Lifestyle
Hai uno stipendio di 2.500 euro al mese? Vivi in un monolocale!
L’indagine del Codacons evidenzia come Milano e Napoli rappresentino due estremi del costo della vita in Italia. Mentre a Milano i prezzi elevati continuano a mettere a dura prova i portafogli dei residenti, Napoli si distingue per la sua relativa economicità, offrendo un contrasto netto tra Nord e Sud. La crescente disparità dei costi di beni e servizi tra le città italiane riflette una realtà complessa, in cui fattori economici e sociali contribuiscono a modellare il panorama della vita quotidiana.

Milano si conferma la città più cara d’Italia: vivere nel capoluogo lombardo costa sempre di più. Napoli, invece, si posiziona in fondo alla classifica, essendo la più economica sul fronte della spesa alimentare.
Fare la spesa a Milano è un salasso
Il Codacons ha realizzato un’indagine sul costo della vita nelle principali città italiane, confrontando prezzi e tariffe di carne, ortofrutta, dentisti, parrucchieri e bar. Per mangiare bene a Milano si spende in media il 47% in più rispetto a Napoli. Un carrello composto da ortofrutta, carne, pesce e pane costa in media 99,24 euro, mentre nella città partenopea solo 67,58 euro.
Costo della vita sempre più alto: dai rifiuti al ginecologo
A Napoli, la tariffa dei rifiuti raggiunge i 507,96 euro, il 148% in più rispetto a Trento (205 euro). Per quanto riguarda i bar, Trento rivendica il caffè più caro (1,24 euro l’espresso), seguita da Trieste (1,14 euro) e Bologna (1,13 euro). A Catanzaro, una tazzina di caffè costa in media 0,82 euro. A Bari, per una donna, un taglio dal parrucchiere costa 26,48 euro, mentre a Napoli solo 11,80 euro. Palermo è il paradiso dei denti: per un’otturazione si sborsano solo 66 euro, mentre ad Aosta 174 euro. Le visite private dal ginecologo costano 155 euro a Trento e Milano, mentre al sud, 80 euro a Napoli e 95 a Catanzaro.
Il costo della vita è estremamente diversificato tra nord e sud
“Il costo della vita è estremamente diversificato sul territorio, con le città del sud che risultano mediamente più economiche rispetto al Nord Italia. Prezzi e tariffe appaiono tuttavia in continua evoluzione: gli aumenti delle bollette di luce e gas stanno infatti determinando nelle ultime settimane rincari a cascata dei prezzi al dettaglio, a causa dei maggiori costi in capo a imprese e attività che vengono inevitabilmente scaricati sui consumatori attraverso rialzi dei listini”.
2500 euro al mese
Con uno stipendio da 2.500 euro al mese, in città, si può ambire al massimo a comprare un monolocale di meno di 40 metri quadrati con un mutuo trentennale all’80 per cento, naturalmente fuori dal centro. Un dato che sintetizza come mai a Milano ci sia un problema di accessibilità.
Per quanto paradossale, la conferma di questa dinamica centrifuga arriva analizzando il successo dei grandi sviluppi immobiliari lungo le cerchie esterne. Sette le aree prese in considerazione tra il 2019 e il 2023 dall’ultima ricerca di Casavo, dimostrando la forte ricettività milanese anche nelle zone più periferiche, fino a pochi anni fa escluse dalle mappe immobiliari. Questo fenomeno innesca un meccanismo di creazione di valore dei quartieri, fissando quanto i milanesi siano effettivamente disposti a pagare per un appartamento fuori dalle prime cerchie.
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Società
Homeschooling: tra diritto, numeri in crescita e incognite — perché l’istruzione parentale torna sotto i riflettori
Sempre più famiglie italiane scelgono di educare i propri figli a casa, spingendo al centro del dibattito scuola, lealtà istituzionale e vissuto quotidiano. Ma quali sono le regole, i pro e i contro reali di questa opzione?
Negli ultimi anni l’istruzione parentale — nota come homeschooling — ha smesso di essere considerata una scelta marginale per accendere i riflettori su di sé. In Italia il fenomeno è in forte crescita: secondo dati aggiornati, gli studenti che non frequentano la scuola tradizionale ma ricevono educazione in famiglia sono passati da circa 5.000 (nel 2017-2018) a oltre 16.800 nel 2023/2024.
Una crescita significativa, che ha alimentato dibattiti — tra sostenitori che vedono nell’homeschooling un’opportunità educativa e critici che denunciano rischi di isolamento o mancanza di controllo.
