Lifestyle
La nuova ossessione del benessere è il “sleep tourism”: viaggi per dormire meglio, tra suite insonorizzate e cuscini hi-tech
Non più solo spa o centri yoga: oggi la nuova frontiera del turismo di lusso è il “sleep tourism”, esperienze di viaggio pensate per recuperare ore di sonno e imparare a riposare. Camere insonorizzate, materassi che si adattano al battito cardiaco, programmi di meditazione e perfino menu studiati per conciliare i sogni. Un mercato in crescita che intercetta stress e insonnia di una società iperconnessa.
Un tempo si viaggiava per scoprire città d’arte, musei, spiagge o montagne. Oggi si viaggia per dormire. Sembra paradossale, ma il fenomeno del “sleep tourism” è ormai una realtà consolidata, soprattutto tra Stati Uniti ed Europa. Alberghi di lusso e resort hanno capito che il vero lusso, nel 2025, non è tanto un massaggio o un cocktail servito a bordo piscina, ma la possibilità di spegnere il telefono, abbassare le luci e garantire un sonno profondo e rigenerante.
L’insonnia è diventata una delle nuove epidemie dei Paesi occidentali. Stress da lavoro, ansia, iperconnessione e abitudini digitali notturne hanno ridotto la qualità del riposo di milioni di persone. Le statistiche parlano chiaro: circa un terzo della popolazione adulta dorme meno delle sette ore raccomandate. Ecco allora che l’industria del turismo intercetta la domanda e propone un’esperienza che unisce vacanza e benessere: viaggi in cui l’obiettivo principale non è visitare, ma dormire.
Dalla catena Rosewood Hotels a New York ai resort della Svizzera, fino agli agriturismi toscani, l’offerta cresce di mese in mese. Suite insonorizzate, letti che regolano automaticamente la temperatura del materasso in base al battito cardiaco, cuscini “intelligenti” che riducono il russare e luci studiate per rispettare i cicli circadiani. In alcuni casi, il pacchetto include programmi con coach del sonno, meditazioni guidate e percorsi nutrizionali che privilegiano alimenti ad alto contenuto di melatonina naturale.
Il linguaggio è quello del wellness, ma l’impatto economico è già rilevante. Il Global Wellness Institute stima che il settore possa raggiungere i 400 miliardi di dollari entro il 2030. Non a caso, le grandi catene alberghiere stanno investendo in ricerca tecnologica e collaborazioni con università per validare i benefici delle loro proposte.
Il “turismo del sonno” non è solo un trend di lusso, riservato a chi può permettersi pacchetti da migliaia di euro. Anche le strutture di fascia media stanno introducendo servizi pensati per migliorare il riposo. Dai menu pillow, con la possibilità di scegliere tra cuscini rigidi, morbidi, in lattice o memory foam, fino alle camere “digital detox” senza televisione né Wi-Fi, per garantire una vera disconnessione.
Gli esperti spiegano che il successo non dipende solo dalla moda, ma da un bisogno reale. “Dormire bene è oggi la nuova forma di status symbol – osserva un ricercatore di Harvard citato nei report di settore – perché in un mondo che corre senza sosta, riuscire a riposare significa avere il controllo del proprio tempo e della propria salute.” Un concetto che ribalta la vecchia idea di vacanza come eccesso e divertimento, e la rilegge come spazio di cura personale.
Il fenomeno è arrivato anche in Italia, dove strutture in Trentino, Umbria e Sardegna hanno lanciato programmi specifici. In montagna, l’aria rarefatta viene utilizzata come alleata naturale per migliorare l’ossigenazione del sangue durante il sonno. In campagna, agriturismi e dimore storiche propongono camere senza tecnologia, illuminate solo da candele o lampade a olio, per favorire un ritorno a ritmi ancestrali.
Accanto alla proposta turistica si è sviluppata anche una nuova narrativa di marketing. Non si vendono solo letti, ma “esperienze del sogno”: pacchetti che comprendono musica composta ad hoc, tisane con erbe rilassanti, bagni sonori con gong e campane tibetane. Persino la cucina si adatta: nei menu sono comparsi piatti a base di ciliegie, noci e semi di zucca, alimenti noti per stimolare la produzione di melatonina.
