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Quanti figli hai? In arrivo i bonus famiglia
Dall’incentivo per le mamme lavoratrici al supporto ai genitori separati in difficoltà. Sono alcuni aiuti che Inps sta erogando. Entro il 31 dicembre 2024 è possibile richiedere alcune agevolazioni fiscali e bonus per aiutare le mamme lavoratrici e le famiglie in difficoltà economiche. Tutte misure pensate per chi ha figli.

Dal bonus per le mamme lavoratrici al supporto ai genitori separati in difficoltà. Sono alcuni aiuti che Inps sta erogando. Entro il 31 dicembre 2024 è possibile richiedere alcune agevolazioni fiscali e bonus per aiutare le mamme lavoratrici e le famiglie in difficoltà economiche. Tutte misure pensate per chi ha figli.
Bonus asilo nido
Il bonus nido è una prestazione che spetta per ciascun figlio di età inferiore ai 36 mesi. Nel caso in cui il minore per il quale si vuole presentare la domanda compie i tre anni nel corso del 2024 è possibile richiedere soltanto le mensilità comprese tra gennaio e agosto 2024. Se oltre a un figlio di età inferiore a 36 mesi, le famiglie hanno almeno un bambino di età inferiore ai 10 anni e un ISEE sotto i 40mila euro, il bonus sarà più corposo. Si tratta di un contributo per il pagamento delle rette di asili nido, pubblici e privati autorizzati. Ma non solo. Sono previste forme di assistenza domiciliare per bambini, con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche. Le modalità per la presentazione delle domande, la documentazione da allegare e gli importi del contributo, in base al valore dell’ISEE sono tutti disponibili sui sito dell’Inps.
Ma quanto si può ottenere?
L’importo del contributo arriva a un massimo di 3.000 euro (dieci rate da 272,73 euro e una da 272,70 euro) se si ha un ISEE minorenni fino a 25.000,99 euro. Con un ISEE fino a 40 mila euro l’importo si riduce a 2.500 euro (dieci rate da 227,27 euro e una da 227,30 euro. Scende infine a 1.500 euro se l’ISEE minorenni supera la soglia di 40.000 euro. E in tutti quei casi in cui si riscontrano omissioni e/o difformità dei dati del patrimonio mobiliare e/o dei dati reddituali auto dichiarati.
Il bonus mamme lavoratrici
Il bonus mamme lavoratrici prevede molte limitazioni. E’ destinato infatti solo alle donne lavoratrici con due o più figli e che hanno un contratto a tempo indeterminato, sia nel settore pubblico, sia in quello privato. Sono escluse però le lavoratrici domestiche. Inoltre sono escluse anche le professioniste (partite Iva), le donne precarie e le disoccupate. Proprio le categorie che avrebbero maggior necessità di agevolazioni, non sono comprese tra le beneficiarie del sostegno.
Pagamenti da fine marzo 2024
Il bonus mamme prevede una decontribuzione fino al 100% con un massimo di 3.000 euro all’anno da ricevere in busta paga. Purtroppo però si è potuto beneficiare della decontribuzione solo dal mese di marzo a causa delle lungaggini e dei rinvii registrate nei primi due mesi dell’anno. Il provvedimento abbraccia l’arco temporale 2024–2026 e riguarda in forma sperimentale, le mamme con almeno due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Come spiega l’Inps, le madri in possesso dei requisiti a gennaio 2024 hanno diritto all’esonero dal mese di gennaio. Se la nascita del secondo figlio avviene nel corso dell’anno, il bonus è riconosciuto dal mese di nascita fino al compimento del decimo anno del bambino. Ma sia nel 2025 che nel 2026 il beneficio è assegnato alle madri con almeno tre figli. Inoltre proseguirà fino al compimento del diciottesimo anno dell’ultimo figlio.
A quanto ammonta il beneficio?
