Cucina
Santa Polenta! Tre ricette originali per condire il piatto della tradizione in modo sorprendente
Dalla polenta croccante con crema di zucca e noci caramellate alla versione dolce con cacao e pere: ecco tre idee creative per trasformare il piatto più antico della cucina italiana in una sorpresa gourmet.
La polenta è uno di quei piatti che parlano di casa, di tradizione e di giornate fredde passate attorno a un tavolo imbandito. Pochi ingredienti – farina di mais, acqua e sale – ma un’anima che racconta secoli di storia, soprattutto nelle regioni settentrionali d’Italia. Cibo povero per eccellenza, nutriente e versatile, è stata per generazioni la base dell’alimentazione contadina, diventando poi una pietanza simbolo della cucina italiana. Accompagnata da formaggi, carni, sughi e verdure, la polenta è capace di trasformarsi da piatto semplice a protagonista assoluta della tavola.
Ma perché fermarsi alle ricette tradizionali? Se pensi che la polenta debba essere condita solo con spezzatino o gorgonzola, ti sbagli di grosso. Ecco tre idee originali, inedite e decisamente creative per portare in tavola una polenta sorprendente, in grado di stupire amici e famiglia.
1. Polenta croccante con crema di zucca, taleggio e noci caramellate
Una versione sofisticata che unisce la dolcezza della zucca, il sapore intenso del taleggio e la croccantezza delle noci caramellate.
Ingredienti per 4 persone:
- 300 g di farina di mais per polenta
- 500 g di zucca (già pulita)
- 150 g di taleggio
- 1 cucchiaio di miele
- 50 g di noci sgusciate
- 30 g di burro
- Sale, pepe, olio extravergine d’oliva q.b.
Preparazione:
- Prepara la polenta seguendo le indicazioni sulla confezione, poi stendila su una teglia oliata in uno strato spesso circa 1 cm. Lasciala raffreddare e rassodare, quindi tagliala a quadrotti e passala in padella con un filo d’olio fino a renderla croccante.
- Nel frattempo, cuoci la zucca a cubetti in una padella con un filo d’olio, sale e pepe. Una volta morbida, frullala fino a ottenere una crema vellutata.
- In un pentolino, scalda il taleggio a cubetti con un po’ di burro fino a farlo sciogliere.
- In un’altra padella, fai caramellare le noci con un cucchiaio di miele e un pizzico di sale.
- Componi il piatto: disponi i quadrotti di polenta croccante su un piatto, aggiungi la crema di zucca, il taleggio fuso e completa con le noci caramellate. Una spolverata di pepe nero e la tua polenta gourmet è servita!
2. Polenta con calamari alla griglia, pesto di rucola e limone
Un mix inaspettato di mare e terra che porta freschezza e leggerezza alla classica polenta, rendendola perfetta anche per una cena elegante.
Ingredienti per 4 persone:
- 300 g di farina di mais per polenta
- 400 g di calamari freschi puliti
- 50 g di rucola
- 30 g di mandorle pelate
- 1 limone (succo e scorza)
- 50 ml di olio extravergine d’oliva
- Sale e pepe q.b.
Preparazione:
- Prepara la polenta e versala nei piatti, lasciandola morbida e cremosa.
- Prepara il pesto di rucola frullando la rucola con le mandorle, l’olio, il succo di mezzo limone e un pizzico di sale fino a ottenere una crema densa e profumata.
- Scalda bene una griglia, spennella i calamari con olio, sale e pepe, e grigliali per 2-3 minuti per lato, finché saranno dorati ma ancora morbidi. Spremi un po’ di succo di limone sopra.
- Disponi i calamari sulla polenta, aggiungi qualche cucchiaino di pesto di rucola e completa con la scorza grattugiata del limone. Una polenta fresca, aromatica e fuori dagli schemi.
3. Polenta al cacao con fonduta di cioccolato e pere caramellate
Chi ha detto che la polenta può essere solo salata? Questa versione dolce, morbida e golosissima, unisce il cacao amaro alle note delicate delle pere caramellate e al cioccolato fondente.
Ingredienti per 4 persone:
- 200 g di farina di mais fine (per polenta dolce)
- 1 cucchiaio di cacao amaro in polvere
- 80 g di zucchero
- 2 pere mature
- 100 g di cioccolato fondente
- 20 g di burro
- 1 cucchiaio di zucchero di canna
- Cannella in polvere q.b.
Preparazione:
- Prepara la polenta dolce: porta a ebollizione 1 litro d’acqua con un pizzico di sale, poi versa a pioggia la farina di mais mescolata con il cacao e lo zucchero. Cuoci per 20 minuti mescolando spesso fino a ottenere una consistenza cremosa.
- Taglia le pere a spicchi e falle caramellare in padella con il burro, lo zucchero di canna e una spolverata di cannella fino a quando saranno morbide e dorate.
- Sciogli il cioccolato fondente a bagnomaria con un po’ di burro per ottenere una fonduta lucida e vellutata.
- Versa la polenta al cacao in coppette, aggiungi le pere caramellate e completa con la fonduta di cioccolato. Un dolce semplice ma di grande effetto.
