Cucina
Zucche incantate in una vellutata!
Esplora l’incantevole mondo della cucina con la nostra vellutata di zucca, una sinfonia di gusto e comfort in ogni cucchiaio. Con l’armoniosa combinazione di ingredienti, la ricetta ti delizierà con il suo sapore avvolgente e la sua cremosa consistenza.

Nella ricerca di piatti deliziosi, la vellutata di zucca e patate fa parte del mangiare bene. Questa combinazione di sapori tra zucca, panna, patate e semi di zucca, crea un’opportunità da esplorare la creatività culinaria. La zuppa si presta a una varietà di personalizzazioni e aggiunte, che permettono di adattare il piatto ai gusti e alle preferenze individuali. Un tocco di curry per un tocco esotico, una spruzzata di origano per un gusto mediterraneo, o una generosa cucchiaiata di pistacchio in crema per un gusto lussureggiante.
Vellutata di zucca e semi
Ingredienti per 4 persone
800 g di zucca, sbucciata e tagliata a cubetti
3 patate sbucciate e tagliate a cubetti
1 cipollotto bianco tritato
200 g di panna fresca da cucina (più q.b. per impiattare)
Sale e pepe q.b.
Olio extravergine di oliva q.b.
Prezzemolo fresco tritato
Semi di zucca q.b.
Procedimento
In una casseruola metti l’olio il cipollotto tritato, la zucca, le patate e copri di acqua, poi regola di sale e pepe, metti il coperchio e lascia cucinare a fuoco lento per circa 20 minuti o finché gli ortaggi saranno diventati morbide e teneri.
Con un mixer a immersione, frulla tutto in crema, aggiungi la panna fresca e mescola bene.
Continua a cuocere la vellutata per altri 5 minuti a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto per far amalgamare i sapori.
Una volta pronta, versa la vellutata nei piatti da portata e guarnisci con un filo di panna fresca, una spolverata di prezzemolo tritato, e spargi i semi di zucca. Servi calda o fredda.
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Cucina
Riccardo Giraudi: «Vent’anni di Beefbar. E a Parigi ho fatto mangiare pesto con aglio a Rihanna»
Dal Black Angus “troppo caro” a un impero da 40 ristoranti. L’imprenditore genovese racconta aneddoti, sfide e successi del suo brand globale.

Ha trasformato una carne da intenditori in un marchio globale, portando la bistecca nell’Olimpo del lusso. Riccardo Giraudi, genovese di nascita e cosmopolita per vocazione, celebra i vent’anni del Beefbar, catena che oggi conta quaranta insegne sparse in tutto il mondo, da Monaco a Parigi, da Milano a New York.
«Monaco è stata l’origine, Parigi straordinaria, New York una sfida vinta. Ma la città che mi ha dato più soddisfazioni resta Milano», racconta con orgoglio. E nel ripercorrere il cammino che l’ha portato a reinventare il concetto di steakhouse, Giraudi non dimentica gli aneddoti che hanno fatto la differenza. «L’anno scorso, a Parigi, stavo aprendo Zeffirino, lo storico ristorante genovese che Frank Sinatra rese celebre negli anni Sessanta. È arrivata Rihanna, ha chiuso il locale per un after show privato. Ha mangiato pesto, quello classico con l’aglio, e A$AP Rocky, il suo fidanzato, è sceso in cucina perché non ci credeva. Si è messo a cucinarlo lui stesso. Un momento surreale e bellissimo».
Per lui, che si definisce un «eretico» della ristorazione, la chiave è stata ribaltare le regole: «Quando ho cominciato, il Black Angus era considerato troppo caro per il mercato. Io ho deciso di farne un’esperienza. Il Beefbar non è solo carne: è un modo di vivere, un viaggio tra lusso e convivialità».
Un brand che ha saputo attraversare mode e sfide. Dai prezzi discussi al confronto con i trend veg, Giraudi non si è mai tirato indietro. «Non serve inventarsi storytelling quando un marchio ce l’ha già. Mi piace risvegliare belle addormentate come Zeffirino, che hanno un’eredità forte. È più difficile che creare da zero, ma molto più affascinante».
Oggi i suoi ristoranti attraggono celebrity, imprenditori e gourmand di mezzo mondo. E il futuro? «Continuare a crescere senza perdere autenticità. La carne resta il cuore, ma l’esperienza è ciò che fa davvero la differenza».
Cucina
La vendemmia arriva in cucina: dall’uva fragola al mosto cotto, settembre trasforma la tavola in un banchetto di vigne
Dal mosto cotto delle nonne al gelato all’uva fragola dei giovani chef, l’Italia riscopre una tradizione che si rinnova. Ricette che un tempo servivano a conservare l’abbondanza ora diventano piatti raffinati, tra dolci, salse e sorprese salate.

