Tech
L’epidermide sintetica indossata per ripararsi dalle zanzare
L’introduzione di una pelle geneticamente modificata che respinge le zanzare rappresenta un passo avanti significativo nella prevenzione delle malattie trasmesse da questi insetti, offrendo una protezione prolungata e riducendo la necessità di repellenti chimici.

Un gruppo di ricercatori dell’Università della California ha sviluppato una pelle umana geneticamente modificata in grado di respingere le zanzare fino a 11 giorni. E dopo?
Un’innovazione rivoluzionaria
Questo studio, pubblicato su PNAS Nexus, rappresenta un significativo progresso nella lotta contro le malattie trasmesse dalle zanzare.
Modifica genetica come difesa contro alcune malattie
Purtroppo questa specie in molte circostanze può trasmettere malattie mortali come malaria, virus del Nilo occidentale, Dengue, febbre gialla e Zika. Le femmine, alla ricerca di sangue, sono attratte dagli odori rilasciati dai microbi sulla pelle umana. I ricercatori californiani quindi hanno pensato di modificare geneticamente i batteri comuni della pelle umana, Staphylococcus epidermidis e Corynebacterium amycolatum, riducendo la produzione di acido lattico. Esattamente ciò che attira di più le zanzare. Nei test, i microbi modificati hanno attratto significativamente meno rispetto ai batteri non modificati. Touché!
I risultati positivi dei test hanno galvanizzato i ricercatori
Gli esperimenti hanno mostrato che la Staphylococcus epidermidis modificata ha ridotto l’attrazione delle Aedes aegypti e Anopheles gambiae di circa la metà e del 22% il tipo Culex quinquefasciatus. Nei test sui topi, la copertura con S. epidermidis modificato ha ridotto l’attrazione del 64,4% per 11 giorni. Secondo gli autori della ricerca, questi risultati suggeriscono la possibilità di sviluppare un repellente per zanzare duraturo basato sul microbioma ingegnerizzato.
Una barriera biologica contro le infezioni
Secondo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, ha sottolineato l’importanza di questa scoperta come alternativa ai repellenti tradizionali, che possono causare reazioni avverse. La pelle geneticamente modificata non solo respinge le zanzare, ma funge anche da barriera biologica contro le infezioni. In un momento in cui le zanzare rappresentano una crescente minaccia in diverse situazioni, l’introduzione di questa tecnologia è particolarmente rilevante. Il direttore sanitario ha evidenziato che in Italia, la zanzara tigre, pur non essendo il vettore ideale per i virus Zika e Dengue, può comunque diventare un pericoloso mezzo di contagio, come dimostrato dai recenti eventi.
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Airbag giganti come popcorn: l’idea indiana per sopravvivere agli incidenti aerei
Il progetto, candidato al James Dyson Award 2025, sfrutta l’intelligenza artificiale per attivare giganteschi cuscini protettivi a 900 metri dal suolo. Popcorn giganti che potrebbero rivoluzionare la sicurezza del volo.

Un’idea surreale, quasi da film di fantascienza, ma che nasce dalla tragedia. Il 12 giugno 2025 il volo Air India 171 si è trasformato in un incubo: il Boeing 787 precipitato ad Ahmedabad dopo l’errore fatale di un pilota che ha chiuso i motori. Lo schianto contro la mensa universitaria è costato la vita a 270 persone. Solo un passeggero si è salvato. Da quel dolore, due studenti del Birla Institute of Technology and Science hanno deciso di immaginare un modo radicale per aumentare le possibilità di sopravvivenza.
Così è nato Rebirth, un progetto che potrebbe cambiare la storia della sicurezza aerea. L’idea: giganteschi airbag esterni, simili a enormi popcorn bianchi, che si gonfiano intorno alla fusoliera quando l’incidente è ormai inevitabile. Un bozzolo protettivo che assorbe parte dell’impatto e lascia ai soccorritori la possibilità di trovare superstiti.
Il cuore del sistema è un software di intelligenza artificiale che analizza in tempo reale parametri come altitudine, velocità, motori, incendi e persino la reazione dei piloti. Quando l’aereo scende sotto i 900 metri senza più possibilità di recupero, parte la sequenza: enormi airbag si aprono, l’impatto viene attutito e contestualmente si attivano lampeggianti a infrarossi e Gps per segnalare i rottami.
Un’idea semplice e visionaria, che secondo gli ideatori Eshel Wasim e Dharsan Srinivasan può essere installata anche su aerei già in servizio, non solo sui modelli futuri. «Vogliamo dare una possibilità di sopravvivenza, anche quando tutto sembra perduto», raccontano.
Non mancano i dubbi: peso, costi, compatibilità con le strutture esistenti e reale efficacia restano tutti nodi aperti. Ma intanto Rebirth è entrato tra i candidati al James Dyson Award 2025, premio internazionale che ogni anno seleziona progetti capaci di avere un impatto globale. Il vincitore sarà annunciato il 5 novembre.
Che sia davvero il futuro o solo un’utopia ingegneristica, l’immagine resta potente: aerei che nell’ultimo istante si trasformano in giganteschi popcorn, simbolo paradossale di leggerezza in mezzo alla tragedia.
Tech
Tra gossip e algoritmi, l’amore ai tempi dell’AI
Sotto i riflettori del gossip e dell’opinione pubblica, le coppie vip fanno discutere. Ma cosa potrebbe accadere se l’Intelligenza Artificiale entrasse in gioco, offrendo un parere inaspettato sul futuro di un amore?

