Lifestyle
La migliore città al mondo dove passeggiare? Naturalmente è in Italia
Fine primavera e inizio estate sono momenti ideali per camminare all’aria aperta. C’è chi sceglie di fare trekking al mare o in montagna e chi invece decide di camminare proprio in città. Prima di tutto perché nel week end c’è più calma, i residenti migrano al mare o in campagna e il tempo si dilata.
Vabbè è una domanda per modo di dire. Nel senso che viviamo nel più bel Paese al mondo dal punto di vista paesaggistico, naturalistico, artistico e culinario per cui la risposta non poteva che essere questa. Primavera, estate e soprattutto autunno sono momenti ideali per passeggiare all’aria aperta. C’è chi sceglie di fare trekking al mare o in montagna e chi invece decide di camminare proprio in città. Prima di tutto perché nel week end c’è più calma, i residenti migrano al mare o in campagna e il tempo si dilata. Passeggiare fa bene. Alcune teorie indicano di percorrere in almeno 10 mila passi al giorno per restare in forma, soprattutto per chi ha superato gli anta. Insomma questo periodo è il migliore per iniziare a rimettersi in moto.
Ma non eravamo un popolo di santi, poeti e navigatori?
Lo dicono le statistiche, siamo un popolo di camminatori. E non è una scoperta recente. Abbiamo sempre camminato tanto visto che siamogli eredi maledetti di una civiltà contadina basata sulla terra che non ci ha mai abbandonato. Certo in questi casi non si tratta di terra da arare e coltivare. Ma la terra su cui camminare. Del resto la natura del nostro Paese e i suoi mille e ancora più mille sentieri molto si prestano a questo tipo di attività. Che siano passeggiate urbane o o escursioni nella natura, abbiamo di che scegliere, non possiamo lamentarci, quando decidiamo di muoverci.
E quindi qual è la città migliore per passeggiare?
Ma dai che lo sappiamo benissimo si tratta di Roma. Di certo a Roma non ti metti a passeggiare sul Grande Raccordo Anulare, o tra le vie consolari durante il giorno spesso intasate da un traffico caotico. E poi ci sono anche milioni di turisti che ogni anno prendono d’assalto il Colosseo, Citta del Vaticano, Piazza di Spagna, Piazza Navona, il centro storico, via Condotti, Trastevere. Ma Roma è anche la capitale dei parchi cittadini e periferici. Aree verdi stupende perfette per fare attività all’aria aperta senza contare che anche il centro storico, uno dei più estesi d’Italia, si presta ai podisti e gli amanti della maratona come la Race for The Cure che si svolge proprio nella citta capitolina. Una delle maratone più conosciute al mondo aperta a podisti professionisti e camminatori di tutte le età. Una maratone che ha lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro.
Dove passeggiare a Roma
Il sito GuruWalk, da sempre impegnato nella promozioni di itinerari per podisti di un certo livello tra le prime zone della capitale dove camminare, segnala il Parco degli Acquedotti e quella di Villa Pamphili. In quest’ultima ci sono diverse aree dedicate a chi vuole abbinare alla passeggiata anche un po’ di esercizio fisico. Decine di attrezzi sono disponibili lungo i sentieri all’interno della Villa che offre anche spazi riparati dove poter fare lezioni di yoga e sport diversi.
Perdersi nella splendida Villa Borghese
Siamo in pieno centro. A Villa Borghese, che dispone di diverse porte d’accesso, ci si può anche perdere se non si è di Roma. Un verde lussureggiante e fresco accoglie i podisti tra il laghetto, la casa del cinema e lo splendido Globe Theatre. E’ possibile percorre uno degli itinerari più romantici che propone la città: quello che porta direttamente al Colle Aventino. Potrete fermarvi presso il Giardino degli Aranci, con una delle viste più suggestive della città. Ma ancora meglio vale la visita al famoso al buco della serratura che si trova sulla Porta dei Prefetti. Da qui si ammira la cupola di San Pietro, con una prospettiva che ve la renderà più vicina che guardarla con un cannocchiale.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Arte e mostre
I presepi più belli d’Italia: viaggio tra le meraviglie della tradizione
Dal Presepe di Manarola al celebre San Gregorio Armeno, dalla Natività dei Frati Cappuccini di Genova ai borghi che si trasformano in palcoscenici a cielo aperto: una guida per scoprire le tappe imperdibili.
Ogni anno, con l’arrivo di dicembre, l’Italia riscopre una delle sue tradizioni più radicate: il presepe. Nato in area mediterranea e codificato nel Medioevo, il presepio si è evoluto in forme diversissime a seconda delle regioni, dando vita a opere artistiche, allestimenti monumentali e vere e proprie scenografie urbane. Ecco una selezione dei presepi più suggestivi che vale la pena visitare.
