Società
Quest’anno vacanze a casa
Anche restando in città, l’estate può essere un momento di vero relax e rigenerazione. Basta cambiare prospettiva, esplorare nuove attività e prendersi il tempo per godersi le piccole cose. Buone staycation!
Primo, le vacanze come le intendiamo noi nati nello scorso secolo, è diventato un fenomeno sociale agli inizia degli Anni 60. Del resto il diritto al riposo dal lavoro venne sancito nel 1927 ma solo nel 1948 la Costituzione repubblicana stabilì il concetto di vacanza obbligatoria: “Il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi” (art. 36). Secondo, le vacanze come le intendiamo nella maggioranza dei casi ancora oggi non coinvolgono e riguardano milioni di italiani che da sempre nei mesi estivi restano presso le loro case, coltivano la terra, accudiscono i loro animali, si dedicano alla pesca, seguono attività legati alla pastorizia, preparazioni alimentari artigianali o attività domestiche diverse. Quindi la prima cosa è sfatare il mito delle vacanze ad ogni costo. Milioni di nostri connazionali non ne hanno mai fatte come le intendono le pagine patinate dei settimanali. Figurarsi nel mondo…
Una pausa che puoi fare ovunque
Nella lingua anglosassone è stato coniato il termine staycation che significa una vacanza senza viaggio, semplicemente rimanendo a casa o nei dintorni. Il termine, che unisce “stay” (restare) e “vacation” (vacanza), invita a rilassarsi e godersi il tempo libero senza la necessità di andare lontano. È un’ottima soluzione per chi desidera risparmiare, ridurre lo stress o gestire impegni lavorativi.
Le cinque regole per una staycation perfetta
Prima cosa è necessario riuscire a staccare dalla routine. Scegliete attività che rompano la monotonia quotidiana. Provate un nuovo hobby, visitate un museo mai visto, o semplicemente fate una passeggiata in una zona della città o dei luoghi dove si abita che conoscete poco. Secondo consiglio non pianificare troppe cose da fare. Lasciate spazio all’imprevisto e all’improvvisazione. Piuttosto che seguire un programma rigido, lasciate che le giornate scorrano liberamente, permettendo alla spontaneità di guidarvi.
Concedersi di dormire e oziare
Il riposo è essenziale. Dormite di più e godetevi momenti di ozio, che non significa solo stare a letto ma anche fare qualcosa di piacevole senza una finalità specifica. Altra regola fondamentale disconnettersi da tutto. Fate un po’ di digital detox. Spegnete lo smartphone, allontanatevi dai social media e riscoprite il piacere di leggere un libro, fare una passeggiata o ascoltare musica. Ma anche guardare l cielo e la campagna o la pianura intorno. Chi vive al mare sa bene cosa significa perdersi in un punto là all’orizzonte dove il mare tocca il cielo.
Restare in movimento
Anche se siete in relax, mantenetevi attivi. Praticate sport, fate attività fisica all’aperto, magari provando un nuovo sport o esplorando un nuovo percorso. A piedi da soli ma meglio in compagnia, anche solo del vostri cane con cui fare due chiacchiere è difficile, anche se a volte rispondono…
Se vivete in città guardatela con gli occhi del turista
Scoprire angoli nascosti della vostra città. Tutte ne hanno. Luoghi, scorsi, punti vista inusuali, da cui ottenere punti di vista diversi di luoghi che a volte attraversiamo frettolosamente o che diamo per scontati e dedicati solo ai turisti. E invece sono lì per voi, approfittate della staycation per esplorare zone meno conosciute della città. Cercate mostre, edifici storici o biblioteche poco frequentate per un’esperienza nuova.
Organizzare un picnic in quel parco dove non siete mai stati
Un picnic in un parco cittadino o appena fuori porta può regalare una sensazione di evasione. Il contatto con la natura aiuta a sentirsi in vacanza. Scoprite anche nuovi ristoranti etnici e concedetevi un viaggio culinario senza lasciare strade e luoghi che conoscete già.