Origini e inquadramento legale
L’idea che la scuola non sia l’unica via per educare i giovani non nasce oggi. Già nella Costituzione italiana, l’articolo 30 riconosce ai genitori il diritto e il dovere di “mantenere, istruire ed educare i figli”.
Dal punto di vista giuridico, l’istruzione obbligatoria — per almeno 10 anni — può essere assolto anche al di fuori delle classiche aule, a patto che la famiglia comunichi ogni anno la propria scelta alle autorità scolastiche di competenza.
Chi opta per l’homeschooling deve garantire di avere le “capacità tecniche ed economiche” (o affidarsi a un educatore privato), e ogni anno il percorso deve essere notificato all’istituto referenziale: è un sistema legale e regolamentato, non una zona grigia.
Eppure, non basta: alla fine di ogni anno scolastico l’alunno che studia in casa deve sottoporsi a una verifica di idoneità, come previsto dalla normativa, per accertare che il diritto all’istruzione (e quindi l’obbligo formativo) sia effettivamente rispettato.
Numeri e motivazioni dietro la crescita
L’impennata dell’homeschooling è fortemente legata alla pandemia. Molte famiglie — sperimentando per necessità la didattica a distanza — hanno deciso di continuare con l’istruzione a casa anche dopo la riapertura delle scuole.
Una recente indagine 2024 dell’associazione LAIF conferma che oggi le famiglie che scelgono l’istruzione parentale sono più numerose e variegate rispetto al passato, e adottano approcci differenti: da modelli strutturati e vicini al programma scolastico tradizionale, a forme più libere di apprendimento, come l’“unschooling”.
Per molti genitori l’homeschooling rappresenta la possibilità di educare i figli in modo più personalizzato, flessibile e vicino ai ritmi delle singole famiglie — senza rinunciare a qualità educativa e valori.
I pro: personalizzazione, flessibilità e rapporti familiari
- Percorso su misura: con l’homeschooling la didattica può essere calibrata in base ai tempi di apprendimento del bambino, alle sue inclinazioni, con attenzione a interessi e potenzialità individuali.
- Flessibilità: consente di modulare orari e metodi, adattarsi ad esigenze particolari (salute, spostamenti, stile di vita).
- Ambiente protetto e sicuro: per famiglie che temono bullismo, stress scolastico o esigenze educative diverse, la scuola in casa offre un contesto più controllato.
- Partecipazione attiva dei genitori: diventa un’occasione per costruire relazioni profonde, seguire da vicino lo sviluppo dei propri figli, trasmettere valori e metodi di apprendimento personalizzati.
In molti casi, infatti, le famiglie che praticano homeschooling raccontano un’esperienza di maggiore coinvolgimento educativo, meno ansia da compiti, più serenità generale.
I contro: isolamento, verifica e dibattito sociale
- Ruolo sociale e relazionale della scuola: frequentare la scuola non significa solo imparare nozioni: è anche socializzazione, incontro con coetanei, esperienze di confronto e convivenza. L’homeschooling può limitare questo aspetto. Alcuni psicologi e pedagogisti avvertono del rischio che, senza interazioni regolari, i bambini possano sviluppare “ansia, frustrazione o difficoltà sociali”.
- Controlli e qualità dell’istruzione: se le famiglie non sono supportate o poco preparate, c’è il rischio che la formazione risulti debole o parziale. La necessità di un esame di idoneità ogni anno è una tutela, ma non sempre garantisce un percorso efficace.
- Disparità di opportunità: non tutte le famiglie dispongono del tempo, delle risorse, delle competenze per offrire un’istruzione adeguata. Questo può creare disuguaglianze.
- Criticità in alcuni casi specifici: recenti fatti di cronaca — come la vicenda della cosiddetta “famiglia nel bosco” in Abruzzo — hanno riacceso polemiche. In quel caso, i bambini sono stati allontanati non per l’homeschooling in sé, che risultava legale, ma per questioni legate alla loro tutela, contesto abitativo e vita sociale.
Questo genere di episodi alimenta la diffidenza dell’opinione pubblica e richieste di maggiore regolamentazione.
Quale scuola per il futuro?
L’homeschooling non è una “moda” né una fuga dalla scolarità: è una modalità prevista dalla legge, regolamentata e legittima. In un’Italia sempre più pluralista e complessa, rappresenta una scelta educativa che risponde a esigenze reali — ma richiede consapevolezza, responsabilità e rigore.
Se da un lato può offrire percorsi su misura e personalizzati, dall’altro impone un dialogo costante tra famiglia, istituzioni e comunità: per verificare qualità, garantire diritti, assicurare che ogni bambino abbia accesso a un’educazione piena e integrata.
