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Dipendenze, l’allarme cresce: cinque milioni di italiani a rischio e sempre più giovani coinvolti

Tra sostanze, alcol e nuove droghe sintetiche, l’Italia affronta un’ondata silenziosa di dipendenze. Le donne consumatrici sono aumentate dell’80% in dieci anni, mentre un giovane su quattro fa uso di sostanze.

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    Un’emergenza che cresce nell’ombra e coinvolge milioni di persone: le dipendenze da sostanze, alcol e comportamenti compulsivi rappresentano oggi una delle sfide più urgenti per la sanità pubblica italiana.
    Secondo i dati diffusi dalla Società Italiana Patologie da Dipendenza (Sipad), circa cinque milioni di italiani sono a rischio di sviluppare una forma di dipendenza, e oltre 900mila giovani, uno su quattro nella fascia d’età compresa tra 15 e 24 anni, fanno uso regolare di sostanze psicoattive.

    L’allarme è aggravato dal fatto che, solo nell’ultimo anno, sono state identificate 79 nuove droghe sintetiche sul mercato europeo — spesso vendute online e difficili da individuare dai controlli tradizionali. “Non possiamo più permetterci di guardare altrove”, ha dichiarato Claudio Leonardi, presidente di Sipad. “Dietro questi numeri ci sono persone, famiglie e comunità che hanno bisogno di risposte reali e tempestive. Il nostro congresso sarà un’occasione per discutere strategie efficaci di prevenzione e trattamento”.

    L’emergenza silenziosa dell’alcol

    Accanto al consumo di droghe, cresce anche l’abuso di alcol. I dati Sipad parlano chiaro: quattro milioni di italiani sopra gli 11 anni bevono a livelli rischiosi per la salute, mentre un milione sono già considerati consumatori dannosi.
    Particolarmente preoccupante è la crescita del consumo femminile: negli ultimi dieci anni, le donne che bevono abitualmente sono aumentate dell’80%.

    L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Agenzia dell’Unione Europea per le Droghe (EUDA) stimano che nel mondo l’uso di sostanze provochi oltre 600mila morti evitabili ogni anno, legate a overdose, incidenti, malattie e suicidi.

    Giovani e poli-consumo: la generazione più esposta

    Tra gli adolescenti italiani, i dati confermano una tendenza preoccupante: oltre 160mila studenti tra i 15 e i 19 anni risultano “poli consumatori”, ovvero fanno uso di almeno due sostanze illegali contemporaneamente. La combinazione più comune? Cannabis, alcol e nicotina.
    Un mix che, spiegano gli esperti, abbassa ulteriormente la percezione del rischio e aumenta la probabilità di sviluppare dipendenze multiple.

    La facilità di reperimento, la normalizzazione culturale del consumo e il disagio post-pandemico contribuiscono a rendere i più giovani un bersaglio vulnerabile. La Gen Z, secondo i dati Sipad, è la fascia d’età che più frequentemente sperimenta nuove sostanze e pratiche di “auto-sballo”.

    Servizi pubblici in affanno

    I Servizi per le Dipendenze (SerD) in Italia hanno oggi in carico circa 135mila persone: il 59% di loro è dipendente da eroina, il 27% da cocaina o crack, il 13% da cannabinoidi, mentre circa l’1% soffre di dipendenze comportamentali come gioco d’azzardo, uso compulsivo dei social o pornografia.
    Le comunità terapeutiche accolgono circa 24mila pazienti, ma secondo la Sipad esiste un “sommerso preoccupante” di oltre mezzo milione di persone che non accedono a nessun tipo di supporto, spesso per vergogna, mancanza di informazione o paura dello stigma sociale.

    La risposta: prevenzione e rete territoriale

    Gli esperti sottolineano l’importanza di rafforzare la rete dei servizi territoriali, la formazione degli operatori e i programmi di prevenzione nelle scuole.
    “Serve un approccio integrato che unisca salute mentale, educazione e sostegno sociale”, spiegano i referenti Sipad. “Le dipendenze non sono solo un problema individuale, ma un indicatore del malessere collettivo”.

    Il congresso nazionale Sipad, che si terrà a Roma dal 19 al 21 novembre, punterà su un confronto tra istituzioni, medici, psicologi e operatori sociali per disegnare un nuovo modello di intervento.

