Lifestyle
Il coitus interruptus diventa una (stupida) sfida chiamata “sex roulette”
Si tratta di una delle challenge social che mette a rischio la vita dei più giovani che per gioco, orgoglio e valutazioni errate, si giocano la loro incolumità.
Una sfida denominata “sex roulette” ed è una delle più pericolose challange social che mettono a rischio la vita dei più giovani. Si tratta di una pratica in cui i partecipanti hanno rapporti sessuali consenzienti senza preservativo, o lo rimuovono durante l’atto, per vedere cosa succede. Le conseguenze possono includere gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili (MST). Un fenomeno diffuso inizialmente per attirare l’attenzione e per il gusto del rischio, ma che può comportare gravi rischi per la salute.
Ma quando è nata questa challange
La sfida è emersa da circa un anno in Italia, ma ha radici più profonde all’estero, in particolare tra i giovani di Belgrado. L’incontro avviene spesso per noia o per il desiderio di sperimentare il pericolo, con i partecipanti che condividono i contenuti sui social network. Nel tempo, la sfida ha assunto diverse varianti, inclusa quella di coinvolgere una persona sieropositiva, aumentando ulteriormente il rischio di trasmissione di malattie.
Quanti si sfidano in Italia
I primi casi documentati di “sex roulette” in Italia sono stati registrati in Lombardia. Molte procure tra cui quella di Brescia hanno avviato un’indagine su questo fenomeno durante una conferenza sul cyberbullismo. Con la crescente diffusione di piattaforme per adulti, il rischio è che questa pratica diventi più comune e pericolosa.
Coitus interruptus? Una mitologia
In Italia, circa l’11,6% dei giovani ha avuto la sua prima esperienza sessuale prima dei 13 anni, secondo l’Osservatorio ‘Giovani e sessualità’ di Durex e Skuola.net. Meno della metà di questi giovani usa il preservativo (43,4%), e la percentuale è ancora più alta tra gli 11 e i 13 anni, dove il 55,6% non utilizza alcun metodo contraccettivo.
Quali sono i rischi oltre che restare incinta
Il principale rischio associato alla “sex roulette” è la contrazione di infezioni sessualmente trasmesse (IST). Queste malattie, trasmesse principalmente attraverso rapporti sessuali non protetti, possono avere un impatto significativo sulla salute sessuale e riproduttiva e aumentano il rischio di infezione da HIV. Il Ministero della Salute riporta che oltre 30 diversi batteri, virus e parassiti possono essere trasmessi attraverso il contatto sessuale. Tra questi, quattro (sifilide, gonorrea, clamidia e tricomoniasi) sono curabili, mentre altre quattro (epatite B, Hsv, HIV e HPV) sono infezioni virali incurabili.
Aumentano le infezioni trasmesse sessualmente
Ogni giorno si registrano un milione di nuove infezioni sessualmente trasmesse, molte delle quali non presentano sintomi gravi immediati. L’uso del preservativo e la vaccinazione sono gli unici metodi efficaci per ridurre il rischio di contagio. Sono disponibili vaccini sicuri ed efficaci per l’epatite B e l’HPV, e la ricerca è in corso per sviluppare vaccini contro l’herpes genitale e l’HIV.
E’ auspicabile una maggiore prevenzione e soprattutto più presenza delle famiglie
Una maggiore educazione sessuale e all’affettività potrebbe aiutare a prevenire la partecipazione a sfide pericolose come la “sex roulette”. Educare i giovani sui rischi e sulle conseguenze delle loro azioni è fondamentale per proteggerli da pericoli evitabili.
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Cucina
L’oro dolce dei Balcani: la tradizione dell’halva di semi di girasole
Dalle sue origini affascinanti fino alla ricetta autentica: ecco come nasce uno dei dolci più amati e diffusi nei mercati di Turchia, Bulgaria, Grecia, Russia e Medio Oriente. Una delizia che unisce storia, cultura e sorprendenti proprietà nutritive.
