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Storie vere

Dalla Chiesa al licenziamento: la parabola del sacerdote per fa il saluto nazista

Il reverendo Calvin Robinson, figura controversa della Chiesa britannica, è stato al centro di una nuova polemica che gli è costata la licenza ecclesiastica.

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    Il sacerdote Calvin Robinson, figura controversa legata all’estrema destra britannica, si trova al centro di una polemica che gli è costata la licenza ecclesiastica. Questa volta, a far discutere è stata la sua imitazione di un gesto, quello di Elon Musk, durante un evento politico pro-Trump. Durante un evento del National Pro-Life Summit a Washington D.C., Robinson ha imitato un gesto che molti hanno interpretato come un saluto romano, lo stesso che Elon Musk aveva fatto in precedenza durante un evento simile. Il gesto ha scatenato un’ondata di polemiche e accuse di essere vicino a ideologie di estrema destra. E la Chiesa come l’ha presa?

    La reazione della Chiesa anglicana

    La Chiesa anglicana cattolica americana, per cui Robinson lavorava come sacerdote, ha immediatamente preso le distanze dal suo gesto, revocandogli la licenza ecclesiastica. In una dichiarazione ufficiale, la Chiesa ha condannato il suo comportamento, definendolo “dannoso, divisivo e contrario ai principi della carità cristiana“. Ma Robinson non è nuovo a gesti simili.

    Ma chi è Calvin Robinson?

    Calvin Robinson è un sacerdote anglicano noto per le sue posizioni conservatrici e le sue frequenti apparizioni sui media britannici. Sostenitore della Brexit, oppositore del movimento Black Lives Matter e della campagna “Defund the BBC“, Robinson è una figura polarizzante nel panorama religioso e politico del Regno Unito. Quest’ultimo episodio precede una serie di comportamenti non proprio corretti. Infatti non è la prima volta che Calvin Robinson finisce al centro di controversie. Nell’ottobre 2023, era stato licenziato dal canale televisivo britannico GB News dopo aver difeso il suo collega Laurence Fox per alcune dichiarazioni misogine.
    Questa vicenda a parere di molti solleva diverse questioni. Da un lato, la libertà di espressione e il diritto di manifestare le proprie opinioni politiche, anche se controverse. Dall’altro, la responsabilità di un sacerdote di rappresentare i valori della Chiesa e di non alimentare divisioni e odio.

    Cosa succederà ora al sacerdote?

    Dopo aver perso la licenza ecclesiastica e il lavoro in televisione, non è chiaro quale sarà il futuro di Calvin Robinson. Tuttavia, una cosa è certa: la sua voce continuerà a farsi sentire, nel bene o nel male, nel dibattito pubblico britannico.

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      Storie vere

      L’uomo a piedi nudi che sfida il dolore e i limiti umani: la storia di Antonio Peretti

      Conosciuto come “l’uomo a piedi nudi”, Antonio Peretti percorre distanze impossibili e condizioni estreme. Dall’alpinismo senza scarpe ai 150 km in Himalaya, la sua storia è un inno al coraggio e alla determinazione. «In 14 minuti spengo il dolore, ma l’organismo poi presenta il conto». Un esempio di resilienza che ispira giovani e meno giovani.

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        Erano in trecento a Breganze, per ascoltare la storia di Antonio Peretti, 64 anni, originario di Sovizzo, nel Vicentino, noto come “l’alpinista scalzo” o “l’uomo a piedi nudi”. Una vita fatta di sfide estreme, luoghi ai confini dell’umano e situazioni che mettono alla prova i limiti del corpo e della mente. Da vent’anni, Peretti, conosciuto anche con il nome di Tom Perry, ha deciso di reinventarsi, creando un personaggio fuori dagli schemi per spingersi oltre ogni confine immaginabile. «Tom Perry è il personaggio che mi sono creato, quello che mi spinge ad andare oltre i limiti», racconta.

        La sua passione nasce all’età di 42 anni, ma il suo rapporto con lo sport ha radici più profonde. «Sono stato un forte atleta di mezzofondo, ho corso con campioni del calibro di Alberto Cova e Gelindo Bordin», spiega. «Poi mi sono accorto della deriva dell’atletica e del fatto che circolavano sostanze strane. Mi sono chiamato fuori, avevo 18 anni e non volevo quello per la mia vita. Mi iscrissi al corso ufficiale per diventare paracadutista della Folgore. La scelta migliore che potessi fare: il militare ti fa capire il valore del sacrificio».

