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Curiosità

Non c’è pace per le patatine

Non bastava Rocco Siffredi che le patatine le ha “provate tutte” . Ora è la volta della suora beccata a fare “crunch” in sacrestia. Da sola, per carità. Per le patatine non c’è più religione. Questa volta a essere sotto accusa per lo spot di Amica Chips sono proprio le suore. Siamo in chiesa con una serie di consorelle in fila per prendere l’eucarestia, il Corpo di Cristo. Il sacerdote gliela porge, la suora la mette in bocca e in un attimo si sente un sonoro “crunch!”. Ma come è possibile che un’ostia faccia un simile rumore? La risposta arriva subito: il parroco e le suore rivolgono lo sguardo verso la sacrestia dove una consorella con aria soddisfatta si sta godendo le sue chips. Che male c’è?

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    Non bastava Rocco Siffredi che le patatine le ha “provate tutte” . Ora è la volta della suora beccata a fare “crunch” in sacrestia. Da sola, per carità. Per le patatine non c’è più religione. Questa volta a essere sotto accusa per lo spot di Amica Chips sono proprio le suore. Siamo in chiesa con una serie di consorelle in fila per prendere l’eucarestia, il Corpo di Cristo. Il sacerdote gliela porge, la suora la mette in bocca e in un attimo si sente un sonoro “crunch!“. Ma come è possibile che un’ostia faccia un simile rumore? La risposta arriva subito: il parroco e le suore rivolgono lo sguardo verso la sacrestia dove una consorella con aria soddisfatta si sta godendo le sue chips. Che male c’è?

    Uno spot blasfemo. Addirittura?

    Lo spot delle suore non è piaciuto. Per nulla. Tanto che il Comitato di controllo dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria Iap l’ha sospeso, come blasfemo e inappropriato. “Offende le convinzioni morali, civili e religiose“, si legge nelle motivazioni. Gli elementi ci sono tutti: la suora golosa, la sua noncuranza verso la funzione che si sta svolgendo in chiesa, gli sguardi severi, indignati e incuriositi delle altre sorelle…Peccato che dalla denuncia al blocco come sempre Iap ci mette minimo 15 giorni. Tanto basta per farlo visionare a mezzo mondo. Ma è così da sempre. Le aziende lo sanno e rischiano comunque.

    Doppi sensi tra ironia e sfottò

    Nella sua comunicazione Amica Chips da sempre sceglie una linea border line. Questa volta rispetto al credo e all’habitus religioso, tempo fa, nello spot che vedeva coinvolto Siffredi, anche verso della parità di genere. Chi non ricorda Rocco che con la sua aria sorniona e ammiccante (era il 2006) mentre addenta una chips. Sottolineando che: “Io di patatine ne ho prese tante, gustose, fragranti, non ce la faccio a stare senza… Fidati di uno che le ha provate tutte, Amica Chips è la migliore”. Il tutto mentre si toglie l’accappatoio di seta e si tuffa in una piscina, circondato da ragazze. E il claim, che poi sarebbe un titolo per identificare lo spot, diceva: “La patatina tira”. Doppi sensi che dividono invece che invitare a una sonora risata. Da ricordare che anche in quel caso c’erano state proteste inviate allo Iap. E lo spot, mestamente, fu ritirato.

    Rocco Siffredi nello spot Amica Chips

    L’era di Ornella

    E chi può dimenticare il fascino – in quegli anni (2014) in verità già verso il declino – di Ornella Muti al fianco dell’onnipresente Rocco Siffredi nel quale l’attrice scende da un’auto, accolta dal pornodivo che le dice: “Ah, le patatine di una volta, indimenticabili. Non ne fanno più così”. 100% sessista. Nato 1990 dall’amicizia – da cui il nome “Amica Chips” – tra gli imprenditori Alfredo Moratti e Andrea Romanò, l’azienda ha sede a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova e impiega oltre 350 dipendenti. Esporta in 22 paesi e ha un fatturato di 130 milioni di euro.

    Ma la patatina non è sempre una provocatrice

    Nello spot che scimmiottava Antonello Venditti e il suo cavallo di battaglia “Ci vorrebbe un amico” (2015) il sacchetto del gusto ‘Eldorada’ segue il protagonista a letto, in una cena galante, in piscina e in palestra. E intanto la canzone di sottofondo recita così: “Ci vorrebbe un’amica ma leggera proprio tanto“. Stessa colonna sonora per la pubblicità che ha visto come testimonial il portiere Gigi Buffon osannato dai fan sotto il suo balcone. Lui è intento a lanciare un pallone autografato ma i suoi fan gli preferiscono il pacchetto delle sue patatine.

