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Società

E tu a che genere appartieni? Uomo-donna, maschio-femmina, etero o omosessuale

Riconoscere e comprendere la varietà di identità e orientamenti sessuali è fondamentale per costruire una società inclusiva e rappresentativa. La lingua evolve per riflettere queste diversità, rendendo necessario un impegno costante per ascoltare, comprendere e rispettare tutte le esperienze umane.

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    Non binario, gender fluid, pansessuale, demigender. Sono alcune delle parole entrate nel nostro vocabolario per descrive nuove sfumature legate alla percezione dell’io, della propria sessualità e del genere a cui si appartiene. Più che una bussola ci sarebbe bisogno di aggiornare periodicamente l’enorme gamma di varianti nate per identificare e identificarsi al cospetto di se stessi e del resto del mondo.

    Uomo-donna, maschio-femmina, etero o omosessuale

    Genesi 27. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”. Fin lì ci arriviamo tutti. Ma è dopo che deve essere successo qualcosa. In quel “moltiplicatevi” noi umani ci abbiamo messo dentro di tutto. E più passa il tempo più si creano nuove opzioni. O meglio si capiscono molte cose. Restare aggiornati sulle trasformazioni di genere da tener presente per non fare la figura degli ignoranti e soprattutto con il timore di commettere infinte gaffes è diventata una impresa. Senza offesa per nessuno.

    Una trasformazione sociale trainata dai giovani

    Le categorie usate per definire identità di genere e orientamento sessuale nei secoli sono state legate a una dualità schematizzate cha tralasciato strutture relazionali diverse. A una narrazione che si identifica nella maggioranza delle persone, le nuove generazioni stanno rivoluzionando categorie e smantellando pregiudizi radicati socialmente. Generi, orientamenti, identità sono messi in dubbio per dare la possibilità a un numero sempre maggiore di persone di sentirsi rappresentate nella società. Un cambiamento di sensibilità che per essere davvero compreso necessita di alcuni punti di riferimento.

    Che cos’è il genere e cosa il sesso?

    Secondo Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista professore ordinario di Psicologia dinamica alla Sapienza Università di Roma si intende la dimensione biologica e anatomica dell’individuo (femmina, maschio oppure, in rari casi, intersessuale). Con i termini genere e identità di genere facciamo riferimento alla varietà di caratteristiche e di atteggiamenti che culturalmente attribuiamo al sesso biologico.

    Cosa rappresenta il genere

    L’espressione di genere comprende diversi aspetti dalla scelta dell’abbigliamento, al taglio dei capelli, dalla postura al modo di camminare ed è in stretto rapporto con i ruoli di genere di una determinata cultura o società. Se il sesso costituisce una matrice biologica, il genere rappresenta una costruzione psicosociale, dice Lingiardi. E qui nasce la prima discrepanza. Perché un conto è come si presenta il corpo un’atra cosa è come si fa esperienza della propria identità.

    Mini guida alle Identità di genere e orientamenti sessuali

    Uomo/donna/intersessuale

    La determinazione del sesso si basa sull’osservazione delle caratteristiche sessuali e del fenotipo del bambino. Secondo l’Iss, Istituto superiore di sanità, la percentuale di bambini intersessuali varia tra lo 0,018% e l’1,7%.

    Androfilo/Ginefilo/Ambifilico

    Questi termini indicano l’attrazione sessuale verso gli uomini (androfilo), le donne (ginefilo), o entrambi i generi binari tradizionali (ambifilico).

    Cisgender

    Cisgender, o cisessuale, descrive le persone il cui sesso assegnato alla nascita corrisponde alla loro identità di genere.

    Eterosessuale

    In un’ottica binaria, l’orientamento sessuale di chi prova attrazione verso persone dell’altro sesso.

    Bisessuale

    Sempre in un’ottica binaria, una persona che prova attrazione verso entrambi i sessi.

    Omosessuale

    In un contesto binario, una persona che prova attrazione verso persone del proprio sesso. Se l’identità di genere risponde alla domanda “a quale genere mi sento di appartenere?“, l’orientamento sessuale risponde alla domanda “quale genere mi attrae?“. Due aspetti indipendenti, ma spesso interconnessi.

    Asessuale

    Una persona asessuale non prova attrazione sessuale verso gli altri. Questo non significa che non possano instaurare relazioni affettive o romantiche, né implica la totale assenza di libido.