Nel panorama mediatico odierno, le vicende private di personaggi pubblici spesso si intrecciano con l’interesse collettivo, alimentando dibattiti e i pettegolezzi. La separazione di una coppia vip, in particolare, accende i riflettori e spinge molti a interrogarsi sulle dinamiche profonde che hanno portato alla rottura.
In un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale riempie sempre più ambiti della nostra vita, ecco che anche questo tema così intimo e personale non sfugge al suo sguardo analitico. Algoritmi sofisticati, alimentati da una vastità di dati e informazioni, provano a fornire un responso sul futuro di una coppia vip.
Le motivazioni alla base di queste previsioni sono complesse e sfumate, frutto di un’analisi approfondita dei dati relativi alla coppia, alle loro interazioni e al contesto in cui vivono. L’IA, pur non potendo prevedere il futuro con assoluta certezza, individua elementi che potrebbero favorire una separazione e le problematiche che hanno portato alla crisi.
L’intervento dell’IA in questa vicenda così delicata solleva numerose questioni etiche e filosofiche. In che misura è lecito affidarsi a un algoritmo per giudicare le dinamiche umane così complesse e sfuggenti? Può un responso impersonale e asettico sostituire l’empatia e la comprensione umana?
Il dibattito è aperto e non ha risposte facili. Tuttavia, l’inaspettato verdetto dell’IA ci spinge a riflettere sul ruolo sempre più importante che la tecnologia sta assumendo nelle nostre vite, anche in quelle sfere intime e personali che un tempo erano considerate dominio esclusivo dell’esperienza umana.
Ma una cosa è certa: l’Intelligenza Artificiale ha già lasciato il segno, aprendo un nuovo capitolo nel modo in cui percepiamo e affrontiamo le sfide del cuore.
Tech
Google inquina sempre di più: +11% di emissioni nel 2024, colpa dell’intelligenza artificiale
Dal 2019 a oggi le emissioni di carbonio di Google sono cresciute del 51%. A farle impennare è soprattutto la catena di fornitura dell’intelligenza artificiale: produzione, trasporti e logistica per alimentare i data center divorano energia e aumentano l’impatto ambientale.

C’era una volta il sogno green di Google. Ma nel 2024, la realtà è ben diversa. Secondo l’ultimo rapporto sulla sostenibilità pubblicato dal colosso di Mountain View, le emissioni complessive di carbonio sono aumentate dell’11% rispetto all’anno precedente. Un incremento che porta il dato totale a +51% rispetto al 2019, allontanando sensibilmente l’azienda dall’obiettivo dichiarato: dimezzare le emissioni entro il 2030.
La causa? Una sola parola: intelligenza artificiale.
Nel documento, Google ammette che a pesare sono soprattutto le emissioni legate alla catena di fornitura, ovvero la cosiddetta “scope 3”, che comprende tutte quelle attività esterne al diretto controllo dell’azienda: acquisto di beni e servizi, trasporti, logistica, produzione e assemblaggio delle componenti necessarie per alimentare l’ecosistema AI. Proprio questa categoria ha visto un aumento del 22% nel 2024, mentre le emissioni interne alle sole operazioni aziendali sono diminuite dell’11%.
“Per realizzare le sue promesse, l’intelligenza artificiale ha bisogno di energia”, ammette senza giri di parole il report. La crescente domanda di calcolo generata dalle nuove tecnologie richiede infatti infrastrutture sempre più complesse e assetate di corrente. Tuttavia, c’è una nota positiva: l’innovazione tecnologica sta rendendo i data center più efficienti, riuscendo a contenere l’aumento dei consumi.
Google prova a rassicurare: “Entro il 2030, i nostri data center consumeranno meno energia rispetto a quella richiesta da motori industriali, climatizzatori o auto elettriche”. Ma il trend resta preoccupante, soprattutto considerando la velocità con cui l’industria dell’IA sta crescendo.
E se Big G arranca, anche gli altri big tech non brillano. Meta, ad esempio, ha annunciato un data center alimentato a gas in Louisiana. E negli Stati Uniti, l’ultima mossa politica ha fatto discutere: l’ex presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’uso del carbone nei data center IA, una scelta che appare in netta controtendenza rispetto alle strategie ambientali globali.
L’era dell’intelligenza artificiale è solo all’inizio. Ma, a quanto pare, la transizione ecologica dovrà aspettare.
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