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      Curiosità

      Il vestito del Papa defunto tra simboli e tradizione funeraria vaticana

      Il rito funebre di un Papa è un momento di grande solennità e preghiera. La sua vestizione e la scelta degli oggetti che lo accompagnano nella sepoltura non sono casuali, ma rispecchiano la missione spirituale che ha svolto durante la sua vita.

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        Quando un Papa muore, la Chiesa cattolica segue un protocollo preciso e ricco di simbolismo per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio. La vestizione del pontefice defunto riflette il suo ruolo spirituale e la tradizione secolare che lega il papato agli eventi più sacri della fede cristiana. Papa Francesco, 266° successore di San Pietro, riposa nella cappellina di Santa Marta prima del trasferimento nella Basilica di San Pietro. A differenza di altri pontefici, non è stato imbalsamato, ma solo sottoposto a trattamenti per rallentarne la decomposizione. Il suo corpo è stato vestito con i paramenti sacri tradizionali, che hanno un significato profondo nella liturgia cattolica. Vediamo quali.

        Ma quali sono gli abiti sacerdotali del Papa?

        Tra gli abiti sacerdotali indossati dal Papa quello più appariscente è la casula rossa. Il colore rosso è simbolo dell’amore divino e del sangue versato da Cristo. I sacerdoti indossano questo paramento durante celebrazioni solenni. Come per esempio la Domenica delle Palme, il Venerdì Santo, la Festa della Santa Croce e la Pentecoste. Il rosso richiama anche il martirio, elemento centrale nella fede cristiana.

        Il pallio è una stola bianca con croci nere, simbolo di autorità e legame con la tradizione apostolica. Questa particolare stola, indossata sulle spalle, viene usata dai sacerdoti nelle benedizioni e nell’esposizione dell’ostensorio con il Santissimo Sacramento. Il pallio papale è confezionato con la lana di due agnelli allevati dai monaci trappisti delle Tre Fontane. Ed è tessuto dalle monache di clausura di Santa Cecilia in Trastevere.

        La mitria bianca è il copricapo episcopale, segno di dignità vescovile. In passato, durante le celebrazioni solenni, i papi indossavano la tiara, un copricapo composto da tre corone sovrapposte, simboleggianti il triplice potere del pontefice. “Padre dei principi e dei re, Rettore del mondo, Vicario di Cristo in Terra“. Tuttavia, Paolo VI abolì l’uso della tiara, preferendo un simbolismo più semplice e meno legato agli aspetti monarchici della Chiesa.

        L’anello d’argento. Francesco ha scelto di essere sepolto con il suo semplice anello d’argento, lo stesso che indossava quando era arcivescovo di Buenos Aires. Questo lo distingue dai suoi predecessori, i quali portavano l’Anello Piscatorio, che veniva spezzato alla loro morte per rappresentare la fine del loro potere temporale.

        Un altro elemento che distingue Bergoglio durante il suo funerale è il rosario tra le mani. Un elemento fondamentale, il rosario, è segno di preghiera e meditazione. La presenza del rosario testimonia la devozione mariana di Papa Francesco e il suo legame con la tradizione della recita del Santo Rosario.

        Una bara semplice che contiene il rogito

        Diversamente dai papi precedenti, Francesco ha scelto una bara semplice, realizzata in legno e zinco. Bergoglio ha rinunciato al tradizionale catafalco o alla complessa sequenza delle tre bare sovrapposte (legno, zinco e legno). Questa decisione riflette il suo approccio umile e il suo desiderio di evitare fasti eccessivi. All’interno della bara, verranno deposti alcuni elementi simbolici ad iniziare dal rogito. Si tratta di un documento sigillato che contiene un breve riassunto del suo pontificato e delle sue opere. La medaglia e le monete vaticane, coniate durante il suo regno, che rappresentano il periodo storico del suo pontificato.

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          Curiosità

          Dai cani al Kama Sutra: Charlie Forde, la veterinaria che ha scelto il porno per sopravvivere

          Quando la passione per gli animali ti porta… ad amare in modo molto più esplicito. La storia di Charlie Forde: da 130 ore settimanali in clinica, a un set decisamente meno stressante.

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            Dal camice bianco… al “nudo integrale”. C’è chi cambia lavoro per noia, chi per passione e chi, come Charlie Forde, perché rischiava letteralmente di farsi fuori per la stanchezza. Veterinaria australiana, 36 anni, Charlie ha lasciato il bisturi per abbracciare una carriera ben diversa (ma comunque manuale): quella di pornostar a Los Angeles.

            Basta agli orari massacranti

            Dopo anni passati tra cuccioli e flebo, Charlie ha detto basta alle 130 ore settimanali di turni massacranti e ha scelto una nuova “specie” di set. “Essere veterinari è estenuante. Il tasso di suicidi nella categoria è sei volte superiore alla media nazionale”, ha dichiarato al Daily Mail. Insomma: meglio l’hard che il burnout.