E se avete bambini…
Informatevi su laboratori e iniziative dedicate ai bambini. Fino a qualche anno fa solo le grandi città proponevano attività pubbliche e private per impegnare in maniera creativa i bambini che restavano a casa. Ma oggi molte località e comuni organizzano nel mese di luglio e agosto diversi incontri di tipo sportivo e ricreativo. Molte piccoli centri offrono laboratori estivi e attività per bambini. Informatevi sulle iniziative locali per intrattenere i più piccoli. Lasciate che i bambini abbiano giornate meno strutturate, concedendo loro di andare a letto più tardi e di poltrire al mattino. La noia stimola la creatività. Cercate di coinvolgere i bambini in attività divertenti come giochi d’acqua, giardinaggio, cucina o piccoli progetti di bricolage.
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Società
Quando l’idolo diventa “intimo”: il boom delle relazioni parasociali nell’era dei social
Dall’adolescenza all’età adulta, ecco perché ci si affeziona a chi non ci conosce e quando l’illusione di vicinanza diventa un rischio per l’equilibrio personale.
Scorrono video, arrivano notifiche, i volti di cantanti, influencer e attori entrano quotidianamente nelle nostre case. Parlano alle telecamere come se parlassero a noi. È così che le relazioni parasociali – rapporti emotivi intensi verso una figura pubblica che non ricambia – sono diventate un elemento comune della vita digitale. Una modalità di legame che può sembrare innocua, ma che merita uno sguardo attento.
«La caratteristica fondamentale è la mancanza di reciprocità: la persona sente vicino il proprio idolo, ma in realtà quell’interazione esiste solo nella sua mente» spiega Chiara Simonelli, psicoterapeuta e sessuologa presso la Fondazione Sapienza di Roma. «Si tratta di dinamiche tipiche della pubertà, quando si fantastica sul cantante del momento o su figure idealizzate che appaiono come un modello. È un passaggio di crescita: aiuta a definire identità e desideri».
Un “allenamento” emotivo degli adolescenti
Tra i 12 e i 15 anni, cercare punti di riferimento diversi dai genitori è normale. L’icona pop o il creator ribelle incarnano ciò che l’adolescente vorrebbe essere: libertà, coraggio, bellezza, successo. «Questi personaggi rappresentano un ponte verso la vita adulta, un’immagine proiettata di sé. Per questo il legame è così intenso» spiega Simonelli.
Con il passare degli anni, però, lo scenario dovrebbe cambiare: le relazioni reali assumono spazio, e la fantasia rimane un ricordo. «Quando la relazione parasociale prosegue a lungo è un campanello: può indicare che la vita quotidiana non offre soddisfazioni, e che si insegue un ideale irraggiungibile per compensare frustrazioni».
Cosa accade negli adulti
Nell’età adulta questo meccanismo non scompare: si trasforma. In molti casi l’attaccamento riguarda figure mediatizzate che incarnano status, stili di vita, o il partner ideale. L’illusione diventa rifugio dalla routine. «Sono rapporti che danno un sollievo immediato, ma rischiano poi di amplificare lo scontento: il confronto con la propria realtà diventa più doloroso».
Il ruolo dei social: un’illusione di contatto
La diffusione dei social network ha radicalmente cambiato il fenomeno. Le star mostrano case, famiglie, traumi, cani e colazioni. Parlano in prima persona, rispondono ai commenti, chiamano per nome i fan. «Si crea un senso di falsa familiarità» spiega Simonelli. «Sembra che l’altra persona sia davvero vicina, disponibile. Ma dietro c’è un lavoro professionale, nulla è spontaneo come appare».
Più la distanza si accorcia in apparenza, più l’asimmetria diventa invisibile. Si ha l’impressione di essere parte della vita di chi si ammira, mentre in realtà non si è neppure visti.
Quando diventa un problema?
Tutto cambia quando il pensiero diventa monopolizzato. «Non è preoccupante seguire un profilo per una decina di minuti al giorno. Lo diventa se la figura idealizzata invade spazi essenziali: lavoro, relazioni, cura dei figli, vita di coppia». In quei casi il legame unilaterale ruba tempo ed energia alla costruzione di rapporti veri e possibilità concrete di cambiamento.