Il beneficio dovrebbe portare circa 30 euro in media in più nelle buste paga delle lavoratrici interessate. Non è fisso e varia in base a quanto guadagna la dipendente. Le lavoratrici cui spetta il bonus, non vedranno in busta paga la trattenuta dei contributi previdenziali, che ammonta al 9,19% della Ral, – Retribuzione annua lorda – che è l’imponibile previdenziale. Si tratta di un esonero contributivo che ha un limite massimo di 3 mila euro. Su base mensile questo significa 250 euro (per 12 mensilità). Se la trattenuta del 9,19% supera i 3 mila euro, la decontribuzione legata al bonus mamme è solo su 3 mila euro. Mentre la parte eccedente rimarrà come trattenuta
In pratica…
Con un reddito (Ral) di 15mila euro l’anno la lavoratrice avrà uno sgravio di 28 euro mensili (363 euro l’anno). Mentre chi riceve 20 mila euro l’anno vedrà un esonero della contribuzione, e quindi un aumento in busta paga, di 33 euro. Per un totale annuo di 428 euro. Chi invece percepisce 35 mila euro annui arriverà a un incremento in busta paga di circa 70 euro (948 euro annui). Il bonus cala poi con il crescere del salario lordo. Il bonus mamma 2024 è riconosciuto dal datore di lavoro a partire dallo scorso gennaio 2024 e fino a dicembre 2026. Sempre che non decadano i requisiti per ottenere il bonus. Le aziende potranno richiedere una dichiarazione scritta dalla lavoratrice per confermare il rispetto dei requisiti. Sul sito dell’Inps è disponibile una piattaforma sulla quale le lavoratrici potranno comunicare in autonomia i codici fiscali dei propri figli per ottenere lo sgravio.
Bonus genitori separati in difficoltà a causa Covid-19
Scadeva alla fine marzo ma si attende una proroga per il bonus dei per genitori separati, divorziati e/o non conviventi. La misura è finalizzata a garantire un contributo ai genitori in stato di bisogno. Ossia che abbia un reddito non superiore a 8.174 euro. Inoltre ne ha diritto chi nel periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19 risultava convivente con figli minori o maggiorenni portatori di handicap grave. E che nello stesso periodo non abbia ricevuto l’assegno di mantenimento per inadempienza dell’altro genitore (ex coniuge o ex convivente). Il bonus spetta nei casi in cui l’altro genitore a causa del Covid-19 abbia cessato, ridotto o sospeso l’attività lavorativa a decorrere dall’8 marzo 2020 per una durata minima di 90 giorni. Oppure che abbia subito una riduzione del reddito di almeno il 30% rispetto al reddito percepito nel 2019.
Come viene erogato il bonus
Il bonus genitori separati, divorziati e/o non conviventi è corrisposto in un’unica soluzione in misura pari all’importo non versato dell’assegno di mantenimento. Ma solo fino alla concorrenza di 800 euro mensili. Il contributo spetta per un massimo di 12 mensilità. Il fondo da cui pesca ammonta a 10 milioni di euro. Il beneficio sarà erogato da Inps dopo la verifica dei requisiti di legge a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia.
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Cucina
Zafferano: l’oro rosso d’Italia che vale più dell’oro
Dal Medioevo a oggi, il prezioso zafferano dell’Aquila è diventato un’eccellenza mondiale amata dagli chef e venduta a cifre da capogiro.

Ci sono prodotti che non sono solo ingredienti, ma veri e propri tesori, e tra questi lo zafferano occupa un posto d’onore. Con il suo colore intenso, il profumo inconfondibile e il sapore unico, questa spezia è stata soprannominata “l’oro rosso”, non solo per il suo colore, ma anche per il valore altissimo che raggiunge sul mercato: fino a 40.000 euro al chilogrammo per le qualità più pregiate. Lo zafferano dell’Aquila DOP, in particolare, è considerato tra i migliori al mondo. Ma prima di diventare una star della cucina gourmet, ha dovuto attraversare secoli di storia e una lotta per la sopravvivenza.
Come è arrivato in Italia lo zafferano
Il viaggio dello zafferano inizia molto lontano, dall’Asia Minore, per poi attraversare il Nord Africa e la Spagna, fino ad approdare in Abruzzo, precisamente a Navelli, in provincia dell’Aquila, tra il XIV e XV secolo. Secondo la leggenda, a portarlo in Italia fu un monaco domenicano della famiglia Santucci, che impiantò i primi bulbi nei campi dell’altopiano abruzzese. Le condizioni perfette della zona – terreno fertile e clima ideale – fecero il resto, trasformando la coltivazione in un’eccellenza regionale.
Una storia di resilienza (e qualche rischio di scomparsa)
Nel XIX secolo, lo zafferano abruzzese veniva coltivato su 500 ettari, con una produzione di oltre 4 tonnellate. Ma nel 1930, i numeri erano già calati: appena 1,5 tonnellate l’anno. Poi, negli anni ‘50, la vera crisi: la coltivazione non era più redditizia, e i bulbi venivano dati in pasto agli animali. A salvare lo zafferano è stato Silvio Salvatore Sarra, un agricoltore di Civitaretenga, che ha continuato a coltivarlo, contro ogni logica economica. Nel 1971, la sua opera di tutela ha portato alla nascita della Cooperativa Altopiano di Navelli, che ha rilanciato la produzione e attirato l’attenzione nazionale. Un passaggio chiave? La presentazione dello zafferano in TV, nello storico programma Portobello di Enzo Tortora. Grazie a questo lavoro, nel 2005 il zafferano dell’Aquila ha ottenuto la certificazione DOP, garanzia della sua qualità superiore.
