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Moda

La donna rock di Anton Giulio Grande ammalia la Milano Fashion Week

La Milano Fashion Week si accende con la sfilata dello stilista calabrese Anton Giulio Grande, che ieri ha presentato la sua collezione Fall/Winter 25-26, intitolata AGG on the Road, presso Fiera Milano Rho. Un evento esclusivo che ha visto la partecipazione di oltre 1200 ospiti e ha celebrato i 25 anni di carriera del talentoso couturier.

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    Moda e Motori, il connubio che ha fatto da leitmotiv nella Collezione Fall/Winter 25-26 di Anton Giulio Grande, in un viaggio tra haute couture e spirito ribelle sulle due ruote. Con AGG on the Road, lo stilista ha raccontato con grande spettacolarità una storia di eleganza ribelle, dove moda e motori si fondono in un’estetica accattivante e inedita, per uno dei primi eventi nella giornata inaugurale della Milano Fashion Week, lasciando un segno preciso e nel cuore degli appassionati di stile.

    Modella grintose fra moto d’epoca

    Una donna rock che sfida le convenzioni

    Per questa collezione, Anton Giulio Grande si è lasciato ispirare dal mondo dei motori, creando un connubio perfetto tra la sensualità dell’alta moda e l’audacia di una donna che vive la strada come stile di vita. La protagonista di questa sfilata è una biker contemporanea, che non rinuncia all’eleganza mentre sfreccia aggressiva e libera su due ruote, perfino verso l’altare, magari con un casco impreziosito da perline in testa. Un messaggio di libertà e indipendenza che si riflette in ogni dettaglio della collezione.

    Alcuni dei capi in passerella

    Materiali pregiati e lavorazioni sofisticate

    La passerella ha presentato 38 outfit – 24 femminili e 14 maschili – con capi dal carattere forte e ricercato. Giubbotti, cappotti, parka, vestaglie e mantelle sono stati realizzati con materiali pregiati come pelle, pelliccia e piume, arricchiti da ricami e dettagli di altissima artigianalità. Il design è audace e innovativo, ma sempre fedele allo stile sofisticato di Anton Giulio Grande.

    Musica e parterre vip

    Come colonna sonora della sfilata lo stilista ha scelto il rock dei Pink Floyd di The Wall e i Led Zeppelin, sonorità perfette per sottolineare lo spirito rock’n’roll delle sue creazioni. Alla fine della sfilata Sabrina Salerno è salita in passerella ad abbracciare Anton Giulio Grande, unendosi agli applausi scroscianti del numeroso pubblico presente.

    Lo stilista con Sabrina Salerno

    Visti anche tra il pubblico lo speaker motivazionale Arturo Marian, il maestro sanremese Vince Tempera e il modello e attore Stefano Sala.

    Finale di sfilata

    Colori e dettagli di una collezione iconica

    Dal punto di vista della palette cromatica, AGG on the Road oscilla tra tonalità profonde e vibranti, col nero che domina la scena, accompagnato da accenti di rosso, marrone e avorio, in grado di creare un effetto visivo estremamente impattante. Tra i capi più applauditi, una mantella bianca bordata di pelliccia, decorata con pizzo e ricami preziosi di cristalli, jais, Swarovski, perline e paillettes.

    Il rombo dei motori incontra l’alta moda

    La sfilata non ha solo celebrato l’eccellenza sartoriale, ma anche il mondo del motocross, grazie alla collaborazione con il Team Honda Gariboldi. Due moto da cross Honda 250cc due tempi, modelli originali del 1986-87 appartenuti alla leggenda Ricky Johnson, hanno fatto da scenografia, sottolineando il legame tra la grinta del mondo dei motori e il lusso dell’alta moda. “Unire l’eleganza italiana dell’alta moda con la passione e l’adrenalina del motocross ha rappresentato per me una sfida entusiasmante”, ha dichiarato ai nostri microfoni Anton Giulio Grande. “Queste moto rappresentano la perfezione tecnica e lo spirito libero che ispira le mie creazioni”.

    Collaborazioni di prestigio e dettagli esclusivi

    L’evento è stato reso possibile grazie al supporto di Lineapelle – UNIC Concerie Italiane e Italiana Accessori srl, che ha curato la decorazione dei capispalla in pelle con applicazioni di strass e paillettes. Un sodalizio che continua a dare vita a creazioni uniche e apprezzate dalle celebrità internazionali.

    Moda e cinema

    Anton Giulio Grande, oltre a essere un’icona dell’alta moda, ricopre attualmente il ruolo di Presidente della Calabria Film Commission, dimostrando ancora una volta la sua capacità di valorizzare l’eccellenza italiana nel panorama artistico e culturale.

    Foto prese dalla rete

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      Moda

      Buon compleanno al bikini: 79 anni di rivoluzione e seduzione

      Simbolo di libertà e audacia, il bikini festeggia 78 anni, rimanendo un’icona di stile e emancipazione. Dalla sua nascita fino a oggi, il costume a due pezzi ha attraversato decenni di trasformazioni, scandali e successi, conquistando il cuore di donne e dive del cinema.