    Perché, come ricordano gli esperti, l’emergenza delle dipendenze non fa rumore — ma ogni numero nasconde una vita che rischia di spegnersi nel silenzio.

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      Cucina

      L’orzo perlato, il cereale dimenticato che fa bene a cuore e intestino

      Un tempo simbolo di alimentazione contadina, oggi l’orzo perlato è riscoperto come super-cereale “buono e sano”. Ecco perché inserirlo più spesso nella dieta – anche solo in piccole quantità – è una scelta vincente per il benessere quotidiano.

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      L’orzo perlato

        Negli ultimi anni, complice la ricerca di alimenti genuini e ricchi di proprietà nutrizionali, l’orzo perlato sta vivendo una piccola rinascita. Lontano dai riflettori di quinoa e farro, questo cereale antichissimo – coltivato da oltre 10.000 anni – si rivela un autentico concentrato di salute. Bastano una o due manciate nella minestra o in un’insalata per ottenere effetti benefici su intestino, metabolismo e sistema cardiovascolare.

        Ma che cosa lo rende così prezioso?
        L’orzo (Hordeum vulgare) è un cereale integrale dalle spiccate proprietà digestive e depurative. Contiene una buona quantità di beta-glucani, fibre solubili che formano una sorta di gel nell’intestino e rallentano l’assorbimento di zuccheri e grassi. Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), un consumo quotidiano di almeno 3 grammi di beta-glucani può contribuire a ridurre il colesterolo LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”, con effetti positivi sulla salute del cuore.

        Cos’è l’orzo perlato e come si differenzia

        L’orzo esiste in diverse forme. Quello perlato è sottoposto a una parziale raffinazione: il chicco viene “lucidato”, perdendo parte della crusca ma guadagnando in velocità di cottura. È quindi più pratico in cucina, pur mantenendo un buon contenuto di fibre e sali minerali come magnesio, potassio, ferro e zinco.
        Chi desidera il massimo valore nutrizionale può optare per l’orzo mondato, meno raffinato e più ricco di fibre, ma con tempi di cottura più lunghi.

        Benefici per la salute

        Le ricerche scientifiche confermano che l’orzo può avere un effetto protettivo contro alcune malattie croniche.

        • Cuore e colesterolo: come ricordato da Harvard T.H. Chan School of Public Health, le fibre dell’orzo aiutano a mantenere pulite le arterie e a ridurre il rischio di patologie cardiovascolari.
        • Glicemia sotto controllo: il basso indice glicemico lo rende indicato per chi soffre di diabete o deve tenere a bada gli zuccheri nel sangue.
        • Benessere intestinale: l’orzo favorisce la crescita di batteri “buoni” come i Bifidobatteri, migliorando la salute del microbiota e riducendo il gonfiore addominale.
        • Sazietà e controllo del peso: grazie alla sua densità nutrizionale e alla capacità di rallentare la digestione, aumenta il senso di pienezza e aiuta a limitare gli eccessi a tavola.

        Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Nutrition and Metabolism, il consumo regolare di orzo è associato a una riduzione del rischio di sindrome metabolica e obesità.

        Un alleato per tutte le stagioni

        Oltre ai benefici nutrizionali, l’orzo perlato conquista per la versatilità in cucina. Si cuoce in 25-30 minuti e si presta a mille ricette:

        • zuppe e minestre calde in inverno,
        • insalate fredde con verdure e legumi in estate,
        • alternative sane al riso nei risotti o nelle polpette vegetali.

        Un consiglio utile: non sciacquarlo troppo dopo la cottura, per non disperdere le mucillagini che favoriscono l’effetto lenitivo sull’apparato digerente.

        Perché basta una manciata

        Integrare l’orzo nella dieta non richiede stravolgimenti: una porzione di circa 60-70 grammi al giorno, anche solo aggiunta a minestre, zuppe o vellutate, fornisce fibre preziose e micronutrienti essenziali. È anche una buona alternativa a pasta e riso per variare l’alimentazione e migliorare l’equilibrio intestinale.

        L’orzo perlato è un alimento semplice, economico e sostenibile, ma dalle proprietà sorprendenti. In un’epoca in cui l’alimentazione sana sembra sinonimo di ingredienti esotici, questo antico cereale ci ricorda che il vero benessere può nascere da un gesto essenziale: aggiungere una manciata d’orzo nella nostra zuppa quotidiana.