Se l’homeschooling crescerà ancora, dovrà farlo insieme a garanzie di trasparenza, norme chiare e attenzione al benessere complessivo dei minori. Solo così potrà restare una vera alternativa e non diventare pretesto per trascurare doveri educativi e sociali.
In un Paese che cambia, l’istruzione parentale è una domanda di libertà — e una sfida di civiltà.
Cucina
Gỏi cuốn, gli involtini vietnamiti freschi: leggerezza, storia e sapori dal Sud-Est asiatico
Un piatto iconico della cucina vietnamita, diventato simbolo di freschezza e tradizione: gli involtini di carta di riso con gamberi, verdure ed erbe aromatiche.
I gỏi cuốn, conosciuti in Italia come involtini vietnamiti freschi, sono uno dei piatti più rappresentativi del Vietnam, soprattutto delle regioni del sud come Saigon (oggi Ho Chi Minh City). Molto diversi dagli involtini fritti cinesi o dai celebri nem rán vietnamiti, i gỏi cuốn si presentano come rotoli leggeri e traslucidi, preparati con carta di riso e un ripieno fresco di gamberi, erbe aromatiche, vermicelli di riso e verdure crude.
Sono consumati tutto l’anno come antipasto o street food, perché freschi, veloci da preparare e perfetti nei climi caldi e umidi del Sud-Est asiatico.
La loro origine non è attribuita a un periodo preciso, ma la diffusione della carta di riso in Vietnam risale almeno al XVIII secolo, quando diventò un ingrediente chiave nella cucina del Sud del Paese. I gỏi cuốn erano inizialmente un piatto domestico, servito nelle famiglie contadine come pasto leggero. Oggi sono considerati un vero patrimonio culinario, tanto da essere inclusi nelle liste dei migliori piatti al mondo secondo diverse riviste gastronomiche internazionali (come CNN Travel, che li ha più volte inseriti nella sua top 50).
Ingredienti per circa 10 involtini
Procedimento
- Cuocere i vermicelli di riso.
Lessarli per 3–4 minuti in acqua bollente, scolare e raffreddare sotto acqua fredda. - Preparare le verdure.
Tagliare carota e cetriolo a julienne sottili. Lavare e asciugare bene lattuga ed erbe aromatiche. - Preparare i gamberi.
Se non già cotti, sbollentarli per pochi minuti e tagliarli a metà nel senso della lunghezza: questo trucco permette di avere più gamberi per involtino e un aspetto scenografico. - Ammorbidire la carta di riso.
Riempire un piatto fondo con acqua tiepida. Immergere un foglio di carta di riso per 3–4 secondi (non di più: si ammorbidirà da sola mentre la farcite). - Farcire gli involtini.
Posizionare il foglio su un tagliere:- mettere prima una foglia di lattuga,
- poi un piccolo mazzetto di vermicelli,
- carota, cetriolo, erbe,
- infine i gamberi con la parte curva rivolta verso l’alto.
- Chiudere i gỏi cuốn.
Ripiegare i lati verso l’interno, poi arrotolare dal basso verso l’alto tenendo il ripieno compatto.
La carta di riso appiccica naturalmente e sigilla perfettamente. - Servire immediatamente.
I gỏi cuốn vanno mangiati freschi e accompagnati dalla salsa hoisin–arachidi o dalla nuoc cham.
Origini e significato culturale
Il termine gỏi cuốn si traduce approssimativamente con “involtini di insalata”. In alcune zone del Sud del Vietnam sono chiamati anche summer rolls o fresh spring rolls, denominazioni poi adattate nei paesi occidentali.
Nella tradizione vietnamita, il cibo fresco e ricco di erbe ha un ruolo fondamentale nel bilanciamento dei sapori e nella filosofia culinaria dei “cinque elementi”: fresco, croccante, morbido, dolce e salato.
I gỏi cuốn rappresentano perfettamente questo equilibrio, ed è per questo che sono apprezzati sia come pasto leggero sia come cibo conviviale da preparare insieme a famiglia e amici.
Negli ultimi vent’anni, con l’espansione della cucina vietnamita all’estero, questi involtini sono diventati popolari in Europa e negli Stati Uniti grazie alla loro leggerezza e al fatto che non sono fritti, quindi più salutari rispetto ad altri street food asiatici.
Un’esplosione di freschezza che conquista tutti
Semplici da fare, belli da vedere e incredibilmente versatili, gli involtini vietnamiti sono la prova che una cucina antica può parlare al gusto contemporaneo.
Perfetti come antipasto, ideali per un pranzo leggero o una cena d’estate, portano in tavola un pezzo di Vietnam: profumi di menta, croccantezza di verdure, morbidezza dei vermicelli e la dolcezza dei gamberi.