    Polisessuale e pansessuale

    Le persone pansessuali provano attrazione sessuale o romantica per tutti i generi, a prescindere dall’identità o orientamento sessuale dell’altro. I polisessuali, invece, provano attrazione per più generi, ma non per tutti.

    Non binarismo

    Il binarismo, ossia la divisione dei generi tra maschile e femminile, non riesce più a rappresentare le diverse sfumature di chi non si riconosce in questa dicotomia. L’esperienza di un’identità fluida e non binaria è quella di chi si trova più a suo agio muovendosi su un personale gradiente di genere.

    Bigender

    Bigender è l’identità di chi si identifica in due generi, in modo simultaneo o alternando le identità. Possono essere identità binarie, fluide o non binarie.

    Transgender

    Termine ombrello per identificare le persone il cui genere non corrisponde al genere o al sesso assegnato alla nascita.

    Genderfluid/Non Binary

    Una persona non binaria non si riconosce nel binarismo dei generi maschio-femmina, mentre gender fluid indica un’identità di genere in continuo mutamento.

    Demigender

    Identità di genere che si riconosce solo in parte in una identità di genere tradizionale, a prescindere dal sesso assegnato alla nascita.

    Agender

    Le persone agender si definiscono neutrali o senza genere, andando oltre l’idea stessa di “genere”.

    Rappresentazione e social network

    La necessità di raccontarsi e di definirsi trova nei social media una sponda e un’accelerazione. Il confronto e il senso di comunità in rete possono colmare le lacune di una società in cui chi si sente meno rappresentato fatica a sentirsi accettato. Tuttavia, per alcune persone, i social possono diventare un rifugio virtuale che nega l’esistenza di un corpo fisico, paradossalmente il luogo di embodiment dell’identità di genere. Ma non bisogna dimenticare che i social possono anche essere dannosi perché violenti. E possono influenzare negativamente il giudizio di chi si affida a internet per costruirsi idee e pregiudizi nei confronti di chi non si allinea alle regole della maggioranza delle persone.

    L’importanza del supporto psicologico

    Il ruolo della psicologia è fondamentale per ascoltare e comprendere, favorendo il benessere psicologico e l’espressione autentica di sé. La figura dello psicologo è utile a qualunque livello della varianza di genere, non per condannare o assolvere, ma per supportare insieme.

      Società

      Milano tra paura e vip in fuga: l’allarme sicurezza che scuote la città

      Anche i vip “radical chic” dicono basta: vivere a Milano è diventato “impossibile”. Un coro di voci unanime che riguarda anche molte famiglie e professionisti.

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        L’insicurezza a Milano non è più una semplice percezione, ammesso che lo sia mai stata. Oggi è una realtà sempre più evidente. Lo sfogo di Giulia Salemi riflette il sentimento di tante persone che ogni giorno vivono con la paura di uscire, prendere i mezzi pubblici, fare una passeggiata o rientrare a casa dopo il tramonto. A differenza di tanti cittadini, la sua voce riesce a fare rumore, anche se non è certo la prima a sollevare il problema. Già anni fa Chiara Ferragni aveva provato a evidenziare il tema della sicurezza a Milano. Tuttavia, fu costretta a fare marcia indietro, probabilmente per non danneggiare l’immagine della città agli occhi dei suoi follower stranieri. Un vero peccato, perché in quell’occasione stava offrendo un servizio utile alla comunità.

        Anche i vip “radical chic” dicono basta

        Giulia Salemi, come altri vip che non hanno ritrattato le loro dichiarazioni, tra cui Eleonoire Casalegno, Carlo Verdone e Flavio Briatore, ha descritto perfettamente le paure delle donne che vivono a Milano. “Sono stufa e impaurita. Ogni giorno ho il terrore di girare da sola. Vedo solo facce che mi terrorizzano, persone poco raccomandabili, potenziali stupratori che mi fissano con quello sguardo fastidioso“, ha dichiarato l’influencer, attualmente incinta, in un video pubblicato online. Gli uomini, tra cui il sindaco Beppe Sala, non possono comprendere del tutto “quello sguardo” che tormenta molte donne e lascia una sensazione di disagio che dura per ore. Una paura che si alterna al sollievo di pensare: “Stavolta mi è andata bene“.

