Luxury
Vendesi castello a Parigi per un budget da Re!
La residenza privata più costosa al mondo attualmente in vendita è lo Château d’Armainvilliers, un castello situato nella periferia di Parigi. Con un prezzo di 420 milioni di euro, supera di gran lunga il precedente detentore del titolo, lo Château Louis XIV, venduto nel 2015 per 280 milioni di euro.

La storia del castello è di quelle da favola, perché risale al 1100 ed è appartenuto alla famiglia Rothschild e al re del Marocco Hassan II. Fu parzialmente distrutto durante la Rivoluzione Francese, ma poi ricostruito nel 1877 da Edmond de Rothschild. Attualmente è di proprietà di un acquirente mediorientale che non lo ha mai utilizzato.
Ecco alcune caratteristiche che rendono lo Château d’Armainvilliers così speciale
Un’architettura sontuosa: Il castello vanta un’architettura classica francese del XVII secolo, con elaborate facciate, giardini curatissimi e un’atmosfera regale.
Dimensioni immense: Con oltre 100 camere da letto, la proprietà offre spazi immensi per ospitare familiari, amici e personale.
Lusso sfrenato: Gli interni sono dotati di ogni comfort immaginabile, tra cui cinema, sala da bowling, spa e persino una discoteca.
Un parco immenso: La tenuta si estende su 57 ettari di terreno, includendo boschi, giardini formali, un lago e un campo da golf.



Alcuni interni del castello e a destra una delle facciate
Ma perché ancora non l’ha comprata nessuno?
Il castello è attualmente in vendita, ma non ha ancora trovato un acquirente. Nonostante il suo prezzo esorbitante e le sue caratteristiche da favola, lo Château d’Armainvilliers fatica a trovare un acquirente. Le ragioni potrebbero essere diverse, come ad esempio il prezzo elevato di 420 milioni di euro, che rappresenta un ostacolo significativo per la maggior parte degli acquirenti, anche per quelli ultraricchi.
La posizione: Sebbene situato vicino a Parigi, il castello si trova in una zona relativamente isolata, che potrebbe non piacere a tutti.
Mancanza di privacy: Data la sua notorietà e il suo valore, la proprietà potrebbe attirare troppa attenzione da parte dei media e del pubblico. Nonostante ciò, rimane una proprietà unica e affascinante che rappresenta il massimo del lusso.



In foto, Re Hassan II del Marocco, uno degli ex proprietari e a destra altri interni dello chateaux
La vendita è gestita da Whisper Auctions, una società specializzata in immobili di lusso fuori mercato. Ignace Meuwissen, cofondatore dell’agenzia e responsabile delle vendite, ha dichiarato che è probabile che la proprietà venga venduta a porte chiuse. «La maggior parte delle proprietà che vendiamo sono trattate con la massima discrezione – ha affermato – I proprietari cambiano spesso in modo confidenziale».
Le ragioni dietro questi prezzi stratosferici non sono solo legate alla grandezza e alla bellezza architettonica di questi castelli, ma anche alla loro storia, al patrimonio culturale e alle ampie tenute che spesso li accompagnano. Lo Château d’Armainvilliers, in particolare, ha caratteristiche straordinarie, sia in termini di dimensioni che di lusso, per giustificare un valore così elevato. La sua posizione nella periferia di Parigi aggiunge ulteriore valore, considerando che la capitale francese è una delle città più ambite e costose del mondo. L’attrattiva di possedere una residenza storica così vicina a una metropoli così importante è indubbiamente alta. La vendita di proprietà di questo calibro non è solo una questione di mercato immobiliare di lusso, ma riflette anche l’interesse per l’acquisizione di pezzi unici di storia e cultura. Questi castelli non sono solo case, ma veri e propri simboli di prestigio e ricchezza, e il loro valore va oltre le semplici misure di metratura e posizione. Lo Château d’Armainvilliers, dunque, non è solo una delle proprietà più costose mai messe in vendita, ma rappresenta anche un’opportunità unica per i potenziali acquirenti di possedere un pezzo significativo della storia francese, con tutti i vantaggi e il prestigio che questo comporta.
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Bye bye poveri: Milano è solo per ricchi, e guai a chi resta indietro
Dal Quadrilatero alla CityLife, i nuovi padroni di Milano sono miliardari stranieri con flat tax, attici da 39mila euro al metro quadro e vista Duomo. I milanesi? Sfrattati ai confini della metropoli. Perché i ricchi fanno tendenza, anche quando comprano case che non abitano.

Milano non è più la città che lavora. È la città che capitalizza. Lavorano gli altri, quelli che prendono la metro da Rho o da Corsico e tornano a casa la sera, stanchi e fuori budget. Intanto, nei quartieri di lusso, si vendono metri quadri a peso d’oro. Nell’arco di tre anni – dal 2021 al 2024 – il prezzo degli immobili di fascia alta è salito del 57%, con punte di 39mila euro al metro quadro nel Quadrilatero della Moda. Non una casa: un investimento, un status symbol, una cambiale dorata.