Lifestyle
Single e senza paura: come affrontare la solitudine e riscoprirsi dopo una rottura
Essere di nuovo soli dopo una relazione può far paura. Non solo per il cuore infranto, ma per tutte le piccole e grandi sfide che la vita da single comporta: la paura di non trovare più l’amore, di mangiare da soli, di ricominciare da capo.
Quando una storia finisce, il silenzio che segue può far più rumore delle parole non dette. Si resta soli, circondati dai propri pensieri, e spesso la sensazione dominante è la paura: paura del vuoto, di non essere più desiderati, di dover affrontare la quotidianità senza l’altro. A volte la più banale – come entrare da soli in un ristorante – nasconde la più profonda: la paura di restare soli per sempre. Un timore così diffuso da avere anche un nome: anuptafobia, ovvero la paura patologica di non riuscire mai più a trovare un partner.
Anuptafobia: la paura di non essere più amati
Nella società contemporanea, dove la coppia è spesso sinonimo di “completezza”, essere single viene ancora visto come una condizione da giustificare. Eppure, psicologi e terapeuti ricordano che la paura di restare soli nasce più dal giudizio sociale che da un reale disagio personale.
«Molte persone associano l’amore a un bisogno di sicurezza e validazione – spiega la psicoterapeuta Valentina M. (fonte: Società Italiana di Terapia Cognitivo-Comportamentale) – ma imparare a stare soli è una forma di autonomia emotiva, non una condanna».
Per affrontare questa paura, il primo passo è non giudicarsi. Accettare che si possa avere paura è già un modo per disinnescare l’ansia. E circondarsi di persone autentiche, che non alimentano il pregiudizio ma supportano, è un aiuto fondamentale.
Accettare la fine: tra dolore e rinascita
Dopo una rottura, il cervello tende a negare la realtà: “magari tornerà”, “è solo una pausa”. In realtà, accettare che una storia sia davvero finita è uno dei processi più difficili ma anche più liberatori.
Molti, per non soffrire, riempiono le giornate di attività, evitano il contatto con le emozioni o continuano a spiare l’ex sui social. Ma secondo gli esperti, è proprio il dare spazio al dolore che permette di superarlo.
Il consiglio è pratico: interrompere ogni contatto con l’ex, almeno per un periodo, e ricostruire la propria routine. Dormire, mangiare in modo regolare, muoversi, e mantenere le attività quotidiane sono i primi mattoni della ripresa. Poi arriva la fase della cura di sé: riscoprire passioni, frequentare amici, e, poco a poco, lasciare che il tempo faccia il suo corso.
Le piccole paure quotidiane: da soli, ma non soli
Mangiare o andare al cinema da soli è ancora un tabù. L’idea che “gli altri penseranno che sono sola” nasce da una distorsione comune: credere che il giudizio altrui definisca il proprio valore.
Eppure, imparare a fare cose da soli è una delle esperienze più liberatorie. Permette di conoscersi meglio, di ascoltare i propri desideri e, a volte, persino di incontrare nuove persone.
Sedersi a un tavolo da soli, ordinare un piatto che piace, godersi un film: sono piccoli gesti che insegnano autonomia emotiva e sicurezza personale. Un libro o un taccuino possono essere ottimi compagni, ma la vera compagnia è quella che si costruisce con se stessi.
FOSO: la paura di ricominciare
Dopo una separazione, un’altra paura frequente è quella di rimettersi in gioco. Si chiama FOSO (Fear of Starting Over), ed è il timore del cambiamento, dell’incertezza, della possibilità di soffrire di nuovo.
Spesso chi si è abituato alla solitudine teme di perdere il nuovo equilibrio faticosamente conquistato. Ma ricominciare non significa cancellare il passato: significa ripartire da sé, con più consapevolezza e meno illusioni.
La chiave è rispettare i propri tempi, non forzare la mano. Prima si ricostruisce l’autostima, poi si impara a fidarsi. Non serve inseguire un nuovo amore per colmare un vuoto: serve lasciare che arrivi quando si è pronti ad accoglierlo.
La libertà di essere soli e felici
Essere single non è una condizione da temere, ma un’occasione per riscoprire se stessi. Significa imparare a convivere con il silenzio, a riconoscere le proprie paure e a trasformarle in forza.
Come scriveva Rainer Maria Rilke, “l’amore consiste in questo: due solitudini che si proteggono, si toccano e si accolgono”.
Prima di amare un’altra persona, forse, è necessario imparare ad amare la propria solitudine.
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