Lifestyle
Mamme, ma quante siete?
Considerate come un inno alla vita, le mamme cambiano il concetto di fertilità nell’antica Roma, le pacifiste statunitensi no profit nell’800, il simbolo politico di natalità durante il regime del secolo scorso, fino all’attuale modalità di celebrazione, con e-card e messaggi sui social.
“Spero e prego che qualcuno, un giorno, istituisca una festa commemorativa della mamma per ricordarla per l’impareggiabile servizio che rende all’umanità in ogni campo della vita. Lei ne ha diritto.” – Anna Jarvis, attivista.
Ma prima facciamo alcuni passi indietro
Nell’antica Roma si celebravano festività dedicate alla dea Flora, la divinità romana dei fiori e della primavera. Queste celebrazioni avvenivano durante il mese di maggio e includevano riti di fertilità e di rinascita, poiché i fiori erano considerati simboli di rigenerazione e prosperità.
Negli Stati Uniti diffondevano le campagne di pace
Il “Mother’s day proclamation” invitava le donne, durante il periodo della guerra civile, a svolgere un ruolo attivo nel processo di pacificazione tra gli Stati americani. E una donna di nome Anna Jarvis, voleva che le madri si unissero per promuovere la pace e risolvere i conflitti, sfruttando il loro ruolo speciale nella società.
La pacifista americana giocò un ruolo significativo in questo periodo organizzando diverse feste della mamma con l’obiettivo di promuovere l’amicizia tra le madri dei Nordisti e dei Sudisti. Questi eventi consistevano principalmente in picnic e altri incontri sociali detti i Mothers Friendship Day di Jarvis
I tentativi per annullare la Festa della Mamma
Anna Jarvis pareva avesse vinto eppure, nel giro di pochi anni, la mamma della Festa della Mamma era disgustata dal business di fioristi, produttori di caramelle e produttori di biglietti di auguri che attorno alla festa avevano monetizzato. Quindi, una grossolana commercializzazione e sfruttamento della sua festa come un giorno di sentimento, non di profitto.
E, ben presto, iniziò una campagna attiva contro questi sforzi commerciali esortando le persone a smettere di acquistare fiori, caramelle e biglietti di auguri per le loro madri durante la Festa della Mamma. Ma non riuscì. Per fortuna?
In Italia, nel frattempo…
Le origini della ricorrenza sono più recenti rispetto agli Stati Uniti. La celebrazione della Festa della Mamma in Italia è stata introdotta durante il periodo fascista e faceva parte di una serie di iniziative per promuovere l’ideale di maternità e famiglia all’interno della società italiana.
Dopo la caduta del regime, la celebrazione della Festa divenne per sempre solo un riconoscimento e l’apprezzamento delle madri per il loro ruolo nella famiglia e nella società.
Le mamme emancipate del 2024
Il significato della Festa per fortuna rimane quello di un’occasione speciale per riconoscere il ruolo fondamentale che le madri svolgono nelle nostre vite e nella società come un’opportunità per promuovere la parità di genere e l’empowerment delle donne, riconoscendo il loro ruolo multifunzionale non solo come madri, ma anche come professioniste, leader e membri attivi della comunità.
Dunque, la Festa della Mamma continua a rappresentare un momento significativo per mostrare apprezzamento e affetto verso le madri, mentre si riflette sul loro impatto positivo nelle nostre vite e si promuove il rispetto e l’uguaglianza di genere.
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Moda
Il grande ritorno dei pantaloni in velluto: il tessuto rétro che conquista di nuovo la moda
Dal velluto a coste a quello liscio, da capo borghese a simbolo di stile contemporaneo: ecco perché questo tessuto è tornato a far tendenza e quali vip lo hanno già adottato.
Per anni è stato considerato un tessuto difficile, legato a un’estetica vintage o a un’eleganza un po’ datata. E invece il velluto, in particolare sotto forma di pantaloni, sta vivendo una nuova stagione d’oro. Complice il ritorno di materiali caldi e avvolgenti, la moda degli ultimi anni ha riscoperto il fascino di questo tessuto storico, trasformandolo in uno dei protagonisti delle collezioni più recenti.
Un tessuto con una lunga storia
Il velluto affonda le sue radici nel Medioevo, quando era un materiale prezioso riservato alle classi nobili. In Italia, tra Venezia, Firenze e Genova, divenne simbolo di lusso e artigianato d’eccellenza. Nel Novecento ha conosciuto diverse rinascite: dagli anni Settanta, con il velluto a coste associato allo stile bohemien e intellettuale, fino agli anni Novanta, quando è entrato nel guardaroba casual.
Oggi il suo ritorno non è nostalgico, ma consapevole: il velluto risponde al desiderio di qualità, durata e comfort, valori sempre più centrali nella moda contemporanea.
