Cerchi casa? Ecco l’hometour di villa Ferragnez
Villa Matilda, la splendida villa sul Lago di Como acquistata da Chiara Ferragni e Fedez a inizio 2023, è ufficialmente in vendita. Dopo l’annuncio della separazione, la lussuosa dimora, ribattezzata in onore della loro cagnolina, è finita sul mercato, diventando virale grazie all’home tour dell’agente immobiliare Matteo Chiusano su TikTok.
Golden couple che va, golden couple che viene. Mentre Taylor Swift e Travis Kelce starebbero cercando casa sul Lago di Como, è praticamente certa la dipartita lacustre dei Ferragnez. Villa Matilda, la casa che Chiara Ferragni e Fedez hanno acquistato a inizio 2023 e mostrata con orgoglio la scorsa estate sui social fino al servizio patinato su AD ad ottobre, è ufficialmente in vendita. L’hometour della dimora di lusso, condiviso dall’agente immobiliare Matteo Chiusano su TikTok, come da previsioni, è diventato virale.
“Il nostro sogno.” Scriveva così Chiara Ferragni lo scorso luglio, pubblicando sul suo profilo Instagram le foto di Villa Matilda, la villa d’epoca a Pognana Lario con piscina a sfioro e sdraio giallo canarino, alias casa delle vacanze dei Ferragnez. Presentata al mondo intero con un servizio su AD Italia dopo l’importante ristrutturazione curata da 13.1 Architecture & Decor, lo studio di architettura e design dell’amico dell’influencer Filippo Fiora, la casa era l’ultimo tassello del maestoso impero Ferragnez.
Dodici mesi dopo, il colpo di scena: Chiara e Federico non sono più una coppia e non condividono più lo stesso tetto a Milano. Lei è rimasta nell’attico di City Life, mentre lui ha traslocato in un nuovo appartamento in Piazza Castello. Il “sogno” si è infranto e Villa Matilda è finita sul mercato.
L’home tour della mansion, diffuso su TikTok dall’agente immobiliare Matteo Chiusano, ha fatto il giro del web, conquistando una marea di commenti entusiastici. Villa Matilda, chiamata così in onore della cagnolina di casa morta nel luglio 2023, è davvero un sogno ad occhi aperti.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Luxury
Cene a gravità zero: il nuovo lusso è mangiare fluttuando (ma senza uscire dall’atmosfera)
È l’ultima frontiera del turismo esperienziale: menù stellati serviti a bordo di jet speciali dove si mangia sospesi a mezz’aria. Altro che ristoranti gourmet: il nuovo lusso galleggia in cabina, tra brindisi al rallentatore e dolci che volano via.

Mangiare sospesi a mezz’aria, con la forchetta che galleggia e il vino che forma sfere fluttuanti come perle di cristallo. No, non è un film di fantascienza: è la nuova esperienza gastronomica di lusso riservata ai ricchi (e coraggiosi) in cerca di emozioni ad alta quota. Si chiama “cena a gravità zero” e sta facendo impazzire milionari, influencer e foodies in cerca di qualcosa che nemmeno lo chef più creativo può servire a terra.
Il principio è semplice: si sale a bordo di un aereo parabolico, lo stesso utilizzato per gli addestramenti spaziali. Durante il volo, la cabina entra in brevi fasi di microgravità, e lì – proprio in quel momento – inizia la cena. Ma niente panini imbustati o cibo da astronauta: il menù è firmato da chef stellati, il servizio è coordinato da sommelier in tuta e tutto, dal dessert al bicchiere di champagne, galleggia. O quasi.
I piatti vengono preparati in anticipo e serviti in versione “fluttuante”, con tecniche di food design pensate apposta per restare compatti anche quando manca la forza di gravità. Piccoli bocconi, gelatine gourmet, sferificazioni d’autore. Ogni assaggio è un gioco di precisione. E se vi sembra difficile mangiare un bignè con le bacchette, provate a inseguirlo mentre ruota sopra la vostra testa.
La prenotazione? Esclusiva. Il prezzo? Proibitivo. Si parla di cifre a partire da 10mila euro a persona per un’esperienza completa, che include briefing pre-volo, training di sicurezza e, ovviamente, la cena fluttuante a bordo. I voli partono da basi private in Europa e Stati Uniti e stanno già registrando il tutto esaurito per i prossimi mesi.
In un mondo dove tutto si è già visto, fotografato e postato, la nuova frontiera del lusso è l’inimmaginabile. E mangiare a gravità zero, tra una capriola e un brindisi sospeso, è quanto di più esclusivo (e instagrammabile) ci possa essere. Il cielo, forse, non è più il limite. Ma il dessert che fluttua davanti al naso… quello sì che è da urlo.
Luxury
Bye bye poveri: Milano è solo per ricchi, e guai a chi resta indietro
Dal Quadrilatero alla CityLife, i nuovi padroni di Milano sono miliardari stranieri con flat tax, attici da 39mila euro al metro quadro e vista Duomo. I milanesi? Sfrattati ai confini della metropoli. Perché i ricchi fanno tendenza, anche quando comprano case che non abitano.