        Vivere a Milano è diventato “impossibile”

        Alba Parietti, nota per le sue posizioni politiche, recentemente ha subito il furto delle ruote della sua auto a Basiglio. “Rubano di tutto, scippi continui, aggressioni, omicidi per futili motivi o follia. Vivere a Milano e nel suo hinterland è diventato impossibile“, ha dichiarato la showgirl, esprimendo un disagio condivisibile. Anni di tolleranza, impunità e buonismo hanno creato una situazione insostenibile. Tuttavia, si continua a far finta che vada tutto bene, probabilmente per non scoraggiare il turismo. Il problema è che quei turisti, una volta venuti, non tornano più.

        Un esodo che riguarda molti cittadini

        Sempre più persone, quindi, non solo i radical chic stanno lasciando Milano per trasferirsi nelle vere periferie, dove sperano di trovare maggiore tranquillità. L’esodo dalla città non riguarda solo i cittadini comuni, ma anche i vip. Massimo Boldi, ha dichiarato più volte di essersi trasferito in provincia per sfuggire alla criminalità sempre più invadente. “La situazione della sicurezza a Milano è peggiorata rispetto al passato, soprattutto nei quartieri più poveri, dove le persone sono costrette a delinquere per sopravvivere“, ha spiegato l’attore, aggiungendo di aver installato sistemi di sicurezza avanzati nella sua nuova casa per proteggersi.

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          Società

          Dove si guadagna di più in Italia? Milano in testa, Sud in fondo alla classifica

          Un’analisi della Cgia di Mestre rivela le disparità salariali tra Nord e Sud. Mentre le province settentrionali vedono retribuzioni elevate grazie a settori ad alta produttività, il Mezzogiorno soffre con stipendi medi annui ben al di sotto della media nazionale. Milano svetta con 32.472 euro lordi, mentre Vibo Valentia chiude la classifica con soli 12.923 euro.

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            Milano conferma il suo primato come la provincia con gli stipendi più alti in Italia, con una retribuzione media lorda annua nel settore privato di 32.472 euro. Seguono Parma e Modena, rispettivamente con 26.861 e 26.764 euro. La classifica delle province più “ricche” vede una predominanza delle aree settentrionali e in particolare dell’Emilia Romagna, dove settori ad alta produttività come la meccanica e l’automotive contribuiscono a stipendi più elevati. Bologna, Reggio Emilia, Lecco, Torino, Bergamo, Varese e Trieste completano la top ten, con retribuzioni che variano dai 25.165 ai 26.610 euro.

            Il Sud stenta: Vibo Valentia fanalino di coda

            Al contrario, le province meridionali continuano a mostrare un divario significativo. Trapani, Cosenza, Nuoro e, ultima in classifica, Vibo Valentia, registrano retribuzioni medie lorde annue ben al di sotto della media nazionale, con Vibo Valentia che chiude la classifica con soli 12.923 euro. Questo divario del 35% rispetto al Nord è una realtà che i contratti collettivi nazionali non sono riusciti a colmare, evidenziando le persistenti disuguaglianze salariali tra Nord e Sud Italia.

            Il perché del divario: le cause delle disuguaglianze salariali

            Le province settentrionali beneficiano della presenza di industrie ad alta produttività e valore aggiunto, come l’automotive, la meccatronica e il biomedicale, che garantiscono stipendi più elevati. Al contrario, al Sud, la mancanza di queste realtà produttive e la prevalenza di piccole imprese limitano significativamente il potere contrattuale e, di conseguenza, le retribuzioni. Le multinazionali e le grandi imprese, concentrate principalmente al Nord, contribuiscono ad accentuare questo divario, offrendo salari più alti rispetto alle medie nazionali.

            Un’Italia a due velocità

            L’Italia continua a essere un Paese diviso anche sul fronte delle retribuzioni, con un Nord che beneficia di una maggiore concentrazione di settori produttivi e un Sud che, nonostante gli sforzi contrattuali, stenta a ridurre il gap. Questo divario salariale rappresenta una delle sfide più complesse per il futuro del Paese, che dovrà affrontare non solo le differenze economiche, ma anche le loro ricadute sociali e territoriali.

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              Società

              Italiani, popolo di collezionisti. Da Barbie Dreamhouse alle scarpe “brutte”

              Dagli orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, dalle monete alle bambole, dai fumetti ai gioielli: gli italiani sono un popolo di collezionisti.

