Lifestyle
Ozempic cambia le regole del ristorante: boom di richieste di mezze porzioni e piatti ridotti
Con l’ondata di Ozempic, il mondo della ristorazione deve reinventarsi. Crescono le richieste di piatti più piccoli, nati per chi – per effetto del farmaco – non riesce più a finire un primo intero. Alcuni locali si adeguano, altri resistono: la mezza porzione divide la cucina italiana tra pragmatismo e ortodossia.

Una volta la “mezza porzione” era una gentile concessione per bambini o clienti senza appetito. Oggi, è diventata una voce d’ordine per una nuova categoria di commensali: quelli che usano Ozempic. Il farmaco anti-fame, nato per trattare il diabete e diventato il simbolo della dieta moderna, sta cambiando le regole del mangiare fuori. In ristoranti e trattorie di mezza Italia sempre più clienti chiedono piatti ridotti, primi leggeri, porzioni dimezzate.
Il fenomeno non riguarda solo la penisola. Negli Stati Uniti, dove l’uso di farmaci per dimagrire è ormai una tendenza consolidata, molti locali propongono i cosiddetti “teeny weeny mini meal”, pasti minuscoli pensati per chi non riesce più a terminare un hamburger intero. A Londra e Parigi, l’onda lunga degli small plates ha trasformato il rito del pranzo e della cena: si ordina meno, si condivide di più, e nessuno si scandalizza se un piatto arriva in formato “half”.
In Italia la questione è più complessa. Qui, dove il cibo è ancora identità e rituale, chiedere “mezza carbonara” può suonare come un sacrilegio. «La cacio e pepe da noi sono 180 grammi. O te la mangi o te la porti a casa», rivendica con orgoglio l’oste di Flavio al Velavevodetto, a Roma. Ma non tutti la pensano così: all’Osteria La Sol Fa il menu recita «de tutto (tranne i dolci) se po’ fa mezza porzione», con riduzione del 30% sul prezzo, mentre alla Trattoria Sora Lella la scontano del 20%. A Torino, la trattoria Le Putrelle distingue i piatti “gros” dai “cit”, piccoli ma curati.
Il punto è che “mezza porzione” non significa “metà prezzo”. In cucina e in sala i costi fissi restano: il cuoco lavora, il piatto si impiatta, il servizio si paga. Per questo la riduzione è parziale e mai automatica. Non esiste alcun obbligo per i ristoratori di offrire il formato ridotto, ma le associazioni di categoria consigliano di scriverlo chiaramente sul menu, proprio come per coperto e servizio.
C’è però un risvolto positivo: meno sprechi e più consapevolezza. Con porzioni più piccole, si riducono gli avanzi e si mangia meglio, senza sensi di colpa. Forse la vera rivoluzione portata da Ozempic non è nel corpo, ma nel piatto: ha tolto l’abbuffata dal centro della scena e rimesso la misura al suo posto.
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Società
Lo Zingarelli 2026 parla inglese: da “ghostare” a “skillato”, l’italiano è sempre più “social”
Entrano “gaslighting”, “retrogaming” e “mansplaining”, ma anche ibridi come “whatsappare”, “flexare” e “culturalizzare”. Bartezzaghi: «Parole che sembrano mostriciattoli, ma ormai fanno parte del nostro modo di parlare».

Lo Zingarelli 2026 fotografa un’Italia sempre più anglofona e digitale. Nella nuova edizione del celebre dizionario, l’inglese dilaga come mai prima: “retrogaming”, “gaslighting”, “ghostare”, “mansplaining”, “skillato”, “tokenizzare”. Parole nate nei social e nei videogame che oggi entrano a pieno titolo nella lingua di Dante, trasformandola in un esperimento continuo di ibridazione.
Secondo Stefano Bartezzaghi, i nuovi termini «sembrano mostriciattoli artificiali, invenzioni un po’ ridicole, ma reali». “Breccare”, “whatsappare” o “flexare” – adattamenti italiani di verbi inglesi – fanno ormai parte del linguaggio comune, specie tra i giovani. E anche se a leggerli su carta fanno storcere il naso, nessuno può negare che si siano imposti per forza d’uso.
Il dizionario, del resto, non giudica: registra. Così “quadricottero”, sinonimo di drone, ottiene finalmente cittadinanza linguistica, mentre termini come “perculare” e “pezzotto” entrano dopo anni di uso popolare. “Perché l’italiano”, spiegano i lessicografi, “è una lingua viva, non un museo”.