Perché il velluto è tornato di moda
Le passerelle delle ultime stagioni hanno rilanciato i pantaloni in velluto in versioni moderne: tagli sartoriali, linee ampie o dritte, colori intensi come borgogna, verde bosco, marrone cioccolato e blu notte. Il successo è legato anche alla ricerca di texture ricche, capaci di dare profondità agli outfit senza rinunciare alla praticità.
In un’epoca in cui lo stile casual si mescola all’eleganza, il velluto rappresenta un perfetto punto d’incontro: più raffinato del denim, ma meno formale del tessuto da completo.
I vip che li indossano
Il ritorno del velluto è stato consacrato anche dalle scelte delle celebrità. Harry Styles li ha indossati più volte, spesso abbinati a camicie stampate e blazer, confermando il legame tra velluto e stile gender-fluid. Timothée Chalamet ha optato per versioni slim e minimal, mentre Zendaya ha sfoggiato pantaloni in velluto a vita alta in look sofisticati da red carpet.
Anche in Italia il trend è evidente: Elodie, Miriam Leone e Stefano Accorsi hanno scelto il velluto per eventi pubblici e servizi fotografici, dimostrando la versatilità del capo sia al maschile che al femminile.
Come indossarli oggi
La regola principale è bilanciare. I pantaloni in velluto funzionano bene con capi essenziali: maglie sottili, camicie bianche, dolcevita o giacche destrutturate. Di giorno possono essere portati con sneakers o stivaletti, la sera con mocassini o tacchi.
Il velluto a coste resta più informale, ideale per il tempo libero, mentre quello liscio si presta a contesti eleganti e serali.
Un trend destinato a durare
Più che una moda passeggera, il ritorno dei pantaloni in velluto sembra riflettere un cambiamento più profondo: la ricerca di capi iconici, longevi e capaci di attraversare le stagioni. Un classico che, ancora una volta, dimostra come la moda ami tornare… reinventandosi.
Lifestyle
Quando i figli fanno il contrario: perché succede e come reagire senza perdere l’equilibrio
Dall’infanzia all’adolescenza, l’opposizione è una fase comune della crescita. Capire cosa c’è dietro i “no” dei figli aiuta i genitori a rispondere con autorevolezza, non con lo scontro.
Dire a un figlio di fare una cosa e vederlo fare esattamente il contrario è una delle esperienze più frustranti per molti genitori. Succede spesso, in particolare tra i due e i sei anni e poi di nuovo in adolescenza, e non è necessariamente il segnale di un problema educativo o di mancanza di rispetto. Secondo psicologi dell’età evolutiva, nella maggior parte dei casi si tratta di una fase fisiologica dello sviluppo, legata alla costruzione dell’identità e dell’autonomia personale.
Perché lo fa: non è solo provocazione
Il comportamento oppositivo nasce spesso dal bisogno del bambino — o del ragazzo — di affermare se stesso. Dire “no” o fare l’opposto diventa un modo per testare i confini, capire fin dove può spingersi e sentirsi padrone delle proprie scelte. Nei più piccoli, questa dinamica è collegata allo sviluppo del linguaggio e della volontà; negli adolescenti, invece, è parte del processo di distacco dall’autorità genitoriale.
In altri casi, l’opposizione è una risposta emotiva: stanchezza, frustrazione, bisogno di attenzione o difficoltà a gestire le emozioni possono trasformare una richiesta semplice in un terreno di scontro.
Quando l’ordine scatena la ribellione
Gli esperti sottolineano che il modo in cui si comunica fa la differenza. Ordini secchi, ripetuti o accompagnati da tono minaccioso aumentano la probabilità di una risposta contraria. Frasi come “fallo subito” o “perché lo dico io” tendono a innescare una reazione difensiva, soprattutto nei bambini con un temperamento più sensibile o indipendente.
Anche dare troppe istruzioni tutte insieme può confondere e generare rifiuto. In questi casi, il figlio non sta scegliendo di disobbedire, ma di sottrarsi a una richiesta percepita come eccessiva.
Cosa fare (e cosa evitare)
La prima regola è non entrare in una lotta di potere. Alzare la voce o irrigidirsi rafforza il comportamento oppositivo. Meglio mantenere la calma e ridurre la richiesta all’essenziale. Offrire una scelta limitata — ad esempio “preferisci farlo ora o tra dieci minuti?” — restituisce al figlio un senso di controllo senza rinunciare alla regola.
È utile anche spiegare il perché di una richiesta, usando parole adatte all’età. La coerenza è fondamentale: se una regola cambia ogni volta, il bambino impara che opporsi può funzionare.
Il valore dell’ascolto
Dietro un comportamento contrario può esserci un messaggio non espresso. Ascoltare, fare domande e riconoscere le emozioni (“vedo che sei arrabbiato”) non significa cedere, ma costruire una relazione basata sulla fiducia. Diversi studi in ambito educativo mostrano che i bambini ascoltati sono più propensi a collaborare nel tempo.
