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Curiosità

Smart Working, benessere o illusione?

Il lavoro a distanza, un fenomeno che ha visto un’impennata con la pandemia di COVID-19, ha rivoluzionato il concetto tradizionale di ufficio, offrendo sia vantaggi sia sfide uniche. Con la transizione verso ambienti di lavoro più flessibili, molte persone hanno sperimentato un cambiamento radicale nel modo in cui gestiscono il proprio equilibrio tra vita personale e professionale.

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    Con l’aumento del lavoro a distanza, diventa fondamentale comprendere e affrontare i suoi effetti psicologici per garantire un equilibrio sano tra vita lavorativa e personale. L’obiettivo è creare un ambiente di lavoro a distanza che sia sostenibile, produttivo e mentalmente sano.

    VANTAGGI psicologici del lavoro a distanza
    Flessibilità e autonomia. La capacità di gestire il proprio tempo e spazio di lavoro può migliorare la soddisfazione lavorativa e ridurre lo stress.

    Risparmio di Tempo e riduzione dello stress: Eliminare il pendolarismo può portare a una riduzione dello stress e a un aumento del tempo libero.

    SFIDE psicologiche del lavoro a distanza

    Difficoltà nel Mantenere i Confini: La fusione tra spazi domestici e lavorativi può portare a un’erosione dei confini, causando stress e affaticamento.

    EFFETTI sull’equilibrio vita-lavoro
    Gestione del Tempo: Strategie per bilanciare efficacemente lavoro e vita personale in un ambiente domestico.
    Burnout e Stress: Come la mancanza di separazione tra lavoro e vita personale può contribuire al burnout e quali sono le soluzioni possibili.

    STRATEGIE per migliorare il benessere mentale
    Creazione di Confini Chiari: Metodi per stabilire e mantenere confini tra tempo lavorativo e personale.
    Interazioni Sociali Virtuali: Promuovere la connessione e il supporto sociale attraverso strumenti digitali.

    TECNOLOGIA e produttività
    Utilizzo di Strumenti Digitali
    : Come la tecnologia può facilitare il lavoro a distanza senza compromettere la salute mentale.
    Automonitoraggio e Autogestione
    : L’uso di app e strumenti per monitorare la propria produttività e il benessere mentale.

    CASI STUDIO e Ricerca
    Studi Recenti
    : Panoramica di ricerche scientifiche sull’impatto del lavoro a distanza sulla salute mentale e l’equilibrio vita-lavoro.

    FUTURO del Lavoro a Distanza
    Modelli Ibridi
    : Possibili evoluzioni del lavoro a distanza e integrazione con i modelli di lavoro tradizionali.
    Considerazioni per la leadership
    Supporto e Formazione
    : Il ruolo dei leader nel sostenere i dipendenti che lavorano a distanza.

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      Curiosità

      Monkey, il gatto cleptomane che ha arricchito la sua padrona Megan

      Monkey è un gatto della Cornovaglia che ruba ogni cosa e lo porta alla sua padrona MeganPer esempio? Un “gratta e vinci” da 14 mila euro.

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        Un gatto cleptomane della Cornovaglia, Inghilterra, sta diventando una piccola celebrità sui social. Monkey, questo il suo nome, torna ogni giorno a casa con un “dono” per la sua umana, Megan . Il suo bottino? Di tutto: da sacchetti vuoti di patatine a bustine di semi. Ma la vera sorpresa è arrivata quando Monkey ha riportato a casa un gratta e vinci già grattato, e per giunta risultato essere vincente.

        Quattordicimila euro tra i canini del gatto

        Inizialmente Megan pensava fosse solo spazzatura, ma ha scoperto che il biglietto valeva il doppio di quanto previsto: circa 14 euro. Nulla di straordinario, ma sicuramente un colpo di fortuna inaspettato! Il video dell’impresa felina naturalmente nel corso del tempo è diventato virale su TikTok (@meganchristiann), raccogliendo migliaia di commenti divertiti.

        Monkey è diventato social tra divertimento e telecamere segrete

        C’è chi scherza sul fatto che Monkey ripaghi i suoi debiti, mentre altri propongono di mettere una telecamera sul suo collare per svelare le sue misteriose incursioni. Megan, però, preferisce mantenere la sorpresa e continua a godersi le buffe avventure del suo gatto. Chi sa cosa Monkey porterà a casa la prossima volta!

