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Lifestyle

Harry & Meghan: “Non c’è due senza tre”!

Sembra che i duchi del Sussex stiano davvero vivendo un periodo molto romantico e unito, perché desiderano raccontare, a un costo, altri dettagli della propria storia attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Ecco come si preparano alle riprese della seconda e terza stagione di Harry & Meghan.

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    Un modo per capitalizzare sul loro status pubblico
    La crescente popolarità della serie trasmessa su Neflix è un riflesso dell’interesse del pubblico per le vite delle persone reali e delle loro sfide personali. Ma, è importante notare che, anche se stanno guadagnando milioni di dollari dalla loro partecipazione a questi progetti, sono comunque essere vincolati da una certa forma di narrazione o controllo dell’immagine.

    Il principe Harry con sua moglie Meghan e a destra con la mamma Diana

    Sebbene possano essere in grado di condividere aspetti significativi delle loro vite attraverso queste produzioni, i duchi sono soggetti a critiche o controversie legate alla loro rappresentazione mediatica. Resta da vedere come gestiranno queste sfide mentre continuano a espandere la loro presenza nel mondo dell’intrattenimento e a costruire il loro impero mediatico.

    Lui campione di polo, lei esperta di preparazioni culinarie

    Come si mostreranno nella seconda serie
    Meghan Markle e il principe Harry, con i loro progetti sulla cucina e sul polo, offriranno al pubblico la possibilità di esplorare questi due mondi attraverso le loro prospettive uniche. La passione di Meghan per la cucina è nota, e con il suo coinvolgimento nella serie dedicata a questo argomento, i fan potranno vedere il suo amore per il cibo e le sue abilità culinarie in azione. Questo potrebbe includere ricette, storie dietro i piatti e forse anche approfondimenti culturali legati al cibo.

    D’altra parte, il principe Harry porterà la sua esperienza nel mondo del polo alla serie dedicata a questo sport. Con la sua conoscenza approfondita del gioco e della cultura circostante, il pubblico avrà l’opportunità di apprezzare il polo da una prospettiva insider, magari con accesso esclusivo a tornei, allenamenti e interviste con altri giocatori professionisti. Insieme, questi progetti offriranno al pubblico una finestra su due passioni diverse dei duchi del Sussex, consentendo loro di condividere il loro interesse personale con il mondo e di ampliare il loro impatto nel mondo dell’intrattenimento.

    Infine, il fatto che abbiano scelto di concentrarsi su contenuti che riflettono i loro interessi personali, suggerisce un desiderio di autenticità e di condivisione delle proprie passioni con il pubblico. E questo potrebbe contribuire a consolidare il loro legame con gli spettatori e ad ampliare il loro appeal oltre la sfera della famiglia reale.

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      Lifestyle

      Dalle zucche alle ombre sul pianerottolo: Halloween, la notte in cui fantasmi, streghe e dolcetti conquistano grandi e piccini

      Tra zucche intagliate, porte bussate e case trasformate in scenografie gotiche, il 31 ottobre è ormai un appuntamento fisso. Le sue radici affondano nella tradizione celtica di Samhain, tra riti per scacciare gli spiriti e simboli di passaggio. Oggi Halloween vive tra antiche leggende e divertimento moderno, dove i bambini chiedono “dolcetto o scherzetto” e gli adulti riscoprono il gusto dell’immaginazione.

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        La vigilia di Ognissanti ha un fascino ambiguo: è la notte in cui l’oscurità sembra farsi più morbida, pronta a mescolarsi con le risate dei bambini travestiti da vampiri e principesse gotiche. Halloween nasce come festa di passaggio, quando secondo le popolazioni celtiche il confine tra vivi e spiriti si assottigliava. Oggi quel varco simbolico sopravvive in forma pop, tra cappelli da strega, mantelli neri e zucche illuminate che punteggiano balconi e pianerottoli. Una celebrazione del brivido controllato: piccolo, domestico, divertente.

        Zucche, travestimenti e campanelli

        Le strade italiane si sono abituate a bussate improvvise e richieste zuccherine. I bambini si presentano mascherati, pronti per il gioco rituale del “dolcetto o scherzetto”, portando con sé sacchetti pieni di caramelle e occhi brillanti. In cucina si preparano biscotti a forma di pipistrello, mini muffin con glassa arancione, cioccolatini al caramello e mele candite. Nelle case, candele e lucine calde si alternano a ragnatele finte, teschi decorativi e ghirlande nere. È un teatro casalingo in cui nessuno prende davvero paura, ma tutti fingono di farlo.

        Tra folklore e quotidiano

        Halloween parla anche agli adulti. C’è chi organizza cene a tema, chi preferisce maratone di film horror e chi semplicemente gode del silenzio interrotto solo dal suono di campanelli e risate dietro la porta. L’immaginario è pieno: streghe che volteggiano tra leggende scozzesi e cinema americano, fantasmi che sussurrano nelle fiabe, zucche che proteggono dalle ombre. Nelle città italiane, locali e piazze si animano con feste e decorazioni, tra mantelli, trucco teatrale e musica cupa. È un momento collettivo, un carnevale d’autunno dove la fantasia prende il sopravvento.

        Halloween non chiede di credere ai fantasmi: invita a giocarci. È la notte in cui la paura diventa spettacolo, la casa si trasforma in rifugio scenografico e la curiosità dei più piccoli accende anche lo sguardo dei grandi.