Quando chiedere aiuto
Se l’opposizione è costante, intensa e interferisce con la vita scolastica o familiare, può essere utile confrontarsi con un pediatra o uno psicologo. In alcuni casi, il comportamento oppositivo persistente può essere il segnale di un disagio più profondo.
In sintesi, quando un figlio fa il contrario di ciò che gli viene chiesto, non è sempre una sfida da vincere, ma un’occasione per rivedere il dialogo educativo. Meno controllo, più chiarezza e ascolto: spesso è questa la strada che porta, lentamente, alla collaborazione.
Moda
Vogue svela il tema del Met Gala 2026: “Costume Art”, la moda come dialogo tra corpo e arte
Con un’esposizione che accompagnerà la serata e accompagnerà la moda oltre i confini estetici tradizionali, Costume Art segna una nuova visione del fashion system attraverso la lente culturale dell’arte.
Il mondo della moda guarda avanti. Vogue ha rivelato il tema ufficiale del Met Gala 2026, che quest’anno si annuncia particolarmente concettuale: “Costume Art”. La scelta non è casuale, ma fa da ponte con la mostra del Costume Institute prevista per la primavera 2026 al Metropolitan Museum of Art di New York, che verrà inaugurata ufficialmente durante la serata di Gala del 4 maggio 2026 e resterà aperta fino al 10 gennaio 2027.
La novità di questa edizione consiste nel porre il corpo vestito al centro del discorso creativo. Secondo il curatore Andrew Bolton, la mostra e il tema vogliono mettere in evidenza non solo il valore estetico degli abiti, ma anche il modo in cui l’abbigliamento interagisce con il corpo umano nel corso della storia dell’arte. Per Bolton, la moda non è accessoria rispetto all’arte, bensì una forma intrinsecamente artistica e incarnata, che attraversa culture, epoche e rappresentazioni del corpo.
Un dialogo tra moda e arte
La mostra “Costume Art” si propone di fare dialogare capolavori pittorici e scultorei con capi storici e contemporanei del Costume Institute. Opere che rappresentano il corpo nudo o vestito saranno affiancate a creazioni di moda che ne sottolineano forme, significati simbolici e narrazioni culturali. Tra le categorie previste nell’allestimento ci sono corpi classici, corpi nudi, ma anche corpi meno celebrati come quelli invecchiati o in gravidanza — aree poco esplorate nel panorama tradizionale della moda e dell’arte.
Questa visione più ampia del corpo come ente culturale e sociale vuole rompere le gerarchie che spesso separano moda e arte. Il costume, secondo questa prospettiva, non sarebbe semplicemente bellezza o decorazione, ma forma espressiva antropologica, uno specchio delle tensioni culturali e dei valori che attraversano la nostra società.
Innovazione e inclusività
“Costume Art” non è solo un titolo espositivo ma una dichiarazione d’intenti: enfatizzare l’idea che non esiste moda senza corpo, e che la moda stessa non può essere pienamente compresa fuori dal contesto corporeo che la genera. Il curatore ha strutturato la mostra attorno alla centralità del corpo vestito, riconoscendo l’abito come strumento narrativo e non meramente decorativo.
L’esperienza museale sarà arricchita da accostamenti inediti tra opere artistiche (dipinti, sculture, stampe storiche) e abiti, mostrando come entrambi riflettano e influenzino gli ideali estetici, sociali e perfino politici legati al corpo umano nel corso di millenni.
Il Gala: creatività sul red carpet
Il tema “Costume Art” influenzerà inevitabilmente anche il dress code del Met Gala 2026. La serata — cuore pulsante della moda mondiale e uno dei principali strumenti di finanziamento per il Costume Institute — invita celebrità, stilisti, artisti e influencer a interpretare il concetto in chiave personale. Si attendono look che esplorino silhouette innovative, riferimenti anatomici, materiali inaspettati e approcci estetici che sfidano le tradizionali categorizzazioni della moda.
A completare l’ecosistema dell’evento, un gruppo di co-chair di grande impatto culturale guiderà l’edizione 2026: tra questi Beyoncé, Nicole Kidman, Venus Williams e la veterana Anna Wintour, segnando ritorni e presenze di spicco nella notte più glamour dell’anno.
Questa scelta tematica non solo riflette la moda come fenomeno estetico, ma la eleva a pratica culturale e artistica, proponendo una riflessione profonda su come vestiamo, su come percepiamo il nostro corpo e su come l’abito diventi esso stesso forma d’arte vivente. Per designer, star e appassionati, il 2026 sarà un’edizione memorabile: la cultura del vestire esplode in tutta la sua dimensione creativa e storica, trasformando il tappeto rosso in una vera tela di costume art.
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