Come si coltiva e come si usa
Lo zafferano viene prodotto in 13 comuni dell’Abruzzo, tra cui L’Aquila, Navelli, Poggio Picenze e Fontecchio, a un’altitudine fino a 1000 metri. La coltivazione segue un ciclo lungo, con i bulbi piantati ad agosto e la fioritura che avviene in ottobre. La raccolta dei preziosi stigmi rossi è completamente manuale, un lavoro lungo e meticoloso, che contribuisce al suo valore altissimo. Ma cosa rende lo zafferano così speciale? È il principale protagonista di risotti, paste e piatti raffinati, oltre a essere utilizzato in dolci, liquori e perfino nella medicina per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Lo zafferano dell’Aquila non è solo un ingrediente, ma un patrimonio culturale. Salvato dalla scomparsa, oggi è una eccellenza italiano che gli chef di tutto il mondo desiderano.
Cucina
Giorgione lo chef strappato alla terra è diventato un influencer suo malgrado in tv, Facebook e Instagram
La sua visione della cucina come esperienza conviviale e gioiosa, e non solo come nutrimento fisico, è illuminante. Giorgione rifiuta l’idea che l’alimentazione debba essere noiosa o monotona e crede fermamente che il cibo debba essere gustoso e appagante.

Romano de Roma, sessantasette anni Giorgio Barchiesi, più conosciuto come Giorgione, deve il suo successo ai piatti che serve nel suo ristorante di Montefalco in provincia di Perugia, Ristorante alla Via di Mezzo da Giorgione. Ma anche alla sua rubrica televisiva “Giorgione. Orto e cucina” in onda su Gambero Rosso Channel e al suo approccio alla cucina e alla vita. Una persona genuina che riflette una profonda conoscenza e un profondo rispetto per il cibo e le tradizioni culinarie italiane. Prima di diventare ristoratore e anche chef televisivo faceva il veterinario. I suoi nemici? Il sovranismo alimentare che reputa una stupidaggine come tutti i sovranismi.
Star in tv e star sui social
Da Instagram a Facebook è seguito e noto dai 5 ai 90 anni, un successo di cui è consapevole che reputa carico di problemi e inquietudini. Quando ha iniziato a occuparsi della sua immagine e ha deciso di studiare l’uso dei social, circa sedici anni non avrebbe mai scommesso un centesimo “Sulla vita che sto facendo ora“, dice. Non era sua intenzione fare l’influencer. Il successo è arrivato in maniera fortuita, per caso. Sedici anni aveva fatto una festa in casa con amici e amici di amici. Alcuni di loro avevano un ristorantino nel borghetto a Montefalco, in Umbria.
“Fu allora“, dice, “che l’occasione della mia vita mi corse incontro. Gli amici dei miei amici volevano lasciar perdere e allora l’ho rilevato, e anche per pochi soldi, anzi pochissimi“. Giorgione allora non faceva il cuoco nel senso che non era uno chef con tanto di corsi e di scuola. No lui amava cucinare in casa per amici e tavolate intere ma solo per stare insieme e gustare i suoi piatti preferiti cercando di stare in buona compagnia e fare divertire.
Uno che si diverte e fa divertire
Uno di suoi motti è: l’alimentazione è sana quando non è noiosa. “A casa spesso le persone mangiano sempre le stesse cose. E’ triste“. La tavola non deve essere solo ingurgitare alimenti a caso nella giusta quantità che contengono gli elementi nutritivi, sali minerali, vitamine, amminoacidi, etc. “A chi va in farmacia a caccia di integratori io dico caro mio mangia di tutto e vedrai non ti serve niente”. Inoltre Giorgione reputa il pasto che sia serale o a pranzo un momento sacro. Che deve essere gestito e vissuto bene. In armonia con il giusto tempo. “Ci siamo ridotti che oggi a tavola non si parla più, si mangia e non si chiacchiera e magari si è distratti dalla tv che ci distoglie da quello che stiamo mangiando e non ci fa assaporare nel giusto modo il cibo“.
Ma come si è guadagnati a sua fama?
Suo padre voleva che facesse il liceo, ma lui scelse l’istituto agrario. Poi si iscrissi a veterinaria. Anche sua moglie ha studiato all’agrario. “Stiamo insieme dal 1975 e siamo sposati dal 1981“, dice. Per 20 anni ha fatto il veterinario agricolo in un’azienda. Proprio in quella lunga esperienza che ha avuto modo di conoscere la materia prima, gli ortaggi, la frutta, i grani. E la carne. “E’ stato fondamentale“. All’inizio degli anni Ottanta, per lo scandalo dei bovini allevati con antibiotici ed estrogeni che coinvolse la Plasmon e gli omogeneizzati per i bambini non si vendeva più carne.
