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Una ricerca rivela: l’amore per i figli è più forte di qualsiasi altro

L’amore più luminoso, quello che abbraccia le aree più estese del cervello, è quello che si prova per i figli. La passione per il partner segue di poco.

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    Detto tra noi – senza nulla togliere al ricercatore in questione – non ci serviva il riscontro del filosofo finlandese Pärttyli Rinne per sentire che l’intensità dell’amore che proviamo verso i nostri figli, non ha eguali. Lui ci ha messo 15 anni di ricerca. Noi meno. Molto meno.

    L’incontro tra filosofia e scienza

    Del resto Pärttyli Rinne è un filosofo con molto tempo a disposizione proprio per ricercare e filosofeggiare. Per di più risiede in Finlandia dove per sei mesi all’anno – più o meno – non si godono il sole se non per qualche ora al giorno. Rinne ha trascorso 15 dei suoi preziosi anni esplorando il concetto dell’amore. Partendo dalle teorie di Kant è approdato a un incontro decisivo con i neurologi dell’Università di Aalto a Espoo. Qui, filosofia e scienza si sono unite in un esperimento innovativo, capace di misurare l’amore attraverso l’attività cerebrale. Vediamo come.

    Come varia l’intensità del nostro amore

    Lo studio, pubblicato su Cerebral Cortex della Oxford University Press, ha coinvolto 55 volontari innamorati che hanno esplorato sei tipi di amore: romantico, genitoriale, per un amico, per uno sconosciuto, per un animale domestico e per la natura. Utilizzando la risonanza magnetica, i neuroscienziati hanno analizzato le reazioni cerebrali dei partecipanti mentre ascoltavano poesie e descrizioni emozionali. L’esperimento ha mostrato che l‘amore genitoriale è quello che coinvolge maggiormente il cervello, seguito dalla passione romantica, mentre l’affetto per animali e natura ha attivato meno aree cerebrali, concentrandosi maggiormente su quelle visive.

    Ma dai, ma davvero…da non crederci…!!?

    L’esperimento ha dimostrato che, sebbene tutte le forme d’amore coinvolgano regioni simili del cervello, l’intensità varia notevolmente a seconda del tipo di legame e del coinvolgimento emotivo individuale. L’incontro tra filosofia e neuroscienza ha permesso così a Rinne di catturare scientificamente un sentimento così sfuggente come l’amore, dimostrando che il nostro cervello è in grado di raccontare molto sui nostri legami emotivi.

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      Lifestyle

      Usa, nello Utah boom di sosia di Gesù: modelli richiesti per foto di famiglia e cartoline divine

      Dai ritratti familiari alle immagini virali sui social, la figura di Gesù diventa protagonista di un curioso fenomeno nello Utah. Fotografi e famiglie ingaggiano modelli che incarnano l’iconografia sacra, creando immagini che uniscono fede e marketing.

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        Nello Utah, terra di mormoni e paesaggi mozzafiato, la somiglianza con Gesù può trasformarsi in un’opportunità di guadagno. Se siete alti, magri, con barba e capelli lunghi, potreste incassare fino a 200 dollari l’ora semplicemente posando per ritratti di famiglia o cartoline personalizzate. Qui, il desiderio di rendere la fede più tangibile ha preso una piega inaspettata, portando a un boom di richieste per modelli che ricordano il Messia.

        L’idea è semplice ma efficace: non più solo immagini di santi o versi della Bibbia stampati su carta, ma un’immagine che includa un “Gesù” in carne e ossa. Non un vero miracolo, certo, ma qualcosa che nella sua semplicità emoziona e fa sentire protetti. “Le foto senza un tocco divino non bastano più,” spiega Bob Sagers, uno dei modelli più richiesti.

        Sagers, 25 anni, commesso in un negozio di salumi e formaggi, è stato scoperto per caso. “Ero a un festival di musica indie a Salt Lake City quando qualcuno mi ha detto che assomigliavo a Gesù,” racconta. Dopo essere stato avvicinato da un fotografo, ha accettato di posare per una serie di scatti che gli hanno fruttato tra i 100 e i 200 dollari l’ora. Da allora, non si è più fermato.