Non mancano le creazioni ibride, costruite con radici italiane ma spirito burocratico: “culturalizzare”, “turistificare”, “eventificio”, “rinazionalizzare”. Parole goffe, ma utili a descrivere un Paese che organizza eventi più che idee.
Tra le curiosità, spunta “amichettismo”, la parola dell’anno: definisce con sottile veleno quel sistema di conoscenze e favori che in Italia funziona meglio di qualsiasi curriculum. E, come se non bastasse, il lessico del web si arricchisce di “bromance”, “omosociale” e “riciclone”.
Lo Zingarelli 2026 racconta così un’Italia che non ha più paura dell’inglese, ma rischia di dimenticare il proprio lessico. È una lingua in perenne mutazione, dove si “flexa”, si “posta” e si “ghostano” le persone. E dove, per dirla con Bartezzaghi, «anche i mostriciattoli linguistici, a forza di essere usati, finiscono per diventare di famiglia».
Società
Allarme cibo nelle scuole: insetti, muffa e pasti scadenti mettono a rischio la salute dei nostri bambini
Il problema delle mense scolastiche in Italia negli ultimi anni è diventato un tema di crescente preoccupazione. Non si tratta solo di garantire ai bambini un pasto sano ed equilibrato, ma di tutelare il loro benessere e la loro salute,

Negli ultimi anni, la situazione delle mense scolastiche in Italia ha evidenziato gravi problematiche. Esiste una vera e propria emergenza cibo nelle scuole, così come riportata da numerose famiglie oltre che dagli interventi dei Carabinieri del NAS. Il settore, che include sia mense gestite direttamente da enti pubblici sia servizi affidati in appalto a ditte private, ha mostrato frequenti irregolarità che mettono a rischio la salute dei bambini e la serenità dei genitori.
Problemi frequenti riscontrati nelle mense scolastiche
Uno dei maggiori problemi emersi dalle indagini dei NAS riguarda le condizioni igienico-sanitarie delle mense. Le ispezioni, che hanno coinvolto più di 700 strutture scolastiche, hanno riscontrato carenze significative. Dalla presenza di insetti agli escrementi di roditori, muffa e umidità diffusa. Tutti segni di ambienti inadeguati. Inoltre, in molti casi, sono stati rilevati pasti di scarsa qualità e in quantità non sufficienti, privi di tracciabilità, e in alcuni casi persino cibo scaduto o mal conservato. Uno degli aspetti più gravi è l’assenza di dichiarazioni sui possibili allergeni nei pasti serviti, una lacuna che espone i bambini allergici a pericoli di reazioni anche gravi. Episodi che rivelano una scarsa attenzione da parte dei gestori della refezione scolastica nel seguire protocolli rigorosi per tutelare la salute degli studenti.
Chi gestisce le mense scolastiche e come?
Le mense scolastiche sono gestite in modo diverso a seconda delle regioni e dei comuni. La scelta del gestore avviene attraverso gare d’appalto, in base al quale viene selezionata l’azienda che offre il miglior rapporto qualità-prezzo. Ma purtroppo questo sistema non sempre garantisce la qualità del servizio, poiché le aziende sono incentivate a ridurre i costi a discapito della qualità degli alimenti.
I recenti casi di gravi irregolarità
I NAS hanno identificato varie situazioni critiche in città come Treviso, Pescara e Caserta. A Treviso, per esempio, un centro educativo per l’infanzia è stato sequestrato poiché privo di autorizzazione e registrazione sanitaria. Un asilo di Pescara ha dovuto sospendere immediatamente la preparazione dei pasti per gravi mancanze igieniche e sanitarie. A Caserta, infine, il titolare di una ditta incaricata del servizio mensa è stato denunciato per frode nelle forniture. Come mai? Perché l’etichetta della ditta veniva apposta su pasti prodotti da aziende diverse, un inganno pericoloso per la qualità e sicurezza alimentare.
Quel cibo che non ti aspetti
In Toscana, un recente caso di infezione da salmonella ha interessato diverse scuole nei comuni di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa, Calenzano e Barberino di Mugello, causando il ricovero di circa 10 bambini e sintomi d’infezione in altri 60. Questo evento ha allertato la Asl locale e ha portato alla temporanea sospensione del servizio in attesa delle verifiche sugli standard di sicurezza dell’azienda Qualità & Servizi spa.
