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Cucina

Minestrone alla genovese: un piatto della tradizione, ricco di sapori e storia

Il minestrone alla genovese è molto più di una zuppa di verdure: è un pezzo di storia gastronomica italiana. Scopriamo insieme la sua ricetta tradizionale, le varianti regionali e i benefici nutrizionali di questo piatto antico.

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    Il minestrone alla genovese è uno dei piatti più antichi della tradizione ligure, strettamente legato alla cucina povera contadina. Le sue origini risalgono a un tempo in cui la cucina mediterranea si basava principalmente sui prodotti dell’orto e su quello che la terra offriva di stagione. Il minestrone, in questo contesto, era un piatto preparato con le verdure fresche disponibili, arricchito a Genova con un elemento fondamentale della cultura locale: il pesto.

    L’utilizzo del pesto, a base di basilico, pinoli, aglio, parmigiano e olio extravergine d’oliva, è il tratto distintivo che rende unico il minestrone alla genovese rispetto alle altre versioni italiane di questo piatto. Nella Genova del passato, il minestrone rappresentava un piatto completo e nutriente, capace di saziare e riscaldare durante le lunghe giornate lavorative.

    La ricetta tradizionale del minestrone alla genovese

    La preparazione del minestrone alla genovese richiede l’uso di verdure fresche, rigorosamente di stagione, e il tempo necessario per farle cuocere a lungo, permettendo ai sapori di fondersi perfettamente. Ecco gli ingredienti base per preparare questo piatto secondo la tradizione.

    Ingredienti:

    • 200 g di fagioli borlotti freschi (o secchi, ammollati per una notte)
    • 2 patate
    • 2 zucchine
    • 1 cipolla
    • 1 carota
    • 1 gambo di sedano
    • 200 g di cavolo verza
    • 1 pomodoro maturo
    • 100 g di bietole
    • 100 g di piselli freschi
    • 100 g di fagiolini
    • 1 mazzetto di basilico fresco
    • 50 g di pesto genovese
    • 100 g di pasta corta (tipo ditalini o maltagliati)
    • Sale, pepe, olio extravergine d’oliva

    Preparazione:

    1. Lavare e tagliare tutte le verdure a piccoli pezzi.
    2. In una grande pentola, soffriggere la cipolla tritata con un filo d’olio extravergine d’oliva.
    3. Aggiungere tutte le verdure tagliate, i fagioli, i piselli e il pomodoro. Coprire con acqua e portare a ebollizione.
    4. Cuocere a fuoco lento per circa un’ora e mezza, finché tutte le verdure sono morbide.
    5. A questo punto, aggiungere la pasta e cuocerla direttamente nella zuppa.
    6. Poco prima di spegnere il fuoco, unire il pesto e mescolare bene, lasciando che il suo aroma si diffonda nel minestrone.
    7. Aggiustare di sale e pepe e servire caldo con un filo di olio extravergine d’oliva a crudo.

    Le varianti del minestrone alla genovese

    Ogni famiglia ligure ha la propria versione del minestrone alla genovese, variando leggermente gli ingredienti a seconda della stagione o delle tradizioni locali. Spesso, per esempio, viene aggiunto del riso al posto della pasta, o addirittura niente amido, lasciando il minestrone come una zuppa pura di verdure.

    In alcune versioni, si trovano anche piccole aggiunte di pancetta o lardo per dare più sapore, anche se la versione tradizionale è completamente vegetariana. Il pesto, poi, può essere aggiunto alla fine, oppure servito a parte per permettere ai commensali di dosarlo a piacimento.

    Proprietà nutrizionali

    Il minestrone alla genovese è un piatto nutriente e bilanciato, perfetto per chi segue una dieta sana e ricca di fibre. Le verdure, protagoniste assolute di questa zuppa, apportano una quantità elevata di vitamine, minerali e antiossidanti, utili per il benessere del nostro organismo.

    Le proteine vegetali provengono dai legumi come fagioli e piselli, mentre il pesto fornisce grassi “buoni” derivanti dall’olio extravergine d’oliva e dai pinoli. L’aggiunta della pasta o del riso fornisce l’energia necessaria sotto forma di carboidrati complessi. È inoltre un piatto ricco di fibre, ideale per favorire la digestione e mantenere un senso di sazietà prolungato.