        Nonostante una carriera da agronomo, Antonio sentiva di non aver raggiunto le soddisfazioni che avrebbe meritato. «Ho creato Tom, un personaggio fuori dai canoni regolari, qualcosa di mio che mi sono costruito. Avevo solo me stesso da seguire, con sfide sempre più fuori dagli schemi», prosegue. La svolta arriva quando, durante una scalata, decide di togliersi gli scarponi. «Volevo superare i limiti. Una volta mi tolsi gli scarponi e decisi di proseguire senza, accorgendomi di avere una predisposizione. Cominciai con piccole salite e piccole discese, fino a quando capii che il dolore “si chiudeva” dopo 14 minuti».

        Da quel momento, le imprese diventano sempre più ambiziose. Dalle Piccole Dolomiti al Kilimangiaro, dalla Bolivia al Nepal, passando per il Messico e il Guatemala, Antonio guida un team di fotografi e operatori video in condizioni estreme. «Nel 2004 creammo un team con un giornalista e un fotografo, a cui poi si aggiunse un operatore video, Massimo Belluzzo. Lo scoprii tramite Ferruccio Gard. Da lì in poi andammo ovunque». Tuttavia, l’alpinismo diventa una definizione stretta per il suo operato. «Capii che l’alpinismo era solo una nicchia, il Cai continuava a contestare me e le mie imprese. Mi tolsi questo appellativo e mi definii “l’uomo a piedi nudi”».

        Ma come riesce a sopportare dolori così intensi? «Costringendo il cervello con una tecnica tibetana. Lo martello, a tal punto che se prima ci mettevo quattordici minuti a “chiudere” il dolore, adesso ci metto due secondi. Poi, quando l’organismo si sveglia, mi fa pagare il conto, e lì son dolori veri». E il limite? «Devo ancora scoprirlo. Mi curo i denti senza anestesia, non prendo alcun antidolorifico. Sono riuscito a sconfiggere il dolore fisiologico umano. Fare 150 chilometri a piedi nudi in Himalaya salendo dai 3000 ai 7000 è qualcosa di difficilmente spiegabile», dice con orgoglio.

        Tra le sue imprese più difficili c’è l’Etna, nel marzo 2007. «Salire e scendere dall’Etna dopo un’eruzione a piedi nudi è stata una delle esperienze più dure della mia vita. Rischiai seriamente di morire. Ho convissuto per sei mesi con ustioni in tutto il corpo e avevo costantemente la pressione da 180 ai 240. Mi sentivo come Hulk», racconta. Eppure, nonostante le difficoltà, continua a sfidare se stesso e la natura, spinto da una forza interiore che definisce quasi mistica. «Qualcuno lassù mi protegge, mi ha messo una sorta di protezione. Io voglio far capire ai giovani il senso della fatica. Vorrei creare uno spot televisivo che desse un significato alla mia storia».

        Antonio non risparmia critiche alla società moderna. «La gente non fa più figli e preferisce avere un cane. Ci rendiamo conto? Vedo troppe persone spente e senza stimoli. Lo chiamo il malessere del benessere». Nonostante tutto, il suo spirito rimane indomito, come dimostra la sua ultima impresa in Perù. «L’ho raccontata a Breganze nel mio nuovo documentario Alla scoperta del Perù segreto. C’erano 300 persone, sono rimaste a bocca aperta. Spero di averle colpite».

        Il viaggio di Antonio Peretti, alias Tom Perry, continua, spinto dalla volontà di dimostrare che i limiti umani possono essere sfidati e superati, un passo alla volta.

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          Storie vere

          Profana la tomba della madre e porta la bara a casa: «Volevo vedere se era morta davvero»

          La vicenda incredibile accaduta nel cimitero di San Cristóbal ha lasciato la comunità scioccata. Domenica il corpo della donna è stato ricollocato nella tomba, ma il figlio dovrà affrontare le conseguenze legali del suo gesto

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            Incredibile quanto accaduto ad Avilés, in Spagna, dove un uomo di 60 anni ha scioccato l’intera comunità con un gesto che ha dell’incredibile: ha profanato la tomba della madre, estratto la bara e l’ha portata nella sua abitazione. Il motivo? Voleva controllare che fosse effettivamente morta.

            L’incredibile gesto

            Secondo quanto riportato dal quotidiano El País, il fatto è avvenuto nel cimitero di San Cristóbal, dove il 60enne ha estratto la bara dalla tomba della madre, deceduta improvvisamente all’età di 90 anni. Ancora sotto shock per la perdita, l’uomo avrebbe trascinato la bara fino alla sua auto per poi portarla a casa.