Serve una riforma del sistema, orientata alla tutela della salute e al benessere
Già ma come migliorare la qualità del cibo servizto nelle mense scolastiche? La presenza di questi problemi richiede misure urgenti per garantire che la refezione scolastica rispetti standard di sicurezza adeguati. Per esempio? Aumentare i controlli e la trasparenza. Le autorità sanitarie e i Carabinieri dovrebbero rafforzare le ispezioni periodiche e impreviste, estendendo i controlli anche alle ditte appaltatrici. Inoltre occorre rendere i risultati dei controlli pubblicamente disponibili, affinché le famiglie siano informate della situazione. Fondamentale è la formazione del personale.
Gli addetti alla produzione e confezionamento del cibo servito e i gestori delle mense devono ricevere una formazione specifica sulle norme igieniche, la sicurezza alimentare e la gestione degli allergeni, per prevenire errori e negligenze. Infine è indispensabile coinvolgere di più le famiglie. Il servizio di refezione scolastica è controllato da una Commissione Mensa costituita annualmente da rappresentanti di genitori, docenti e dell’amministrazione comunale. Ogni scuola dovrebbe, e di fatto fa, nominare un organo di informazione e consultazione senza poteri e/o funzioni di tipo decisorio o vincolante. E inoltre dovrebbero prevedere incontri periodici con rappresentanti dei genitori per raccogliere feedback e collaborare nella supervisione della qualità del servizio mensa.
Vogliamo dare qualche multa salata?
Servirebbero anche sanzioni più severe e rimozione degli appalti inadeguati. In caso di violazioni gravi, le sanzioni pecuniarie non dovrebbero essere l’unica risposta: si dovrebbe considerare anche la revoca degli appalti per chi non rispetta gli standard previsti.
Animali
Amici pelosi dal cuore grande: in Veneto cani e gatti diventano donatori di sangue
Un accordo innovativo tra l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie e Avis promuove la donazione di sangue per cani e gatti. Ecco come trasformare il tuo amico a quattro zampe in un piccolo eroe.

La solidarietà non conosce specie, e in Veneto, cani e gatti possono diventare donatori di sangue, offrendo un aiuto prezioso agli animali che ne hanno bisogno. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha stretto un accordo con Avis per promuovere la donazione volontaria di sangue sia per le persone che per gli animali domestici, creando così una rete di supporto anche per i pazienti a quattro zampe.
L’accordo tra IZSVe e Avis
«Questo accordo ha un grande valore simbolico», afferma Antonia Ricci, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico. «La solidarietà non distingue tra uomini e animali, ed è essenziale per garantire la salute di tutti. La trasfusione è una parte fondamentale della medicina veterinaria, così come lo è per la medicina umana». L’accordo prevede iniziative per aumentare la disponibilità di sangue, da utilizzare nei centri medici e veterinari del Veneto.
Il primo appuntamento ufficiale è previsto per la “Festa provinciale del volontariato e della solidarietà” che si terrà domani a Padova, in Prato della Valle, dove sarà presente uno stand con informazioni su come i proprietari di cani e gatti possano iscrivere i loro animali al registro dei donatori.
Come trasformare il tuo animale in donatore
Per chi desidera iscrivere il proprio cane o gatto alla Banca del sangue, è possibile farlo compilando un modulo sul sito dell’IZSVe o contattando direttamente i centri di raccolta. I donatori devono soddisfare alcuni requisiti: cani di età compresa tra i 2 e gli 8 anni, con un peso inferiore ai 25 kg, e gatti con un peso inferiore ai 5 kg. Gli animali devono essere sani e avere completato la profilassi antiparassitaria.
In cambio, oltre a salvare la vita di altri animali, i donatori ricevono una visita veterinaria gratuita e un’analisi del sangue prima di ogni donazione, un ottimo modo per monitorare la salute del proprio amico peloso.
Dove donare
I prelievi vengono effettuati nei centri operativi di Padova, Treviso, Venezia, Verona, Rovigo, Pordenone e Bolzano. L’iscrizione è gratuita e gli animali vengono richiamati ogni 4-6 mesi per effettuare una nuova donazione.
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