Una storia che profuma di tradizione
Il termine halva deriva dal termine arabo ḥalwā, che significa “dolce”. Le sue radici sono antichissime: le prime versioni documentate compaiono tra Persia e regioni ottomane già dal XIII secolo. Nel corso dei secoli, la ricetta ha viaggiato lungo rotte commerciali e culturali, arrivando nelle attuali Turchia, nei Balcani, in Grecia e fino alla Russia.
Esistono molte varianti: a base di semola, tahina (crema di sesamo), noci o semi di girasole. Proprio quest’ultima è tra le più popolari nell’Europa orientale, grazie alla disponibilità locale del girasole e al suo sapore ricco e aromatico.
Perché i semi di girasole?
Ricchi di grassi “buoni”, vitamine del gruppo B e minerali come magnesio e fosforo, i semi di girasole sono un ingrediente tradizionale ma anche sorprendentemente attuale. Nella versione dell’halva, vengono tostati e macinati fino a diventare una crema rustica che, unita a un caramello leggero, dà vita a un dolce compatto, friabile e naturalmente profumato.
La ricetta dell’halva ai semi di girasole
Ingredienti (per circa 8 porzioni)
- 200 g di semi di girasole sgusciati
- 120 g di zucchero
- 80 g di miele (o sciroppo di glucosio nelle versioni più tradizionali)
- 50 ml di acqua
- 1 pizzico di sale
- 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (facoltativo)
(Nelle preparazioni industriali può essere presente anche pasta di semi di girasole, ma a livello casalingo la versione tostata e macinata resta la più comune e fedele alla tradizione.)
Procedimento
Tostare i semi
Distribuisci i semi di girasole su una padella antiaderente e falli tostare a fiamma media per 4–5 minuti, mescolando spesso. Devono dorarsi leggermente e sprigionare il loro profumo, ma senza bruciare.
Lasciali raffreddare completamente.
Ridurli in crema
Una volta freddi, frulla i semi in un mixer potente fino a ottenere una consistenza sabbiosa e poi via via sempre più cremosa.
Se necessario, procedi a intervalli per evitare di surriscaldare il motore.
Aggiungi un pizzico di sale e, se lo gradisci, la vaniglia.
Preparare lo sciroppo
In un pentolino unisci acqua, zucchero e miele. Cuoci a fuoco medio finché la miscela raggiunge una consistenza densa, simile a un caramello chiaro (circa 118–120°C, fase “soft ball”).
Se non hai un termometro, osserva che lo sciroppo cominci a filare e diventi viscoso.
Unire crema e sciroppo
Versa lo sciroppo caldo nella crema di semi e mescola energicamente con una spatola. Il composto tenderà a compattarsi man mano che lo zucchero cristallizza: è normale ed è proprio questa reazione a creare la tipica consistenza friabile dell’halva.
Modellare e raffreddare
Trasferisci la massa in uno stampo foderato con carta da forno, pressandola bene.
Lascia riposare a temperatura ambiente per 3–4 ore, finché non diventa solida e facile da tagliare.
Servire
Taglia l’halva a fette o cubotti. Si conserva per diversi giorni in un contenitore ermetico, senza necessità di frigorifero.
Un dolce antico che parla al presente
L’halva di semi di girasole è un dessert che unisce tradizione e modernità: ricca ma naturale, dolce ma non stucchevole, perfetta da gustare da sola o accompagnata da tè caldo o caffè.
Una ricetta che racconta secoli di scambi e contaminazioni tra culture diverse, ma che continua — ieri come oggi — a conquistare chiunque ami i sapori autentici.
Curiosità
Pandoro o panettone? La sfida delle feste tra tradizione, gusti e creatività in cucina
Dalla storia alle varianti gourmet, fino ai consigli degli esperti per scegliere e servirli al meglio: una guida per affrontare il duello più dolce del Natale.
Quando il Natale si avvicina, sulle tavole italiane si riaccende un duello che nessuna tregua gastronomica sembra riuscire a spegnere: panettone contro pandoro. Due dolci iconici, diversissimi nella struttura, nelle origini e nella percezione collettiva. Entrambi tutelati dal marchio di “prodotto da forno a lievitazione naturale” secondo un disciplinare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma con identità ben distinte.
