frase torna più volte, come un mantra e un monito: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori».
C’è una frase che Antonino Cannavacciuolo ripete più volte, quasi fosse una formula che si è incisa nella memoria e nelle ossa: «Quando gli altri festeggiano, tu lavori». È il riassunto brutale di cosa significhi davvero scegliere la cucina come mestiere, ma anche la sintesi perfetta della sua vita. Nel podcast «Passa dal BSMT», ospite di Gianluca Gazzoli, lo chef stellato mette in fila ricordi, inciampi, paure e successi senza scivolare nella favola motivazionale.
Dietro il personaggio televisivo, dietro le pacche sulle spalle e i meme, resta un ragazzo di Napoli cresciuto con un padre che, paradossalmente, non voleva che diventasse cuoco.
«Fai tutto, ma non il cuoco»: il padre e la “benzina” del contrasto
Il padre insegna all’alberghiero, conosce il mestiere e non lo idealizza. Quando Antonino gli dice che vuole fare il cuoco, la risposta è secca: «Fai qualsiasi cosa, ma non il cuoco». Gli spiega il conto da pagare: niente feste, niente sabati e domeniche, niente ferie “normali”. «Prendi un pennarello nero e colora di nero anche le giornate rosse sul calendario. Non ci sono vacanze, quando gli altri festeggiano, tu lavori».
Lui però insiste. Entra all’alberghiero, a tredici anni lavora già mentre studia. Il padre va dai professori e chiede di fargli cambiare idea, la madre prova a bilanciare, lo incoraggia. Il riconoscimento, quello vero, arriverà molto più tardi, quasi di nascosto. Quando gli porta un articolo importante, il padre lo legge in silenzio e poi concede solo una frase: «Se è vero quello che c’è scritto, ci deve essere un seguito». Nessun complimento esplicito, solo pressione. «Quella cosa lì è stata la mia benzina», dirà Cannavacciuolo.
Villa Crespi, il rischio e le notti a fare i conti
Il capitolo Villa Crespi non nasce da un piano perfetto, ma da uno di quei momenti in cui la vita ti mette davanti a un bivio senza preavviso. Antonino lavora già sul lago d’Orta quando il proprietario del ristorante comincia a osservarlo con una certa insistenza. La proposta arriva dopo: prendere in gestione Villa Crespi, appena chiusa.
La prima reazione è di sospetto: «Ho pensato subito: dov’è la fregatura?». La fregatura sono i numeri. Affitto da pagare in anticipo, mesi invernali quasi senza clienti, una struttura enorme da tenere in piedi. Lui e Cinzia Primatesta, che diventerà sua moglie e socia in tutto, hanno poco più di vent’anni. Ma accettano.
«A gennaio giocavamo alle tre carte – racconta – ad agosto lavoravamo bene, ma quando arrivava febbraio servivano tutti i santi». È la fotografia di un’impresa che rischia continuamente di non farcela e che, proprio per questo, costringe a non sedersi mai. La svolta arriva con le guide, prima il Gambero Rosso, poi la Michelin. Alle Tre Forchette, l’emozione è tale che Antonino «attacca il telefono» a metà comunicazione. Eppure, confessa, il pensiero di mollare non l’ha mai davvero sfiorato: «Il pensiero di non farcela non c’è mai stato. Non l’ho mai contemplato».
Cinzia, MasterChef e l’equilibrio tra cucina e tv
Nel racconto a Gazzoli, Cinzia non è mai “la moglie di”, ma parte strutturale dell’ingranaggio. All’inizio è “la figlia del proprietario”, lui è il cuoco stagionale. La distanza è netta, quasi di ruolo. La relazione nasce dopo, piano, nel momento in cui lui annuncia che tornerà a Napoli e capisce di star lasciando qualcosa di più di un lavoro. Da lì in avanti, il viaggio diventa condiviso: «Se mi fermo io tira lei, se si ferma lei tiro io».
Quando arriva MasterChef, lo chef è già sulla mappa della grande cucina italiana. La prima risposta alla tv è un no: l’obiettivo è la terza stella, non la popolarità. Cambia idea solo quando si rende conto che le riprese possono incastrarsi nella vita del ristorante. «Giriamo quando il ristorante è chiuso», ribadisce. Finita la registrazione, si torna in brigata: «Finisco di registrare e torno in cucina».
La televisione allarga il pubblico, cambia il rapporto con le persone, aggiunge pressioni e aspettative. Ma non sposta il centro. Persino la “pacca” diventata tormentone, spiega, nasce lontano dalle telecamere, come gesto istintivo in cucina, non come gag studiata.
Guardando indietro, Cannavacciuolo non si vende come modello perfetto, né come guru della motivazione. Ricorda piuttosto che è l’insonnia, non l’applauso, a tenere viva la fiamma. «L’insuccesso è quello che ti fa crescere. Quando il successo ti fa dormire, lì rischi. Quello che non ti fa dormire la notte è il motore vero».
La frase del padre, «Quando gli altri festeggiano, tu lavori», continua a tornare. Non come condanna, ma come chiave per leggere il suo percorso: niente scorciatoie, niente mitologie, solo anni di fatica appoggiati su un’idea semplice e testarda di mestiere.
