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Cucina

Tagliatelle ai funghi fatte in casa: il profumo d’autunno che conquista a ogni boccone

Dalla preparazione della sfoglia al sugo profumato di funghi, una ricetta che celebra il gusto autentico della cucina italiana e la gioia del “fatto in casa”

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    Non c’è niente di più soddisfacente che preparare le tagliatelle fatte in casa e accompagnarle con un sugo ai funghi, soprattutto quando le temperature si abbassano e la stagione offre i suoi sapori più intensi. Con questa ricetta, impareremo a realizzare le tagliatelle a mano e a preparare un condimento ricco, perfetto per esaltare i profumi della terra.

    Gli ingredienti principali

    Per questa ricetta useremo ingredienti semplici ma di alta qualità, dalle uova fresche per l’impasto delle tagliatelle ai funghi di stagione, come i porcini o i funghi misti, che daranno un sapore unico al piatto.

    Ingredienti per le tagliatelle fatte in casa (4 porzioni)

    • 400 g di farina 00 (o 300 g di farina 00 e 100 g di semola di grano duro per una consistenza più rustica)
    • 4 uova grandi a temperatura ambiente
    • Un pizzico di sale

    Ingredienti per il condimento ai funghi

    • 400 g di funghi freschi (porcini, champignon, o misti)
    • 2 spicchi d’aglio
    • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
    • Prezzemolo fresco tritato q.b.
    • Sale e pepe q.b.

    Preparazione delle tagliatelle fatte in casa

    1. Prepara l’impasto: Su una spianatoia crea una fontana con la farina e aggiungi le uova al centro, un pizzico di sale, e sbatti le uova con una forchetta, incorporando lentamente la farina dai bordi. Quando il composto diventa più denso, inizia a impastare con le mani fino a ottenere un impasto liscio ed elastico.
    2. Lascia riposare: Forma una palla e avvolgila nella pellicola trasparente, lasciandola riposare per circa 30 minuti.
    3. Stendi la sfoglia: Dopo il riposo, dividi l’impasto in due parti e stendi ciascuna in una sfoglia sottile. Arrotola delicatamente la sfoglia su sé stessa e taglia delle strisce di circa 1 cm di larghezza per formare le tagliatelle. Srotola le strisce e lasciale asciugare per qualche minuto sulla spianatoia infarinata.

    Preparazione del condimento ai funghi

    1. Pulizia e taglio dei funghi: Puliscili delicatamente con un panno umido o una spazzolina (evita di lavarli sotto l’acqua corrente per non alterarne il sapore) e tagliali a fettine.
    2. Preparazione del soffritto: In una padella capiente, scalda l’olio extravergine d’oliva e aggiungi gli spicchi d’aglio interi. Falli dorare e poi rimuovili.
    3. Cottura dei funghi: Aggiungi i funghi nella padella, falli saltare a fiamma vivace per qualche minuto, poi abbassa la fiamma e cuoci per circa 10 minuti finché non diventano morbidi. Aggiusta di sale e pepe
    4. Aggiunta del prezzemolo: Togli la padella dal fuoco e completa con una spolverata di prezzemolo fresco tritato.

    Assemblaggio del piatto

    1. Porta a ebollizione abbondante acqua salata e cuoci le tagliatelle fresche per circa 2-3 minuti.
    2. Scolale e saltale nella padella con il sugo di funghi, mescolando delicatamente.
    3. Servi le tagliatelle calde, con una spolverata di prezzemolo o parmigiano grattugiato a piacere.

    Varianti e consigli

    • Con panna: Se preferisci un condimento più cremoso, puoi aggiungere 100 ml di panna da cucina o panna fresca.
    • Funghi secchi: Se i funghi freschi non sono disponibili, puoi usare funghi secchi (circa 50 g), facendoli rinvenire in acqua calda per 15-20 minuti.
    • Aromi: Aggiungi una foglia di alloro o un rametto di timo durante la cottura per un aroma più profondo.

    Proprietà nutrizionali del piatto

    Le tagliatelle ai funghi sono un piatto bilanciato, soprattutto se arricchito con funghi porcini, champignon o chiodini, che sono ricchi di proteine vegetali, minerali come potassio e fosforo, e vitamine del gruppo B. Le tagliatelle, essendo preparate con farina e uova, apportano carboidrati complessi e proteine nobili, ma mantieni le porzioni moderate per contenere le calorie, specie se usi la panna.

    Le tagliatelle ai funghi sono la sintesi perfetta della tradizione italiana, un piatto semplice ma capace di esaltare i sapori genuini degli ingredienti.

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      Cucina

      Grigliata di Ferragosto, i segreti del “re della carne” Dario Cecchini: come scegliere i tagli e non sbagliare

      Dario Cecchini, volto iconico della macelleria italiana e protagonista della serie Netflix Chef’s Table, racconta a Cook la sua filosofia: qualità prima di tutto, niente sprechi, attenzione alle cotture lente e ai tagli meno conosciuti. Ecco come arrivare al Ferragosto con il fuoco giusto e la carne perfetta.