    Il minestrone alla genovese è molto più di una semplice zuppa: è un concentrato di sapori e storia, che porta in tavola il meglio della tradizione ligure. Un piatto che continua a raccontare la sua lunga storia, con ogni cucchiaio che assaporiamo.

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      Lenticchie, il super alimento che fa bene a noi e al pianeta

      Ricche di proteine, fibre e minerali, povere di grassi e con un basso impatto ecologico: ecco perché questo antico legume merita un posto fisso nella dieta quotidiana di tutti, non solo a Capodanno.

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      Lenticchie

        C’è chi le mangia solo all’ultimo dell’anno, convinto che portino soldi e prosperità. Ma le lenticchie non sono soltanto un portafortuna culinario: sono uno degli alimenti più completi e versatili che possiamo portare in tavola. Dalla zuppa contadina ai moderni burger vegetali, questo legume antico — tra i primi coltivati nella storia dell’uomo — è oggi al centro di una nuova attenzione da parte di chi cerca un’alimentazione sana, leggera e sostenibile.

        Un piccolo seme carico di proteine

        Secondo i dati del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura), 100 grammi di lenticchie secche contengono circa 25 grammi di proteine vegetali, un valore che le rende una delle migliori alternative alle fonti animali. Se abbinate a un cereale come riso, farro o pane integrale, forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari all’organismo, creando un pasto completo e bilanciato.

        Ma i loro pregi non finiscono qui: le lenticchie sono poco caloriche (circa 115 kcal per 100 g cotte) e altamente sazianti, grazie all’elevato contenuto di fibre solubili e insolubili. Le prime rallentano la digestione e stabilizzano la glicemia; le seconde favoriscono il transito intestinale e contrastano la stitichezza. Un vero toccasana per chi cerca di controllare il peso o migliorare la salute metabolica.

        Un alleato per cuore e circolazione

        Le lenticchie contengono potassio, magnesio e ferro, minerali fondamentali per il benessere del sistema cardiovascolare. Diversi studi, tra cui una revisione pubblicata sul British Journal of Nutrition, hanno evidenziato che il consumo regolare di legumi è associato a una riduzione del colesterolo LDL (“cattivo”) e della pressione arteriosa. Merito non solo delle fibre, ma anche dei polifenoli, che svolgono un’azione antinfiammatoria e antiossidante.

        Inoltre, la presenza di folati e ferro le rende particolarmente indicate per le donne in età fertile e per chi soffre di stanchezza cronica o anemia lieve. Se abbinate a cibi ricchi di vitamina C (come agrumi, kiwi o pomodori), migliorano l’assorbimento del ferro vegetale, spesso meno biodisponibile rispetto a quello della carne.

        Buone per noi, ottime per il pianeta

        Oltre che nutrienti, le lenticchie sono anche ecologiche. Secondo la FAO, la loro coltivazione richiede fino a 10 volte meno acqua rispetto alla carne bovina e arricchisce naturalmente il suolo di azoto, riducendo la necessità di fertilizzanti chimici. Non hanno bisogno della catena del freddo per essere conservate e possono durare mesi in dispensa, riducendo gli sprechi. In tempi di inflazione e attenzione ambientale, sono un alimento economico e sostenibile come pochi altri.

        Dalla tradizione alla cucina moderna

        Chi pensa alle lenticchie solo nella classica minestra può ricredersi. Oggi questo legume è protagonista di ricette contemporanee e creative: hummus di lenticchie rosse, polpette vegetali, curry speziati, ragù senza carne o insalate fredde con verdure croccanti. Le varietà decorticate, più veloci da cuocere e più digeribili, sono perfette anche per chi ha poco tempo o è alle prime armi.

        Per valorizzarne il gusto e le proprietà, è meglio limitare il sale e i condimenti pesanti, preferendo un filo d’olio extravergine a crudo e spezie come curcuma, cumino o rosmarino.

        Energia per chi fa sport

        Grazie alla combinazione di carboidrati complessi e proteine vegetali, le lenticchie rappresentano un ottimo pasto pre o post allenamento. Offrono energia a rilascio graduale, sostengono il recupero muscolare e, grazie a ferro e magnesio, aiutano a combattere l’affaticamento.

        In sintesi, le lenticchie non sono solo un simbolo di prosperità: sono un investimento reale in salute, sostenibilità e gusto. Un alimento antico che guarda al futuro, capace di unire tradizione e scienza in un piatto semplice e completo.