San Gregorio Armeno, Napoli: la capitale del presepe
Nel cuore di Napoli, la strada dei presepi per eccellenza è un simbolo internazionale dell’artigianato partenopeo. A San Gregorio Armeno si producono pastori e miniature tutto l’anno, con botteghe che tramandano tecniche secolari. Qui convivono statuine della Natività, figure popolari e personaggi contemporanei: un incontro unico tra devozione e creatività.
Il Presepe di Manarola, Liguria: la Natività più grande del mondo
Sulle colline delle Cinque Terre, Manarola ospita un presepe luminoso di dimensioni record. Ideato negli anni Settanta da Mario Andreoli, l’allestimento utilizza migliaia di lampadine e sagome ricavate da materiali riciclati. Ogni dicembre la collina soprastante il borgo si trasforma in un’immensa scenografia visibile anche dal mare, oggi completamente alimentata da energia rinnovabile.
Greccio, Lazio: dove tutto ebbe inizio
Secondo la tradizione francescana, fu a Greccio che nel 1223 San Francesco realizzò il primo presepe vivente della storia. Il santuario che domina il paese offre un percorso museale dedicato alla Natività e ogni anno vengono proposte rievocazioni che riportano l’atmosfera del Medioevo. Una tappa fondamentale per chi vuole riscoprire le origini del presepe.
Il Presepe dei Cappuccini, Genova: un capolavoro di scuola ligure
Nel Museo dei Beni Culturali Cappuccini si trova una delle collezioni presepiali più raffinate d’Italia. Le statue lignee policrome del Settecento, opera di maestri come Anton Maria Maragliano, sono esposte in scenografie che ricostruiscono ambienti quotidiani e paesaggi pastorali. Un esempio magistrale della tradizione artistica ligure.
Città dei Presepi: le mostre e i borghi che si trasformano
Molti centri italiani dedicano interi quartieri alla Natività. A Verona, ad esempio, la grande mostra internazionale nella suggestiva cornice dell’Arena raccoglie presepi provenienti da tutto il mondo. In Umbria, Gubbio propone un presepe meccanico ospitato all’interno della chiesa di San Francesco della Pace, mentre a Matera le rappresentazioni viventi sfruttano l’unicità dei Sassi per creare ambientazioni naturali di grande impatto visivo.
Ceramica e tradizione: il presepe di Deruta
Nel borgo umbro celebre per le sue ceramiche artistiche, ogni anno viene allestito un presepe monumentale con figure in terracotta dipinte a mano secondo la tradizione locale. Un esempio di come l’artigianato regionale possa dare nuova vita alla narrazione sacra.
In Italia il presepe non è soltanto un simbolo religioso: è un linguaggio culturale che varia di regione in regione, un racconto condiviso che ogni anno si arricchisce di nuove interpretazioni. Che si tratti di un borgo intero trasformato in palcoscenico o di un’opera custodita in un museo, visitare questi luoghi significa entrare nel cuore della tradizione natalizia.
Lifestyle
Dire “no” ai figli: un atto educativo che costruisce sicurezza e fiducia
Imparare a negare una richiesta senza urlare, colpevolizzare o cedere è una delle sfide più complesse per i genitori. Ma dire “no”, se fatto nel modo giusto, aiuta i bambini a crescere più sicuri, autonomi e capaci di gestire le frustrazioni.
Dire “no” a un figlio è spesso vissuto come un fallimento o come una prova di durezza genitoriale. Eppure, psicologi dell’età evolutiva e pedagogisti concordano su un punto fondamentale: la capacità di accettare un limite è una competenza che si impara fin dall’infanzia. Evitare sistematicamente i rifiuti, o cedere per paura di far soffrire il bambino, può avere conseguenze negative nel lungo periodo.
Perché dire “no” è necessario
I bambini hanno bisogno di confini per orientarsi nel mondo. Le regole forniscono sicurezza, perché rendono prevedibile l’ambiente e aiutano a distinguere ciò che è possibile da ciò che non lo è. Studi in ambito psicologico mostrano che i figli cresciuti con limiti coerenti sviluppano una maggiore capacità di autocontrollo, tolleranza alla frustrazione e rispetto delle regole sociali.
Dire sempre “sì” non rende i bambini più felici: al contrario, può aumentare ansia e insicurezza, perché li priva di punti di riferimento chiari.
Come dire “no” senza ferire
Il modo in cui si nega qualcosa è tanto importante quanto il rifiuto stesso. Gli esperti suggeriscono alcune strategie efficaci:
- Essere chiari e coerenti: un “no” vago o contraddittorio confonde. Se una richiesta non è possibile, va detto con parole semplici e ferme.