Il panettone, nato a Milano tra XV e XVI secolo secondo le versioni più accreditate, è caratterizzato da un impasto lievitato e arricchito con uvetta e canditi, previsti obbligatoriamente dal disciplinare per essere definito tale. Oggi convivono infinite varianti – dal cioccolato alle creme spalmabili, dalla frutta esotica alle versioni senza zuccheri aggiunti – ma l’aroma agrumato della scorza d’arancia rimane la firma più riconoscibile.
Il pandoro, invece, arriva da Verona e vanta radici ottocentesche. Il suo impasto, morbido e compatto, è ricco di burro e uova e deve la sua soffice fragranza alla lunga lievitazione. Privo di canditi o frutta, è il dolce “neutro” per eccellenza, spesso preferito da chi cerca una dolcezza più semplice. La caratteristica forma a stella a otto punte e lo zucchero a velo – da spargere al momento – ne completano il rito.
Negli ultimi anni la competizione si è fatta ancora più serrata, complice la crescita dei piccoli laboratori artigianali e delle pasticcerie di alta qualità. Molti consumatori, infatti, cercano prodotti lievitati naturalmente per almeno 24-36 ore, con ingredienti selezionati e senza conservanti aggiunti. Le vendite confermano una tendenza in crescita: secondo i dati dell’Unione Italiana Food, tra panettoni e pandori il mercato supera ogni anno i 100 milioni di pezzi venduti, con il panettone che registra un aumento costante, soprattutto nelle versioni “creative”.
Ma come scegliere tra i due protagonisti natalizi? Gli esperti suggeriscono di valutare alcune caratteristiche chiave. Nel panettone è fondamentale l’alveolatura dell’impasto: deve essere irregolare e ben sviluppata, indice di una lievitazione corretta. Il profumo deve richiamare burro e agrumi, mentre la cupola deve risultare elastica. Per il pandoro, invece, la qualità si riconosce dalla sofficità: la fetta deve “strappare” con leggerezza e non risultare asciutta. Il colore giallo intenso è un buon indicatore della ricchezza dell’impasto.
La sfida, però, non si ferma al prodotto: anche il modo in cui vengono serviti cambia il risultato in tavola. Il panettone, ad esempio, dà il meglio di sé se tagliato a spicchi verticali dopo averlo lasciato a temperatura ambiente per almeno un’ora. Il pandoro, invece, può essere porzionato a fette orizzontali per ottenere la classica “stella” che spesso diventa la base per creme al mascarpone, chantilly o gelati.
Gli abbinamenti sono un altro terreno fertile per la creatività. Il panettone tradizionale si sposa con vini aromatici come Moscato d’Asti o Passito di Pantelleria, mentre le versioni al cioccolato trovano un alleato ideale nei rum o nei distillati morbidi. Il pandoro, più delicato, predilige spumanti dolci e bollicine leggere, ma può diventare sorprendente se accompagnato da creme agrumate che spezzano la sua dolcezza.
Sul fronte dei consumatori la sfida resta aperta: chi apprezza la complessità del panettone difficilmente rinuncia ai canditi, mentre chi ama le consistenze più soffici dichiara fedeltà assoluta al pandoro. Eppure, nelle cucine di molti italiani cresce una tregua inedita: la convivenza pacifica dei due dolci sulla stessa tavola, spesso affiancati da versioni “limited edition”, glasse artigianali e farciture gourmet.
Alla fine, forse, il vero vincitore non è l’uno né l’altro, ma la possibilità di trasformare questa rivalità gastronomica in un’occasione per condividere sapori e tradizioni. Perché, sotto l’albero, c’è spazio per tutti: per la cupola profumata del panettone e per la morbida eleganza del pandoro, entrambi ambasciatori di un Natale che, almeno a tavola, riesce sempre a mettere tutti d’accordo.
Società
Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
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