C’è però chi critica il fenomeno, vedendolo come un ulteriore passo verso la mercificazione della vita quotidiana. “Si è riusciti a trasformare in prodotto anche il sonno, l’attività più naturale e gratuita che abbiamo”, scrivono alcuni osservatori. Eppure i numeri sembrano dire il contrario: le prenotazioni dei pacchetti “sleep” crescono, segno che i clienti non si sentono truffati, ma finalmente ascoltati nei loro bisogni.
Il turismo del sonno diventa così una cartina di tornasole del nostro tempo. Un’epoca in cui il riposo è diventato un privilegio, e in cui dormire bene è sinonimo di ricchezza. Viaggiare per dormire, insomma, non è più un ossimoro, ma la nuova frontiera del benessere globale.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Animali
Quando il cane non sta bene: come riconoscere i segnali di malessere fisico e mentale
Capire i messaggi del proprio cane è il primo passo per garantirgli salute e serenità. Due esperte, la veterinaria comportamentalista Zita Talamonti e la nutrizionista Eleonora Fusi, spiegano come individuare i campanelli d’allarme e intervenire per tempo.
Il linguaggio del corpo: quando il cane ci parla senza parole
Il benessere del cane passa anche dalla nostra capacità di ascoltarlo, non solo con le orecchie ma con gli occhi. “I cani comunicano in modo costante attraverso la postura e le micro-espressioni”, spiega la dottoressa Zita Talamonti, medico veterinario comportamentalista. “Riconoscere i segnali di disagio ci permette di rispettare le loro emozioni e prevenire situazioni di stress o conflitto.”
Un cane stressato o infastidito può mandare segnali sottili ma inequivocabili: sbadigli improvvisi, leccarsi il muso, distogliere lo sguardo, girare la testa o irrigidirsi. Questi comportamenti non sono casuali, ma esprimono un chiaro bisogno di spazio o tranquillità. “Se insistiamo nell’interazione quando il cane non è dell’umore giusto, rischiamo di aumentare la sua tensione e compromettere la fiducia reciproca”, aggiunge la dottoressa.
Riconoscere e rispettare questi segnali è un atto di empatia. Significa comprendere che, come noi, anche i cani hanno momenti in cui desiderano stare per conto proprio.
I segnali fisici di un malessere
Quando il disagio è di natura fisica, i segnali diventano più visibili. Un cane che appare spento, meno vivace o riluttante a muoversi potrebbe non sentirsi bene. “Attenzione a cambiamenti improvvisi nell’appetito, nella respirazione o nell’energia”, spiega Talamonti. “Anche mucose pallide o eccessivamente scure, tosse, starnuti, vomito e diarrea sono campanelli d’allarme che richiedono attenzione veterinaria.”
Un cane febbricitante tenderà a isolarsi, a muoversi meno o a rifiutare il cibo. Se invece zoppica o evita di poggiare una zampa, il dolore può essere localizzato a livello muscolare o articolare. “Osservare con attenzione e non sottovalutare piccoli segnali è il primo passo per garantire una diagnosi precoce e un intervento tempestivo”, sottolinea l’esperta.
Società
“La Parola come strumento di Pace”: a Roma la presentazione del libro di Biagio Maimone
Si terrà a Roma, nella Sala Guglielmo Marconi, la conferenza La Parola strumento di Pace, di Verità e di Giustizia, ispirata al pensiero di Papa Francesco. L’evento, in occasione del nuovo libro di Biagio Maimone La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario, promuove un nuovo umanesimo della parola fondato su verità e solidarietà.
La parola come ponte e non come arma, come atto di ascolto e non di sopraffazione. È questo il filo conduttore della conferenza La Parola strumento di Pace, di Verità e di Giustizia, che si terrà giovedì 14 novembre dalle 15 alle 17 nella Sala Guglielmo Marconi di Piazza Pia 3, a Roma. L’ingresso sarà libero, ma il tema è di quelli che riguardano tutti: il potere della comunicazione nella costruzione di una società più umana.
L’evento è organizzato in occasione della presentazione del volume La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario (Tracceperlameta) di Biagio Maimone, giornalista, saggista e Coordinatore per l’Italia della Rete Mondiale del Turismo Religioso, nonché Direttore della Comunicazione dell’Associazione Bambino Gesù del Cairo, presieduta da Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, già segretario personale di Papa Francesco.
Un dialogo ispirato dal messaggio del Papa
La conferenza trae ispirazione diretta dalla Benedizione Apostolica che Papa Francesco ha voluto concedere all’opera di Maimone. Un messaggio forte e limpido: “La società, così come la Chiesa, si avvalgano di una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità.”