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          Curiosità

          La famiglia Zammit rifiuta 30 milioni di dollari per la casa

          La famiglia Zammit ha rifiutato un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa a The Ponds, Sydney. La loro decisione diventa un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana.

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            La famiglia Zammit, residente a The Ponds, Sydney, ha fatto notizia rifiutando un’offerta di 30 milioni di dollari per vendere la loro casa. Questa abitazione rappresenta per loro non solo un bene materiale, ma un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana. Circondata da un’enorme area commerciale e sviluppi residenziali, la casa dei Zammit è un baluardo contro l’avanzata della cementificazione. Questa decisione ha suscitato ammirazione e riflessione sulla crescente pressione dell’urbanizzazione nelle grandi città.

            La storia dietro il rifiuto

            Nonostante l’enorme somma offerta, la famiglia Zammit ha scelto di rimanere nella loro casa storica, dimostrando un attaccamento emotivo e culturale al loro luogo di vita. Questa scelta coraggiosa riflette il desiderio di mantenere un legame con le proprie radici e di resistere alla spinta verso la modernizzazione a tutti i costi. La casa, costruita su un terreno di due ettari, è circondata da negozi, ristoranti e complessi residenziali di nuova costruzione, rendendo il rifiuto dei Zammit ancora più significativo.

            Un simbolo di resistenza

            La decisione della famiglia Zammit è diventata un simbolo di resistenza contro l’espansione urbana eccessiva. In un’epoca in cui molte persone cedono alle offerte lucrative dei costruttori, i Zammit hanno scelto di mantenere la loro casa come testimone del passato e baluardo contro l’invadenza del cemento. Questo rifiuto mette in luce la crescente tensione tra lo sviluppo urbano e la conservazione delle tradizioni e dei legami familiari.

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              Fotografato nudo da Google Street View: poliziotto argentino vince la causa e ottiene un risarcimento

              Secondo i giudici argentini, la privacy dell’uomo è stata violata in modo palese: Google dovrà risarcirlo con 12.500 dollari. Decisivo il fatto che fosse all’interno della sua proprietà, protetta da un alto muro.

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              Google Street View

                Era un giorno come tanti nel 2017, quando un poliziotto argentino, in un momento di relax nel giardino di casa sua, fu immortalato nudo dalle telecamere mobili di Google Street View. L’immagine, sfuggita alle consuete procedure di oscuramento automatico, mostrava l’uomo completamente nudo dietro un muro di oltre due metri, nel cortile privato della sua abitazione. Il caso, inizialmente trascurato, si è trasformato in un lungo iter giudiziario che ha ora trovato la sua conclusione: Google dovrà risarcire l’uomo con 12.500 dollari.

                La vicenda è emersa quando la foto ha iniziato a circolare online, accompagnata dal nome della via e dal numero civico, elementi ben visibili nell’inquadratura. La combinazione di questi dati ha reso l’uomo facilmente identificabile, esponendolo al ridicolo tra colleghi e residenti del piccolo centro in cui vive.

                In un primo momento, un tribunale aveva respinto il ricorso del poliziotto, ritenendo che fosse stato lui a comportarsi in modo inappropriato nel proprio giardino. Ma la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, stabilendo che non si trattava di uno spazio pubblico. Bensì privato e protetto da una barriera “più alta della media umana”. L’inquadratura è stata quindi definita come una “palese invasione della privacy”.

                La corte ha evidenziato anche una falla nei protocolli di Google, che solitamente sfoca i volti e le targhe. “In questo caso non si trattava di un volto, ma dell’intero corpo nudo di una persona, un’immagine che avrebbe dovuto essere evitata con ogni mezzo”, si legge nella sentenza.

                Assolte invece da ogni responsabilità la compagnia telefonica Cablevision SA e il sito di notizie El Censor, che avevano rilanciato la foto.

                Il caso solleva nuove domande sull’equilibrio tra tecnologia e tutela della privacy, dimostrando che, anche nell’era del digitale, il diritto alla riservatezza rimane fondamentale.

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