        Foto di famiglia con Gesù

        Le richieste sono incredibilmente varie. Alcune famiglie vogliono immortalare momenti che uniscano tradizione e spiritualità, magari con “Gesù” che accarezza i bambini o appoggia una mano rassicurante sulla spalla dei nonni. Una donna, racconta il Wall Street Journal, ha ingaggiato un modello per posare con i suoi figli, dicendo di voler lasciare loro una foto che trasmettesse protezione e serenità.

        Il risultato? Immagini suggestive che mescolano il sacro e il quotidiano. In una delle foto più iconiche, un Gesù in abiti bianchi tiene tra le braccia un bambino sorridente, con la sorellina accanto e un paesaggio al tramonto sullo sfondo. Uno scatto che sembra trasportare la Giudea nel cuore dello Utah.

        Non tutti i bambini amano Gesù

        Nonostante l’entusiasmo, non sempre l’esperienza si rivela semplice. “Se tuo figlio non ama stare sulle ginocchia di Babbo Natale, probabilmente non amerà nemmeno farsi fotografare con Gesù,” scherza una fotografa. “Alcuni bambini sono entusiasti e trovano la cosa bellissima. Altri, invece, vivono momenti terribili e traumatici.”

        Sfide e aneddoti mistici

        Diventare un modello di Gesù non è privo di momenti imbarazzanti. Terry Holker, un altro “Gesù” molto richiesto, ricorda un episodio particolare. Mentre posava a Salt Flats, una donna gli si è avvicinata chiedendo di camminare mano nella mano con lui. “Sai che non sono il vero Gesù, vero?” le aveva chiesto. La risposta? “Lo so, ma oggi cercavo un segno divino e l’ho trovato in te.”

        Curiosamente, la somiglianza con il Messia è un dono raro nello Utah, dove molti uomini lavorano per la Chiesa mormone, che richiede capelli corti e visi rasati. Eppure, il mercato dei “sosia sacri” continua a crescere, alimentato da una domanda che sembra unire fede, arte e una buona dose di marketing.

        Che si tratti di ispirazione divina o di semplice moda, il fenomeno dimostra ancora una volta come i confini tra spiritualità e commercio possano intrecciarsi in modi inaspettati. Dopotutto, chi non vorrebbe una foto con “Gesù” sul camino?

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          Cucina

          Sorrisi soddisfatti anche a Natale con gli american cookies!

          La felicità è sempre nel primo morso! Il comfort autentico fatto di secoli di tradizione familiare e calore domestico. Accompagnali con un bicchiere di latte per una vera esperienza americana.

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            Ripassiamo un po’ di storia di biscotti
            Nel 1800, molte famiglie americane hanno iniziato a preparare cookies usando ingredienti come farina, burro, zucchero e uova, spesso aggiungendo anche frutta secca o gocce di cioccolato per arricchirne il sapore. Inizialmente, i cookies erano spesso fatti a mano, arrotolando piccole palline di impasto e schiacciandole con una forchetta prima di infornarle.

            Però Agli inizi del 1900, con le nuove stufe a gas e dei forni domestici più efficienti, la produzione di cookies divenne più accessibile e popolare. Le ricette furono condivise attraverso libri di cucina, riviste e passaggi di mano in mano, contribuendo alla diffusione e alla diversificazione dei cookies in varie forme e gusti.

            Durante la Grande Depressione degli anni ’30, i cookies divennero ancora più popolari poiché erano un dolce economico da preparare con ingredienti di base facilmente reperibili. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i cookies furono spesso inviati ai soldati come parte delle loro razioni, contribuendo a diffondere ulteriormente la loro fama.

            American Cookies

            Ingredienti per 12 biscottoni
            200 g di burro a temperatura ambiente
            200 g di zucchero di canna
            100 g di zucchero semolato
            2 uova
            1 cucchiaino di estratto di vaniglia
            300 g di farina 00
            1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
            1/2 cucchiaino di sale fino
            200 g di gocce di cioccolato

            Procedimento
            In una ciotola, metti farina, bicarbonato e sale, poi mescola bene e metti da parte. In un’altra ciotola con le fruste elettriche sbatti insieme burro morbido, zucchero di canna e zucchero semolato fino ad ottenere un composto soffice e cremoso.

