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Lifestyle

Io ce l’ho grande, e tu? Quanto contano le dimensioni?

Le dimensioni del pene hanno un impatto significativo sulla psicologia maschile e sulla percezione di sé. La crescita degli interventi di falloplastica e ligamentolisi, insieme all’influenza dei media e dei canoni estetici distorti, dimostra quanto sia importante affrontare il tema con realismo e sensibilità. Parlare apertamente delle dimensioni e delle aspettative può aiutare a ridurre l’insicurezza e a promuovere un’immagine corporea più sana e realistica.

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    Le dimensioni contano, eccome! Statistiche e testimonianze confermano una realtà spesso distorta dalla retorica. Nonostante i tentativi di convincerci del contrario, il numero di interventi di falloplastica e ligamentolisi è in costante aumento.

    Qualche dato per capire il fenomeno

    Tra il 2006 e il 2010, si è registrato un incremento annuo dell’8.1% negli impianti di protesi peniena, come riportato da uno studio del TAU (Translational Andrology and Urology) nel 2020. I dati della Società Internazionale di Chirurgia Plastica Estetica mostrano che tra il 2013 e il 2017 sono state effettuate 45.000 procedure di ingrandimento del pene, confermando una tendenza crescente.

    Interventi di falloplastica e ligamentolisi in rialzo

    Il fenomeno della dismorfobia, una percezione distorta del proprio corpo, è uno dei principali motivi che spingono gli uomini a sottoporsi a questi interventi. Secondo uno studio del British Journal of International Urology del 2014, la lunghezza media del pene varia da 9,17 cm da flaccido a 13,12 cm eretto, con un diametro che passa da 9,30 cm a 11,66 cm. Questi numeri, sebbene scientificamente utili, hanno un forte impatto psicologico sugli uomini, influenzando la loro autostima e il loro benessere.

    Come siamo rappresentati nell’arte

    Uno studio del 2022 pubblicato sul BJU International ha osservato come la rappresentazione dei peni nei dipinti sia cambiata nel corso della storia. Negli ultimi sette secoli, e in particolare dopo il 1900, i peni rappresentati nelle opere d’arte sono diventati più grandi, riflettendo un’idealizzazione crescente delle dimensioni come simbolo di virilità e sex appeal. Questo ha contribuito ad alimentare l’insicurezza maschile e la cosiddetta “sindrome da spogliatoio”.

    Il peso delle pressioni sociali e quanto influenza la pornografia

    L’insoddisfazione riguardo alle dimensioni del pene riguarda quasi la metà degli uomini, anche quando le dimensioni rientrano nella media. L’International Andrology di Londra sottolinea come la pressione sociale e le norme di confronto influenzino il benessere psicofisico degli uomini. I film pornografici, in particolare, creano un’immagine distorta dei corpi maschili, danneggiando l’autostima degli spettatori.

    Tutta colpa del porno

    Secondo Robert Weiss, psicoterapeuta e specialista delle dipendenze, il porno fa credere che solo i corpi con dimensioni imponenti siano attraenti. Causando una inevitabile vergogna e insicurezza negli uomini che non rientrano in questi standard. Weiss da molti anni elabora programmi clinici che forniscono istruzione online e trattamenti residenziali per uomini dipendenti da sesso, porno e sostanze stupefacenti.

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      Lifestyle

      Dopo il lieto fine: come la nascita di un figlio mette alla prova l’amore

      Dalla stanchezza alla ridefinizione dei ruoli, dal calo del desiderio alle nuove paure: perché la nascita di un figlio può mettere in crisi il legame di coppia e come affrontare il cambiamento insieme, senza perdersi.

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      Dopo il lieto fine

        Siamo abituati a vedere, nelle favole, la storia chiudersi con “e vissero felici e contenti”. Ma nessuno racconta cosa accade dopo. Nella vita reale, il “dopo” comincia proprio quando nasce un figlio. L’immagine della maternità e della paternità come momenti di pura felicità è radicata nella cultura collettiva, eppure dietro il sorriso dei neogenitori si nasconde spesso un terremoto emotivo.
        La coppia, che fino a poco prima si definiva attraverso l’intimità, la libertà e la reciprocità, si trova improvvisamente a dover rinegoziare tutto: tempi, spazi, desideri e priorità. Secondo diversi studi internazionali, la soddisfazione coniugale tende a diminuire sensibilmente nel primo anno di vita del bambino — un cambiamento fisiologico, ma non per questo meno doloroso.

        Il dopo parto: un cambiamento per entrambi

        Il corpo e la mente della madre attraversano una trasformazione radicale. Gli ormoni, la fatica e la pressione sociale del “essere una buona madre” possono generare senso di inadeguatezza, ansia o malinconia post partum. Ma anche il partner vive un suo cambiamento, spesso invisibile. Il senso di esclusione, la paura di non essere all’altezza o l’incertezza nel gestire il nuovo equilibrio familiare possono alimentare tensioni e incomprensioni.

