Curiosità
Tra politica e tavola: ecco la “Trattoria Meloni” che celebra la Premier italiana in Albania
A Shengjin, nel cuore dell’Albania, spopola la “Trattoria Meloni”, un locale che celebra la leader di Fratelli d’Italia con un tributo a dir poco curioso.
Giorgia Meloni? Ha ispirato una trattoria in Albania! No, non è uno scherzo. Parliamo della “Trattoria Meloni”, un locale che spopola sui social, guidato dall’imprenditore Luca Gjergj, vicino al primo ministro albanese Edi Rama.










Situata a Shengjin, una delle città dove sorgeranno i centri per migranti previsti dall’accordo tra Italia e Albania, la trattoria è un omaggio alla premier italiana. Sull’insegna campeggiano i ritratti più iconici di Meloni, inclusa la sua reazione a una battuta dell’ex primo ministro britannico Rishi Sunak. All’interno, decine di quadri raccontano la carriera politica della leader di Fratelli d’Italia, dai primi passi fino al trionfo alle elezioni del 2022.
Il corridoio che conduce ai bagni è decorato con i ritratti di altri leader mondiali, come Barack Obama e Benjamin Netanyahu. Un accostamento che, chiaramente, non lascia spazio a interpretazioni sul favore del gestore verso questi politici. Il perché di tale omaggio lo spiega lo stesso Gjergj: “Abbiamo dedicato questo locale a una donna straordinaria”.
Un altro dettaglio curioso? La “Trattoria Meloni” si trova a due passi da una cava in attività, anch’essa di proprietà di Gjergj. La struttura non è sempre aperta, ma solo in occasioni speciali o eventi, quando la cava si ferma per non disturbare i clienti con i suoi rumori. Un luogo che Meloni, sebbene non abbia ancora ottenuto la villa dei sogni in Albania, potrà sicuramente visitare per gustare un piatto dedicato a lei.
In attesa di sapere se la premier accetterà l’invito, una cosa è certa: l’Italia e l’Albania hanno trovato un nuovo terreno di dialogo, tra politica e… buona cucina.
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Curiosità
La rivincita dei “secondi”: Lucio Corsi e Lorenzo Musetti superano Olly e Sinner nelle ricerche Google e riscrivono la mappa della notorietà online
Non le figure più cercate in assoluto, ma quelle cresciute di più nell’ultimo anno: Google certifica un ribaltamento inatteso. Tra Sanremo, tennis e cronaca internazionale, il pubblico digitale incorona i volti che non ti aspetti.
Il dato più clamoroso non arriva dal palco dell’Ariston, ma dal web: Lucio Corsi è il personaggio che nel 2025 ha fatto registrare il maggior incremento di ricerche su Google. Un sorpasso simbolico e quasi poetico sul collega Olly, vincitore del Festival ma solo secondo nelle query. A trainare l’interesse è “Volevo essere un duro”, brano arrivato dietro al ligure in gara, ma primo sia tra gli artisti sia tra i testi più cercati.
Un risultato che ribalta le gerarchie musicali e racconta un pubblico che, online, premia autenticità, narrazioni personali e identità artistiche più laterali rispetto al mainstream dominante.
Musetti supera Sinner e diventa il tennista più cercato
La stessa dinamica si ripete nello sport. Il terzo posto nella classifica generale va a Lorenzo Musetti, autore di un 2025 straordinario: top 6 nel ranking ATP, prima qualificazione alle Finals, un figlio appena nato e un quarto di finale agli US Open contro Sinner.
Paradossalmente, Jannik non compare affatto nella top ten delle crescite: non perché sia meno popolare, ma perché il suo volume di ricerche era già altissimo nel 2024, rendendo impossibile un incremento percentuale significativo.
Musetti, invece, intercetta la curiosità di chi scopre un talento che si sta trasformando in protagonista stabile del tennis mondiale.
Oltre lo show: Paolini, Bianca Balti e Cecilia Sala
Il tennis resta una fucina di idoli digitali: Jasmine Paolini, regina degli Internazionali di Roma, è quinta.
Al quarto posto c’è Bianca Balti, che con il racconto pubblico della sua malattia e della depressione post-terapia ha catalizzato attenzione e solidarietà.
L’unica figura extra spettacolo e sport è la giornalista Cecilia Sala, ottava: il suo arresto e la detenzione di 21 giorni nel carcere iraniano di Evin hanno acceso un riflettore internazionale sulla sua storia e sul suo lavoro di reporter.