Con queste tre ricette, la polenta si trasforma in un piatto versatile e sorprendente, capace di adattarsi a ogni occasione: dal comfort food invernale all’eleganza di un piatto gourmet. Provala e vedrai che anche la tradizione più antica può riservare gustose sorprese!
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Cucina
Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud
Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.
La mappa del gusto delle feste
In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.
Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe
Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.
In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.
La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.
In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.
Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti
L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.
Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.
In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.
In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.
Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti
La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.
In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.
La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.
Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici
In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.
Cucina
L’oro dolce dei Balcani: la tradizione dell’halva di semi di girasole
Dalle sue origini affascinanti fino alla ricetta autentica: ecco come nasce uno dei dolci più amati e diffusi nei mercati di Turchia, Bulgaria, Grecia, Russia e Medio Oriente. Una delizia che unisce storia, cultura e sorprendenti proprietà nutritive.
Una storia che profuma di tradizione
Il termine halva deriva dal termine arabo ḥalwā, che significa “dolce”. Le sue radici sono antichissime: le prime versioni documentate compaiono tra Persia e regioni ottomane già dal XIII secolo. Nel corso dei secoli, la ricetta ha viaggiato lungo rotte commerciali e culturali, arrivando nelle attuali Turchia, nei Balcani, in Grecia e fino alla Russia.
Esistono molte varianti: a base di semola, tahina (crema di sesamo), noci o semi di girasole. Proprio quest’ultima è tra le più popolari nell’Europa orientale, grazie alla disponibilità locale del girasole e al suo sapore ricco e aromatico.
Perché i semi di girasole?
Ricchi di grassi “buoni”, vitamine del gruppo B e minerali come magnesio e fosforo, i semi di girasole sono un ingrediente tradizionale ma anche sorprendentemente attuale. Nella versione dell’halva, vengono tostati e macinati fino a diventare una crema rustica che, unita a un caramello leggero, dà vita a un dolce compatto, friabile e naturalmente profumato.
La ricetta dell’halva ai semi di girasole
Ingredienti (per circa 8 porzioni)
- 200 g di semi di girasole sgusciati
- 120 g di zucchero
- 80 g di miele (o sciroppo di glucosio nelle versioni più tradizionali)
- 50 ml di acqua
- 1 pizzico di sale
- 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (facoltativo)
(Nelle preparazioni industriali può essere presente anche pasta di semi di girasole, ma a livello casalingo la versione tostata e macinata resta la più comune e fedele alla tradizione.)
Procedimento
Tostare i semi
Distribuisci i semi di girasole su una padella antiaderente e falli tostare a fiamma media per 4–5 minuti, mescolando spesso. Devono dorarsi leggermente e sprigionare il loro profumo, ma senza bruciare.
Lasciali raffreddare completamente.
Ridurli in crema
Una volta freddi, frulla i semi in un mixer potente fino a ottenere una consistenza sabbiosa e poi via via sempre più cremosa.
Se necessario, procedi a intervalli per evitare di surriscaldare il motore.
Aggiungi un pizzico di sale e, se lo gradisci, la vaniglia.
Preparare lo sciroppo
In un pentolino unisci acqua, zucchero e miele. Cuoci a fuoco medio finché la miscela raggiunge una consistenza densa, simile a un caramello chiaro (circa 118–120°C, fase “soft ball”).
Se non hai un termometro, osserva che lo sciroppo cominci a filare e diventi viscoso.
Unire crema e sciroppo
Versa lo sciroppo caldo nella crema di semi e mescola energicamente con una spatola. Il composto tenderà a compattarsi man mano che lo zucchero cristallizza: è normale ed è proprio questa reazione a creare la tipica consistenza friabile dell’halva.
Modellare e raffreddare
Trasferisci la massa in uno stampo foderato con carta da forno, pressandola bene.
Lascia riposare a temperatura ambiente per 3–4 ore, finché non diventa solida e facile da tagliare.
Servire
Taglia l’halva a fette o cubotti. Si conserva per diversi giorni in un contenitore ermetico, senza necessità di frigorifero.
Un dolce antico che parla al presente
L’halva di semi di girasole è un dessert che unisce tradizione e modernità: ricca ma naturale, dolce ma non stucchevole, perfetta da gustare da sola o accompagnata da tè caldo o caffè.
Una ricetta che racconta secoli di scambi e contaminazioni tra culture diverse, ma che continua — ieri come oggi — a conquistare chiunque ami i sapori autentici.
Cucina
Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige
Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.
Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.
Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio
Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.
Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.
La ricetta tradizionale dello Strudel di mele
Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.
Ingredienti (per 6–8 porzioni)
Per la pasta tirata:
- 250 g di farina 00
- 1 uovo
- 30 g di olio di semi
- 1 pizzico di sale
- 100 ml circa di acqua tiepida
Per il ripieno:
- 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
- 80 g di zucchero
- 60 g di uvetta
- 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
- 1 cucchiaino di cannella
- Succo di mezzo limone
- 40 g di pangrattato
- 40 g di burro
Per la finitura:
- Burro fuso q.b.
- Zucchero a velo q.b.
Procedimento
1. Preparate la pasta tirata
Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.
2. Preparate il ripieno
Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.
3. Stendete la pasta
Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.
4. Assemblate e arrotolate
Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.
5. Cottura
Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.
6. Servizio
Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.
Un dolce che racconta una storia
Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.
Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.
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