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                Gli italiani sono noti per la loro passione per il collezionismo. Intervistati sei persone su dieci si definiscono collezionisti, un dato che si traduce in circa 33 milioni di italiani che inseguono la propria passione raccogliendo oggetti di vario tipo. Dai classici orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, monete, bambole, fumetti e gioielli, il collezionismo non solo rappresenta un hobby. Sono anche un modo per conservare ricordi, investire e persino guadagnare. Ogni anno, in media, gli italiani spendono 1.381 euro per alimentare questa passione, superando la spesa media per le vacanze estive, che si aggira intorno ai 1.130 euro.

                Oggetti iconici e un fenomeno in crescita

                Il rapporto sui 100 oggetti iconici del 21° secolo, realizzato da Catawiki in collaborazione con Hypebeast, ha evidenziato quanto sia ampio il mondo dei collezionisti. Tra gli oggetti che hanno attirato maggior attenzione figurano la casa giocattolo Malibu di Barbie, il whisky giapponese Yoichi Nikka, la Tesla Roadster elettrica prodotta in soli 2.450 esemplari e la carta Charizard della prima edizione dei Pokémon. Non mancano curiosità come il tappeto che riproduce uno scontrino di Ikea o la maglietta DHL firmata dal brand elitario Vetements. Questi oggetti, in alcuni casi, sono diventati veri e propri simboli di un’epoca.

                Lombardi e giovani tra i più spendaccioni

                Il collezionismo in Italia vede particolarmente attivi i lombardi, seguiti da campani, siciliani, laziali e veneti, con una spesa che nei prossimi 3-5 anni potrebbe crescere del 37%, raggiungendo i 1.892 euro a persona. In particolare, la Generazione X potrebbe arrivare a spendere fino a 2.092 euro all’anno per alimentare le proprie collezioni.

                I più collezionati: libri, orologi, gioielli…

                Tra gli oggetti più amati dai collezionisti italiani ci sono i libri (49%), seguiti da orologi (33%), gioielli (32%), fotografie (32%) e le tradizionali banconote e monete (32%). L’Italia, in particolare, si distingue come il primo paese per acquisto di borse e il secondo per la loro vendita. Questo riflette quanto il mercato del collezionismo nel Paese sia vivace e dinamico.

                L’impatto del web e dei social media

                Il 96% dei collezionisti italiani si aggiorna regolarmente tramite il web e frequenta fiere per essere al passo con le ultime novità. Il 22% segue influencer o esperti sui social media per arricchire la propria conoscenza, mentre un altro 22% preferisce condurre ricerche approfondite per diventare un vero esperto del proprio settore di collezionismo.

                Collezionisti: passione o investimento?

                Per molti italiani, il collezionismo non è solo un hobby, ma anche un modo per preservare e tramandare oggetti di valore. Il 36% lo fa per mantenere un’eredità per le future generazioni, mentre il 68% controlla regolarmente il valore della propria collezione. Il 32% degli intervistati ha dichiarato di voler rivendere parte della collezione per aumentare il proprio reddito, percentuale che sale al 42% tra la Generazione Z, segno di una crescente consapevolezza del valore economico dietro questa passione.

                Il boom di alcuni oggetti iconici: Barbie e Sneakers

                Cecilia Vicini Ronchetti, esperta di bambole per Catawiki, ha evidenziato come il fenomeno Barbie, soprattutto dopo il successo del film, abbia visto un aumento del 20% dei prezzi di vendita. Anche il mondo delle sneakers è in continua evoluzione. Mirco Castagnoli, esperto di questo settore, ha raccontato come il boom del 2016 abbia portato a una vera e propria corsa all’acquisto di alcune scarpe particolari. Ma oggi l’attenzione si è spostata verso prodotti di design e qualità superiore. Iconiche, ma non sempre indossabili, le Salomon Cross Low e i Big Red Boot di Mschf sono esempi perfetti di come alcuni oggetti diventino simboli culturali più che pratici.

                Collezionisti di tutte le età, ma per i Boomers è un affare privato

                Il modo in cui le diverse generazioni approcciano il collezionismo varia significativamente. La Generazione Z lo vede come un’opportunità per interagire e socializzare, mentre i Millennials sono quelli che spendono di più, con una media di 1.450 euro l’anno. I Boomers, invece, lo vivono più come un affare privato e sono meno inclini a vendere gli oggetti collezionati: solo il 15% di loro sarebbe disposto a farlo.

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