Tra guerre e tecnologia: le altre parole dell’anno
A completare la fotografia ci sono le ricerche legate ai conflitti globali — dall’attacco israeliano all’Iran fino alla situazione a Gaza — e temi di attualità come la scelta del nome Leone XIV per il nuovo Papa o il caso Sarkozy.
Sul fronte digitale, esplode la domanda “Come funziona l’AI?”, cresciuta del 300%. Gli italiani vogliono sapere come usarla per immagini, compiti, presentazioni, musica, video e persino arredamento: una mappa precisa dei nuovi bisogni quotidiani.
Curiosità
Dal Medio Oriente a Greccio: la lunga storia del presepe
Dai primi richiami iconografici delle catacombe alla svolta di San Francesco nel 1223: ecco come è nato il presepe e perché è diventato un simbolo radicato nella cultura italiana.
Una tradizione che affonda le radici nei primi secoli del Cristianesimo
Il presepe, oggi presenza quasi scontata nelle case italiane durante il periodo natalizio, ha un’origine molto più antica e complessa. Le prime rappresentazioni della Natività compaiono già tra il III e il IV secolo d.C., soprattutto nelle catacombe romane, dove le comunità cristiane raffiguravano la nascita di Gesù attraverso pitture rudimentali: la Vergine, il Bambino e, talvolta, il bue e l’asino. Non si trattava ancora di presepi nel senso moderno, ma di immagini destinate alla venerazione e alla trasmissione del messaggio cristiano.
Durante l’epoca bizantina e medievale, la scena della Natività diventò un tema ricorrente nelle chiese, nei mosaici e negli affreschi d’Europa. Tuttavia, la rappresentazione era ancora esclusivamente artistica, non tridimensionale e non legata a un contesto domestico o sociale.
La svolta di San Francesco: il presepe “vivente” del 1223
La nascita del presepe come lo intendiamo oggi viene comunemente attribuita a San Francesco d’Assisi. Secondo le Fonti Francescane, nel 1223 il santo organizzò a Greccio, in provincia di Rieti, una rievocazione della Natività con persone, animali e una mangiatoia reale. L’obiettivo non era decorativo ma spirituale: far comprendere, anche ai meno istruiti, il significato concreto e umano della nascita di Cristo.
Papa Onorio III autorizzò quell’iniziativa, che divenne presto un modello imitato in molte comunità monastiche e parrocchie. Il presepe assunse così un valore catechistico, diventando uno strumento di divulgazione religiosa accessibile e immediato.
Dal sacro all’arte: l’evoluzione dei presepi in Europa
Nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, il presepe iniziò a trasformarsi in una forma d’arte. Le prime statue in terracotta o legno compaiono nelle chiese italiane tra il XIV e il XV secolo. A Napoli, in particolare, si sviluppò una tradizione destinata a diventare famosa in tutto il mondo: quella del presepe barocco, ricco di personaggi, ambienti quotidiani e figure popolari.
Tra il Seicento e il Settecento le famiglie aristocratiche commissionavano veri e propri scenari monumentali, arricchiti da pastori, venditori ambulanti, botteghe, locande e paesaggi complessi. Anche il Regno delle Due Sicilie contribuì alla diffusione del presepe artistico, con artigiani come i Ferrigno o gli scultori della scuola napoletana che ne fecero un simbolo culturale.
In contemporanea, in altre regioni europee — come la Provenza con i santons, la Germania con i presepi in legno intagliato e la Spagna con i belén — la tradizione si diffuse e si radicò, assumendo caratteristiche locali.
Il presepe domestico: una tradizione popolare del Novecento
È solo tra Ottocento e Novecento che il presepe diventa una presenza stabile nelle case. Con la produzione industriale di statuine in gesso e, successivamente, in plastica, la scena della Natività diventa accessibile a tutti. L’Italia, in particolare, mantiene un ruolo centrale nella produzione e nell’artigianato, con poli storici come Napoli, Lecce, Trento e Genova.
Oggi il presepe è un simbolo culturale e familiare più che strettamente religioso: un racconto visivo che unisce storia, fede, tradizione e creatività. Ogni regione ha sviluppato varianti tipiche, dai presepi viventi ai diorami, fino ai presepi meccanici e artistici.