            Come si passa dagli animali ai film per adulti?

            No, non è una barzelletta. Tutto è iniziato mentre studiava veterinaria: il portafogli era vuoto, i debiti universitari pieni e il tempo libero inesistente. “Ho cercato un modo per pagarmi gli studi, e qualcuno mi ha suggerito il porno. Ci ho provato… e da lì non mi sono più fermata”. Dopo un incidente stradale causato dalla stanchezza, è arrivata la svolta: mollare tutto, trasferirsi a Los Angeles e ricominciare. Con meno bisturi e molta più libertà (artistica, si intende).

            Ma il porno è davvero meno stressante?

            Secondo lei sì. E a guardare i numeri del settore, non è neppure una scelta così folle: orari flessibili, autonomia, possibilità di lavorare come content creator, e – non da poco – stipendi molto più alti rispetto a quelli da veterinaria. E senza il rischio di essere graffiata da un gatto isterico mentre si lavora su tre pazienti contemporaneamente. Charlie oggi è una pornostar indipendente, produce i propri contenuti e racconta la sua storia senza tabù. “Non mi vergogno. Ho preso in mano la mia vita, e la mia salute mentale è migliorata”. D’altronde, quando la realtà supera la fantasia, l’importante è stare bene. E se questo significa passare da una clinica a un set… ben venga.

            La vita è una jungla, e Charlie ha semplicemente cambiato habitat

            Dai volatili agli uccelli – in ogni senso – la Forde ha scelto la strada meno battuta (ma molto cliccata). E mentre qualcuno ancora storce il naso, lei vive la sua nuova vita al massimo, con ironia, libertà e, finalmente, qualche ora di sonno in più.

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              Basta, mi licenzio e cambio vita. Erica gira il mondo tutto l’anno

              La storia di Erica dimostra che, nonostante le sfide, seguire i propri sogni e cercare una vita più appagante può portare a grandi soddisfazioni. La vita in crociera, seppur difficile, le ha permesso di scoprire il mondo e se stessa, offrendo una prospettiva unica su cosa significhi veramente vivere appieno.

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                Erica, una giovane laureata in giornalismo, ha scelto di cambiare radicalmente la sua vita lasciando un lavoro d’ufficio a New York per diventare intrattenitrice su una nave da crociera. Nonostante le difficoltà iniziali, oggi Erica è felice della sua scelta, avendo visitato 79 Paesi in dieci anni.

                La decisione di cambiare vita

                Erica ha lavorato in un prestigioso ufficio a New York, ma la routine stressante, il lungo tragitto e le ore passate in un cubicolo l’hanno portata a soffrire fisicamente e mentalmente. Cercando disperatamente una soluzione, ha scoperto il lavoro sulle navi da crociera, che le avrebbe permesso di viaggiare e conoscere nuove persone. Dopo aver superato un colloquio, ha iniziato la sua carriera come entertainment host.

                Le difficoltà dell’inizio? Superate con la solidarietà dei colleghi

                La vita a bordo non è stata facile all’inizio. Erica ha dovuto completare un rigoroso corso sulla sicurezza e imparare rapidamente le sue mansioni. Le cabine per i dipendenti sono spesso molto piccole e spartane, a volte condivise con altri membri dell’equipaggio, e le ispezioni settimanali sono una costante. Ma non mancano battute, scherzi e giochi tra colleghi per rendere la vita a bordo meno stressante. Nonostante questi ostacoli, Erica ha trovato un nuovo equilibrio.

                La vita a bordo? Mai la stessa

                La vita in crociera è intensa e non per tutti. I turni di lavoro possono variare dalle 8 alle 12 ore al giorno per sette mesi consecutivi. Tuttavia, Erica e molti dei suoi colleghi amano questa vita per le esperienze uniche che offre. Viaggiare continuamente permette di scoprire nuovi luoghi e culture, creando un forte senso di comunità tra l’equipaggio.

                Esperienze Indimenticabili da Petra alla Nuova Zelanda

                Grazie al suo lavoro, Erica ha avuto la fortuna di esplorare posti incredibili come Petra, l’Alaska e le grotte della Nuova Zelanda. Anche se a volte può sentirsi sola, considera la sua esperienza a bordo come la più emozionante e gratificante della sua vita. Insomma nonostante le sfide, seguire i propri sogni e cercare una vita più appagante può portare a grandi soddisfazioni. La vita in crociera, seppur difficile, le ha permesso di scoprire il mondo e se stessa, offrendo una prospettiva unica su cosa significhi veramente vivere appieno l propria esistenza.

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