        “Il primo figlio segna la nascita di tre entità: il bambino, la madre e il padre come genitori”, spiega la psicoterapeuta e perinatal coach Silvia Vegetti Finzi. “In questo passaggio, la coppia deve imparare a riconoscersi in ruoli nuovi, e ciò richiede tempo e dialogo.”

        Quando la coppia smette di essere “noi”

        Molte crisi post nascita derivano da un errore di prospettiva: credere che tutto tornerà come prima. Ma non è così. Il tempo condiviso si riduce, la sessualità cambia, e la gestione delle responsabilità può far emergere vecchie fragilità mai affrontate.
        Il sonno interrotto, le giornate scandite dai bisogni del neonato e la costante stanchezza logorano la pazienza e la comunicazione. A volte uno dei due si sente invisibile, mentre l’altro sommerso dalle aspettative.

        Gli esperti parlano di parental burnout, un esaurimento emotivo legato al ruolo genitoriale. Quando non si riesce più a ritagliarsi spazi personali o di coppia, la relazione rischia di trasformarsi in una partnership organizzativa, fatta di liste e turni, ma povera di intimità.

        Come affrontare la crisi senza rompersi

        Il primo passo è riconoscere che la crisi non è un fallimento, ma una tappa naturale dell’adattamento.
        Gli psicologi familiari suggeriscono alcune strategie semplici ma efficaci:

        • Comunicare senza giudizio. Dire ciò che si prova, anche la stanchezza o la frustrazione, permette di alleggerire il peso emotivo e di evitare incomprensioni.
        • Chiedere aiuto. Coinvolgere i nonni, amici o professionisti non significa essere deboli, ma prendersi cura del proprio equilibrio.
        • Ritrovare la coppia. Bastano piccoli gesti — una cena insieme, una passeggiata, un abbraccio consapevole — per ricordare che prima di essere genitori si è partner.
        • Rispettare i tempi. Il desiderio e la complicità possono diminuire, ma con ascolto e pazienza tornano a fiorire.

        Il ruolo della società

        Oggi si parla sempre più di “salute mentale perinatale”: una dimensione che coinvolge entrambi i genitori e che richiede supporto culturale e istituzionale. In Italia, progetti come Mamme in Cerchio o Nascita e Relazione offrono spazi di ascolto e gruppi di sostegno per affrontare la genitorialità in modo consapevole e condiviso.

        Perché se la nascita di un figlio cambia tutto, non significa che debba rompere qualcosa. Può essere, al contrario, un’occasione per riscoprire una forma d’amore più matura, che cresce insieme al bambino — e che, proprio come lui, ha bisogno di essere accudita ogni giorno.

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          Arte e mostre

          Regina Rania tra piramidi e couture: fuochi, stelle e un Dolce&Gabbana da favola per l’inaugurazione del Grand Egyptian Museum al Cairo

          Il Cairo accende i riflettori sul Grand Egyptian Museum, maxi tempio dell’antichità e nuova vetrina geopolitica del Paese. Alla serata inaugurale, una parata di reali e teste coronate: regina Rania in abito couture, il re Felipe di Spagna e il re Philippe del Belgio applaudono fuochi, performance e acrobati. L’Egitto prova a rilanciare immagine e turismo puntando su cultura, glamour e soft power.

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            Fuochi d’artificio che illuminano il deserto, fasci di luce che baciano le piramidi, coreografie tra danza contemporanea e folklore faraonico. Il Cairo ha scelto l’effetto “meraviglia totale” per l’inaugurazione del Grand Egyptian Museum, il colosso culturale affacciato su Giza destinato a custodire, tra gli altri tesori, l’intero corredo di Tutankhamon. Una notte spettacolare, studiata per restare nella memoria e — dettaglio non secondario — nei feed del mondo.

            Tra gli ospiti, la più fotografata è lei: la regina Rania di Giordania. Eleganza magnetica, sorriso calibrato e un abito Dolce&Gabbana che sembrava cucito per incarnare l’idea stessa di regalità mediorientale moderna. Linee pulite, luminosità couture, il giusto equilibrio tra tradizione e glamour internazionale. Il suo ingresso ha cristallizzato gli obiettivi e, per un istante, quasi rubato la scena alla maestosa scalinata del museo.

            Accanto a lei, altri monarchi di peso. Re Felipe VI di Spagna, impeccabile accanto alle piramidi illuminate. Re Philippe del Belgio, discreto ma presente in prima fila. Un parterre che sa di diplomazia soft, di nuove alleanze e di cultura come chiave geopolitica. Perché qui non si parlava solo di statue millenarie o reperti inestimabili: questa è una mossa d’immagine potente, un messaggio al turismo globale e al panorama internazionale.