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          Lifestyle

          Argento come nuovo: i segreti della pulizia naturale che fanno brillare gioielli e posate

          L’ossidazione è la principale nemica dell’argento, ma eliminarla è più semplice di quanto sembri. Bastano pochi ingredienti comuni e qualche accortezza per restituire brillantezza a collane, anelli o posate, prolungandone la bellezza nel tempo.

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          Argento come nuovo

            Bracciali anneriti, posate che hanno perso la lucentezza, cornici opache: chi possiede oggetti in argento conosce bene il problema dell’ossidazione, quel processo naturale che scurisce il metallo rendendolo spento e poco gradevole alla vista. Ma non serve ricorrere a costosi detergenti chimici o portare tutto dal gioielliere: spesso, la soluzione è già in cucina.

            L’argento, infatti, reagisce facilmente all’aria e all’umidità, formando sulla superficie una sottile patina di solfuro d’argento. È un fenomeno inevitabile ma reversibile. Per rimuovere questa ossidazione, basta sfruttare un principio chimico elementare: creare una reazione tra l’argento e un metallo più reattivo, come l’alluminio, in presenza di un agente alcalino come il bicarbonato.

            Il metodo naturale più efficace

            Per mettere in pratica il cosiddetto “trucco della nonna”, servono solo pochi materiali:

            • una bacinella di vetro o plastica,
            • acqua calda,
            • 3 cucchiai di bicarbonato di sodio,
            • 2 cucchiai di sale grosso,
            • un foglio di alluminio da cucina,
            • un panno morbido o una flanella per asciugare.

            Si inizia ricoprendo il fondo del contenitore con l’alluminio, con il lato lucido rivolto verso l’alto. Si versa poi l’acqua calda (non bollente, per non danneggiare eventuali pietre o decorazioni), aggiungendo sale e bicarbonato fino a completa dissoluzione. Gli oggetti in argento vanno immersi nella soluzione in modo che toccano il foglio di alluminio: questo è fondamentale per innescare la reazione chimica che “trasferisce” lo zolfo dall’argento all’alluminio, eliminando così la patina scura.

            Dopo circa 10-15 minuti, compariranno piccole bollicine: è il segno che la reazione sta funzionando. Una volta terminato il processo, basta risciacquare accuratamente sotto acqua corrente e asciugare con un panno morbido. In pochi minuti, l’argento tornerà a brillare.

            Perché funziona

            Il principio è lo stesso di una piccola reazione elettrochimica. Il bicarbonato e il sale creano un ambiente alcalino che facilita lo scambio ionico tra l’alluminio e l’argento: lo zolfo responsabile dell’annerimento si lega all’alluminio, restituendo al metallo prezioso la sua lucentezza originaria. È un metodo sicuro, economico e non abrasivo, a differenza di molte paste lucidanti che possono graffiare le superfici o alterare incisioni delicate.

            Manutenzione e prevenzione

            Una volta pulito, l’argento va protetto per evitare che si ossidi di nuovo troppo in fretta. Gli esperti consigliano di conservarlo in luoghi asciutti, avvolto in panni di cotone o in sacchetti antipolvere, lontano da fonti di calore e luce diretta. Anche l’uso di sacchetti di gel di silice, come quelli che si trovano nelle scatole delle scarpe, aiuta a ridurre l’umidità.

            È bene inoltre evitare il contatto con profumi, creme e detersivi, che possono accelerare l’ossidazione. Dopo ogni utilizzo, una veloce passata con un panno asciutto è sufficiente per mantenere il metallo pulito e lucido.

            Un gesto semplice che conserva la bellezza

            Pulire l’argento in modo naturale non è solo una questione estetica: è anche un modo per prolungare la vita degli oggetti e ridurre l’impatto ambientale, evitando l’uso di sostanze chimiche aggressive. Che si tratti di un servizio di posate tramandato in famiglia o di un anello dal valore affettivo, dedicare qualche minuto alla sua cura significa conservarne la storia e lo splendore.

            Con il metodo dell’alluminio e del bicarbonato, l’argento torna a risplendere come appena acquistato — e tutto grazie a pochi ingredienti che si trovano già in casa.