            Il gesto, avvenuto alla luce del giorno, è stato notato da diversi testimoni che hanno cercato di fermarlo. Tuttavia, l’uomo, visibilmente sconvolto, ha proseguito nel suo intento fino a raggiungere la sua abitazione.

            Il ritorno della salma al cimitero

            Domenica 29 dicembre, il corpo della donna è stato ricollocato nella tomba. Le autorità spagnole hanno confermato l’arresto dell’uomo con l’accusa di violazione di sepolcro, ma il 60enne è stato successivamente rilasciato. Il procedimento legale nei suoi confronti rimane aperto.

            Shock e reazioni

            La vicenda ha destato profondo sgomento nella comunità locale, non solo per l’atto stesso, ma per il dolore che chiaramente lo ha motivato. Nonostante la natura illegale del gesto, alcuni osservatori sottolineano il possibile stato di alterazione psicologica dell’uomo, ancora incapace di accettare la perdita della madre.

            «È una storia che lascia senza parole», ha dichiarato un abitante di Avilés. «Non sappiamo cosa possa averlo portato a fare una cosa del genere, ma è evidente che soffriva profondamente.»

            Le implicazioni legali

            In Spagna, la violazione di sepolcro è un reato punibile con sanzioni severe, e il procedimento contro l’uomo potrebbe portare a una condanna. Tuttavia, gli avvocati potrebbero fare leva sullo stato di confusione emotiva del figlio, chiedendo una riduzione della pena o un trattamento alternativo.

            La vicenda resta un caso estremo e raro, ma pone domande sul delicato equilibrio tra il rispetto per i defunti e l’elaborazione del lutto. Un tema difficile, che in questa occasione ha assunto tinte decisamente fuori dall’ordinario.

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              Storie vere

              Da 25 anni vive in crociera ma ora non riesce più a scendere. E’ affetto da una sindrone che lo fa sentire costantemente in movimento

              Ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita, ma ora soffre di una rara condizione: la sindrome di Mal de Débarquement, o ‘gambe di mare’. Ecco la storia di Mario Salcedo e la sua battaglia contro questa malattia.

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                Si chiama Mario Salcedo l’uomo che ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita unico. Da 25 anni, infatti, vive per sua scelta, a bordo di navi da crociera, lavorando da remoto per sole cinque ore al giorno e dedicando il resto del tempo a godersi i servizi offerti dalle navi. Una scelta di vita un poì speciale e che apparentemente potrebbe allettare molti ma che ha avuto un impatto sulla sua salute.

                La sindrome delle “gambe di mare”

                Salcedo ha sviluppato una condizione fisica conosciuta comunemente come sindrome di Mal de Débarquement (MdDS), o “malattia da sbarco“, comunemente chiamata “gambe di mare“. Questa sindrome è un disturbo neurologico che colpisce l’equilibrio e la percezione del movimento. Chi ne soffre, come Salcedo, ha la sensazione di dondolare o oscillare anche quando è sulla terraferma, come se fosse ancora a bordo di una nave.

                Cause e sintomi del mal da crociera

                La MdDS è causata da un adattamento del corpo al movimento costante delle navi da crociera. Il cervello si abitua a questo movimento e, una volta tornati sulla terraferma, fatica a riadattarsi all’assenza di oscillazioni. I sintomi sono diversi. Dalla sensazione di dondolio o oscillazione persistente alla difficoltà a mantenere l’equilibrio, dal costante sensazione di nausea e vertigini al perenne mal di testa, all’affaticamento cronico.

                Ma lui che dice: la testimonianza di Salcedo

                Come riportato da varie fonti di stampa, lo stesso Salcedo ha dichiarato: “Ho perso le gambe sulla terraferma. Barcollo così tanto che non riesco a camminare in linea retta. Sono così abituato a stare sulle navi che mi sento più a mio agio che sulla terraferma“.

                Che cos’è la sindrome di Mal de Débarquement e come si può affrontare

                Le cause precise della sindrome più comunemente chiamata “gambe di mare” non sono ancora completamente comprese, ma è certo che si manifesta dopo viaggi in mare (crociere o traghetti, lunghi voli aerei . Si ipotizza che il cervello mantenga la memoria del movimento dopo un’esposizione prolungata e non riesca a “riaggiustarsi” quando il movimento termina. Che fare quindi? A parte cnsultare subito uno specialista come un neurologo finora i rimedi più utilizzati consigliano una terapia vestibolare accompagnata da una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Possono essere utili anche alcune tecniche di rilassamento, accompagnati da farmaci specifici e soprattuto una certa gradualità nel movimento.

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