Attorno a questa visione si muoveranno gli interventi dei relatori, introdotti dal conduttore televisivo Paky Arcella. Oltre all’autore, parteciperanno Gianni Todini (direttore di Askanews), Enea Angelo Trevisan (autore di saggi e fondatore di Ealixir Inc.), Gaia Simonetti, Valentina Faloni, Maria Maimone, Joseph Lu e Héctor Villanueva, CEO e fondatore dell’Expo dei Popoli. Voci diverse, unite da un obiettivo comune: restituire alla parola il suo valore generativo, etico e spirituale.
La parresia come chiave del dialogo
Nel cuore del messaggio pontificio emerge il concetto di parresia — la libertà e il coraggio di dire la verità — un termine che per Maimone rappresenta la via per rigenerare la comunicazione contemporanea. “La parola è vita, perché deve generare vita nelle sue espressioni più nobili e spirituali”, scrive l’autore. Una parola autentica, non manipolata, che non separa la verità dalla carità e si fa strumento di giustizia, riconciliazione e pace.
Nel suo saggio, Maimone denuncia le derive del linguaggio mediatico e politico, oggi sempre più esposto a distorsioni, manipolazioni e violenza verbale. Cyberbullismo, odio online, propaganda e superficialità comunicativa diventano così sintomi di un impoverimento etico che mina le fondamenta del vivere civile.
Il linguaggio come cura sociale
Da qui nasce l’appello dell’autore per una “comunicazione solidale”, intesa come atto di responsabilità collettiva. La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario propone infatti un nuovo paradigma comunicativo, fondato sulla relazione umana e sull’emancipazione morale e sociale. L’obiettivo: umanizzare il linguaggio per restituire alla parola il suo potere di costruire e non distruggere.
“La violenza verbale e il turpiloquio – scrive Maimone – generano morte e conflitti. Contrastarle significa educare alla bellezza e alla verità.” Da qui l’invito a recuperare la dimensione spirituale e artistica della parola, come strumento di crescita e di rigenerazione dell’anima collettiva.
Tra filosofia, musica e fede
Nel corso della conferenza sarà proiettato il video del brano Kiev del pianista e compositore Joseph Lu, autentica invocazione musicale alla pace e alla fraternità tra i popoli. Un modo per ribadire che anche la musica è linguaggio universale, voce della parola che unisce e consola.
L’opera di Maimone ha ricevuto, oltre alla Benedizione Apostolica di Papa Francesco, messaggi di apprezzamento dal Cardinale Pietro Parolin, da Monsignor Rino Fisichella, dal Cardinale Gianfranco Ravasi e dall’Imam Nader Akkad della Grande Moschea di Roma, a testimonianza di un dialogo interreligioso che si fonda sul rispetto reciproco e sulla forza del linguaggio.
Verso un nuovo umanesimo della parola
La conferenza di Roma si propone dunque come un momento di riflessione sul potere trasformativo della comunicazione. In un’epoca segnata da conflitti, povertà e isolamento, la parola può tornare a essere — come sostiene Maimone — strumento di bellezza e giustizia, fondamento di una civiltà più consapevole.
“La bellezza – scrive l’autore – consente di scolpire nel cuore la legge morale, senza la quale la realtà è destinata alla barbarie.” Ed è proprio in questa prospettiva che La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario si fa manifesto di un nuovo umanesimo della parola: una comunicazione che unisce, non divide; che costruisce, non distrugge; che restituisce alla verità il suo volto più umano.
Tech
I robot con muscoli umani: la frontiera della bioingegneria prende vita ad Harvard
Nel laboratorio del Wyss Institute, un team di ricercatori guidato da Sun Ryun Shin ha sviluppato microrobot capaci di muoversi grazie a tessuti muscolari umani coltivati in laboratorio. Un passo decisivo verso la “biohybrid robotics”, dove tecnologia e biologia si fondono.
La nascita dei robot bioibridi
Sembra fantascienza, ma è realtà. In un laboratorio dell’Università di Harvard, nel cuore del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, piccoli automi di silicone si contraggono e si muovono come fossero vivi. A dar loro energia non sono batterie o circuiti, ma muscoli umani coltivati in provetta.