Cucina
Cannavacciuolo: feste da re a Villa Crespi… con un conto da capogiro!
Lo chef stellato propone un menù natalizio da sogno, ma il prezzo fa discutere. Scopriamo insieme cosa si nasconde dietro le 10 portate e quanto costa cenare da Cannavacciuolo.
Antonino Cannavacciuolo, lo chef stellato più amato d’Italia, ci invita a trascorrere un Capodanno indimenticabile a Villa Crespi, il suo regno sul Lago d’Orta. Ma quanto siamo disposti a spendere per un’esperienza culinaria così esclusiva?
Un menù da sogno, un prezzo da capogiro
Il cenone di Capodanno proposto dallo chef stellato è un vero e proprio viaggio gastronomico attraverso i sapori più raffinati. Un percorso culinario di dieci portate, che spazia dai frutti di mare più pregiati alle carni più tenere, il tutto rivisitato con la maestria di Cannavacciuolo. Ma il prezzo da pagare per questa esperienza è tutt’altro che popolare: ben 550 euro a persona, bevande escluse.
Cosa si nasconde dietro il prezzo di Cannavacciuolo?
Dietro questo costo elevato si celano diversi fattori. Dalla materia prima di altissima qualità. Cannavacciuolo si sa seleziona solo i migliori ingredienti, spesso a chilometro zero o provenienti da piccoli produttori locali. A questo aggiungiamo la ricerca e sperimentazione. Lo sappiamo lo chef è costantemente alla ricerca di nuove combinazioni di sapori e presentazioni, investendo tempo e risorse nella creazione di piatti unici. E vuoi non tenere conto della location?
Villa Crespi è un luogo magico, con una vista mozzafiato sul lago d’Orta e un’atmosfera elegante e raffinata. Un luogo dove il servizio è impeccabile. Il personale di sala è altamente qualificato e attento a ogni dettaglio, garantendo un’esperienza indimenticabile.
Quindi un’esperienza per pochi? Niente affatto…
Nonostante il prezzo elevato, le prenotazioni per il cenone di Capodanno a Villa Crespi vanno a ruba. Sono molti gli appassionati di alta cucina disposti a spendere una cifra importante per assaporare le creazioni di Cannavacciuolo in un ambiente così suggestivo. Il menù di Cannavacciuolo solleva un interessante dibattito sul valore del cibo e sull’esperienza gastronomica. Siamo disposti a pagare cifre così elevate per un pasto? E cosa ci aspettiamo in cambio?
Cucina
Avanzi di Natale? Niente paura! Trasformali in 2 dessert irresistibili da copiare subito!
Hai ancora del pandoro o del panettone avanzato? Non buttarli via! Con queste ricette creative e semplici, potrai trasformare i tuoi dolci natalizi in nuove delizie: Cassata veloce di pandoro e Ciambella di Panettone
Pandoro e panettone sono i protagonisti indiscussi delle nostre tavole natalizie. Ma cosa fare se ne avanza? Ecco 2 idee originali e golose per riutilizzare questi dolci e stupire i tuoi ospiti.
Cassata veloce di pandoro alla crema di ricotta
- 1 pandoro
- 500 g di ricotta vaccina
- 250 g di zucchero al velo vanigliato
- Gocce di cioccolato fondente q.b
- 3 cucchiai di frutta candita a piacere q.b.
- 1 cucchiaino di estratto di Vaniglia
- Bagna per dolci non alcolica
- Zucchero al velo q.b. per decorare
Mescoliamo la ricotta con lo zucchero a velo e l’estratto di vaniglia. Una volta che abbiamo ottenuto un composto cremoso, aggiungiamo le gocce di cioccolato e la frutta candita. Mescoliamo il tutto e mettiamo in frigo. Tagliamo panettone in 3 fette (disco) non troppo sottili partendo dalla bassa. Una fetta adagiamola sul fondo di uno stampo per dolci, un’altra la spezzettiamo sistemandolo bene sui lati dello stampo, poi bagniamo con la bagna, versiamoci sopra la crema di ricotta presa dal frigo e copriamo con l’ultima fetta di pandoro. Infine, decoriamo con lo zucchero al velo, copriamo e lasciamo riposare in frigo.
Ciambella di panettone al profumo di arancia
300 g di panettone classico secco avanzato
2 uova intere
150 g di zucchero semolato
90 ml di olio di semi di girasole
80 g di farina 00
90 ml di latte intero
1 bustina di lievito per dolci
La buccia di 1 arancia grattugiata
Burro e farina per lo stampo q.b.
Sminuzziamo il panettone e riduciamolo finissimo in farina con l’aiuto di un mixer. Montiamo le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungiamo l’olio, il latte la scorza di arancia e la farina setacciata con il lievito; quindi, inglobiamo il tutto con una spatola. Versiamo il composto ottenuto in uno stampo unto e infarinato, inforniamo a 175° e per circa 40 minuti. Sforniamo e lasciamo intiepidire prima di servire.
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