E tutto grazie a una parolina magica: flat tax. Centomila euro secchi all’anno per chi si trasferisce in Italia con un patrimonio milionario. Un affarone, se si guadagna a sei zeri, perché qui le tasse si pagano meno che in Svizzera. E quindi via libera a ville, superattici, grattacieli deluxe. Mentre gli italiani, soprattutto i giovani, arrancano.
È il paradosso milanese: l’immobiliare che si fa vetrina della disuguaglianza. Chi compra case sopra il milione sono per il 70% stranieri, molti dei quali non mettono neppure piede nei loro appartamenti. Ma intanto li comprano. E l’effetto domino è servito: anche il mercato “normale” si adegua, rincara, si adatta. Perché se il vicino vale 30mila euro al metro quadro, tu non puoi mica svendere a 7mila, no?
I numeri fanno impressione: solo nel 2023, circa 4.500 super ricchi hanno scelto l’Italia come residenza fiscale. E due terzi si sono piazzati proprio a Milano. I quartieri diventano club esclusivi, i negozi cambiano vetrine, le scuole rivedono il target. Il problema non è solo economico: è culturale. Chi non appartiene a questo mondo è fuori. Letteralmente.
Milano corre. Ma non tutti riescono a tenere il passo.
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Altro che crisi: sui voli Emirates il caviale va a ruba (+30% in un anno)
Mentre i passeggeri low cost stringono le ginocchia e si accontentano di un toast stantio, chi vola Emirates da Dubai a Londra o Sydney si fa coccolare con caviale Osetra e champagne. Una bolla dorata che ignora ogni crisi e anzi rilancia gli eccessi.

Altro che ristrettezze: nei cieli del lusso il caviale non conosce recessioni. Emirates, la compagnia di bandiera di Dubai, ha trasformato le preziose uova di storione in un simbolo di status. E i numeri parlano chiaro: il consumo a bordo, nell’ultimo anno, è salito del 30%.
Nelle suite della prima classe, da Dubai a Londra, Parigi, Mosca o Sydney, non si vola solo per arrivare a destinazione, ma per vivere un rito. Un rituale che parte dall’apertura della cloche con gesto teatrale, prosegue con i cucchiaini di madreperla che affondano nell’Osetra del Mar Caspio e si completa con blinis, toast, panna acida e tuorlo d’uovo. Tutto accompagnato da Dom Pérignon, di cui Emirates detiene l’esclusiva mondiale nei cieli.
Il dettaglio non è casuale: la compagnia ha costruito un marchio di ospitalità che passa da un’offerta maniacalmente curata. Dietro c’è un esercito logistico: 165 mezzi e autisti che garantiscono la catena del freddo per rifornire i 26.800 posti di prima classe sparsi nella flotta. Un viaggio Londra–Dubai? Si parte da 4.000 euro a tratta, con la certezza di non vedersi mai servire un panino stantio.
Eppure, a ben guardare, la cabina pressurizzata non sarebbe il luogo migliore per le raffinatezze gourmet. La bassa umidità e la pressione ridotta attenuano i recettori del gusto. Ma di fronte a caviale e champagne, il palato si ridesta, eccome. Non sarà il miglior contesto per una degustazione, ma chi vola a 10mila metri difficilmente lo nota, immerso nella sua bolla di lusso.
Intanto, nei corridoi delle low cost, i passeggeri si interrogano se valga la pena spendere 8 euro per un toast riscaldato al microonde, mentre alle quattro del mattino pregano che ci sia spazio per allungare un ginocchio. In prima classe Emirates, invece, qualcuno solleva il calice e sorride: «Hanno fame? Che mangino caviale».
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Mark Zuckerberg e il rifugio hawaiano: un lusso da 270 milioni di dollari tra accuse e segreti
Oltre 500 ettari di terra, un bunker sotterraneo e ville di lusso: l’isola di Kauai è diventata il rifugio segreto di Mark Zuckerberg. Un progetto faraonico che ha scatenato polemiche sulla gestione delle terre ancestrali e accuse di neocolonialismo.

Mark Zuckerberg ha costruito un vero e proprio impero alle Hawaii, trasformando l’isola di Kauai in un rifugio esclusivo da 270 milioni di dollari. La tenuta, che si estende per oltre 500 ettari, comprende ville di lusso, piscine, campi da tennis e un bunker sotterraneo di 465 metri quadrati. Tuttavia, il progetto è stato oggetto di aspre critiche da parte della comunità locale, che ha accusato Zuckerberg di speculazioni sulle terre ancestrali.
La storia inizia nel 2014, quando il fondatore di Meta acquista 300 ettari per 100 milioni di dollari, seguiti da altri 241 ettari nel 2021 per 53 milioni. Tra le proprietà, spiccano la spiaggia di Pilaa e il bacino idrico di Ka Loko. Ma il cuore delle polemiche riguarda i kuleana, piccoli appezzamenti di terra con radici profonde nella cultura hawaiana.
«Non vogliamo espropriare nessuno», ha dichiarato Zuckerberg, spiegando che le acquisizioni mirano a preservare l’ambiente e rispettare le tradizioni locali. Tuttavia, le cause legali avviate per ottenere i kuleana hanno scatenato accuse di neocolonialismo, con la comunità locale che ha visto in queste operazioni un tentativo di cancellare il passato.
Il rifugio, soprannominato Ko’olau Ranch, è avvolto da un’aura di segretezza. Gli operai sono vincolati da accordi di non divulgazione, mentre il bunker sotterraneo, dotato di sistemi di approvvigionamento autonomi, ha alimentato le speculazioni. Ma Zuckerberg respinge l’idea di un «rifugio apocalittico», definendo il complesso un luogo di ritiro e sperimentazione.
Le critiche non si sono fermate alle dispute territoriali. Nel 2022, la famiglia di una guardia di sicurezza deceduta ha avviato una causa per «negligenza e morte ingiusta», evidenziando condizioni di lavoro estreme. Nonostante ciò, Zuckerberg continua a descrivere Kauai come un luogo di pace e innovazione: «Vogliamo preservare la bellezza naturale dell’isola e creare una comunità sostenibile per le generazioni future».
Mentre il progetto prosegue, la domanda rimane aperta: fino a che punto il lusso e l’ambizione possono convivere con la responsabilità sociale?
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