Una storia che continua
La tradizione del presepe, partita dalle prime comunità cristiane e consolidata dall’intuizione di San Francesco, è oggi un patrimonio riconosciuto in tutto il mondo. La sua evoluzione dimostra come un gesto devozionale sia diventato un linguaggio artistico capace di rinnovarsi, mantenendo intatto il suo valore simbolico e identitario.
Curiosità
Le tracce dell’intelligenza: cosa rivelano le abitudini di chi ha un QI più alto
Dalle routine solitarie alla curiosità insaziabile, passando per l’autocontrollo: diversi studi mostrano che alcuni tratti ricorrenti sono più frequenti nelle persone con quoziente intellettivo elevato. Ecco quali.
L’intelligenza non è un concetto semplice: non coincide con la cultura, né con il successo lavorativo, e non può essere ridotta a un numero isolato. Tuttavia, anni di studi psicologici hanno evidenziato che alcune abitudini quotidiane tendono a essere più diffuse tra individui con QI sopra la media, pur senza rappresentare una prova certa del loro livello cognitivo. Sono segnali, non diagnosi—tendenze statistiche che raccontano solo una parte della complessità umana.
Preferenza per la solitudine
Una delle correlazioni più discusse arriva da uno studio pubblicato sul British Journal of Psychology, secondo cui le persone con QI elevato mostrano più spesso una propensione a passare del tempo da sole. Non si tratta di antisocialità, ma della necessità di spazi tranquilli per riflettere, ricaricarsi e concentrarsi. La solitudine, in questi casi, diventa un mezzo per elaborare idee complesse o progetti personali.
Curiosità e voglia di capire
Un tratto quasi universale è la curiosità intellettuale. Chi possiede un’intelligenza superiore tende a fare domande, indagare ciò che non conosce e non accontentarsi delle prime risposte. La ricerca psicologica parla di “apertura mentale” (openness to experience), un fattore di personalità collegato sia alla creatività che alla capacità di apprendimento continuo.
Lettura e consumo di contenuti complessi
Molti studi hanno notato una maggiore propensione alla lettura, soprattutto di testi impegnativi o specialistici, così come alla fruizione di contenuti più articolati — podcast scientifici, documentari, approfondimenti. Non è tanto la quantità quanto la qualità: chi ha un QI elevato cerca stimoli che lo sfidino.
Autocontrollo e capacità di pianificazione
Secondo una ricerca pubblicata su Psychological Science, esiste una correlazione tra capacità cognitive e autocontrollo. In esperimenti su decisioni finanziarie e scelte impulsive, gli individui con QI più alto tendevano a rimandare la gratificazione per ottenere risultati migliori nel lungo periodo. Anche la pianificazione a medio-lungo termine risulta spesso più strutturata.
Autoironia e humor complesso
L’umorismo può essere un indicatore rivelatore. Lavori pubblicati su Intelligence hanno mostrato che l’apprezzamento per forme di comicità più elaborate — ironia, paradossi, humour nero — è più frequente in chi possiede una maggiore intelligenza verbale e astratta. Un tipo di comicità che richiede di afferrare rapidamente più livelli di significato.
Disordine creativo (ma non sempre)
Nonostante il luogo comune che associa l’intelligenza al caos creativo, la scienza non dà un verdetto definitivo. Alcuni studi sostengono che un ambiente leggermente disordinato possa stimolare il pensiero divergente; altri mostrano che un contesto ordinato favorisce concentrazione e autocontrollo. In realtà, la correlazione non è univoca: il disordine non è un indicatore di QI, ma può essere un effetto collaterale di uno stile di lavoro mentale più fluido.
Pensiero critico e dubbio costante
Chi ha un QI elevato raramente accetta un’informazione così com’è. Il dubbio non è sfiducia, ma uno strumento cognitivo. Analizzare le fonti, mettere in discussione i propri pregiudizi, valutare pro e contro: tutto questo richiede tempo, energie e una certa abilità nel gestire la complessità.
Le abitudini possono suggerire molto, ma è bene ricordare che non definiscono l’intelligenza. Una persona può essere brillante senza amare la solitudine, oppure curiosa senza essere ordinata. Ciò che emerge davvero dagli studi è che le persone con QI elevato tendono a coltivare flessibilità mentale, interesse per il mondo e un costante desiderio di apprendere. Caratteristiche che possono essere sviluppate da chiunque, indipendentemente dai test.
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