- Spiegare il motivo: adattando il linguaggio all’età del bambino, spiegare il perché del rifiuto aiuta a sentirsi rispettati e ascoltati.
- Accogliere le emozioni: è normale che il figlio si arrabbi o si rattristi. Riconoscere il suo sentimento (“capisco che sei deluso”) non significa cambiare decisione.
- Evitare urla e minacce: il tono calmo rafforza l’autorevolezza e riduce lo scontro emotivo.
Dire no non significa chiudere il dialogo
Un rifiuto può diventare un’occasione educativa se apre al confronto. In alcuni casi, è possibile proporre un’alternativa o rimandare: “oggi no, ma possiamo pensarci per un’altra volta”. Questo insegna ai bambini la negoziazione e l’attesa, abilità fondamentali nella vita adulta.
Gli effetti a lungo termine
Secondo diverse ricerche in ambito educativo, i bambini che crescono con genitori capaci di dire “no” in modo empatico sviluppano maggiore autostima e resilienza. Imparano che non tutto è immediatamente accessibile, ma anche che il rifiuto non intacca l’amore e la relazione.
In conclusione
Dire “no” a un figlio non è un atto di freddezza, ma una forma di cura. È un messaggio chiaro: “ti voglio bene abbastanza da aiutarti a crescere”. Quando il limite è spiegato, coerente e accompagnato dall’ascolto, diventa uno strumento potente per costruire adulti più equilibrati, responsabili e sicuri di sé.
Curiosità
Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo
Il costume rosso bordato di bianco non è un’invenzione improvvisa né solo una trovata pubblicitaria. Dietro il Babbo Natale moderno c’è una lunga evoluzione culturale che attraversa secoli, Paesi e tradizioni diverse.
Ogni dicembre, puntuale come le luci nelle città, torna l’immagine rassicurante di Babbo Natale: barba candida, pancione, abito rosso acceso e cappello coordinato. Ma da dove arriva davvero questo personaggio? E soprattutto, perché è vestito proprio di rosso e bianco?
Le origini di Babbo Natale affondano le radici nella figura storica di San Nicola di Myra, vescovo vissuto tra il III e il IV secolo nell’attuale Turchia. San Nicola era noto per la sua generosità verso i poveri e per l’attenzione ai bambini, qualità che nei secoli hanno alimentato racconti e leggende. In molte zone d’Europa, soprattutto nel Nord, la sua figura si è trasformata in Sinterklaas, protagonista delle festività invernali nei Paesi Bassi. Spesso rappresentato con abiti vescovili, lunghi mantelli e colori vivaci.
Con le migrazioni europee verso il Nuovo Mondo, queste tradizioni arrivano anche negli Stati Uniti. È qui che, tra Ottocento e primo Novecento, Babbo Natale inizia ad assumere un aspetto più laico e fiabesco. Un ruolo fondamentale lo ebbero le illustrazioni del disegnatore Thomas Nast. Che a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento lo raffigurò come un uomo anziano, robusto e sorridente, già vestito con abiti invernali e colori caldi, spesso vicini al rosso.
Il passaggio decisivo avviene però nel Novecento, quando l’immagine di Babbo Natale viene fissata nell’immaginario collettivo grazie ai mass media. A partire dagli anni Trenta, l’illustratore Haddon Sundblom realizza una serie di campagne pubblicitarie per la Coca-Cola che mostrano un Babbo Natale bonario. Umano e familiare, con il celebre completo rosso bordato di bianco. È importante chiarirlo: l’azienda non ha “inventato” Babbo Natale, ma ha contribuito in modo determinante a rendere universale e standardizzata la sua iconografia.
Il rosso, oltre a essere già presente in raffigurazioni precedenti, richiama simbolicamente il calore, l’energia e la festa; il bianco evoca la neve, l’inverno e la purezza. Una combinazione cromatica perfetta per un personaggio legato al Natale, capace di superare confini religiosi e culturali.
Oggi Babbo Natale è una figura globale, riconoscibile ovunque, frutto di un lungo processo di trasformazione che mescola fede, folklore, arte e comunicazione. Dietro quel costume apparentemente semplice si nasconde una storia complessa, fatta di secoli di narrazioni che continuano, anno dopo anno, a rinnovare la magia del Natale.
-
Gossip2 anni faElisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Sex and La City2 anni faDick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Cronaca Nera1 anno faBossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Grande Fratello1 anno faHelena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Gossip1 anno faLa De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza
-
Speciale Olimpiadi 20241 anno faFact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Video11 mesi faVideo scandalo a Temptation Island Spagna: lei fa sesso con un tentatore, lui impazzisce in diretta
-
Speciale Grande Fratello1 anno faShaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
