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Cucina

Scandalo a tavola: la pizza perde il podio in favore di un piatto colombiano semisconosciuto

La pizza napoletana perde il primo posto nella classifica TasteAtlas 2025, scalzata dalla Lechona colombiana. Mentre l’Italia piazza 12 piatti tra i primi 100, il podio parla di tradizioni lontane, con sorprese che mettono in discussione il dominio della nostra cucina nel mondo

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    Possibile che quello che è considerato come il piatto più famoso al mondo venga battuto da un maiale farcito della Colombia? Eppure, nella classifica TasteAtlas 2025, la pizza napoletana si ferma al secondo posto, scalzata dalla Lechona, mentre l’Italia si consola con ben 12 piatti tra i primi 100.

    TasteAtlas, noto come l’Atlante mondiale del gusto, è una piattaforma che raccoglie e classifica piatti tradizionali, ingredienti e bevande di tutto il mondo. Ogni anno stila una classifica dei migliori 100 piatti, basata su un impressionante database di oltre 11.000 specialità e su centinaia di migliaia di recensioni raccolte da esperti e appassionati. La versione 2025 di questa classifica ha riservato una sorpresa amara per gli italiani: la pizza napoletana, unica rappresentante del nostro Paese nella top 10, è stata battuta dalla Lechona colombiana, mentre il resto delle nostre eccellenze gastronomiche si è piazzato più in basso.

    La Lechona, vincitrice della classifica, è un piatto tradizionale colombiano preparato con un maiale intero svuotato e riempito di carne marinata, verdure e spezie, poi cotto per 12 ore in un forno d’argilla. Un capolavoro di dedizione e sapore che ha impressionato i giudici.

    Al secondo posto troviamo la pizza napoletana, con le sue varianti marinara e margherita, apprezzate per la semplicità perfetta e il sapore inconfondibile. Al terzo posto si piazza la Picanha brasiliana, un taglio di carne grigliata servito con fette succulente che esaltano la maestria nella cottura.

    Seguono piatti come la Rechta algerina, a base di tagliatelle fatte in casa e stufato di carne, e il curry Phanaeng thailandese, con il suo sapore complesso e cremoso. La top 10, dominata da piatti che raccontano tradizioni lontane, conferma come la cucina globale sia una festa di diversità.

    Se la pizza è l’unico piatto italiano a entrare nella top 10, la presenza della nostra cucina si estende con ben 12 specialità tra i primi 100. Al ventiquattresimo posto ci sono le tagliatelle al ragù bolognese, che combinano la pasta fresca fatta a mano con un sugo ricco di carne e pomodoro. Subito dopo, al ventisettesimo posto, troviamo le pappardelle al cinghiale, un piatto robusto della tradizione toscana.

    La cucina emiliana continua a dominare con le lasagne alla bolognese, al trentacinquesimo posto, e la parmigiana di melanzane, che occupa il trentottesimo. La tradizione romana si fa strada con la pasta alla gricia, al quarantesimo posto, seguita dalla carbonara, che conquista la quarantacinquesima posizione grazie alla sua cremosità perfetta.

    La cucina di mare italiana è rappresentata dalle linguine allo scoglio, al cinquantesimo posto, e dal fritto misto di pesce, sessantaseiesimo in classifica. Non mancano poi simboli della carne come la bistecca alla fiorentina, al cinquantasettesimo posto, e i raffinati agnolotti al plin piemontesi, settantasettesimi. A chiudere, la pasta all’amatriciana, al novantaduesimo posto, un classico laziale che continua a conquistare i palati di tutto il mondo.

    Quella di TasteAtlas non è solo una classifica: è una celebrazione delle tradizioni culinarie. Nato per preservare e promuovere i piatti autentici, è ormai considerato uno dei riferimenti più autorevoli nel panorama gastronomico mondiale. Ogni piatto valutato è descritto con cura, spiegandone la storia, gli ingredienti e le tecniche di preparazione, mentre le classifiche annuali offrono uno spaccato del gusto globale, spingendo milioni di persone a esplorare sapori nuovi.