Quando settembre profuma di vendemmia, il pensiero corre subito alle cantine, alle botti e al vino nuovo che prenderà forma. Ma accanto all’universo enologico, c’è un’altra tradizione che rinasce: quella che porta l’uva e il mosto direttamente in cucina, trasformando la tavola in un’estensione delle vigne.
Il primo protagonista è il mosto cotto, concentrato dolcissimo che in molte regioni è memoria pura. In Emilia diventa saba, in Puglia si chiama vincotto, in Sicilia è mostarda: nomi diversi per la stessa magia, ovvero il succo d’uva ridotto lentamente sul fuoco fino a diventare sciroppo scuro e avvolgente. Un tempo serviva per conservare zuccheri e calorie durante l’inverno, oggi è tornato protagonista di ricette raffinate: dalla glassatura delle carni alle creme per i dolci.
Ma anche l’uva fresca non si limita a finire nel cesto della frutta. I chicchi più dolci si trasformano in schiacciata all’uva, simbolo della Toscana settembrina, mentre al Nord si riscoprono le focacce rustiche arricchite da acini interi che in forno sprigionano succhi e profumi. Piatti semplici, nati per non sprecare nulla, che oggi diventano gourmet nelle mani degli chef stellati.
Il frutto della vendemmia entra anche nei dessert contemporanei. Nei ristoranti si sperimentano granite all’uva fragola, sorbetti al moscato, mousse aromatizzate con grappa giovane. La tendenza più recente è il pairing dolce-salato: acini caramellati accanto a formaggi erborinati, salse di mosto su piatti di selvaggina, riduzioni da accompagnare a tagli pregiati.
Non mancano i revival domestici. Chi ha ancora la fortuna di ricevere cassette di uva dai parenti in campagna prepara marmellate casalinghe o conserva chicchi sotto grappa. Una ritualità che profuma di famiglia, mentre i più giovani reinventano la tradizione su Instagram tra crostate brillanti e cocktail al succo d’uva.
Il messaggio è chiaro: la vendemmia non appartiene solo ai vignaioli. Ogni settembre, uva e mosto tornano a essere ingredienti vivi, capaci di legare il passato contadino alle mode culinarie del presente. In fondo, cucinare la vigna è un modo per portare in tavola non solo un sapore, ma una storia che scorre da secoli nei calici e nei piatti italiani.
Cucina
Carlo Cracco tra scontri, addii e nuovi inizi: il ristorante in Sardegna, la lite con Barbieri e l’amore per Rosa
Dal clamoroso addio a Masterchef dopo sei edizioni alle tensioni con Barbieri fino all’incontro con Rosa Fanti, madre dei suoi figli e partner nei progetti. Cracco riparte dalla Sardegna con un ristorante gourmet affacciato sul mare

Carlo Cracco non si ferma. Mentre la scena della cucina televisiva rallenta e la food mania mostra segni di stanchezza, lo chef stellato rilancia con un nuovo ristorante in Sardegna. Si tratta di un pop-up elegante ed esclusivo all’interno del prestigioso Forte Village di Santa Margherita di Pula: 40 coperti vista mare e un menù che racconta l’Italia costiera con accenti milanesi e vini romagnoli.
«È la prima volta che firmo un ristorante in Sardegna e ne sono felice», ha dichiarato Cracco a La Nuova Sardegna. Il progetto arriva dopo la stagione a Portofino e in attesa di una futura apertura a Roma, consolidando la presenza dello chef lontano dagli studi televisivi ma sempre sotto i riflettori.
Il nome di Cracco resta infatti legato a doppio filo a Masterchef, dove dal 2011 al 2017 ha condiviso il banco dei giudici con Joe Bastianich e Bruno Barbieri. Proprio con quest’ultimo i rapporti non furono sempre sereni. «Una volta litigammo forte per un piatto di passatelli con le vongole», ha raccontato Barbieri, «ma dopo quindici minuti era tutto dimenticato». Un clima teso che, forse, ha contribuito alla scelta di Cracco di abbandonare il programma dopo sei stagioni. «Che due cog***ni», confessò lo chef a Fanpage. «Il mio mestiere non è ripetere, ma interpretare».
Dietro le scelte di Cracco c’è anche Rosa Fanti, sua moglie dal 2018, imprenditrice romagnola nel settore agricolo e vinicolo. I due si sono conosciuti nel 2008 durante un evento e non si sono più lasciati. «È venuto a casa mia con il piccione, ho pensato: se supera questa è fatta», ha raccontato lei con ironia. Da allora condividono la vita privata e quella professionale, tra figli, ristoranti e visioni comuni.
Cracco oggi è molto più di un volto televisivo: è un brand che torna a puntare sulla cucina vera, lontano dalle luci dei talent e più vicino al mare, dove ogni piatto ha ancora qualcosa da raccontare.
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