Milano non è più la città che lavora. È la città che capitalizza. Lavorano gli altri, quelli che prendono la metro da Rho o da Corsico e tornano a casa la sera, stanchi e fuori budget. Intanto, nei quartieri di lusso, si vendono metri quadri a peso d’oro. Nell’arco di tre anni – dal 2021 al 2024 – il prezzo degli immobili di fascia alta è salito del 57%, con punte di 39mila euro al metro quadro nel Quadrilatero della Moda. Non una casa: un investimento, un status symbol, una cambiale dorata.






E tutto grazie a una parolina magica: flat tax. Centomila euro secchi all’anno per chi si trasferisce in Italia con un patrimonio milionario. Un affarone, se si guadagna a sei zeri, perché qui le tasse si pagano meno che in Svizzera. E quindi via libera a ville, superattici, grattacieli deluxe. Mentre gli italiani, soprattutto i giovani, arrancano.
È il paradosso milanese: l’immobiliare che si fa vetrina della disuguaglianza. Chi compra case sopra il milione sono per il 70% stranieri, molti dei quali non mettono neppure piede nei loro appartamenti. Ma intanto li comprano. E l’effetto domino è servito: anche il mercato “normale” si adegua, rincara, si adatta. Perché se il vicino vale 30mila euro al metro quadro, tu non puoi mica svendere a 7mila, no?
I numeri fanno impressione: solo nel 2023, circa 4.500 super ricchi hanno scelto l’Italia come residenza fiscale. E due terzi si sono piazzati proprio a Milano. I quartieri diventano club esclusivi, i negozi cambiano vetrine, le scuole rivedono il target. Il problema non è solo economico: è culturale. Chi non appartiene a questo mondo è fuori. Letteralmente.
Milano corre. Ma non tutti riescono a tenere il passo.
Luxury
Meglio un bunker che un loft: anche in Italia cresce la corsa ai rifugi antiatomici. Ma costano (tanto)
Pareti in cemento armato, filtri NBC, scorte di cibo e generatori autonomi: il rifugio nucleare è la nuova casa dei paranoici di lusso. Un bunker base costa almeno 100mila euro, ma con mezzo milione si può sopravvivere con stile.

Se fuori tira una brutta aria, tanto vale andare sottoterra. Letteralmente. Con il timore di una guerra nucleare che torna a farsi sentire — complice l’ultimo attacco americano ai siti iraniani di arricchimento dell’uranio — anche in Italia cresce l’interesse per i bunker antiatomici. Un trend che prima faceva sorridere, ora fa scavare.









A lanciare l’allarme sono aziende specializzate come Bunker Specialist e Bunker Swiss: le richieste di rifugi sotterranei sono in aumento, e non solo da parte di survivalisti fissati. Anche professionisti, imprenditori e famiglie benestanti iniziano a considerare l’opzione. Ma quanto costa mettere in piedi un rifugio capace di resistere a un’apocalisse nucleare?
Molto. Un bunker “essenziale” parte da 100mila euro. Per una versione un po’ più confortevole, dove restare chiusi settimane con figli, scorte e paranoie, si può arrivare tranquillamente a 500mila. Cemento armato, lastre d’acciaio, materiali isolanti, pareti tra i 30 e gli 80 cm di spessore, tutto costruito a non meno di tre metri sotto terra. La profondità varia a seconda del terreno, ma la regola è: più in basso sei, più a lungo resti vivo.
Poi c’è l’interno. Ventilazione con filtri NBC, sistema elettrico autonomo (a pedali o solare), riserve d’acqua e cibo, farmaci, sensori esterni, luci che simulano il giorno. Alcuni vogliono anche il bagno privato e Netflix. Perché se il mondo esplode, almeno che sia in full HD.
In Italia, trovare case già dotate di bunker è raro. Serve scavare — e ottenere permessi. Ma la burocrazia non spaventa chi teme l’apocalisse: meglio sei mesi di carte bollate che un secondo di radiazioni.
Morale? Il futuro potrebbe non essere sopra, ma sotto. E chi può permetterselo, sta già preparando le fondamenta.
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