    Nonostante la mancanza di un dominio nella top 10, l’Italia si conferma un punto di riferimento mondiale con la sua presenza capillare nella top 100. Ogni piatto italiano in classifica racconta una storia di autenticità, radicamento territoriale e passione per il buon cibo. E se i numeri non raccontano tutto, il successo della cucina italiana sta nell’essere amata e imitata ovunque, un patrimonio che non teme rivali.

    La classifica dei primi 10 piatti al mondo

    Le curiosità non mancano nella classifica Top 10. La pizza è l’unico piatto che rappresenta l’Europa, mentre è la Turchia a piazzare ben due piatti in classifica. Bene le cucine emergenti con il sud America che piazza ben tre colpi, l’Asia e l’Africa due a testa. 

    #1 Lechona, Colombia

    Al primo posto troviamo questo imponente piatto colombiano, simbolo delle feste. Un maiale intero, farcito con carne marinata, verdure e spezie, e cotto in un forno d’argilla per 12 ore. Un trionfo di sapori e dedizione che rende omaggio alla cucina tradizionale.

    #2 Pizza napoletana, Italia

    L’unico piatto italiano in top 10 è l’intramontabile pizza napoletana, con le sue due varianti classiche: marinara e margherita. Il segreto? L’impasto sottile, il bordo leggermente carbonizzato e ingredienti semplici ma di qualità assoluta.

    #3 Picanha, Brasile

    Questo taglio di carne grigliata è un must della cucina brasiliana. Servita in fette succulente, la Picanha è una celebrazione della semplicità e del gusto intenso.

    #4 Rechta, Algeria

    Un piatto di tagliatelle al vapore accompagnate da uno stufato di carne, ceci e rape, arricchito da spezie come cannella e pepe. Una ricetta che racconta la tradizione nordafricana.

    #5 Curry Phanaeng, Thailandia

    Il curry thailandese conquista il quinto posto con la sua combinazione di latte di cocco, spezie aromatiche e carne tenera.

    #6 Asado, Argentina

    Più di un piatto, l’Asado è un rito. Un mix di carni alla griglia, insaporite da salse come il chimichurri, che esalta la qualità delle carni argentine.

    #7 Çökertme kebabı, Turchia

    Strisce di carne, patate fritte sottili, yogurt e salsa di pomodoro si fondono in un piatto turco ricco e appagante.

    #8 Rawon, Indonesia

    Una zuppa di manzo scura e speziata, arricchita da keluak (noci indonesiane), servita con riso e contorni saporiti.

    #9 Cağ kebabı, Turchia

    Questo kebab di agnello marinato e cotto lentamente su uno spiedo orizzontale è una specialità della provincia di Erzurum.

    #10 Tibs, Etiopia

    Cubetti di carne saltati in padella con spezie e verdure, serviti su pane injera. Un piatto che esprime l’anima della cucina etiope.

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      Cucina

      Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud

      Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.

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      Natale a tavola

        La mappa del gusto delle feste

        In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
        A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.

        Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe

        Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.

        In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.

        La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.

        In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.

        Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti

        L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.

        Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.

        In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.

        In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.

        Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti

        La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.

        In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.

        La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.

        Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici

        In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.

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          Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige

          Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.

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          Strudel di mele

            Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.

            Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio

            Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.

            Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.

            La ricetta tradizionale dello Strudel di mele

            Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.

            Ingredienti (per 6–8 porzioni)

            Per la pasta tirata:

            • 250 g di farina 00
            • 1 uovo
            • 30 g di olio di semi
            • 1 pizzico di sale
            • 100 ml circa di acqua tiepida

            Per il ripieno:

            • 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
            • 80 g di zucchero
            • 60 g di uvetta
            • 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
            • 1 cucchiaino di cannella
            • Succo di mezzo limone
            • 40 g di pangrattato
            • 40 g di burro

            Per la finitura:

            • Burro fuso q.b.
            • Zucchero a velo q.b.

            Procedimento

            1. Preparate la pasta tirata

            Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.

            2. Preparate il ripieno

            Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.