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              Cucina

              Lenticchie, il super alimento che fa bene a noi e al pianeta

              Ricche di proteine, fibre e minerali, povere di grassi e con un basso impatto ecologico: ecco perché questo antico legume merita un posto fisso nella dieta quotidiana di tutti, non solo a Capodanno.

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              Lenticchie

                C’è chi le mangia solo all’ultimo dell’anno, convinto che portino soldi e prosperità. Ma le lenticchie non sono soltanto un portafortuna culinario: sono uno degli alimenti più completi e versatili che possiamo portare in tavola. Dalla zuppa contadina ai moderni burger vegetali, questo legume antico — tra i primi coltivati nella storia dell’uomo — è oggi al centro di una nuova attenzione da parte di chi cerca un’alimentazione sana, leggera e sostenibile.

                Un piccolo seme carico di proteine

                Secondo i dati del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura), 100 grammi di lenticchie secche contengono circa 25 grammi di proteine vegetali, un valore che le rende una delle migliori alternative alle fonti animali. Se abbinate a un cereale come riso, farro o pane integrale, forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari all’organismo, creando un pasto completo e bilanciato.

                Ma i loro pregi non finiscono qui: le lenticchie sono poco caloriche (circa 115 kcal per 100 g cotte) e altamente sazianti, grazie all’elevato contenuto di fibre solubili e insolubili. Le prime rallentano la digestione e stabilizzano la glicemia; le seconde favoriscono il transito intestinale e contrastano la stitichezza. Un vero toccasana per chi cerca di controllare il peso o migliorare la salute metabolica.

                Un alleato per cuore e circolazione

                Le lenticchie contengono potassio, magnesio e ferro, minerali fondamentali per il benessere del sistema cardiovascolare. Diversi studi, tra cui una revisione pubblicata sul British Journal of Nutrition, hanno evidenziato che il consumo regolare di legumi è associato a una riduzione del colesterolo LDL (“cattivo”) e della pressione arteriosa. Merito non solo delle fibre, ma anche dei polifenoli, che svolgono un’azione antinfiammatoria e antiossidante.

                Inoltre, la presenza di folati e ferro le rende particolarmente indicate per le donne in età fertile e per chi soffre di stanchezza cronica o anemia lieve. Se abbinate a cibi ricchi di vitamina C (come agrumi, kiwi o pomodori), migliorano l’assorbimento del ferro vegetale, spesso meno biodisponibile rispetto a quello della carne.

                Buone per noi, ottime per il pianeta

                Oltre che nutrienti, le lenticchie sono anche ecologiche. Secondo la FAO, la loro coltivazione richiede fino a 10 volte meno acqua rispetto alla carne bovina e arricchisce naturalmente il suolo di azoto, riducendo la necessità di fertilizzanti chimici. Non hanno bisogno della catena del freddo per essere conservate e possono durare mesi in dispensa, riducendo gli sprechi. In tempi di inflazione e attenzione ambientale, sono un alimento economico e sostenibile come pochi altri.

                Dalla tradizione alla cucina moderna

                Chi pensa alle lenticchie solo nella classica minestra può ricredersi. Oggi questo legume è protagonista di ricette contemporanee e creative: hummus di lenticchie rosse, polpette vegetali, curry speziati, ragù senza carne o insalate fredde con verdure croccanti. Le varietà decorticate, più veloci da cuocere e più digeribili, sono perfette anche per chi ha poco tempo o è alle prime armi.

                Per valorizzarne il gusto e le proprietà, è meglio limitare il sale e i condimenti pesanti, preferendo un filo d’olio extravergine a crudo e spezie come curcuma, cumino o rosmarino.

                Energia per chi fa sport

                Grazie alla combinazione di carboidrati complessi e proteine vegetali, le lenticchie rappresentano un ottimo pasto pre o post allenamento. Offrono energia a rilascio graduale, sostengono il recupero muscolare e, grazie a ferro e magnesio, aiutano a combattere l’affaticamento.

                In sintesi, le lenticchie non sono solo un simbolo di prosperità: sono un investimento reale in salute, sostenibilità e gusto. Un alimento antico che guarda al futuro, capace di unire tradizione e scienza in un piatto semplice e completo.

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