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        il bikini, con i suoi 79 anni di storia, è ben più di un semplice costume da bagno. È un simbolo di emancipazione femminile, di libertà e seduzione che ha attraversato epoche e culture, rompendo tabù e diventando un elemento irrinunciabile del guardaroba estivo. Ma come è nato questo capo di abbigliamento così controverso e amato?

        Le origini del bikini risalgono a molto tempo prima del 1946, anno della sua “nascita ufficiale”. Nell’epoca greco-romana, infatti, esistevano già dei precursori del bikini, come dimostrano urne e affreschi del 1400 a.C. In quei tempi, però, il bikini non era utilizzato per il nuoto, ma per l’atletica e la danza. Le prime immagini dettagliate di un costume a due pezzi risalgono al III secolo d.C., nella villa romana di Piazza Armerina in Sicilia, dove un mosaico raffigura giovani donne impegnate in attività sportive.

        Tuttavia, il bikini come lo conosciamo oggi prende vita nel dopoguerra, grazie a Louis Réard. Nel luglio del 1946, l’ingegnere francese, ispirato dalla moda e dalla lingerie, crea il bikini e lo presenta al pubblico con un nome che richiamava la potenza di una bomba atomica: l’atollo Bikini, teatro di test nucleari. Il suo intento era chiaro: sconvolgere e affascinare, e così fece. Nonostante le difficoltà iniziali nel trovare una modella disposta a indossarlo, Réard ingaggiò la spogliarellista Micheline Bernardini per la presentazione ufficiale a Parigi. La reazione fu di stupore e scandalo.

        Per quasi un decennio, il bikini lottò per affermarsi, ostacolato dal Vaticano e bandito in diversi paesi, tra cui Spagna, Portogallo, Italia, Belgio e Australia. Negli Stati Uniti rimase fuori legge fino al 1959. Ma la svolta arrivò quando le star di Hollywood iniziarono a indossarlo sul grande schermo. Rita Hayworth, Marilyn Monroe, Brigitte Bardot e Ursula Andress sono solo alcune delle dive che hanno contribuito a rendere il bikini un’icona di stile e di emancipazione.

        Dal provocante bikini di Rita Hayworth in Gilda al mitico costume bianco di Ursula Andress in 007 – Licenza di uccidere, passando per l’audacia di Brigitte Bardot a Cannes, il bikini ha segnato la storia del cinema e della moda, diventando un simbolo di libertà e di seduzione. E oggi, a 78 anni dalla sua creazione, continua a essere protagonista indiscusso dell’estate, celebrato da donne di tutte le età e di tutto il mondo.

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          Moda

          Primavera a tutto cappello: il ritorno dell’accessorio più snobbato degli ultimi anni

          Panama, cloche, baschi e bucket hat: la primavera 2025 segna il grande ritorno dei cappelli, accessori trasformisti che dettano stile e aggiungono carattere a qualsiasi look. Ecco i modelli più trendy e come abbinarli (senza sembrare in costume)

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            C’è stato un tempo in cui il cappello era un accessorio imprescindibile, simbolo di eleganza e distinzione. Poi, è arrivata l’epoca dello streetwear, del minimalismo spinto, dei “senza fronzoli”. E il cappello? Sparito, o quasi. Ma adesso le cose stanno cambiando: la primavera 2025 segna ufficialmente il grande ritorno del cappello.

            Non è solo questione di tendenze passegger(e) o di ispirazioni da passerella: il cappello è tornato per restare. Lo confermano le collezioni primavera-estate di brand come Dior, Max Mara, Jacquemus e Chanel, che hanno puntato tutto su questo accessorio trasformista, capace di cambiare completamente un outfit con un solo gesto.

            I modelli che vedremo ovunque? I bucket hat, rivisitati in tessuti leggeri come lino e cotone tecnico, spesso stampati o ricamati. I Panama per le più classiche, ma anche per chi vuole dare un tocco maschile a un look iper femminile. E poi cloche romantiche, berretti da baseball di lusso, baschi francesi, fino a cappelli a tesa larga da diva anni ’70.

            Il bello è che ogni stile trova il suo cappello. Il bucket sta bene con il denim e le camicie over, perfetto per look sporty o da weekend in città. Il basco si abbina a gonne midi, trench e mocassini: un’allure da intellettuale bohémien aggiornata al presente. Il Panama, invece, funziona sia con il tailleur pantalone che con l’abito lungo da giorno, e aggiunge un tocco cosmopolita anche alla più semplice delle camicie bianche. La cloche è il pezzo forte per chi ama il retrò: con un trench sabbia e una borsa a mano fa subito Parigi anni ’30.