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          Libri

          Un documentario celebra il Cedro di Calabria: presentato il dossier sulla Citrus medica

          La prima parte del progetto “Melon, Citrus, Cedro? Storia, filologia e simbolismo della Citrus medica” è disponibile sul sito ARSAC. Un percorso tra storia antica, tradizione religiosa, linguistica e memoria agricola, sostenuto dal PSR Calabria e introdotto dal giornalista Paolo Di Giannantonio. L’edizione completa arriverà per Calabria Città Edizioni – Rubbettino Editore.

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            Il cedro non è solo un agrume: per la Calabria è simbolo, radice, materia viva di memoria collettiva. L’ARSAC – Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese – presenta la prima parte del dossier-documentario “Melon, Citrus, Cedro? Storia, filologia e simbolismo della Citrus medica”, firmato dal Dott. Gianbattista Sollazzo, riconosciuto studioso delle fonti storiche legate al cedro. Un lavoro che accompagna il lettore alle origini di un frutto millenario, ponte tra cultura mediterranea, religione e identità territoriale.

            Tra ricerca storica e radici spirituali
            Il progetto nasce nell’ambito delle “Azioni informative e dimostrative sul territorio regionale”, finanziate dal FEASR – Misura 1, Intervento 1.2.1 del PSR Calabria 2014/2022, con il sostegno dell’Assessore regionale all’Agricoltura, On. Gianluca Gallo, e della Direttrice Generale ARSAC, Dott.ssa Fulvia Michela Caligiuri. Il dossier ricostruisce la storia del cedro attraverso testi classici, linguistica antica e testimonianze religiose, in particolare sul legame tra il cedro-etrog e la tradizione ebraica, di cui la Riviera calabrese rappresenta un punto nevralgico riconosciuto nel mondo.

            Accanto al rigore storico, la pubblicazione porta firme di rilievo. La supervisione scientifica è del Prof. Giuseppe Squillace, Ordinario di Storia Greca dell’Università della Calabria, mentre la prefazione è affidata al giornalista e volto televisivo Paolo Di Giannantonio. Un contributo decisivo arriva anche dal Rabbino Moshe Lazar e da suo figlio Menachem, che hanno autorizzato l’uso delle immagini legate alla raccolta degli etrogim per Sukkot e offerto un prezioso supporto all’inquadramento simbolico e religioso del frutto.

            Verso l’edizione completa
            Il lavoro fotografico è curato da Eugenio Magurno, con materiale aggiuntivo messo a disposizione dalla Dott.ssa Mery Casella (MC Social Marketing). Questa pubblicazione rappresenta solo l’inizio: seguirà infatti un’edizione integrale, edita da Calabria Città Edizioni – Rubbettino Editore, con ulteriori approfondimenti storici, filologici e antropologici.

            La prima parte dell’opera è consultabile sul sito ARSAC, un invito a riscoprire il cedro non solo come prodotto agricolo, ma come simbolo profondo e identitario di una terra che continua a raccontarsi attraverso i suoi frutti e la sua storia millenaria.

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              Moda

              Moda, il ritorno del paltò: classico, oversize o vintage, il cappotto dell’inverno si porta con personalità

              Simbolo di stile e sobrietà, il cappotto lungo riconquista passerelle e armadi. Tra lana spessa, tweed o cashmere, è il capo chiave dell’autunno-inverno 2025.

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              il ritorno del paltò

                Il ritorno del cappotto lungo

                È ufficiale: il paltò è tornato. Dopo stagioni dominate da piumini tecnici e bomber oversize, il cappotto lungo torna a dettare legge, riscoprendo l’eleganza classica. Le passerelle di Parigi e Milano l’hanno consacrato protagonista assoluto dell’inverno: tagli dritti, spalle importanti e silhouette pulite. Ma non è un ritorno nostalgico — il nuovo paltò gioca con proporzioni, tessuti e dettagli contemporanei. Il fascino è quello di un capo che non urla, ma comunica con autorevolezza.

                Dalla sartoria al guardaroba urbano

                Una volta simbolo di rigore, oggi il paltò si reinventa. Si porta aperto, con sneakers o stivali, su jeans o completi fluidi. La moda lo mescola al quotidiano, lo alleggerisce, lo rende democratico. I colori? Dominano i neutri — cammello, grigio, blu notte, ma anche nero e verde bosco. Per chi osa, tornano i quadri e i motivi check di ispirazione british, in perfetto equilibrio tra nostalgia e modernità.
                Gli stilisti lo reinterpretano in lana cotta, tweed o cashmere double, e le versioni oversize diventano quasi una coperta urbana: rassicurante, elegante, mai banale.

                Paltò per lei, paltò per lui

                Nel guardaroba femminile il paltò abbraccia forme morbide, cintura in vita e collo ampio, spesso portato sopra minidress o maglioni chunky. Per l’uomo resta il grande classico — doppiopetto o monopetto, spalle strutturate e linea asciutta — ma il nuovo modo di indossarlo è più rilassato: con cappuccio sotto, dolcevita o camicia sbottonata.
                È il ritorno di una certa idea di eleganza: quella che non ha bisogno di stupire, ma solo di durare.
                In un’epoca di abbigliamento usa e getta, il paltò resta un manifesto di stile. Si compra una volta, si indossa per anni. Ed è proprio questo — la sua discreta, resistente bellezza — il vero lusso del presente.

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