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Cucina

Un giro per il mondo dei sapori: spiedino kebab al pollo!

Gli spiedini hanno origini persiane e risalgono ai popoli del Medio Oriente che cucinavano carne su bastoncini e li arrostivano su fuochi aperti. Questa pratica antica si è poi diffusa in altre parti del mondo, portando alla creazione di una vasta varietà di spiedini che includono non solo carne, ma anche verdure e ortaggi.

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    Oggi, gli spiedini sono diventati un piatto molto versatile e popolare, chiamato anche “mini kebab” in alcune culture. Possono essere preparati con una combinazione di carne, verdure e spezie, o possono essere realizzati solo con verdure e ortaggi per le versioni vegetariane o vegane. La loro semplicità e versatilità li rende amati in tutto il mondo e adatti a una vasta gamma di gusti e preferenze alimentari.

    Spiedini pollo ai peperoni e cipolla

    Ingredienti per 6 spiedini
    1 petto di pollo intero tagliato a dadi
    2 peperoni puliti
    1 cipolla rossa
    Mezzo bicchiere di vino bianco
    Pomodorini ciliegia
    Olio extravergine di oliva q.b.
    Sale e pepe q.b.

    Preparazione
    Prepara gli ingredienti per gli spiedini, tagliando i peperoni a falde, la cipolla a spicchi e i pomodorini ciliegia lasciali interi, poi infilzali, alternandoli, lungo degli spiedini di legno adatti per le cotture in padella.

    Scalda dell’olio in una padella antiaderente su fuoco medio, disponici dentro gli spiedini e rosola per 5-6 minuti, girali e bagnali con il vino bianco, fai evaporare, aggiusta di sale, pepe e cucina per circa 20 minuti, aggiungendo un po’ di acqua di tanto in tanto, finché il pollo è completamente cotto e le verdure saranno tenere. Una volta cotti, trasferisci gli spiedini su un piatto e servili caldi.

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      Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud

      Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.

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      Natale a tavola

        La mappa del gusto delle feste

        In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
        A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.

        Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe

        Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.

        In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.

        La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.

        In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.

        Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti

        L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.

        Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.

        In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.

        In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.

        Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti

        La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.

        In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.

        La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.

        Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici

        In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.

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          Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige

          Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.

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          Strudel di mele

            Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.

            Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio

            Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.

            Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.

            La ricetta tradizionale dello Strudel di mele

            Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.

            Ingredienti (per 6–8 porzioni)

            Per la pasta tirata:

            • 250 g di farina 00
            • 1 uovo
            • 30 g di olio di semi
            • 1 pizzico di sale
            • 100 ml circa di acqua tiepida

            Per il ripieno:

            • 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
            • 80 g di zucchero
            • 60 g di uvetta
            • 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
            • 1 cucchiaino di cannella
            • Succo di mezzo limone
            • 40 g di pangrattato
            • 40 g di burro

            Per la finitura:

            • Burro fuso q.b.
            • Zucchero a velo q.b.

            Procedimento

            1. Preparate la pasta tirata

            Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.

            2. Preparate il ripieno

            Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.

            3. Stendete la pasta

            Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.

            4. Assemblate e arrotolate

            Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.

            5. Cottura

            Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.

            6. Servizio

            Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.

            Un dolce che racconta una storia

            Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.

            Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.

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              Brigadeiro, il dolce che conquistò il Brasile (anche senza vincere le elezioni)

              Nato per sostenere un candidato alla presidenza, oggi il brigadeiro è la coccola dolce nazionale del Brasile. Facile da preparare e irresistibile, ecco come farlo a casa.

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              Brigadeiro, il dolce che conquistò il Brasile (anche senza vincere le elezioni)

                C’è un dolce in Brasile che mette tutti d’accordo. Lo si trova alle feste di compleanno, ai matrimoni, nei bar e persino nei momenti di malinconia: è il brigadeiro, un boccone di crema al cioccolato arrotolato in piccole sfere. Semplice? Sì. Innocente? Per niente. È un concentrato di dolcezza che seduce fin dal primo assaggio.

                Un dolce nato in campagna elettorale

                La sua origine non è antica ma… politica. È il 1945: il Brasile è in fermento e il Paese si prepara alle elezioni. A concorrere c’è anche Eduardo Gomes, ufficiale dell’aeronautica con il grado di brigadeiro (generale di brigata). I sostenitori del militare preparano un dolce nuovo, energetico e facile da distribuire durante gli eventi elettorali. La ricetta è povera ma geniale: latte condensato, cacao e burro. Il nome arriva da solo: brigadeiro, in onore del candidato.

                Gomes non vinse le elezioni – anzi, perse clamorosamente – ma quella piccola sfera ricoperta di codette di cioccolato divenne ben presto più famosa di lui. In quegli anni, poi, lo zucchero e il latte fresco scarseggiavano a causa della guerra e il latte condensato, economico e facilmente reperibile, divenne protagonista delle cucine domestiche. Il dolce prese così il volo, trasformandosi in un simbolo nazionale.

                Non una pralina, ma un rito

                Oggi il brigadeiro è onnipresente. In Brasile è impensabile una festa dei bambini senza un piatto di queste palline lucide e golose. Il gesto di formarle a mano, una dopo l’altra, è diventato un rituale domestico, a cui spesso partecipano i più piccoli. A ogni morso, è un tuffo in un ricordo.

                La consistenza è quella di una crema densa e scioglievole, con un gusto di cacao intenso e avvolgente. Al palato, prima arriva il croccante delle codette, poi la morbidezza del cuore.

                La ricetta autentica del brigadeiro

                Quella tradizionale è incredibilmente facile e richiede pochissimi ingredienti:

                Ingredienti per circa 16 brigadeiro

                • 400 g di latte condensato
                • 100 g di latte intero
                • 35 g di cacao amaro in polvere
                • 15 g di burro
                • Codette di cioccolato (per la copertura)

                Procedimento

                In una casseruola unite latte, latte condensato, burro e cacao. Mescolate con una frusta e portate a bollore.
                Cuocete a fiamma media per circa 15 minuti, continuando a mescolare, finché passando la spatola sul fondo il composto non si stacca dalla pentola.
                Trasferite in una ciotola, coprite con pellicola a contatto e fate raffreddare in frigorifero per almeno un’ora.
                Una volta freddo, prelevate piccole porzioni (circa 25 g), formate palline con le mani leggermente imburrate e passatele nelle codette di cioccolato.
                Sistematele nei pirottini… e provate a resistere alla tentazione di mangiarle tutte subito.

                Una golosità che ha fatto il giro del mondo

                Nonostante la sua semplicità casalinga, il brigadeiro ha superato i confini del Brasile. Oggi si trova in numerose pasticcerie internazionali e in versioni gourmet: con pistacchi, cocco, granella di nocciole o addirittura ricoperto d’oro alimentare.

                Eppure, il fascino autentico resta quello della ricetta originaria: pochi ingredienti, tanto amore e un pizzico di storia curiosa. Perché, a volte, ciò che nasce per una campagna politica finisce per diventare un patrimonio di dolcezza universale.

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