            3. Stendete la pasta

            Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.

            4. Assemblate e arrotolate

            Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.

            5. Cottura

            Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.

            6. Servizio

            Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.

            Un dolce che racconta una storia

            Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.

            Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.

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              Brigadeiro, il dolce che conquistò il Brasile (anche senza vincere le elezioni)

              Nato per sostenere un candidato alla presidenza, oggi il brigadeiro è la coccola dolce nazionale del Brasile. Facile da preparare e irresistibile, ecco come farlo a casa.

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              Brigadeiro, il dolce che conquistò il Brasile (anche senza vincere le elezioni)

                C’è un dolce in Brasile che mette tutti d’accordo. Lo si trova alle feste di compleanno, ai matrimoni, nei bar e persino nei momenti di malinconia: è il brigadeiro, un boccone di crema al cioccolato arrotolato in piccole sfere. Semplice? Sì. Innocente? Per niente. È un concentrato di dolcezza che seduce fin dal primo assaggio.

                Un dolce nato in campagna elettorale

                La sua origine non è antica ma… politica. È il 1945: il Brasile è in fermento e il Paese si prepara alle elezioni. A concorrere c’è anche Eduardo Gomes, ufficiale dell’aeronautica con il grado di brigadeiro (generale di brigata). I sostenitori del militare preparano un dolce nuovo, energetico e facile da distribuire durante gli eventi elettorali. La ricetta è povera ma geniale: latte condensato, cacao e burro. Il nome arriva da solo: brigadeiro, in onore del candidato.

                Gomes non vinse le elezioni – anzi, perse clamorosamente – ma quella piccola sfera ricoperta di codette di cioccolato divenne ben presto più famosa di lui. In quegli anni, poi, lo zucchero e il latte fresco scarseggiavano a causa della guerra e il latte condensato, economico e facilmente reperibile, divenne protagonista delle cucine domestiche. Il dolce prese così il volo, trasformandosi in un simbolo nazionale.

                Non una pralina, ma un rito

                Oggi il brigadeiro è onnipresente. In Brasile è impensabile una festa dei bambini senza un piatto di queste palline lucide e golose. Il gesto di formarle a mano, una dopo l’altra, è diventato un rituale domestico, a cui spesso partecipano i più piccoli. A ogni morso, è un tuffo in un ricordo.

                La consistenza è quella di una crema densa e scioglievole, con un gusto di cacao intenso e avvolgente. Al palato, prima arriva il croccante delle codette, poi la morbidezza del cuore.

                La ricetta autentica del brigadeiro

                Quella tradizionale è incredibilmente facile e richiede pochissimi ingredienti:

                Ingredienti per circa 16 brigadeiro

                • 400 g di latte condensato
                • 100 g di latte intero
                • 35 g di cacao amaro in polvere
                • 15 g di burro
                • Codette di cioccolato (per la copertura)

                Procedimento

                In una casseruola unite latte, latte condensato, burro e cacao. Mescolate con una frusta e portate a bollore.
                Cuocete a fiamma media per circa 15 minuti, continuando a mescolare, finché passando la spatola sul fondo il composto non si stacca dalla pentola.
                Trasferite in una ciotola, coprite con pellicola a contatto e fate raffreddare in frigorifero per almeno un’ora.
                Una volta freddo, prelevate piccole porzioni (circa 25 g), formate palline con le mani leggermente imburrate e passatele nelle codette di cioccolato.
                Sistematele nei pirottini… e provate a resistere alla tentazione di mangiarle tutte subito.

                Una golosità che ha fatto il giro del mondo

                Nonostante la sua semplicità casalinga, il brigadeiro ha superato i confini del Brasile. Oggi si trova in numerose pasticcerie internazionali e in versioni gourmet: con pistacchi, cocco, granella di nocciole o addirittura ricoperto d’oro alimentare.

                Eppure, il fascino autentico resta quello della ricetta originaria: pochi ingredienti, tanto amore e un pizzico di storia curiosa. Perché, a volte, ciò che nasce per una campagna politica finisce per diventare un patrimonio di dolcezza universale.

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