“Lavoravo come veterinario in una azienda, che aveva tanti animali da vendere in un periodo di crisi“, ricorda. Per superare quel momento creò una cooperativa che iniziò a confezionare e vendere i primi pacchetti di carne “pronta da cuocere”. “Indossai il camice da macellaio e tolsi quello da veterinario e mi misi a vendere la carne che ci fece guadagnare una buona fama almeno nella zona d Roma“.
Prezzi contenuti e alta qualità
Nel ristorante di Giorgione il prezzo è sempre quello. Trentotto euro bevande escluse in un’epoca in cui i ristoranti hanno fatto salire i loro prezzi a cifre inavvicinabili. E in più le cucine super stellate propongono menu da capogiro. “Sono dell’idea che trentasei euro bevande escluse sia un prezzo ragionevole per la nostra qualità e quantità“. Nel menù a prezzo fisso di Giorgione si trovano trippa, lingua, nervetti, lampredotto, formaggi da spizzicare. E poi due primi, due secondi, due contorni e un tris di dolci.
Ma si mangia quello che vuole lui in maniera insindacabile. “Attenzione si mangia quello che diciamo noi: quello che arriva, arriva, non c’è alcuna trattativa. Non si può scegliere. Non facciamo porzioni ma portiamo vassoi e se non basta la quantità non è un problema, perché aumentiamo“. Sono questi i motivi per cui il conto da lui è ancora abbordabile. Naturalmente per chi soffre di intolleranze alimentari Giorgione ha predisposto una serie di alternative.
Pur essendo uno strenuo difensore della tradizione culinaria, è contro l’idea di sovranismo alimentare. “Certo perché il seme del sovranismo è inquietante e trova un terreno fertile per germogliare. Credo che in cucina bisogna provare con curiosità sempre. Come la carne non carne che comunque nasce e si sviluppa da una trasformazione in laboratorio da cellule animali per cui se buona perché non mangiarla per di più produrla non inquina. Così come essere a priori contro l’utilizzo degli insetti è sbagliato. Bisogna sempre provare. Ricordiamoci che c’è gente che muore di fame, che il cibo è cosa seria e che in tempi di guerra…“.
Curiosità
Quel respiro profondo che svela chi siamo: lo studio che legge il carattere dal respiro
Gli schemi respiratori di ciascuno sono unici e possono rivelare ansia, depressione e perfino tratti della personalità.

Il modo in cui respiriamo potrebbe dire molto di più su di noi di quanto pensiamo. Secondo uno studio pubblicato su Current Biology, gli scienziati del Weizmann Institute of Science in Israele hanno scoperto che ogni individuo ha una sorta di “impronta digitale del respiro”, unica come le impronte digitali, e che può rivelare dettagli sulla salute fisica ed emotiva. Utilizzando un dispositivo indossabile leggero, i ricercatori hanno monitorato il flusso d’aria nasale di 100 volontari per 24 ore consecutive, raccogliendo dati sulle loro variazioni respiratorie durante le attività quotidiane e il sonno. Con una precisione del 96,8%, il team ha dimostrato che è possibile identificare una persona solo in base al suo schema respiratorio.
La mente rivela il respiro o il respiro modifica la mente?
Ma il dettaglio più intrigante della ricerca riguarda il legame tra respirazione e stato mentale. Gli studiosi hanno notato che i partecipanti con livelli più alti di ansia tendevano ad avere inspirazioni più brevi e una maggiore variabilità tra un respiro e l’altro, specialmente di notte. Inoltre, la respirazione sembra essere strettamente collegata al peso corporeo, al ritmo sonno-veglia e ai tratti comportamentali. Ciò che sorprende è l’inversione di prospettiva. Normalmente si pensa che stress, ansia o depressione influenzino il modo di respirare, ma il team israeliano suggerisce che potrebbe essere il contrario. E se il modo in cui respiriamo contribuisse a generare stati emotivi negativi? Se fosse così, imparare a regolare il proprio schema respiratorio potrebbe diventare un nuovo metodo per migliorare il benessere mentale, con implicazioni che potrebbero rivoluzionare la psicologia e la medicina.
Gli studiosi stanno già testando questa ipotesi. Modificando consapevolmente il proprio modo di respirare, potrebbe essere possibile ridurre ansia e depressione, aprendo nuove strade nella terapia del benessere psicologico.
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