A coordinare la ricerca è Sun Ryun Shin, professore di bioingegneria, che insieme al suo team ha descritto l’esperimento sull’International Journal of Extreme Manufacturing. Gli scienziati hanno isolato cellule muscolari scheletriche umane e le hanno fatte crescere fino a formare sottili fasci di tessuto. Parallelamente, grazie alla stampa 3D, hanno costruito piccoli telai biocompatibili in idrogel, un materiale morbido e flessibile che imita la consistenza del muscolo naturale.
Sulla superficie di queste strutture sono stati incisi micro-solchi orientati: guide che aiutano le cellule ad allinearsi, proprio come accade nel corpo umano. Una volta ancorate, le cellule hanno iniziato a organizzarsi, creando veri e propri mini-muscoli funzionanti.
Per attivarli, i ricercatori hanno utilizzato impulsi elettrici e luminosi, stimolando le cellule a contrarsi in sincronia. Il risultato? Minuscole strutture capaci di piegarsi, spostarsi o trascinare oggetti. Un passo concreto verso la creazione di robot “vivi”, in parte biologici e in parte artificiali.
Le applicazioni in medicina
I risultati aprono prospettive straordinarie nel campo biomedico.
Secondo Shin, “queste strutture rappresentano una piattaforma ideale per studiare il comportamento del tessuto muscolare e sviluppare nuovi trattamenti per la rigenerazione dei muscoli danneggiati”.
Le applicazioni principali sono tre:
- Medicina rigenerativa – I mini-muscoli potranno essere impiegati per analizzare come il tessuto umano si ripara dopo lesioni, immobilizzazione o invecchiamento. Le scoperte potranno contribuire a terapie contro atrofie muscolari e distrofie.
- Test farmacologici – Sperimentare nuovi farmaci su tessuti umani coltivati in laboratorio permette di valutarne efficacia e tossicità riducendo la necessità di test sugli animali. In particolare, sarà possibile osservare in tempo reale la risposta dei muscoli ai medicinali che influenzano la contrazione o la trasmissione elettrica.
- Microchirurgia di precisione – Dispositivi bioibridi miniaturizzati potrebbero un giorno essere usati come pinze o strumenti autonomi, capaci di operare in aree del corpo oggi inaccessibili con la chirurgia tradizionale.
Le sfide ancora da affrontare
Nonostante i progressi, la biohybrid robotics deve superare ostacoli significativi. Il primo riguarda la sopravvivenza del tessuto muscolare: se la struttura di supporto è troppo spessa, le cellule interne non ricevono abbastanza nutrienti. Per questo si stanno sviluppando microcanali simili a capillari, che consentano un flusso costante di ossigeno e sostanze vitali.
Un’altra sfida è la trasmissione uniforme del segnale elettrico. Oggi, gli impulsi non si propagano in modo omogeneo lungo il tessuto. La soluzione potrebbe arrivare da idrogel conduttivi di nuova generazione, dotati di minuscoli elettrodi integrati.
C’è poi il problema della resistenza meccanica: materiali troppo rigidi ostacolano il movimento, ma quelli troppo morbidi si deteriorano in fretta. I ricercatori stanno quindi studiando matrici rinforzate, in grado di mantenere flessibilità e durata.
Infine, la tecnologia di stampa 3D dovrà diventare più rapida e precisa per creare strutture più grandi senza compromettere la vitalità cellulare.
Oltre Harvard: la corsa ai robot “vivi”
Il lavoro del team di Shin non è isolato. Al Massachusetts Institute of Technology (MIT), nel marzo 2025, un gruppo di bioingegneri ha sviluppato un tessuto artificiale in grado di contrarsi in diverse direzioni, imitando il movimento dell’iride umana.
E al Ren Lab della Carnegie Mellon University, i ricercatori hanno presentato gli AggreBots, microscopici automi composti da cellule polmonari umane che si muovono grazie a minuscole ciglia biologiche.
Questi progetti segnano l’inizio di una nuova era in cui la distinzione tra organismo e macchina si fa sempre più sottile. La prospettiva, ancora lontana ma sempre più concreta, è quella di robot che non solo si muovono, ma crescono, si riparano e reagiscono all’ambiente come esseri viventi.
-
Gossip2 anni faElisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Sex and La City2 anni faDick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Cronaca Nera1 anno faBossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Grande Fratello1 anno faHelena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Olimpiadi 20241 anno faFact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello1 anno faShaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip1 anno faLa De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza
-
Gossip1 anno faÈ crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