            Il ritorno del cappello, però, non è solo una questione estetica. È anche un gesto di personalità. In un mondo dominato da outfit sempre più uguali e veloci, un cappello racconta qualcosa in più. È una scelta: quella di metterci la testa, anche nello stile.

            E per chi pensa di “non avere la faccia giusta”? Falso mito. La verità è che esiste un cappello per ogni viso: basta sperimentare. Le facce tonde stanno benissimo con le tese larghe, quelle più squadrate trovano armonia con i modelli morbidi e stondati. Il trucco è provarli dal vivo, giocare con l’inclinazione, osservare le proporzioni. E poi lasciarsi andare: perché il cappello, più di ogni altro accessorio, va portato con atteggiamento.

            Ultima dritta: la primavera 2025 suggerisce anche un ritorno al total look coordinato, con cappelli che richiamano fantasie o colori degli abiti. Non è obbligatorio, ma se siete amanti del dettaglio che fa la differenza, sarà la vostra stagione.

            In fondo, diceva Coco Chanel, “una donna senza cappello è come un giardino senza fiori”. Quest’anno, il giardino rifiorisce.

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              Moda

              Le ricamatrici kosovare di Reggio Emilia pronte a ricamare l’abito da sposa per Dua Lipa

              Hanno dai 25 ai 45 anni, alcune hanno fatto pulizie, altre erano casalinghe, ma oggi sono artigiane riconosciute. Nel loro laboratorio ci sono pochi macchinari ma tanti aghi e fili.

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                Nascoste tra fili di seta, pizzi intricati e ricami preziosi, c’è una storia di talento, tradizione e riscatto sociale che prende vita nel cuore dell’Emilia-Romagna. Un gruppo di diciassette donne kosovare, arrivate in Italia tra la fine degli anni ’90 e il 2000, ha trasformato un’arte tramandata da generazioni in un’impresa capace di collaborare con le più grandi case di moda. Con ago e filo, queste artigiane non creano solo abiti: danno forma a vere opere d’arte, capaci di impreziosire passerelle e collezioni di lusso. E il loro sogno più grande? Realizzare l’abito da sposa per la cantante di origine kosovara Dua Lipa, simbolo internazionale della loro terra d’origine.

                Dal Kosovo all’Italia un’impresa costruita con il lavoro delle mani

                Per queste donne, il ricamo è una tradizione familiare, imparata in casa, tramandata dalle nonne e affinata nel tempo. In Kosovo era un’abilità quotidiana, in Italia è diventata un lavoro vero e proprio, grazie all’intuizione di Mendehie, detta Mendi, che nel 2019 ha riunito un gruppo di connazionali per dare vita a un laboratorio di alta sartoria. Tra loro ci sono Selvete, Enkelejda, Dhurata, Bukurije, Arbenita, ognuna con una storia da raccontare. Selvete, per esempio, arrivò in Italia a piedi, attraversando l’Albania mentre era incinta, per ricongiungersi al marito giardiniere a Reggio Emilia. Oggi costruisce una casa in Kosovo, ma pensa di tornarci solo per la pensione: il suo presente è in Italia, insieme alle figlie nate qui.

                Arte e moda serve tanta precisione

                L’azienda ha sede a San Martino in Rio, nel distretto industriale di Carpi, una delle capitali del tessile italiano. Il marito di Mendi lavorava già nel settore della maglieria di lusso, e fu proprio lui a segnalare le straordinarie capacità della moglie e delle sue amiche. Un imprenditore, vedendo i loro pizzi e ricami, ne comprese subito la qualità e il valore commerciale. Da allora, queste artigiane hanno collaborato con i brand più prestigiosi, creando dettagli di lusso per abiti da passerella, oltre a scarpe, borse, cappelli e persino charms natalizi. Il loro lavoro è completamente manuale, con tecniche come crochet, macramè, punto incrociato, uncinetto, spesso sperimentando materiali inaspettati, dalle piume al cuoio. Ogni creazione è un pezzo unico, frutto di confronto e ingegno. A volte ricevono solo un’idea astratta, un colore, un disegno, e da lì nasce una decorazione destinata a diventare parte di un abito esclusivo.

                Il sogno di creare l’abito da sposa di Dua Lipa

                Il riconoscimento per queste donne è la soddisfazione di vedere i propri lavori sulle passerelle e sulle riviste di moda. Molti abiti da loro ricamati sono stati indossati da grandi star, Dua Lipa compresa, anche se il loro nome non compare perché le creazioni sono firmate dai brand per cui lavorano. Ma il sogno oggi è più ambizioso. Creare per lei un abito da sposa, una fusione perfetta di arte e tradizione, un tributo al Kosovo e all’impegno della cantante nel promuovere le sue origini. A dimostrare la loro straordinaria maestria c’è un vestito in esposizione nella sede dell’azienda: 81.000 paillettes, tutte cucite a mano, per un totale di 896 ore di lavoro. È solo un esempio di ciò che possono fare con ago e filo.

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