            L’Egitto punta a riposizionarsi al centro della mappa culturale e turistica mondiale, e lo fa con una struttura monumentale e una regia scenica che sembra uscita da un colossal hollywoodiano. Luci che disegnano i profili di Giza come fossero un set, musiche epiche, troupe di ballerini e performer. Una celebrazione dell’identità faraonica in versione XXI secolo, dove archeologia e spettacolo convivono senza imbarazzi.

            In platea diplomatici, invitati selezionati, intellettuali e influencer culturali. Tutti pronti a immortalare la notte in cui l’Egitto ha deciso di raccontarsi non solo attraverso i suoi tesori antichi, ma anche attraverso stile, presenza internazionale e una modernità rivendicata.

            E mentre il finale esplodeva in un tripudio di fuochi e applausi, una cosa appariva chiara: il Grand Egyptian Museum non vuole essere solo un museo, ma un simbolo. Un ponte tra passato e futuro. E, giudicando dagli sguardi incantati dei presenti — e dall’impeccabile apparizione di Rania — la missione, almeno per una notte, è riuscita.

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              Cucina

              Dolce autunno: la magia della torta rovesciata di pere e melograno con farina di castagne

              La torta rovesciata di pere e melograno con farina di castagne è un omaggio ai frutti di novembre: un dessert semplice da preparare ma dal gusto sorprendentemente elegante, che unisce la dolcezza delle pere, l’acidità del melograno e il tocco antico della farina di castagne.

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              torta

                Con l’arrivo dei primi freddi, le cucine si riempiono di aromi avvolgenti e profumi di forno. È il momento ideale per riscoprire i dolci genuini, quelli che sanno di casa e di stagioni che cambiano. Tra questi, la torta rovesciata di pere e melograno con farina di castagne si distingue per il suo equilibrio di sapori e per l’eleganza naturale che la rende perfetta sia per un tè pomeridiano sia come dessert di fine pasto.

                La pera, dolce e succosa, è una delle protagoniste dell’autunno. Ricca di fibre e potassio, si sposa perfettamente con la farina di castagne, ingrediente tipico della tradizione contadina, un tempo base dell’alimentazione in molte zone montane italiane. Il melograno, invece, porta un tocco di freschezza e di colore: i suoi chicchi rubino, leggermente aciduli, contrastano la dolcezza dell’impasto e regalano una nota vivace.

                Ingredienti (stampo da 24 cm):

                • 3 pere mature
                • ½ melograno (i chicchi)
                • 100 g di farina di castagne
                • 100 g di farina 00
                • 100 g di zucchero di canna + 2 cucchiai per il fondo
                • 3 uova
                • 80 ml di olio di semi o burro fuso
                • 1 bustina di lievito per dolci
                • Succo di ½ limone

                Preparazione:

                La preparazione è alla portata di tutti. Si comincia foderando una tortiera da 24 cm con carta forno e cospargendola con due cucchiai di zucchero di canna, che in cottura caramellerà leggermente creando una superficie lucida e profumata. Le pere, tagliate a fettine sottili e irrorate con qualche goccia di succo di limone per non annerire, vengono disposte a raggiera sul fondo dello stampo: saranno loro, una volta capovolta la torta, a formare la decorazione principale.

                In una ciotola si montano tre uova con 100 grammi di zucchero di canna, fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Si aggiunge quindi l’olio di semi (o il burro fuso), poi si incorporano le due farine — quella 00 per dare struttura e quella di castagne per il suo gusto intenso e leggermente dolce — insieme al lievito per dolci e al succo di mezzo limone. A questo punto si uniscono metà dei chicchi di melograno, che in cottura rilasceranno un leggero aroma fruttato e un colore delicato.

                L’impasto, denso ma morbido, viene versato nello stampo sopra le pere e cotto in forno statico a 180°C per circa 35-40 minuti. Una volta pronta, la torta va lasciata intiepidire per qualche minuto, quindi capovolta con delicatezza sul piatto da portata. Il risultato è un dolce scenografico: le fettine di pera lucide e dorate emergono dal caramello, punteggiate dal rosso brillante dei chicchi di melograno aggiunti all’ultimo come decorazione.

                Questa torta è perfetta da gustare tiepida, magari con una tazza di tè nero o una cioccolata calda, ma si conserva bene anche per due o tre giorni sotto una campana di vetro. La farina di castagne, naturalmente priva di glutine, la rende una buona alternativa per chi cerca dolci più leggeri o con farine meno raffinate (può essere sostituita da farina di riso o integrale per varianti più neutre).

                Oltre al gusto, c’è anche un valore simbolico in questo dolce: le pere rappresentano l’abbondanza e la dolcezza, il melograno è da sempre simbolo di fortuna e rinascita, e le castagne raccontano la resilienza delle montagne italiane, che con i loro boschi hanno nutrito generazioni.

                La torta rovesciata di pere e melograno è dunque molto più di una ricetta: è un piccolo racconto autunnale che profuma di legna, di forno e di ricordi. Una fetta è un viaggio nei sapori autentici della stagione, tra dolcezza, equilibrio e memoria.

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