            Aggiungi le uova una alla volta, assicurandoti di mescolare bene dopo ogni aggiunta, unisci la vaniglia e lavora bene con le fruste. Gradualmente, aggiungi gli ingredienti secchi al composto di burro e zucchero e le gocce di cioccolato Mescola con una spatola fino ad ottenere un impasto omogeneo.

            Prendi porzioni di impasto, della grandezza di una noce e arrotolale tra le mani per formare delle palline. Disponi le palline su una teglia foderata con carta forno, lasciando spazio tra di esse. Inforna i cookies per circa 15 minuti a 170 gradi, ventilato, e lasciali cuocere finché i bordi diventeranno leggermente dorati. Una volta cotti, lascia raffreddare i cookies completamente prima di gustarli.

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              Curiosità

              Babbo Natale: la storia del santo che diventò un simbolo universale

              Dalla generosità di San Nicola di Bari alle leggende moderne: scopriamo le radici storiche, culturali e religiose che hanno trasformato un vescovo del IV secolo nell’iconica figura di Santa Claus.

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                Babbo Natale, con il suo abito rosso e la barba bianca, è un personaggio intramontabile del periodo natalizio. Ma dietro questa figura fiabesca si cela una storia affascinante che affonda le radici in un uomo realmente esistito: San Nicola di Bari. Chi era davvero questo santo che, attraverso le leggende e le tradizioni, ha ispirato l’iconico Santa Claus? Ricostruiamo insieme la storia di un personaggio che ha attraversato secoli, cambiando aspetto ma rimanendo simbolo di generosità e spirito natalizio.

                La figura di San Nicola di Bari

                San Nicola nacque intorno al 270 d.C. a Patara, nell’odierna Turchia. Vescovo di Myra, un’antica città dell’Asia Minore, divenne famoso per la sua carità e il suo impegno nel difendere i più poveri e i più deboli. La sua vita è costellata da leggende che lo ritraggono come un uomo dall’animo buono, pronto a intervenire per risolvere le difficoltà altrui, come quella di tre giovani ragazze destinate alla miseria, alle quali donò una dote per evitar loro un matrimonio forzato. A Bari, nel XI secolo, furono trasferite le sue reliquie, dove ancora oggi sono conservate nella basilica che porta il suo nome. Questo fatto contribuì a rafforzare la sua fama, che presto si diffuse in tutta Europa, specialmente nei Paesi Bassi, dove la figura di San Nicola assunse una nuova identità: quella di Sinterklaas, l’ispirazione principale per il moderno Babbo Natale.

                L’evoluzione della figura di Babbo Natale

                Nel corso dei secoli, la figura di San Nicola ha subito molte trasformazioni. Nei Paesi Bassi, Sinterklaas è ritratto come un anziano vescovo che porta doni ai bambini. Ma è solo grazie all’influenza culturale degli Stati Uniti che, attraverso l’immaginario collettivo, Sinterklaas si trasforma nel moderno Santa Claus. La figura che oggi conosciamo come Babbo Natale è il frutto di numerosi adattamenti. L’abito rosso, il pancione e la barba bianca sono, infatti, dovuti a diverse tradizioni, inclusa quella della Coca-Cola, che nel XX secolo ha ulteriormente contribuito a consolidare l’immagine di Babbo Natale come lo conosciamo oggi.

                La scienza ricostruisce il volto di San Nicola

                Recentemente, grazie alle moderne tecniche di ricostruzione facciale, è stato possibile riscoprire il volto autentico di San Nicola. Un team di esperti, guidato dalla professoressa Caroline Wilkinson, ha utilizzato un cranio attribuito al santo, conservato nella basilica di Bari, per realizzare una ricostruzione. Il risultato ci restituisce l’aspetto di un uomo anziano con tratti marcati e una robusta struttura facciale, lontano dalla figura idealizzata che abbiamo oggi di Babbo Natale. La ricerca non si è limitata a un mero esercizio scientifico, ma ha anche avuto il fine di riportare l’attenzione sulla figura storica di San Nicola, al di là delle reinterpretazioni culturali che l’hanno trasformata nel moderno Santa Claus.

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