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          Cucina

          Croccante fuori, filante dentro: la tradizione irresistibile della mozzarella in carrozza

          Nata per recuperare pane e mozzarella avanzati, la mozzarella in carrozza conquista ancora oggi con pochi ingredienti e qualche accorgimento. Ecco come realizzarla al meglio e quali varianti scegliere per una versione più contemporanea.

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          mozzarella in carrozza

            È uno dei comfort food più iconici del Sud Italia, capace di mettere d’accordo bambini e adulti: la mozzarella in carrozza è un piatto povero nella sua origine ma ricco nei sapori. Diffusa soprattutto in Campania e nel Lazio, nasce come ricetta di recupero per evitare sprechi: pane raffermo e mozzarella del giorno prima diventano un boccone dorato e filante, perfetto come antipasto o street food.

            Secondo gli esperti di cucina tradizionale, la scelta della mozzarella fa davvero la differenza. Quella di bufala, più saporita e morbida, va lasciata asciugare perché il liquido in eccesso rischia di compromettere la frittura. Non a caso, la preparazione originaria prevedeva l’uso di mozzarella leggermente “vecchia”, proprio per ottenere una consistenza più asciutta e compatta.

            Oggi la ricetta resta fedele alla tradizione, ma non mancano interpretazioni moderne: pane in cassetta o casereccio, panatura doppia per una croccantezza più uniforme, oppure l’uso del panko, il pangrattato giapponese che regala una texture più leggera e friabile. Alcuni chef suggeriscono anche ripieni creativi con acciughe, pomodori secchi, basilico o prosciutto, senza però tradire l’essenza originaria del piatto.

            Di seguito gli ingredienti e il procedimento per realizzarla in modo semplice e sicuro, seguendo i passaggi consigliati da cuochi professionisti e linee guida culinarie consolidate.

            INGREDIENTI (per circa 12 pezzi)

            • 12 fette di pane bianco in cassetta (o pane casereccio senza crosta)
            • 500 g di mozzarella di bufala, preferibilmente del giorno precedente
            • 5 uova grandi
            • 100 g di farina 00
            • 300 g di pangrattato (o panko per una panatura più croccante)
            • Sale fino q.b.
            • 1 litro di olio di semi di girasole per friggere

            Nota: utilizzare mozzarella ben scolata riduce il rischio che fuoriesca durante la cottura.

            PREPARAZIONE

            1. Taglio e asciugatura
              Affettare la mozzarella a fette di circa 1 cm. Disporle su carta assorbente e tamponare delicatamente fino a eliminare il siero in eccesso.
            2. Assemblaggio
              Sistemare metà delle fette di pane su un tagliere, coprirle con la mozzarella senza farla uscire dai bordi, salare leggermente e chiudere con le restanti fette. Pressare con le mani per compattare.
            3. Rifinitura e taglio
              Eliminare la crosta del pane e dividere i sandwich in quadrati o triangoli, a seconda della preferenza.
            4. Prima panatura
              Passare ogni pezzo prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pangrattato. Pressare i bordi con un coltello per sigillare la chiusura. Riporre in frigorifero 30 minuti.
            5. Seconda panatura (consigliata)
              Ripetere il passaggio in uovo e pangrattato per una copertura più solida. Far riposare altri 30 minuti in frigo.
            6. Frittura
              Scaldare l’olio a 170–180°C. Friggere pochi pezzi alla volta per 1–2 minuti, girando con delicatezza finché risultano dorati. Scolare su carta assorbente.
            7. Servizio
              Gustare immediatamente, quando il cuore è ancora filante.

            La mozzarella in carrozza va consumata appena preparata per apprezzarne la consistenza ideale, ma può essere assemblata in anticipo e conservata in frigorifero fino alla frittura. Un piatto semplice, nato dall’ingegno domestico, che oggi ritrova nuova vita tra tradizione e reinterpretazione gourmet — perché a volte la perfezione sta proprio nelle cose più essenziali.

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              Kombucha: l’antico tè fermentato che conquista il wellness contemporaneo

              Amato dalle star e dagli appassionati di healthy living, il kombucha promette benefici digestivi e antinfiammatori. Tuttavia, non tutti i prodotti in commercio sono uguali: ecco cosa sapere prima di sceglierlo e come consumarlo in modo corretto.