Come tornare con i piedi per terra
La cura parte da una sola condizione: riconoscere il problema. «Se la persona non è consapevole dell’eccesso, nessun intervento può iniziare» afferma Simonelli. «Terapie e percorsi psicologici funzionano quando c’è motivazione a capire cosa quella relazione surrogata sta sostituendo nella vita reale». Osservare il disagio, interrogarsi sui propri bisogni, dare spazio a relazioni autentiche: sono i primi passi per trovare un equilibrio.
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Babbo Natale dorme per strada: l’arte che svela gli “invisibili” di Milano
L’installazione di Progetto Arca, firmata dal street artist Andrea Villa, compare in quattro fermate del tram per accendere i riflettori sui 17mila senzatetto che ogni notte cercano riparo in città. E la reazione dei passanti racconta una Milano che non ha smesso di vedere.
Sotto la pensilina di piazza Lega Lombarda, dove ogni giorno migliaia di persone afferrano il tram al volo, un “clochard” giace rannicchiato tra cartoni logori. Ma basta un secondo sguardo per rendersi conto che quel senzatetto non è un uomo qualunque: il cappuccio rosso, la barba folta, il vestito iconico rivelano l’identità più improbabile del periodo natalizio. È Babbo Natale. Un Babbo Natale senza casa.
Non è una provocazione casuale: fa parte della campagna “Quest’anno il Natale sei tu”, presentata da Fondazione Progetto Arca – realtà impegnata da trent’anni nell’aiuto a chi vive in strada – con il supporto dell’assessorato al Welfare del Comune di Milano. L’opera porta la firma di Andrea Villa, street artist noto per installazioni urbane dal taglio ironico e sociale.
L’intento è chiaro: rendere visibile chi resta ai margini, chi si incontra ogni giorno e ogni giorno si finge di non vedere. A dirlo è anche la frase in grandi caratteri che accompagna il manichino: “La povertà può colpire chiunque”. Anche chi, nella fantasia collettiva, è simbolo di gioia, regali e famiglia: una scelta volutamente disturbante, che ribalta la narrativa delle feste e invita a fare i conti con una fragilità sempre più diffusa.
L’opera non è isolata. Altre tre installazioni sono state collocate in punti nevralgici della città: via De Amicis 7, via Ariosto 4 e piazza Cinque Giornate 6. Quattro presenze silenziose, distese su letti di cartone per raccontare con forza ciò che spesso scivola lontano dagli occhi. Secondo le realtà sociali che operano sul territorio, infatti, sono circa 17mila le persone che a Milano vivono in condizioni di grave emarginazione, senza un alloggio stabile o un accesso regolare a cure e servizi.
«Un lavoro, oggi, non basta più a garantire sicurezza e serenità» spiegano i promotori dell’iniziativa. Una realtà che Progetto Arca conosce bene: ogni sera porta pasti caldi e assistenza a chi vive all’aperto, quando cala la temperatura e aumenta il rischio per la salute. «Non esistono persone invincibili – aggiungono –. Le difficoltà degli altri potrebbero un giorno essere le nostre. Per questo, come comunità, dobbiamo scegliere di guardare e agire».
La scelta di Santa Claus non mira a scioccare, ma a risvegliare empatia. Ne è la prova ciò che è accaduto nelle prime ore di esposizione: alcuni passanti, convinti che si trattasse di un senzatetto vero, hanno tentato di riscaldarlo, coprendogli il piede con una coperta per proteggerlo dal freddo. Un gesto piccolo ma enorme, che racconta una parte di Milano fatta non solo di fretta, ma anche di attenzione e cura.
La povertà, oggi, è “democratica”: attraversa età, storie e percorsi di vita. Colpisce anche chi ha un reddito, chi un tempo non immaginava di poter perdere tutto. E a Natale – la festa della famiglia, della casa piena, della tavola imbandita – la distanza tra chi è al caldo e chi sopravvive sull’asfalto diventa ancora più stridente.
Per questo il messaggio dell’iniziativa è tanto semplice quanto potente: il Natale non è un privilegio, ma una responsabilità comune. Guardare Babbo Natale per terra, steso tra cartoni e sacchi di plastica, significa guardare negli occhi un problema che non sparisce con le luci delle feste. E capire che, come recita la campagna, “quest’anno il Natale sei tu”: tu che vedi, tu che puoi scegliere di non voltarti dall’altra parte.
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Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
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