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        A Ferragosto il profumo della brace è un richiamo primordiale. Giardini, cortili, spiagge: ovunque il crepitio del fuoco annuncia la festa. Ma per trasformare una grigliata in un rito di piacere collettivo serve più di qualche bistecca buttata alla rinfusa. Serve conoscenza, rispetto per la materia prima e un’idea precisa di cosa mettere sulla griglia. Lo sa bene Dario Cecchini, il “re della carne” di Panzano in Chianti, macellaio da mezzo secolo, oggi anche ristoratore in Franciacorta e volto internazionale grazie a Chef’s Table.

        Intervistato da Cook, Cecchini parte da un concetto semplice: la quantità. «Calcolate 300-400 grammi di carne a persona — dice —. Per appetiti davvero robusti anche mezzo chilo, ma è una misura da toscani». La vera astuzia, però, è bilanciare: accanto a costate e salsicce, insalate, bruschette e antipasti preparati in anticipo alleggeriscono il pasto e permettono di assaporare tutto senza eccessi.

        Poi c’è il cuore della grigliata: il fuoco. Per Cecchini il primo acquisto non è la carne, ma legna e carbone di qualità, rigorosamente vegetali e privi di additivi chimici. «Dal fuoco dipende la riuscita. Se non trovate buona legna, usate carbone, ma che sia pulito», raccomanda.

        Sul fronte delle carni, Cecchini mette subito in chiaro la sua filosofia: «Essere carnivori è una responsabilità. Scelgo solo animali adulti, cresciuti bene. Il vitello giovane, oltre a non avere avuto una vita dignitosa, ha una carne troppo tenera e poco saporita». E allora via libera a manzo di qualità, con tagli che vanno dalla costata alla fiorentina — Chianina se possibile — passando per filetto, controfiletto, scamone, codone e pezza. Con un consiglio tecnico: cuocere il filetto intero, così da preservarne la morbidezza delle fibre.

        Ma il macellaio toscano invita anche a uscire dalla comfort zone. «Non esistono solo i tagli nobili. Il diaframma, il ragno, la parte alta della pancia: cotti con pazienza, regalano sapori sorprendenti». Tagli poveri, certo, ma capaci di conquistare se rispettati. «La carne è sacra. Nulla deve essere sprecato».

        E se il manzo resta protagonista, il maiale ha capitoli da prima fila. Oltre alle classiche costine e braciole, Cecchini mette sul podio la scamerita: coppa fresca di maiale, tagliata a fette spesse e profumata di fiori di finocchio selvatico, come vuole la tradizione toscana. Per chi ama le carni bianche, impossibile non citare il pollo: alette e fusi da cuocere lentamente su fuoco indiretto, con una finitura di limone, pepe e erbe aromatiche.

        Alla fine, il Ferragosto secondo Dario Cecchini è un equilibrio di sapori, tempi e scelte consapevoli. «Non serve strafare. Serve rispettare il fuoco, l’animale e il momento di condivisione. Il resto… è solo questione di cuore e brace».

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          Parmigiana leggera un corno: anche d’estate la melanzana si tuffa nel pomodoro e gode come sempre

          Dalla versione classica e bollente a quella fredda con stracciatella e basilico, la parmigiana d’estate resta la regina dei piatti italiani. Fritta, grigliata, scomposta o alla napoletana: ogni casa ha la sua liturgia, e guai a toccarla.

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            C’è un momento preciso in cui la parmigiana smette di essere solo un piatto e diventa una posizione esistenziale: è quando fuori ci sono 32 gradi, il ventilatore tossisce, il forno arroventa l’aria e tu, con un gesto da martire del gusto, scegli di prepararla lo stesso. Perché la parmigiana d’estate non è più una semplice pietanza: è un atto di fede. O meglio, di gola.

            Melanzane, pomodoro, mozzarella, basilico. E sopra tutto, un profumo che sa di Sud, di domeniche lunghe, di madri e nonne che “oggi solo due forchettate” e intanto ti affogano l’anima nel ragù. Ma con l’arrivo del caldo, anche lei, la regina, si reinventa. E si divide in almeno cinque correnti di pensiero.

            1. La classica (o integralista): fritta, afosa, irresistibile

            La melanzana si frigge. Punto. Al forno sì, ma solo dopo. Niente cotture light, niente rivisitazioni: qui si frigge in olio bollente, si stratifica con sugo e mozzarella e si inforna fino a quando il bordo non caramella. È pesante, è rovente, è uno schiaffo al fegato e un abbraccio al cuore. Si mangia tiepida, o il giorno dopo, da sola o col pane. E se non si unge il piatto, non è parmigiana.