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              Kombucha

                Da qualche anno il kombucha è entrato nella lista dei superfood più trendy. A spingerlo sotto i riflettori non sono solo i Millennials – sempre più attenti all’alimentazione funzionale – ma anche celebrity come Madonna, Halle Berry e Gwyneth Paltrow, che lo hanno inserito nella loro routine quotidiana. Dietro il fascino esotico di questa bevanda, tuttavia, si nasconde una lunga storia millenaria e una base scientifica in parte ancora da approfondire.

                Il kombucha è un tè nero o verde fermentato, leggermente dolce e frizzante, ottenuto grazie a una coltura simbiotica di batteri e lieviti, nota come Scoby (Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast). È proprio questo “dischetto gelatinoso” a dare il via alla fermentazione, che trasforma lo zucchero in acidi organici, gas e piccole quantità di alcol, conferendo al kombucha il suo gusto particolare e le proprietà probiotiche.

                Un tè antico, una moda moderna

                Le origini del kombucha risalgono alla Cina del III secolo a.C., dove era considerato un “elisir di lunga vita”. La bevanda si diffuse poi in Russia e in Europa orientale all’inizio del Novecento, fino ad arrivare in Occidente come simbolo di benessere naturale.

                Oggi la sua popolarità è legata al crescente interesse verso il microbiota intestinale, ossia l’insieme dei microrganismi che popolano l’intestino e influenzano non solo la digestione, ma anche il sistema immunitario e l’umore.

                Secondo uno studio pubblicato nel 2021 su Critical Reviews in Food Science and Nutrition, il kombucha può favorire la proliferazione di batteri “buoni” come i Lactobacillus, utili per il corretto equilibrio intestinale e per la riduzione di infiammazioni lievi. Tuttavia, la comunità scientifica invita alla cautela: i benefici documentati sono ancora limitati e dipendono dalla qualità del prodotto e dalle abitudini alimentari individuali.

                Benefici e nutrienti

                Come ricorda la dottoressa Aarti Soorya, specialista in medicina funzionale al Grover Health and Wellness di Bloomfield Hills (Michigan), “il kombucha è una potenziale fonte di vitamine del gruppo B, vitamina C, polifenoli antiossidanti e minerali come ferro, manganese e rame”.

                I principali effetti positivi attribuiti alla bevanda riguardano:

                • il sostegno al microbiota intestinale e alla digestione;
                • l’azione antiossidante e antinfiammatoria;
                • un possibile effetto benefico su fegato e pressione arteriosa, grazie alla presenza di acidi organici e polifenoli.

                Va però ricordato che il kombucha non è una bevanda “miracolosa”: i suoi benefici si manifestano solo all’interno di uno stile di vita equilibrato e di una dieta varia e bilanciata.

                Come scegliere il kombucha giusto

                Non tutti i kombucha sono uguali. Le versioni artigianali o tradizionali contengono solo tè, acqua, zucchero e Scoby, mentre molte bevande industriali includono aromi, succhi o zuccheri aggiunti per migliorarne il gusto.
                Gli esperti consigliano di:

                • leggere bene l’etichetta, preferendo prodotti con meno di 5 grammi di zucchero per bottiglia;
                • scegliere kombucha in bottiglie scure, che proteggono i probiotici dalla luce;
                • evitare versioni pastorizzate, che riducono la vitalità dei microrganismi benefici.

                Un kombucha di buona qualità ha un gusto leggermente acidulo e frizzante, ma non deve risultare troppo dolce o alcolico.

                Attenzione alle quantità e alle controindicazioni

                Come il tè, il kombucha contiene teina, quindi può interferire con il sonno se bevuto la sera. La fermentazione produce anche tracce di alcol (fino al 2%), motivo per cui la bevanda non è consigliata ai bambini o a chi deve evitarlo del tutto.

                Chi lo prova per la prima volta dovrebbe iniziare con piccole dosi, per permettere all’organismo di adattarsi ai nuovi microrganismi. Un consumo eccessivo o troppo rapido può provocare gonfiore o lievi disturbi digestivi.

                Un sorso di equilibrio

                Tra antiche tradizioni orientali e nuove tendenze salutiste, il kombucha rappresenta il punto d’incontro tra cultura del benessere e fermentazione naturale. Non è una pozione magica, ma un tassello in più per chi cerca un modo sano – e un po’ frizzante – di prendersi cura del proprio corpo.

                In fondo, come per ogni abitudine salutare, il segreto sta nell’equilibrio: una tazza di kombucha, sì, ma accompagnata da una dieta consapevole e un pizzico di buon senso.

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