            2. La grigliata (per chi ci crede ancora)

            Versione estiva, più gentile ma non meno dignitosa. Le melanzane si affettano sottili e si grigliano, una a una, come in una Via Crucis gastronomica. Poi si compongono a strati con mozzarella (meglio fiordilatte, ben scolato) e sugo fresco di pomodoro appena saltato con aglio e basilico. Si può evitare il forno: basta lasciarla riposare in frigo e mangiarla fredda. Funziona. Ma guai a chiamarla parmigiana davanti a una nonna del Sud.

            3. La scomposta (figlia di MasterChef)

            Melanzane a cubetti saltate in padella, quenelle di ricotta o stracciatella, pomodorini confit, gocce di pesto, crumble di pane. Esteticamente perfetta, ma a rischio bestemmia. È buona, sia chiaro. Ma è un’altra cosa. Come il gelato al basilico: interessante, ma non chiamiamolo basilico.

            4. La napoletana (con l’uovo dentro, e chi si azzarda a dire niente)

            A Napoli la parmigiana ha le uova sbattute tra gli strati. Non sempre, ma spesso. E c’è chi aggiunge anche il salame. In pratica, una bomba calorica che però ha senso anche d’estate. Soprattutto se la mangi fredda, come si fa il giorno dopo, tagliata a quadrotti, con la crosticina che scricchiola sotto i denti e il pomodoro che ha avuto il tempo di sposarsi con tutto. Matrimonio perfetto.

            5. La light (o “salutista da terrazza”)

            Melanzane cotte al vapore (già qui qualcuno storce il naso), pomodorini crudi, fiocchi di latte o yogurt greco, basilico e un filo d’olio. Freschissima, veloce, ottima per chi vuole restare in forma. Ma diciamocelo: è un’altra cosa. Una bellissima insalata di melanzane, ma non una parmigiana. Lei, la vera, la riconosci perché ti chiede un sorso di vino rosso, una fetta di pane e mezz’ora di riposo sul divano dopo averla mangiata.


            Il trucco della nonna: mai usare mozzarella troppo fresca. Va lasciata a sgocciolare in frigo per almeno tre ore. O vi ritroverete un lago al centro della teglia. E se proprio volete una parmigiana perfetta, fatela riposare. Come la vendetta, è un piatto che dà il meglio di sé freddo o tiepido. O, meglio ancora, il giorno dopo.

            E allora sì, anche con 35 gradi all’ombra, mentre l’insalata vi fissa dal piatto di fianco, voi affondate la forchetta nella parmigiana e capite che certe passioni, d’estate, non si spengono. Anzi, si sciolgono. Con la mozzarella.

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              Grigliatori seriali: storie vere di uomini e barbecue al limite della legalità

              C’è il carbonizzatore compulsivo, il talebano delle marinature, l’hipster del carbone bio e il filosofo della griglia. L’estate li scatena tutti: armati di carne, birra e superiorità morale. Viaggio semiserio tra i fanatici del barbecue da giardino.

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                A Ferragosto non è una semplice grigliata. È una guerra di ego, fumo e salsicce. In ogni quartiere, condominio o casa vacanze, appena arriva l’estate, si risveglia l’istinto tribale del grigliatore seriale. E no, non parliamo solo di cucina: parliamo di maschi alfa in bermuda e sandali che si trasformano in sciamani del barbecue.

                Il più pericoloso è il carbonizzatore compulsivo: quello che ti promette “cottura perfetta” e poi serve pollo che potresti usare per incidere la pietra. Quando gli fai notare che il wurstel ha preso fuoco, risponde “Così è più saporito”.

                Poi c’è il maniaco delle marinature, che inizia a preparare tutto due settimane prima, usa sette tipi di spezie sconosciute e ti vieta di toccare la carne perché “non si gira prima dei quattro minuti e trentadue secondi per lato”. Se osi chiedere il ketchup, ti guarda come se avessi bestemmiato in latino.

                Il più snob? Il bio-grigliatore esteta, che compra solo carbone attivato da quercia del Madagascar, usa griglie in acciaio chirurgico e serve tofu affumicato su ardesia. Sostiene che la carne sia una violenza ma ti punta comunque la pinza contro se non apprezzi il suo burger di ceci e miso.

                Infine c’è lui, il filosofo della griglia: griglia poco, parla tanto. Ti racconta la storia del barbecue dalle caverne a oggi, ti spiega la simbologia del fumo e poi ti serve un’arista cruda, perché “è il simbolo dell’incompletezza dell’uomo moderno”.

                E intanto le mogli, le fidanzate, i figli e i poveri invitati mangiano patatine e pregano che almeno l’anguria sia commestibile. Perché il vero rito del barbecue non è mangiare bene: è vedere un uomo (o una donna, ma più raramente) sentirsi onnipotente davanti a una griglia rovente e a una birra calda.

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